Magi: The Labyrinth of Magic, 'Kaku koto nante jounetsu!' di Hoshi

086. Ospedale

Personaggi: Koha, Kouen, Hakuei
Ambientazione: ModernAU

Non hanno mai avuto una situazione familiare comunissima, crescere senza il proprio padre ma con i figli delle amanti era piuttosto bizzarro, ma col tempo si era affezionato a Kouha e Kougyoku, arrivando a comprendere che gli errori del padre non erano una loro colpa e iniziando a trattarli a pieno titolo come fratelli minori. Aveva portato Kougyoku a scuola in macchina quando pioveva, coperto Kouha quando faceva a botte coi bulli della scuola, presenziato ai colloqui cogli insegnanti al posto dei genitori.
Vuole bene a quelle due pesti, e non gli da fastidio che da che da dieci anni a quella parte lo usino come taxi, ma il nuovo hobby di Kouha di farsi accompagnare in ospedale non gli piace, proprio per niente.
Inchioda ad un semaforo rosso, masticando bestemmie.
-Questa volta com’è successo?- domanda guardando l’occhio nero del fratello minore nello specchietto e l’aria abbattuta con cui si stringe una spalla. Non è un medico, non ne ha alcuna prova, ma è pronto a scommettere che a giudicare dalla sfumatura viola come minimo si è dislocata. Prima attenderà che gli sistemino la spalla, poi gli spezzerà le braccia, così magari per un mesetto si eviterà il giro al pronto soccorso.
-Stavano dando fastidio a Kougyoku, erano solo tre e nemmeno particolarmente grossi, potevo batterli, ma poi sono arrivati i loro amici e-
Kouen lo fulmina, valutando di affogarlo nel canale che costeggia la strada anziché portarlo in ospedale, ma in quel momento scatta il verde e con un sospiro riaccende la macchina rassegnato, senza nemmeno provare a sgridare Kouha quando scavalca andando a sedersi al suo fianco.
-Sei tanto arrabbiato Kouen?-
Lo squadra con fumo che gli esce dalle orecchie, senza rispondere, fin quando non arrivano in ospedale.
Parcheggia senza curarsi del passo carrabile, aprendo la portiera al fratellino e facendolo scendere: quando li vede arrivare la receptionista gli sorride, esaminando da lontano Kouha con aria critica e individuando in un batter d’occhio il problema, bloccando al volo un’infermiera.
-Sono clienti abituali, li puoi portare da Hakuei?-
L’infermiera annuisce, facendo oscillare i lunghi capelli turchini e accompagnandoli da tale dottoressa Hakuei, osteopata a quando dice la targa sulla porta.
Guarda i capelli neri, gli occhi azzurri, il neo sul mento e sorride sconsolato. Se farsi accompagnare ogni tre per due in ospedale è il modo di Kouha di cercargli una donna deve proprio farci un discorsetto del tipo “l’ospedale non è un sito d’incontri”, ma sente già la risposta “Forse, ma almeno puoi toccare con mano se il prodotto vale, niente foto false o trucchetti.”
Giura che prima o poi lo ammazzerà, ma mentre osserva l’aria gentile della dottoressa non può che scuotere lievemente il capo rassegnato: per essere la ragione di quel sorriso o anche solo il destinatario si romperebbe più che volentieri un arto o due.