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Autore: NyxTNeko    20/09/2020    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Paul Barras, una volta raggiunto il quartier generale di Carteaux, si fece annunciare, scendendo dal suo cavallo che consegnò ad una delle guardie che sorvegliava e controllava la tenda del generale pittore - Fate subito, mi raccomando - sbottò il commissario aggiustandosi e stirandosi le pieghe sull'elegante giacca color crema. Non voleva apparire impresentabile - Vado di fretta, non ho tempo da perdere con lui, ci sono altre faccende che mi reclamano! - spiegò, infine, Barras, guardando con sufficienza la guardia, che invece non fece altro che annuire, ignorando deliberatamente l'occhiata.

- Generale - entrò d'improvviso una delle guardie. Trovò l'uomo consultare una cartina della zona di Tolone, assieme ai suoi sottoposti, che lo ascoltavano tra sbadigli e ronfate, svogliati. Aveva intenzione di attaccare il forte Malbousquet, più protetto, anziché il Mulgrave come auspicava Buonaparte - Generale - ripeté alzando il tono della voce. Questa volta Carteaux gli prestò attenzione, sollevando il viso baffuto, spazientito - È appena arrivato il cittadino Barras! - riferì. Il generale e i suoi colleghi si fissarono per qualche istante, in silenzio, tra lo stupore e la paura. Quell'arrivo improvviso non era affatto di buon auspicio.

- Fatelo passare - decretò immediatamente Carteaux, mascherando il terrore che provava, non sapeva che pensare, che fare, cominciò a sudare, seppur mostrasse durezza - Mentre voi ricomponetevi, l'ultima cosa che desidero è di passare per un comandante incapace di mantenere la disciplina - gridò infine. Quelli obbedirono e si sedettero composti, attendendo l'entrata del deputato della Convenzione presso l'esercito.  

Paul Barras non si fece attendere e piombò al cospetto del generale, esaminò il tutto rapidamente, in particolare l'opulenza quasi soffocante della tenda, e rivolse lo sguardo a Carteaux, il quale stava in piedi, gonfiando il petto largo, accanto al tavolo, la mano poggiata sulla sedia, si avvicinò a lui - Ebbene cittadino deputato - esordì il generale, grattandosi la parrucca sulla testa che gli stava creando dei fastidi insopportabili - Qual buon vento vi porta qui? - domandò alla fine, ostentando un sorriso tirato.

- Lo chiedete pure, generale? - fece sarcastico Barras, scoppiando in una fragorosa risata, per nulla rassicurante. Tolse dalle grinfie di Carteaux la sedia e si accomodò - Dovreste saperlo il perché, generale... - poggiò il gomito sullo schienale -   Ricordate che ho il dovere di controllare le operazioni qui, assieme ai commissari, sono stato mandato di proposito... - disse poi l'uomo, alzando le torbide iridi scure su di lui - Inoltre la Convenzione e il Comitato hanno ricevuto parecchie richieste per via della scarsità dei mezzi, da parte di un vostro ufficiale... -

"Maledetto Buonaparte" disse fra sé Carteaux, trattenendo un ringhio rabbioso "Non si è fatto nessuno scrupolo sul mandare le sue lamentele senza chiedermi l'autorizzazione..." Persino sua moglie gli aveva consigliato di non opporsi a lui, con il suo tono sereno e bonario, come se stesse parlando di un ragazzino qualunque, e non di un ufficiale impertinente "Lascia fare a codesto giovane, quello che vuole, egli sa più di te, non ti chiede nulla. Non te ne rendi conto forse: la gloria resterà a te e se commetterà degli errori, ne sarà responsabile in proprio".

A Barras non sfuggì il mutamento repentino della sua espressione, tuttavia la attribuiva allo stato miserando in cui versavano, non poteva certo immaginare cosa stesse realmente rimuginando - Sì soprattutto per quanto riguarda l'artiglieria - confermò Carteaux togliendosi dei pezzi di cibo tra i denti con le unghie nere di terra.

Il deputato mugugnò qualcosa di incomprensibile, accavallò le gambe e domandò poi, non vedendo alcuno farsi avanti per confermare le sue richieste, girò il volto squadrato e cadente a destra e a sinistra - Ma come? Nessuno reclama le sue richieste? - si sporse più avanti e sbatté le palpebre. 

- Il comandante dell'artiglieria non è presente! - precisò Delaborde, avendo trovato il coraggio di dire ciò, evitò, tuttavia di incrociare il suo sguardo.

- Come non c'è?! - sobbalzò incredulo, con una punta di rabbia. Dal naso largo pareva uscire del fumo, similmente ai tori. Si alzò in piedi e avanzò verso Delaborde minaccioso - Non starà mica battendo la fiacca? O addirittura dormendo?! Altrimenti lo faccio finire immediatamente al tribunale militare! - strillò Barras afferrando per il colletto il povero Delaborde, che stava facendo di tutto per non tremare di paura, teneva gli occhi sulla cravatta bianca attorno al collo del deputato.

- Magari - sussurrò fra i denti Carteaux, poggiando i piedi sul tavolo, dondolando sulla sedia - Magari... - ripeté.

- Oh no, cittadino rappresentante - fece Delaborde riprendendo coraggio, riuscì a guardarlo - Sta facendo perlustrazione...

Barras lo fissò perplesso, sollevando il sopracciglio, mollò la presa sul povero colletto dell'aiutante di campo, grugnendo - Perlustrazione?

- Sapete, cittadino Barras - iniziò Carteaux ricomponendosi, strofinando la mano sulla stoffa grezza dell'uniforme - Questi artiglieri pensano o meglio, s'illudono, di poter fare tutto da soli, con i cannoni - riferì beffardo, crudelmente ironico, intenzionato a sminuire quel ragazzo, in modo che il rappresentante potesse perdere la curiosità sul maggiore e lasciarlo tra le sue follie e i suoi strambi piani di conquista. Nonostante le insistenze dei suoi colleghi e di sua moglie nel dover approvare la sua strategia, aveva deciso di continuare ad agire di testa propria. Buonaparte non avrebbe vinto contro di lui.

- Mh - sfuggì a Barras, pensieroso, gli occhi rivolti al soffitto coperto, quell'affermazione di Carteaux aveva sortito l'effetto opposto - Quindi è un tipo indipendente, interessante...

- Non approvo i suoi piani - sincerò tranquillamente il generale, facendo spallucce. Chiuse e riaprì gli occhi marroni, quasi neri, resi più scuri dall'ombra "E soprattutto la sua arroganza e saccenza, tipiche di chi crede di sapere e di poter fare tutto" aggiunse pensando.

Barras si mise a braccia conserte - E perché non li approvate? - avanzò verso l'apertura della tenda e la scostò, cercando di intravedere il comandante dell'artiglieria  tanto discusso.

- Potreste chiederlo direttamente a lui - gli propose Carteaux con malizia celata, rendendosi conto di aver suscitato in lui ancora più entusiasmo. Sapeva che Buonaparte non si sarebbe sottratto dall'impulso di ripetere il suo progetto, come faceva con tutti coloro che aveva incontrato o semplicemente incrociato, augurandosi di ottenere sostenitori - Essendo io poco avvezzo all'ambiente dell'artiglieria, a differenza vostra cittadino, che lo conoscete più di me, saprebbe spiegarlo meglio di chiunque altro... - disse adulandolo, al solo scopo di alimentare la fiducia.

Barras emise un suono di approvazione - Sì... sì mi avete convinto, cittadino generale... - rivelò il rappresentante della Convenzione, moriva dalla voglia di conoscere più da vicino questo comandante così riservato e solitario - Dev'essere molto concentrato dal suo lavoro se non riesce ad essere nel quartier generale, tra di voi - sorrise leggermente, mostrando la dentatura ingiallita, senza vergognarsi di alcuni denti marci. Riprese a cercarlo con gli occhi, ma non lo trovava.

- Se ve lo state chiedendo, cittadino Barras, il maggiore Buonaparte, il comandante, come un forsennato, si destreggia tra l'arsenale che sta facendo costruire e alcune batterie di cannoni che sta posizionando - elencò Carteaux puntando la grossa mano verso l'orizzonte, da cui provenivano rumori di piombo e fuoco. In lontananza vi erano, come sagome informi, degli uomini che camminavano incessantemente da una direzione all'altra, presso la collinetta da cui si poteva vedere nitidamente l'intero porto di Tolone.

- Bonnapate? - cercò di pronunciare correttamente il deputato della Convenzione presso l'esercito - Un cognome insolito...singolare direi...che ho già sentito - Barras si era già messo in cammino, affiancato da due delle guardie di Carteaux, per essere protetto da ogni pericolo "Il potere offre un sacco di vantaggi..." rifletté soddisfatto ed orgoglioso. Mentre passeggiava, altezzoso e fiero, sentiva lo sguardo della gente su di lui, sui suoi sfarzosi e pregiati abiti da deputato, che si era fatto procurare proprio per quelle occasioni.

Avrebbe potuto indossare la sua uniforme da ufficiale, essendo comunque un uomo d'armi e conoscitore del mestiere, ma poi aveva riflettuto, si sarebbe confuso tra tutti quei militari e scelse di optare per la divisa da deputato. Era così appagante vedere quella gente ammirarlo come fosse una divinità, amava essere considerato.

Incamminandosi, Barras osservava qualsiasi cosa con grande interesse e restava sorpreso nel constatare quanto quel posto fosse cambiato negli ultimi tempi, vi era più ordine, più disciplina, ogni uomo faceva il suo compito diligentemente e soprattutto felicemente. Era la prima volta che notava della gioia, dell'entusiasmo in uomini, di solito, poco disposti a lavorare. Doveva essere merito del comandante dell'artiglieria, ne era sicuro, una tale organizzazione, nelle vicinanze di Tolone, non c'era. Erano due mondi completamente diversi - Scusa buon uomo - disse scorgendo un soldato che stava aggiustando dei carri adoperati per spostare i cannoni - Potresti dirmi dove si trova il vostro comandante? So che questa è l'area dedicata all'artiglieria, ma non lo vedo in giro...

- È insieme al suo assistente di campo - indicò l'uomo, il dito sottile e sporco spiccava sul cielo lattiginoso, quasi immobile, se non fosse per alcuni gabbiani che svolazzavano di tanto in tanto, come la situazione in cui si stavano trovando in quel momento. Sembrava che rispecchiasse lo stato d'animo dell'assedio e di Tolone - Lì, dove sorge quella trincea che si estende lungo la collinetta... - Barras puntò il volto verso il luogo indicato e vide due uomini sporgersi, accanto a dei cannoni ben posizionati e di ottima fattura.

- Comandante - fece Junot dopo aver controllato le postazioni di un gruppo di inglesi e alleati sul suolo di Tolone attraverso il cannocchiale, era preoccupato - Sono fin troppo tranquilli, la situazione non mi convince...forse...vogliono...

- Sì Junot - affermò Napoleone al suo fianco, guardandolo fisso, con tono di voce piatto, era nervoso, tremava leggermente - Probabilmente hanno in mente di occupare la zona dell'Eguillette - diede un violento pugno sulla paglia, pungendosi sul dorso - Merda! Se fosse così, saremmo in uno svantaggio totale! - sbraitò, cercando di non perdere del tutto il controllo. Gli alleati avevano iniziato a comprendere l'importanza del forte, ci erano arrivati in ritardo, ma sicuramente si sarebbero presi il merito, perché a Buonaparte non fu data la possibilità di farlo prima, facendoli sloggiare immediatamente - Se solo Carteaux si degnasse di alzare il culo da quella maledetta sedia e controllasse l'evoluzione degli eventi, magari inizierebbe a comprendere come si gestisce un esercito!

- Non posso che darvi ragione, comandante - sospirò l'aiutante di campo, sconsolato, si morse le labbra.

- Se mi trovo tra le mani Carteaux io lo ammazzo! - ringhiò Napoleone, sforzandosi di trattenere, a fatica, quella rabbia che da mesi voleva far uscire come un fiume in piena.

- Comandante, non dite questo - lo frenò Junot, allungando le braccia sulle spalle. Lo fece lentamente e con delicatezza, a Napoleone non piaceva essere toccato senza il suo consenso - Lo sapete meglio di me che non possiamo fare altro che aspettare...

- Aspettare! Quanto odio questa parola, così come i suoi sinonimi! Voi non potete immaginare quanto sia grande questo disprezzo che mi porto dentro... - rivelò Napoleone con sdegno, come se volesse allontanare quel vocabolo, ruotò la testa e il collo, le fragili ossa scrocchiarono - Fin da quando sono nato non mi ha detto altro vocabolo che aspettare! - sospirò infine, smettendo improvvisamente di gesticolare animatamente, divenendo più cupo, sul volto scese un'ombra.

I ricordi scesero su di lui al pari di un'onda, partendo dalla sua infanzia: era stato suo padre a dirglielo per la prima volta "Dobbiamo aspettare, figlio mio" "Aspettare che ritorni Paoli?" Carlo aveva sorriso dolcemente "Anche, ma soprattutto che cresca tu" gli aveva toccato il nasino "Ma io sono grande, padre!" Il padre aveva ridacchiato e gli aveva spettinato i capelli ribelli. Anni dopo aveva compreso il vero significato di quelle frasi: doveva diventare grande davvero, rinunciare alla sua infanzia, alla sua vecchia vita, per diventare un uomo nuovo, diverso, irriconoscibile. - Ancora non ho capito cosa devo aspettare Junot... Ho questa inquietudine che mi tormenta da tanto tempo... non ricordo un momento di pace...la felicità è perduta - posò una mano sul petto dopo essere stato fermo, immerso nei suoi pensieri, il cuore gli batteva forte, galoppava.

- Forse la vostra occasione, comandante - provò a rispondere il suo amico, volendo consolarlo un po', non conosceva il suo passato, aveva intuito qualcosa dalla sua origine corsa, però, non aveva mai osato chiedergli qualcosa. Aveva capito che la vita non era stata per niente facile, perché era straniero, o meglio d'origine, adesso lo vedeva perfettamente integrato, escludendo l'accento e il gesticolare.

Napoleone gli rivolse un'occhiata rapida, pure Junot gli aveva dato la stessa risposta di suo fratello Giuseppe, quando l'aveva rincuorato quel giorno. Se in molti glielo stavano dicendo, significava che era vero, allora perché il destino sembrava suggerirgli il contrario? - Quel forse non aiuta... - emise un profondo respiro.

- Pensate al fatto che state mettendo su tutto questo, comandante - gli ricordò Junot, allargando le robusta membra alle spalle del suo comandante, dopo essersi voltato, mostrandogli ciò che stava realizzando in quei pochi mesi. Neanche lui ci aveva creduto fino in fondo e invece quel 'folle' ci era riuscito - E adesso stiamo per ottenere anche una fonderia, con cui poter produrre pallini e mortai e persino un'officina... Marmont sta tornando...

- Non c'è bisogno di ricordarmelo Junot - lo canzonò bonariamente Buonaparte, ridacchiando - Ho una memoria infallibile, anche se a volte sarebbe meglio dimenticare - s'incupì nuovamente - Dimenticare ciò che è stato per vivere meglio... Lasciar scivolare tutto come la pioggia d'estate con la calura... - Il discorso venne interrotto dallo spostamento di alcuni cannoni, non molto lontano. I due si guardarono simultaneamente e, allarmati, seguirono il rumore di quelle bocche di fuoco.

- Ricordate che io ho un'autorità superiore a quella del vostro comandante per cui dovete obbedire e senza discutere! - gridò imperioso Barras, le braccia poggiate sui fianchi, gonfio come un galletto nel pollaio. Alcuni soldati, seppur contrariati, sbuffando, stavano spostando l'artiglieria nel luogo stabilito dal quell'arrogante deputato.

- Che cosa state facendo? - urlò Buonaparte vedendo quello che stava accadendo a sua insaputa. Gli occhi grigi, spalancati, si focalizzarono su quel deputato, era il medesimo che avevano visto giungere poco prima.

- Voi siete il comandante? - domandò Barras appena vide spuntare il ragazzo, dall'uniforme trasandata, polverosa e logora, che volava a grandi passi da lui. Accanto a lui c'era un altro giovane, che indossava la divisa da ufficiale inferiore.

- C'est moi, cittadino rappresentante! - si presentò orgoglioso, ribadendo che quel posto se l'era meritato, sudato, con le proprie forze e che non avrebbe permesso a nessuno di dargli ordini se lui non li condivideva o erano contro i propri interessi. Si mise a braccia conserte.

- Oh bene! - urlò Barras con tono amichevole, poggiando la mano sulla spalla del ragazzo, sottovalutando la sua durezza, i lineamenti delicati lo trassero in inganno - Non immaginavo foste così giovane, comandante, ora comprendo il vostro errore di valutazione e di calcolo, altrimenti non sapevo come giustificarlo - spiegò l'uomo mostrando un ampio sorriso, sgradevole e tirato, carico di biasimo.

Napoleone aggrottò le sopracciglia e si staccò violentemente dalla sua presa, insozzato, non gli capitava da anni di provarlo, dalla prima volta in cui un francese lo aveva toccato in Corsica. Quella sensazione di disgusto riaffiorò dalla bocca dello stomaco.

Barras rimase colpito dal suo atteggiamento difensivo, non aveva mica intenzione di contraddirlo? - Io non ho commesso alcun errore - ribadì Buonaparte convinto, compì qualche passo e si fermò di fronte a lui, con occhi di fuoco e freddi - Cittadino, voi fate il vostro mestiere e a me lasciate fare il mio, la batteria sta bene dove l'ho messa io!

- Co...cosa? - balbettò il commissario, a bocca aperta - Co...come vi permettete di affermare queste cose! Voi non sapete chi sono io! - lo afferrò di petto e lo scosse violentemente, leggero com'era non gli fu faticoso, eppure non era intenzionato ad arretrare dalle sue posizioni.

- Anche se fosse giunto qui l'intero Comitato di Salute Pubblica o la Convenzione, avrei risposto ugualmente come ho fatto con voi, cittadino Paul François Jean Nicolas, visconte di Barras! - reclamò Buonaparte, affatto impaurito dalla cattiva fama che circondava l'uomo che aveva di fronte. I suoi occhi ardevano, eppure erano glaciali.

"Quel Barras?" Fece sorpreso Junot, guardandolo dalla testa ai piedi, il viso era pieno e rubicondo, i capelli veri e lunghi sul collo, erano coperti di cipria. Indossava 'l'uniforme' color crema, blu e bianca dei deputati della Convenzione. Era un uomo potente ma corrotto, volgare e donnaiolo, che era stato un tempo aveva imbracciato le armi ed era stato ufficiale.

Le guardie che erano a sorveglianza di Carteaux e, in questo caso, di Barras, si frapposero, per scongiurare una rissa interminabile tra i due e compromettere la reputazione di entrambi. Napoleone non oppose resistenza, non aveva intenzione di rovinare la sua carriera per colpa di quell'uomo che non apprezzava minimamente. Barras, invece, fu staccato a fatica e allontanato, dimenandosi - Non pensate di passarla liscia, Bonnapate, questo affronto vi costerà molto... - le urla divennero incomprensibili man mano che si allontanava.

Napoleone, come se nulla fosse accaduto, diede di nuovo l'ordine di posizionarli dove aveva comandato lui. Molti soldati si scusarono con il loro amato comandante - Non volevamo farlo, ma abbiamo ubbidito perché costretti dalle sue minacce, non ci punite vi prego...

- Avete fatto ciò che era giusto, siete stati bravi e avete dato un esempio di disciplina, era lui ad essere nell'errore, non vi sarà fatto alcun male, potete stare tranquilli - li rassicurò sorridendo. I soldati non credettero alle loro orecchie e, traboccanti di gioia, lo acclamarono. Napoleone non temeva Barras, perché aveva dalla sua parte i commissari Saliceti e Gasparin, oltre ad altri uomini di potere che contavano realmente in Francia, tra cui Robespierre minore, per cui il suo posto era ancora garantito. 





 

 

   
 
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