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Autore: ElfaNike    20/09/2020    1 recensioni
Avatar Darje è scomparso da tempo, ma nessuno è mai riuscito a trovare il suo successore, la sua reincarnazione. Finalmente, dopo quindici anni, Monaco Norbu, vecchio amico di Avatar Darje, riceve la notizia del ritrovamento di un candidato... parte così un viaggio alla ricerca del nuovo Avatar e alla scoperta di quattro giovani di grandi speranze e talenti fuori dal normale.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Nuovo personaggio, Rapunzel
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Monaco Norbu non fu affatto contento.
Merida lo aveva atteso con disperazione e, quando lo aveva visto atterrare, era scoppiata a piangere. Il monaco si era guardato attorno e aveva chiesto: -Dove sono i miei discepoli?-
Ora dama Elinor lo metteva al corrente delle poche ricerche che erano state fatte, poiché era tutto avvenuto appena un paio di giorni prima. Ovviamente i DunBroch non si erano risparmiati in risorse e avevano mobilitato subito il loro intero corpo di guardia, ma fino in quel momento non c’erano stati risultati.
Monaco Norbu ascoltava in silenzio. Aveva un’espressione grave sul volto e Merida si accorse, per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, che non sorrideva. Anche quando era intervenuto la sera in cui i suoi discepoli si erano introdotti nella sua stanza, il monaco non aveva perso la sua aria gentile, per quanto avesse usato un tono fermo.
-Lo so che le mie parole hanno poco significato per voi in questo momento, maestro.- concluse dama Elinor -Ma sappiate che mi ritengo completamente responsabile per questo orribile avvenimento. Vi prego di accettare tutte le mie scuse: ero convinta di essere in grado di gestire meglio la situazione.-
-Non fatevene una colpa inutilmente, dama Elinor.- rispose il monaco -Ho lasciato qui i miei ragazzi ben conscio della protezione che la vostra famiglia può offrire. Tuttavia li conosco e posso dirvi che non è la prima volta che girano da soli per villaggi e città, mettendosi anche di loro volontà fuori portata di ogni eventuale soccorso. Ma questo non è più il momento di cercare un responsabile a quello che è successo.-
Dama Elinor sollevò lo sguardo sul suo volto serio. L’uomo continuò: -Ho mantenuto la mia promessa. Questa è la sacerdotessa Valka: si occuperà lei di vostra figlia.- Le due donne si scambiarono un saluto -E questo giovanotto è Hiccup, suo figlio.-
Ci fu un altro giro di saluti. A Hiccup fu presentata Merida. Poi Monaco Norbu riprese la parola: -A questo punto mi unirò anche io alle ricerche. Nella speranza che con il mio contributo si possa arrivare a ritrovare i miei ragazzi in tempi brevi.-
Dama Elinor annuì: -Troverete mio marito con gli uomini a perlustrare i confini opposti della città. Da domani dovranno allargare le ricerche anche alle campagne.-
Il monaco annuì e uscì senza aggiungere altro. Il suo silenzio teso e la sua fretta rivelavano il timore di tutti: che i suoi due discepoli fossero già stati portati troppo lontano per poter essere soccorsi.

Dama Elinor si era premurata di trovare subito degli alloggi liberi per i nuovi ospiti, e Merida fu messa al lavoro con la sua nuova maestra già il giorno dopo.
La padrona di casa aveva accompagnato sua figlia in un piccolo giardino isolato dal resto del parco della villa: si trattava di un giardino di ghiaia pettinata accuratamente intorno ad alcuni massi disposti ad arte e alternati a piante dai tronchi scuri e le fronde alte e potate con attenzione. Una passerella in ardesia nera lo attraversava da un lato all’altro, allargandosi al centro in uno spiazzo spoglio e ordinato.
Valka le attendeva, mentre Hiccup era saltato sul masso più vicino e, seduto, si osservava intorno in silenzio.
Una volta che Dama Elinor si fu ritirata, la donna sorrise alla sua nuova allieva: -Quindi tu saresti la giovane nobile del Regno della Terra dal dominio sbagliato.- esordì.
Merida annuì.
-Vorrei misurare le tue capacità.- continuò allora Valka.
-Come... qui, subito?- chiese Merida.
-Certo. Non vorrai aspettare oltre spero?-
Allora Merida annuì esitante e tese la mano. Dapprima le fiamme furono non più alte di una decina di centimetri, e pian piano raggiunsero un’altezza controllata che non superava di molto la testa di Merida. Poi smise: -So arrivare fino a qui.-
Valka inarcò un sopracciglio: -Tutto qui?-
-Come, tutto qui? Per un’autodidatta mi sembra già buono... no?-
-Da quello che mi ha detto il monaco, tu sai già del tuo dominio da anni. È tutta qui l’estensione delle tue capacità? Non ti sei mai allenata prima?-
Merida scosse la testa: -Ho già dato fuoco all’intera ala nord della casa.-
Valka rifletté: -Capisco. Per questo ti trattieni?- poi continuò, quasi soprappensiero: -È un peccato, perché quando ti vedo usare il tuo dominio penso subito a una fiamma spenta sotto un mucchio di terra, oppure tutt’al più al fuoco di un caminetto. Ma stai tranquilla: non sarà sempre così. Devi sapere che il Dominio del Fuoco è il dominio del potere. Un dominatore del fuoco ha energia e volontà, e soprattutto motivazione per raggiungere quello che vuole.-
-Io... volevo solo non sposarmi.- mormorò Merida a quelle parole.
-E adesso?-
-Il matrimonio è annullato. Ma dovrò sposarmi comunque. Tutto quello che faccio non serve a nulla.-
Valka la osservò un secondo, poi riprese: -Il fuoco è l’elemento della volontà. Nel momento in cui vuoi raggiungere un obiettivo ti permette di tirare fuori l’energia necessaria. Questo può portare a derive come orgoglio o ambizione, ma se appreso nel modo più giusto farà di te una dominatrice fiera e degna di rispetto.- e, mentre parlava, Valka agitava le mani e le fiammelle uscivano e giocavano fra le sue dita, per disperdersi in mille piccole luci per il giardino, che prese a brillare di tante scintille rosse, arancioni e gialle.
Merida si guardava intorno con gli occhi che brillavano.
-Il tuo dominio dev’essere un’estensione del tuo corpo, deve arrivare fino dove vuoi tu e non oltre dove vuoi tu. I limiti non sono intorno a te ma nella tua testa. Quando parlo di energia e volontà, non parlo della tua situazione sociale ma di te stessa.-
Poi le luci si spensero una dopo l’altra e la calma tornò fra loro due. Valka sorrise a vedere lo sguardo rapito della ragazza: -Cominciamo?-
-Va bene!- Merida drizzò la schiena -Sono pronta!-

La città era stata battuta da cima a fondo. Fergus DunBroch aveva guidato i suoi uomini per le strade dal momento stesso in cui sua figlia era tornata a casa a dare l’allarme, e da quel giorno organizzava ronde e turni per la notte, per non affaticare troppo le guardie e, allo stesso tempo, evitare che le ricerche dovessero essere interrotte.
Intorno a lui le porte si chiudevano e le imposte delle finestre si socchiudevano, lasciando intravedere occhi curiosi e timorosi, ma lui non si perdeva d’animo e frugava dappertutto.
Monaco Norbu l’aveva raggiunto la sera stessa del suo ritorno e si era unito alle ricerche. I due uomini si erano scambiati poche parole, e in silenzio il monaco vagava per le strade con l’orecchio teso, nella speranza di sentire il respiro dei suoi allievi. Fergus, dal canto suo, entrava in tutte le locande e in tutte le botteghe, scopriva botole, scostava tende, riversava letti e tavoli.
Poi la perquisizione della città finì, e nella sera che avanzava furono organizzate ronde per cominciare a battere le campagne. Il nobile mandò due terzi dei suoi uomini a riposare, e consigliò a Monaco Norbu di fare lo stesso: era appena tornato, e aveva bisogno di recuperare le forze.
Il monaco ringraziò ma disse che non aveva necessità di rientrare alla villa per riposare: si sedette sotto un albero dal tronco torto e si immerse in una profonda meditazione. Fergus lo lasciò fare e si unì al primo turno di ricerche notturne.
Fu il giorno dopo che uno dei suoi uomini corse da loro per comunicare l’incontro di un tipo sospetto in una locanda sulla strada che usciva dalla città.
Monaco Norbu e Fergus accorsero col cuore in gola: da lontano sentivano urla e una lotta in corso.
-I miei uomini hanno trovato qualcosa!- esalò il nobile.
Spronò il cavallo, mentre Monaco Norbu gli teneva dietro col suo dominio, che gli permetteva di compiere balzi lunghissimi semplicemente soffiando verso il basso.
Giunsero alla locanda e videro la porta sfondata e i tavoli rovesciati, mentre un uomo correva verso Fergus urlando: -I miei cavoli! Prendetelo, quell’uomo ha distrutto i miei cavoli!-
Il nobile scese da cavallo e si diresse al capannello di guardie, che circondavano il loro obiettivo... senza comunque riuscire a raggiungerlo! Gli lanciavano addosso massi e pietre, ma quello schivava e rispondeva, e ne aveva già atterrati una decina.
Allora Fergus, con un poderoso passo in avanti, gli mandò addosso una sequenza di massi, che l’avversario dovette parare riparandosi sotto due lame di roccia che si incrociarono davanti a lui.
Monaco Norbu atterrò accanto a Fergus, che tuonò: -Dichiarate chi siete!-
-È questa l’accoglienza nella città dei DunBroch, amico?- rispose allora una voce profonda e piccata -Prima mi invitare e poi mi attaccate: non posso dire che la prima impressione sia ottima!-
Monaco Norbu fece segno a Fergus e prese la parola: -Non attaccheremo. Per favore, presentatevi.-
Le due lame di roccia furono ritirate e comparve un uomo dal fitto vello grigio, due spesse sopracciglia nere e la corta barba bianca: -Sono il Maestro della Scuola del Dominio della Terra Calmoniglio. Ho ricevuto pochi giorni fa un invito a rendermi presso la tenuta dei DunBroch, ma non credevo che fosse per tendermi una trappola.-
Fergus DunBroch fece un’espressione sorpresa: -Io non ho invitato proprio nessuno!-
Monaco Norbu intervenne: -Vi chiedo scusa, nobile Fergus. Sono stato io a mandare un invito al Maestro Calmoniglio durante il mio viaggio di ritorno, ma a causa degli ultimi avvenimenti non ho avuto occasione di avvertirvi.-
-Molto bene.- rispose il nobile, grattandosi perplesso un sopracciglio -Allora potrete chiedergli voi di lasciare andare il mio uomo?-
Maestro Calmoniglio si rese conto solo allora di avere tenuto durante tutto il dialogo per la collottola una guardia, che divincolava i piedi per aria. Con una mezza scusa lo appoggiò per terra, e con un sorriso e un inchino salutò Monaco Norbu.

Dama Elinor osservava le fiamme. Si era ritirata dopo cena nella sua stanza e si era seduta al telaio, ma non riusciva a concentrarsi e aveva finito per incantarsi.
Mentre fissava il vuoto, qualcuno bussò leggermente alla porta e aprì quando la sentì rispondere.
-Disturbo?- chiese dolcemente Valka, facendo un passo nella stanza.
Dama Elinor scosse la testa e le indicò uno scranno accanto a lei. La maestra si accomodò fra coperte e cuscini.
-Spero che mia figlia non vi stia facendo disperare.- esordì allora la padrona di casa.
-Vi confesso- sospirò la sacerdotessa -che invece vorrei mi facesse disperare di più. Ha difficoltà a lasciarsi andare.-
-La prima volta che ha usato il suo dominio ha dato fuoco a un quarto della villa.- si sentì in dovere di spiegare dama Elinor -Noi ancora non sapevamo niente, ma lei si è spaventata parecchio. Non fosse intervenuto suo padre a tirarla fuori di lì...- poi aggiunse -Forse non ho mai avuto davvero bisogno che me lo dicesse. Forse l’ho sempre saputo, in fondo, che era stata lei. Ma non me ne ero mai veramente resa conto.- sorrise -Mi basta guardare il fuoco nel camino per pensare a lei.-
Valka annuì: -Volete molto bene a vostra figlia.-
-Vorrei se ne accorgesse.- dama Elinor sospirò -Sto cercando di fare tutto il possibile perché possa avere una vita felice.-
-Con un matrimonio?-
-Con un matrimonio.-
Valka non rispose. Tornò a guardare le fiamme riflettendo fra sé. Poi disse: -Anche il rapimento dei suoi amici l’ha segnata.-
-Ne sono sicura. Ma posso garantirvi che non ha segnato solo lei.- Valka guardò la donna, e dama Elinor continuò, con una smorfia di dolore: -Mi erano stati affidati e io ho lasciato che li portassero via. Che razza di madre sono, a guardare mia figlia e sapere cosa ha passato senza che io potessi fare niente per dei ragazzi come lei?- si portò una mano alla bocca e si interruppe con un singhiozzo.
Valka tese una mano e le accarezzò la spalla. Dama Elinor riprese, con gli occhi lucidi: -E se avessero preso anche mia figlia? E se volessero venire a prendere anche lei? Ho paura per i ragazzi, per cosa potrebbe succedere loro, e sono terrorizzata per la sicurezza di Merida...-
La sacerdotessa sorrise tristemente, senza smettere di accarezzarle la spalla: -Posso capire. Tuttavia, se posso rassicurarvi, sappiate che Merida prenderà presto confidenza col suo potere e, credetemi, se c’è una cosa difficile è rapire un Dominatore del Fuoco. Inoltre, io e Monaco Norbu siamo d’accordo per non perderla più di vista.-
Dama Elinor sorrise fra le lacrime. Valka la lasciò sfogare ancora qualche istante, poi la nobildonna cercò di cambiare discorso: -E quindi avete portato con voi anche vostro figlio...-
La sacerdotessa sospirò: -Ci ha seguiti di nascosto. Non so cosa gli abbia detto il monaco, ma si è messo in testa di conoscere altri ragazzi dal dominio sbagliato.-
Dama Elinor spalancò gli occhi: -Un quarto ragazzo dal dominio sbagliato? Non sarà...-
-No, non lo è. Monaco Norbu sta cercando il Dominatore della Terra, ma non si tratta sicuramente di Hiccup. Lui...- sospirò tristemente -lui non ha un dominio normale. Probabilmente è stato maledetto dagli dei.-
-Perché lo pensate? Cosa ve lo fa dire?-
-Perché il suo potere è completamente fuori natura. Sa il cielo quanto vorrei non fosse così, ma lo è. E purtroppo è un potere troppo strano perché sia accettato dal mio popolo.-
Dama Elinor la guardò un secondo, poi commentò dolcemente: -Be’, allora direi che non è poi così male per lui che sia partito con voi.-
Valka assentì, quando qualcuno bussò alla porta.
Fu introdotto Monaco Norbu, in compagnia di uno sconosciuto.
-Dama Elinor, lasciate che vi presenti il Maestro della Scuola del Dominio della Terra, Calmoniglio.- presentò il monaco -L’ho chiamato durante il nostro viaggio di ritorno perché possa esaminare Hiccup.-
Valka si alzò in piedi: -Monaco, vi ho già detto che in mio figlio non troverete quello che state cercando.-
-Non voglio mettere in dubbio le vostre parole, ma né io né voi siamo Dominatori della Terra. Vorrei che a dichiarare una cosa del genere fosse un maestro di questa disciplina.-
La donna sospirò: -Non potete fidarvi solo delle sensazioni di un vostro discepolo, per decidere che mio figlio è la persona che cercate.-
Monaco Norbu annuì: -Allora lasciate che Maestro Calmoniglio mi dia torto. Almeno avremo già stabilito i contatti per quando avremo trovato l’Avatar.-
Valka si vide costretta ad accettare, mentre Maestro Calmoniglio esclamava: -Allora, andiamo a conoscere questo cucciolo!-

Ma la sacerdotessa risultò avere ragione.
Hiccup era stato affidato alle cure del maestro il mattino presto, ma dopo un’intera giornata di spiegazioni di posizioni, di ripetizioni di movimenti, di incoraggiamenti virili e testosteroniche pacche sulle spalle, Maestro Calmoniglio mandò a letto Hiccup e andò a incontrare Monaco Norbu e Valka intorno a una tazza di tè caldo, e dichiarò che non aveva potuto cogliere la minima traccia di Dominio della Terra nel ragazzo.
-Non ho voluto scoraggiarlo e gli ho detto che domani riproveremo. Ma è inutile spremere da una persona un dominio che non c’è.-
Monaco Norbu abbassò lo sguardo sulla sua tazza di tè. Era tornato dalle campagne solo per sentire il responso di Maestro Calmoniglio, e doveva tornare subito alle ricerche. Contava di finire il suo tè e ripartire. Tuttavia aveva sperato di sentire, almeno dal maestro, notizie più incoraggianti.
-Mancano proprio le basi perché possa essere un Dominatore della Terra.- continuò Maestro Calmoniglio.
-Cosa intendete dire?- chiese Valka.
-La Terra è l’elemento della sostanza, della stabilità. Noi dominatori siamo ostinati e resistenti. Troverete tanti stili in giro per il Regno della Terra, ma avranno tutti questa caratteristica in comune: affrontiamo di faccia il nostro avversario. Mentre quel ragazzo...- il maestro scosse la testa -...manca di tutte queste qualità. Tutte. Anche dovesse avere un barlume di dominio, difficilmente con il suo carattere schivo riuscirà a tirarlo fuori.- e con quello firmò la sua sentenza.

Mentre i maestri discutevano, Merida dormiva. Nella sua stanza tutto era spento e silenzioso, ma lei non riusciva a trovare pace. La faccia persa di Rapunzel e l’espressione sconvolta di Jack Frost la perseguitavano nei suoi sogni, e la voce cavernosa che li aveva fatti portare via le riempiva le orecchie. Le parole ‘Cominciamo a prenderli entrambi’ si deformavano nella sua memoria e si rivolgevano a lei, la cercavano, la chiamavano, dicevano ‘cominciamo a prendere anche lei’. Lei si rigirava nelle coperte e si metteva in trappola da sola, si sentiva avviluppare le gambe e le braccia, come se i suoi nascondigli non servissero più a proteggerla e i rapitori venissero a prenderla nella spazzatura in cui era finita.
Si sedette di colpo urlando e si guardò intorno, nella luce della falce di luna che le illuminava debolmente la camera. Aprì il palmo della mano sulle ginocchia e accese una fiammella che la ristorasse. Questo le capitava tutte le notti, ormai.
Poi si ricordò dei due viaggiatori, e le viscere le si contorsero nel ventre. Se lei non fosse scappata a loro non sarebbe successo niente, e questo non poteva perdonarselo.
Si alzò per fare due passi e cambiarsi un po’ le idee, perché affrontare quei pensieri tutte le notti da sola la spossava enormemente. Aprì la porta della sua stanza e scivolò silenziosamente per i corridoi. Conosceva ogni pavimento in legno di quella villa e sapeva dove passare per evitare scricchiolii e rumori.
Arrivò quindi nell’ala riservata agli ospiti e notò che una porta era socchiusa e ancora illuminata. Lei si avvicinò e scostò piano l’uscio, e sbirciò dentro: il figlio della sua maestra stava combinando qualcosa al tavolo basso al centro della stanza, e lei tese il collo per vedere: -Cosa fai?-
Il ragazzo ebbe un sussulto e la sua mano corse alla sacca accanto a lui, da cui estrasse una riga in legno: -Stavo solo martellando!- esclamò senza girarsi, la schiena rigida.
Lei si mise a ridere e entrò nella stanza: -Sono solo io. La maestra non c’è?-
Hiccup scosse la testa: -Sta parlando con gli altri maestri.-
Merida si sedette accanto a lui: -Allora? Cosa stai facendo?-
Hiccup indicò l’oggetto del suo lavoro: un bastone leggero e ben levigato era aperto in due per lungo e lui stava inserendo un meccanismo in un vano, mentre vicino c’era i resti dell’aliante di Jack Frost: -Il monaco sembrava così triste quando ha visto quest’aliante rotto.-
-E lo ripari per lui?-
Hiccup fece spallucce. Prese il meccanismo vecchio e lo studiò a fondo. Era talmente rapito dal quel nuovo giocattolo che Merida si chiese se in realtà non lo stesse riproducendo per suo interesse personale: -Apparteneva a uno dei due viaggiatori rapiti.-
Hiccup alzò lo sguardo su di lei, così lei si sentì spinta a continuare: -Il ragazzo della Tribù dell’Acqua, si chiamava Jack Frost.-
Hiccup annuì. Se lo ricordava, da quando l’aveva visto al suo primo arrivo al Popolo del Sole e aveva sfilato con i due nomadi fino a incontrare suo padre.
Prese un pezzo di metallo dalla sacca accanto a lui e la mostrò a Merida: poi, sotto i suoi occhi, gli fece assumere la forma di una placca in metallo. Lei rimase senza parole e alla fine disse: -Mi era sembrato di capire che avessi un dominio sbagliato pure tu... Ma tu non dovevi essere un Dominatore della Terra?!-
Lui la guardò perplesso, così lei spiegò: -Be’, sei il figlio della mia Maestra del Dominio del Fuoco ma oggi ti ha allenato un Maestro del Dominio della Terra. Visto che Jack Frost e Rapunzel avevano i domini invertiti, avevo immaginato che tu fossi quello che aveva invertito il dominio con me.-
Hiccup scosse la testa e appoggiò quello che stava facendo: -Non sono un Dominatore del Fuoco. Ma non sono neppure un Dominatore della Terra. Al villaggio dicono che sono maledetto.-
Merida lo guardò senza parole, così questa volta fu lui a riprendere: -Cosa ci fai qui?-
-Non riuscivo a dormire...-
-Avevi paura?-
Merida lo fissò basita e lui spiegò: -Me ne accorgo da come tremi. Lo avverto dal pavimento. Mi accorgo di come stanno le persone: oggi sapevo che il maestro era demoralizzato, e che mentiva quando mi diceva: domani andrà meglio.- abbassò lo sguardo: -Io non sono un Dominatore della Terra. E mi dispiace che il monaco dovrà venirlo a sapere.-
-A quest’ora mi sa che lo sa già.- Merida scosse le spalle, poi esclamò: -Ma davvero hai questo potere?!- lui annuì, così lei continuò: -Allora aiutami, ti prego! Con il tuo potere potremo trovare informazioni importanti, e trovare i due viaggiatori! Ti prego, aiutami a ritrovarli!-
Hiccup non sapeva bene che cosa volesse dire, né che cosa loro due potessero fare in più dell’intero corpo di guardia di Fergus DunBroch, ma si accorse che quell’idea la faceva reagire, e che le faceva passare la paura che aveva avuto fino a quel momento. Per di più, lo allettava l’idea di uscire da quella villa, di cui aveva esplorato ogni singolo angolo, anche il più recondito, e che ora lo annoiava. Così accettò.

 




Angolino dell’autrice:
Merida e Hiccup partono alla ricerca di Rapunzel e Jack Frost! Riusciranno nel loro intento? I nostri Grandi Quattro riusciranno a incontrarsi presto?
Momento precisazioni: quando Valka e Calmoniglio descrivono i loro domini, le parole che do loro sono in parte tratte dagli insegnamenti di zio Iroh nell’episodio 9 ‘Il Dominio della Terra’ della seconda serie.
Inoltre, a causa di impegni sempre più numerosi devo tornare sulla mia promessa di mantenere una pubblicazione settimanale: cercherò sempre di essere puntuale ogni domenica o lunedì, ma se mi vedo troppo carica di roba da fare dovrò far slittare la pubblicazione di una settimana. In ogni caso spero di non dover mai superare le due settimane di attesa fra una pubblicazione e l’altra.
A presto
Nike

  
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