Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Akemichan    14/05/2005    4 recensioni
Non c'è nulla da fare... Dovunque vada, con chiunque stia, qualunque aspetto abbia... Le sue mani saranno sempre sporche di sangue... Le abbiamo sporcate noi... E lei sa bene che questa è la sua realtà. la sua vita, il suo destino... Non è forse vero, Sherry...?
Genere: Azione, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ai gettò il giornale nel cestino della spazzatura, quindi si sistemò un capello ribelle della parrucca davanti allo specchio

 

Polizia scopre un corriere di droga.

Arrestato un uomo incensurato. Trasportava tre chili di eroina.

 


Ieri mattina, grazie a una telefonata anonima, la polizia ha fermato un sospetto sullo Shinkansen Tokyo/Osaka. Portava con sé tre chili di eroina, nascosti nelle cuciture della giacca. I suoi documenti, appartenenti ad un incensurato, sono risultata falsi. L’uomo, ora in stato di fermo, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Le indagini per accertare la sua identità sono già iniziate. Si pensa che il corriere facesse capo ad un’organizzazione, forse addirittura ad una yakuza. Infatti, secondo alcune indiscrezioni, assieme alla droga avrebbero trovato anche un cd contenente informazioni compromettenti. L’ispettore Megure, incaricato del caso, non ha rilasciato dichiarazioni.


 

 

Ai gettò il giornale nel cestino della spazzatura, quindi si sistemò un capello ribelle della parrucca nera davanti allo specchio. Si era rimessa il travestimento della prima volta, visto che nessuno l’aveva riconosciuta. Dopo la conversazione avuta con BloodyMary, si sentiva piuttosto apatica, senza voglia di fare alcunché. Ecco perché non aveva ideato un nuovo personaggio in cui camuffarsi. Osservò l’orologio da polso: le quattro e cinquantanove. Uscì dal bagno per avvicinarsi al distributore automatico. Nella direzione opposta veniva Nagisa, anche lei vestita come la volta precedente. Tra le labbra rosse teneva stretta una sigaretta.

 

«Scusi, ha da accendere?» le chiese una volta che furono faccia a faccia.

 

«Si, aspetti» Ai finì per non restare troppo sorpresa dal fatto che l’avesse riconosciuta all’istante. Frugò nella borsa un istante, per tirare fuori un accendino che passò alla rossa. «Ecco»

 

BloodyMary lo prese. «Grazie» Lo avvicinò alla sigaretta, per accenderla, con le mani a coppa. «Fingi di far cadere a terra le monete mentre prendi un caffè» le sussurrò mentre faceva comparire la fiamma arancione.

 

Ai si voltò verso il distributore automatico, tenendo la grande borsa nera appesa solo per una parte, e aprì il portafoglio. Con un gesto che cercò di eseguire nel modo più naturale possibile, lo piegò lateralmente, facendo uscire le monete, che caddero a terra tintinnando come le campanelle durante l’eucaristia. Si chinò a raccoglierle, imitata da BloodyMary, che l’aiutò.

 

«Grazie» disse Ai, infilando alcune monete del distributore e selezionando la voce caffè senza zucchero. Mise le altre di nuovo nella tasca del portafoglio, chiudendolo e riponendolo al sicuro nella borsa. Nella mano destra, quella nascosta, teneva stretto il foglio che BloodyMary le aveva passato fingendo di aiutarla nella raccolta.

 

«Di niente, Sherry» le sussurrò restituendole l’accendino e continuando per la sua strada.

 

Ai si sistemò precisamente davanti alla macchinetta, fingendo di aspettare il caffè, mentre in realtà cercava di leggere il foglietto, avvolto da un biglietto per una partita di basket che iniziava alle sei di quello stesso pomeriggio, nel quartiere di Shimamoto.

 

 

“L’Organizzazione sta ricattando il proprietario della squadra Kitagawa per una questione di partite truccate e pilotate. Dato che non si decide a pagare hanno intenzione di uccidere uno dei giocatori durante la partita di stasera.

Ascolta, ho un piano.

Dato che ci sarà anche Gin, è l’occasione giusta per ucciderlo e far incolpare il cecchino incaricato di uccidere il giocatore. Gin non sarebbe dovuto venire, ma io gli ho detto che ti avevo incontrata e che ci saresti stata anche tu. Ti prego, fammi da esca; ti prometto che Gin non riuscirà nemmeno a vederti.

Aiutami, Shihochan, e perdonami.

Ti voglio bene”

 

 

Terminata la lettura, Ai tremava. Tremava dalla paura di doversi esporre così tanto. Tuttavia, l’avrebbe aiutata. In fondo, non le importava molto se Gin fosse riuscito a ucciderla oppure no. Gli era sfuggita così tante volte, e aveva toccato la morte altrettante volte, che una in più o in meno non faceva nessuna differenza. Per le persone che amava, non aveva mai avuto paura di morire. Rischiare di essere scoperta e dover vivere nel terrore, era una prospettiva che trovava molto più spaventosa. E questa, purtroppo per lei, era una delle poche cose che aveva in comune con sua sorella Akemi.

 

La partita iniziava alle sei. Significava che aveva il tempo di passare da casa, da casa sua, a prepararsi. I poeti dell’estetismo, non dicevano forse di vivere intensamente da giovani per poi lasciare un bel cadavere? Perciò non era il caso di mostrarsi a Gin con una tuta da lavoro, come l’ultima volta.

 

 

***

 

 

BloodyMary aveva terminato la sigaretta sulla porta del magazzino Beika, perciò, appena uscita, la spense per terra sotto il tacco dei suoi lunghi stivali neri. Si toccò le labbra, controllando che il rossetto non fosse scomparso. All’improvviso una palla da calcio le passò a pochissima distanza dal volto, fischiando. Lei si bloccò per lo spavento, sentendo il pallone sbattere contro la porta. Per lo spostamento d’aria, il nastro nero che le teneva stretti i capelli in una coda bassa si sfilò, scivolando dolcemente a terra. Davanti a lei, un bambino con gli occhiali, colpevole, la stava guardando.

 

«Scusi» mormorò.

 

«Non mi sembra il caso di giocare in questo posto» disse gentilmente BloodyMary, accarezzandogli la testa come se fosse un cane. «Potresti far del male a qualcuno»

 

«Ha ragione» convenne lui, liberandosi dalle sue carezze. Andò a riprendere il pallone e poi le passò il nastro che raccolse da terra. «Ecco. Scusi ancora»

 

«Sei proprio ben educato» sorrise lei riprendendolo e infilandolo con noncuranza nella tasca della minigonna. «Fai attenzione, mi raccomando» Quindi, con un cenno di saluto, si voltò dirigendosi verso l’entrata della metropolitana.

 

«Si, lo farò» sorrise Conan accendendo il radar che aveva negli occhiali. Ora, grazie alla ricetrasmittente che le aveva nascosto nel nastro, poteva controllare tutti i suoi movimenti. Sapeva che Haibara non avrebbe approvato la sua decisione, ma non gli importava. Più di una volta era andato contro il suo consenso e lei, alla fine, aveva dovuto ammettere il suo torto. Voleva aiutarla anche in questa occasione. Però non perché si sentisse in colpa per la morte della sorella, o perché lei fosse l’unica a poter produrre l’antidoto. Voleva salvarla perché era lei. Non era forse una ragione più che sufficiente?

 

Seguì la rossa fin in metropolitana, ma non riuscì a prendere il suo stesso treno, anche se potè riconoscere la linea, quella per Shinjuku. Poco male, avrebbe aspettato il treno dopo.

 

«Che ci fai qui, Conan-kun?» Lui si voltò. Dalla parte opposta stavano scendendo Ran e Sonoko, la quale portava sotto braccio parecchi sacchetti. Si era dimenticato che quelle due era andate a fare shopping, nel pomeriggio, e si era anche dimenticato che per tornare a casa Sonoko doveva prima prendere la linea per Shinjuko, scendere dopo due fermate e prendere la coincidenza per Sumamoto.

 

«Niente» rispose lui prontamente, il pallone stretto in mano. «Giocavo»

 

«La metropolitana è un posto pericoloso» Ran lo prese per mano. «Torniamo a casa, avanti»

 

«Ma… ma…»

 

«Perché non fai un salto a casa mia?» propose Sonoko. «Così ti faccio vedere la mia nuova camera»

 

«Oh, … C’è anche Conan-kun…»

 

Sonoko gli scoccò una strana occhiata. «Può giocare in giardino, almeno non fa danni»

 

«Allora… Va bene» Ran sorrise. Aveva ancora un po’ di tempo, prima di tornare a casa per preparare la cena a suo padre. «Ringrazia, Conan-kun»

 

«Grazie, Sonoko-neechan» disse lui tra i denti. Così non sarebbe più riuscito a seguire i movimenti di BloodyMary.

 

Seduto sul treno sulle gambe di Ran, che lo teneva stretto per evitare che scappasse, come al suo solito, poteva solamente ascoltare i suoni attutiti che provenivano dalla ricetrasmittente. Potè sentire l’altoparlante di una fermata, ma non riuscì a distinguere quale.

 

«Ciao, Gin» le sentì dire. «Allora, è tutto a posto per l’operazione Offense ChargingConan suppose che BloodyMary stesse parlando al telefono, poiché non riusciva a capire le risposte di Gin. E si che la sua voce fredda gli era rimasta così impressa in mente. «Verrà, verrà» continuò lei. «Ma sarò io ad ucciderla, spiacente» Il tono scherzoso fece arrabbiare Conan più di quanto non fosse già. Come aveva potuto provare compassione per lei? «Piuttosto, uno dei verdi vale l’altro, vero? Ricorda, deve ucciderlo dopo che sarà arrivata Sherry» disse ancora BloodyMary. «Mi sto già dirigendo sul posto, ci vediamo là. Si, si, ciao» Prima che le batterie del radar si scaricassero, sentì un altro altoparlante, purtroppo, senza riuscire a distinguere la stazione o la destinazione, come il precedente.

 

Non aveva molte informazioni in mano, ma doveva assolutamente riuscire a scoprire dove fosse il luogo in cui avevano intenzione di ucciderla. Un luogo nascosto, come il porto, lo stesso della sorella? Oppure un edificio abbandonato, come l’ultima volta? Non aveva molte informazioni in mano. Cosa significava la parola “Offense Charging”? E uno dei verdi da uccidere, oltre ad Haibara? Chi erano “i verdi”? Forse una banda rivale, opposta all’Organizzazione che aveva il nero come colore? Accidenti! Non sapeva nemmeno quanto tempo aveva a disposizione! Poteva solo aspettare e ragionare, stringendo ancora di più la palla da calcio che teneva fra le mani.

 

 

***

 

 

Le tribune della palestra erano gremite di tifosi, mentre nei corridoi superiori passavano solo poche persone, la maggior parte delle quali ritardatari che cercavano i posti assegnati. Ai, ritardataria come loro ma niente affatto interessata ai posti, passava proprio per quella zona solitaria. Il caos era tale che Ai non dubitava che l’Organizzazione l’avrebbe fatta franca anche questa volta. Chi sarebbe riuscito a sentire uno sparo in mezzo ad una simile confusione? Si domandava piuttosto come potessero riuscire a colpire un giocatore, dato che questi si muovevano in continuazione. Tuttavia, non era una cosa che la preoccupava particolarmente. Se davvero Nagisa fosse riuscita ad uccidere Gin, la partita sarebbe stata interrotta ancora prima che il cecchino incaricato avesse una buona occasione per sparare.

 

Si chinò un attimo a riallacciare una delle stringhe delle sue scarpe da ginnastica, che le si erano slacciate. Quando rialzò lo sguardo, notò una striscia di capelli rossi che si infilava nel bagno qualche metro davanti a lei. Doveva forse seguirla? Senza travestimento si sentiva così nuda… Così indifesa… Calcò ancora di più il basco panna che portava a nascondere, almeno parzialmente, il viso. Bene, era ora. Aprì lentamente la porta del bagno, trovandolo molto più pulito dei soliti. Se non altro, non sarebbe morta nella sporcizia.

 

BloodyMary era in piedi di fronte al muro, in fondo al bagno, e le voltava le spalle. «Sono contenta che tu sia venuta, Sherry» Aveva le braccia piegate, come se tenesse la piccola borsa nera all’altezza del seno, per cercarvi qualcosa. «Sapevo che non mi avresti delusa» Lasciò cadere la borsa a terra e si voltò di scatto. Tuttavia, prima che fosse ancora totalmente girata, Ai aveva estratto la sua automatica che portava nascosta sotto la minigonna a pieghe di camoscio e aveva sparato contro la revolver che teneva in mano, costringendola per il contraccolpo a lasciarla cadere. La revolver rimbalzò a terra, rompendo una delle mattonelle bianche del bagno, accanto al proiettile che l’aveva colpita.

 

BloodyMary si appoggiò al muro. «Vedo che avevi molta fiducia nella tua migliore amica»

 

Ai stava con la pistola puntata contro il suo petto, il braccio teso e fermo, le gambe leggermente divaricate, la destra di qualche centimetro più avanti rispetto alla sinistra. La posizione del killer. «Si…» mormorò lei. «Della mia migliore amica avevo una grande fiducia» Alzò il braccio e sparò un secondo colpo. Questo si infranse contro il muro formando una ragnatela di porcellana attorno al foro, e tagliando una guancia a BloodyMary.

 

«Come mai non ti esce sangue?» chiese dolcemente Ai. «Forse perché quella che stai indossando è una maschera?»

 

BloodyMary non rispose, ma iniziò ad osservarla con un’espressione arrabbiata e seccata.

 

«Non sono così scema come pensate» proseguì allora Ai. «La scrittura del biglietto era di Nagisachan, non vi erano possibilità di errore, ma la persona che me lo ha consegnato no. Non era lei» Anche la sua espressione si fece più dura. «Avanti, voglio sapere chi sei»

 

«E va bene» Si levò la maschera e la parrucca, rivelando una chioma di capelli biondissimi, tenuti insieme da un elastico in una coda bassa, e uno sguardo azzurro e freddo. Il sorriso sulla sua bocca si fece ironico. «Come hai capito che non ero BloodyMary

 

«Nagisachan… Non mi avrebbe mai chiamato Sherry…» Vermouth! La donna cha aveva di fronte non poteva essere altri che lei. La donna di cui aveva tanta paura. Il braccio che teneva ancora puntata la pistola tremò leggermente, ma Ai si morse un labbro e si impose di tenere duro. Era venuta in quel posto per uno scopo e non si sarebbe fatta uccidere prima di averlo ottenuto. Nonostante i brividi che le attraversavano tutto il corpo, giungendo fino al cuore, che batteva più forte dei tamburi dei tifosi, doveva resistere. Essere coraggiosa.

 

«Avrei dovuto immaginarlo…» commentò sorridendo Vermouth. «So, you’re more brave that I can imaged. The question is: why? Perchè sei venuta, sapendo che era un piano per ucciderti

 

«Voglio sapere dov’è Nagisa» Ai strinse ancora di più la mano sulla pistola, visto che le sue mani sudavano. Era stata lei a chiederle di aiutarla. Se fosse stata uccisa come traditore, non avrebbe mai potuto perdonarselo. Così come non riusciva a perdonarsi la morte della sorella.

 

«Non preoccuparti» mormorò Vermouth. «Come sai, lei adora uccidere» Il sorriso divenne ancora più sadico. «Può essere ancora addestrata, al contrario di te» Ne parlava come se fosse una cane, che dovesse obbedire a qualunque ordine dell’Organizzazione. Che schifo! La cosa più incredibile era che, lei lo sapeva, a Nagisa andava bene così. Non era riuscita, o forse, non voleva riuscire, a farle cambiare idea. E adesso, cosa doveva fare?

 

«Come diceva il biglietto, noi siamo qui per uccidere uno dei giocatori del Kitagawa» cominciò Vermouth, togliendosi il nastro e iniziando a passarsi le lunghe dita fra i fili oro. «Hai due possibilità. La prima è uccidermi adesso che ne hai l’occasione, e salvare il giocatore. Non puoi risparmiarmi, perché non ci metterei molto a recuperare un’altra revolver e ucciderti» Sbadigliò. «La seconda è scappare e lasciarlo morire» Ai respirò pesantemente. «So, Sherry? Tell me, what’s your choice? If you survive, you’ll see again “cool guy”…»

 

Ai la guardò con un’espressione stupita. Quindi, sapeva? Lei sapeva? O aveva solo tirato ad indovinare? Eppure, anche quella donna, sull’autobus, aveva chiamato Conancool guy”… Sospirò. Nagisa aveva ragione, lei aveva trovato una ragione per vivere e Kudo, sicuramente, ne faceva parte. Tuttavia, se l’avessero uccisa adesso, non avrebbero avuto nessun collegamento. Non ve ne erano. Non potevano essercene! Una vampata di calore le salì fino al viso.

 

«Vermouth…» disse Shiho. «Pensi davvero che sacrificare una persona per sopravvivere mi farebbe sentire meno in colpa rispetto a uccidere te?» Tirò indietro il cane.

 

 

***

 

 

Era giugno e le giornate iniziavano a essere più lunghe rispetto al solito. Ran e Sonoko si erano sedute quindi in giardino e, mentre chiacchieravano, il tempo passava velocemente. Ed erano ormai le sei di sera. Davanti a loro, Conan lasciava palleggiare il pallone sulle ginocchia, riflettendo. Non era riuscito a trovare un collegamento fra tutte le sue informazioni e il puzzle della sua mente restava incompleto. Lo sentiva, non c’era più molto tempo. In fretta, ancora più in fretta! Per la frustrazione, faceva molti errori e la palla gli scivolava spesso, rotolando via. Mentre la recuperava per l’ennesima volta, gli capitò di ascoltare la conversazione delle due.

 

«Mentre venivamo qui, ho visto un sacco di gente» stava dicendo Ran. «Come mai?»

 

«Oh… C’è una partita di basket nella palestra qui vicino» rispose noncurante Sonoko. «Kitagawa contro… Una squadra che non mi ricordo»

 

«Un tempo, avresti saputo anche i nomi di giocatori, visto che la maggior parte sono ragazzi carini» rise leggermente Ran. «Si vede proprio che vuoi bene a Makoto»

 

Sonoko avvampò, ma non se ne vergognò affatto. «Lui vale mille giocatori di basket!»

 

Conan prese la palla in mano, bloccandosi. Il basket? Un momento… L’Offense Charging era… Lo aveva sicuramente sentito, da qualche parte… Ma certo! Sfondamento! Un fallo del basket! «Che colore ha la squadra del Kitagawa?!» esclamò rivolto a Sonoko.

 

Lei si spaventò. «Il… Il verde, mi pare…»

 

Conan, tenendo la palla in mano, corse via verso il cancello d’entrata, non badando affatto ai richiami di Ran che gli urlava «Conan-kun! Dove vai?!»

 

Come aveva fatto ad essere così stupido! Lo aveva sentito sul giornale, di quel processo per doping che aveva avuto il presidente del Kitagawa. Finora, non erano emerse prove a suo carico, ma il giudice non aveva ancora emesso una condanna definitiva. Secondo le sue deduzioni, quelle prove potevano benissimo essere in mano all’Organizzazione, che ora ricattava il presidente minacciandolo di consegnarle al pubblico ministero, se non avessero avuto ciò che chiedevano. Soldi, probabilmente. Era già capitato. Lo aveva visto lui stesso, con i suoi occhi, la prima sfortunata volta in cui li aveva incontrati. E poiché il presidente tergiversava le consegne, sperando che le accuse cadessero nel frattempo e che il processo si chiudesse prima di dover pagare, l’Organizzazione aveva deciso di forzarlo uccidendo uno dei giocatori della sua squadra, mostrandogli quanto facevano sul serio. La partita iniziava proprio alle sei. Correndo così, sarebbe arrivato dopo il fischio d’inizio. In tempo! Doveva arrivare in tempo per impedire all’Organizzazione di compiere il delitto e per… per salvare lei!

 

 

 

Reviews:

 

Jaly Chan: Non preoccuparti ^^ A me fa piacere se recensisci ogni capitolo, ma la cosa più importante è avere la tua opinione, anche se tardi ^^ E poi, contro le cause di forza maggiore si può fare ben poco… ù_ù… Davvero ti hanno fatto venire le lacrime agli occhi? E io che pensato che avrebbero solo fatto sbadigliare…^^’’ meglio così! Sono contenta ^///^ Era adorabile quella scenetta, vero? Anch’io ho riso tantissimo! ^_^ E poi, secondo me, andrebbe così anche nella “realtà”…^^ , riguardo a quello spoiler… Certo che Gosho ci ha proprio fregato per bene, stavolta! Vedremo cosa tirerà fuori dal resto! Io ho già paura…

 

Ginny85: La mia fic ti rilassa? Bene, sono contenta ^^ Almeno ha una sua utilità! Ti chiedi come faccio? Mah, me lo domando anche io… ?_? Sarà che sono sempre molto autocritica con le mie fic e mi sembrano sempre venute malissimo…^^ Pensa che questa all’inizio doveva essere introspettiva, invece è diventata così… :-P Diciamo che leggendo X delle CLAMP (altro argomento molto allegro) ho scoperto di non condividere il loro punto di vista e l’idea che mi sono creata l’ho messa in questa storia… E sai cosa ti dico? Ho scoperto che anche a me piace questo genere di fic! ^_^ Perciò sono superfelice se dici che è venuta bene! Shinichi non potrebbe fare nulla senza Ran, ma la cosa è reciproca ^///^ (mio malgrado, devo ammettere che sono adorabili…ç_ç) E BloodyMary… La risposta è in questo capitolo, credo ^^ Ah, un’ultima cosa… Sono io che ringrazio te della recensione ^///^

 

Mirtilla: Non preoccuparti, come ho già detto anche a Jaly Chan, ciò che mi importa è avere la vostra opinione, non importa il quando ^^ (tanto, non credo che diventerò vecchia prima di riceverla, no?^_-) E so bene quanti problemi può dare un pcù_ù ^///^ Grazie per i tuoi complimenti, sai, io adoro i gialli e non posso davvero credere che la mia storia abbia una parvenza di giallo…^^’’ E meno male che alla fine le citazioni che ho fatto non vi sono risultate noiose ^^

 

 

Preview (per il prossimo e ultimo capitolo, sabato prossimo):

 

«Conan! Cosa sta succedendo?»

 

«A secret makes a woman woman»

 

«Allo stomaco, come tua sorella…»

 

«L’avrei uccisa io stessa»

 

«Ti ammazzo!»

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Akemichan