Polizia scopre
un corriere di droga.
Arrestato un uomo
incensurato. Trasportava tre chili di eroina.
Ieri mattina, grazie a una
telefonata anonima, la polizia ha fermato un sospetto sullo Shinkansen
Tokyo/Osaka. Portava con sé tre chili di eroina,
nascosti nelle cuciture della giacca. I suoi documenti, appartenenti ad un
incensurato, sono risultata falsi. L’uomo, ora in
stato di fermo, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Le indagini per
accertare la sua identità sono già iniziate. Si pensa che il corriere facesse capo ad un’organizzazione, forse addirittura ad una yakuza. Infatti, secondo alcune
indiscrezioni, assieme alla droga avrebbero trovato anche un cd contenente
informazioni compromettenti. L’ispettore Megure,
incaricato del caso, non ha rilasciato dichiarazioni.
Ai gettò il giornale nel
cestino della spazzatura, quindi si sistemò un capello ribelle della parrucca
nera davanti allo specchio. Si era rimessa il travestimento della prima volta,
visto che nessuno l’aveva riconosciuta. Dopo la conversazione avuta con BloodyMary, si sentiva piuttosto apatica, senza voglia di
fare alcunché. Ecco perché non aveva
ideato un nuovo personaggio in cui camuffarsi. Osservò l’orologio da polso:
le quattro e cinquantanove. Uscì dal bagno per avvicinarsi al distributore
automatico. Nella direzione opposta veniva Nagisa,
anche lei vestita come la volta precedente. Tra le labbra rosse teneva stretta
una sigaretta.
«Scusi, ha da accendere?»
le chiese una volta che furono faccia a faccia.
«Si, aspetti» Ai finì per
non restare troppo sorpresa dal fatto che l’avesse riconosciuta all’istante.
Frugò nella borsa un istante, per tirare fuori un accendino che passò alla
rossa. «Ecco»
BloodyMary lo prese. «Grazie» Lo
avvicinò alla sigaretta, per accenderla, con le mani a coppa. «Fingi di far
cadere a terra le monete mentre prendi un caffè» le sussurrò mentre faceva
comparire la fiamma arancione.
Ai si voltò verso il distributore automatico,
tenendo la grande borsa nera appesa solo per una
parte, e aprì il portafoglio. Con un gesto che cercò di eseguire nel modo più
naturale possibile, lo piegò lateralmente, facendo uscire le monete, che
caddero a terra tintinnando come le campanelle durante l’eucaristia. Si chinò a
raccoglierle, imitata da BloodyMary, che l’aiutò.
«Grazie» disse Ai, infilando
alcune monete del distributore e selezionando la voce caffè senza zucchero.
Mise le altre di nuovo nella tasca del portafoglio, chiudendolo e riponendolo
al sicuro nella borsa. Nella mano destra, quella nascosta, teneva stretto il
foglio che BloodyMary le aveva passato
fingendo di aiutarla nella raccolta.
«Di niente, Sherry» le sussurrò restituendole
l’accendino e continuando per la sua strada.
Ai si sistemò precisamente davanti alla macchinetta,
fingendo di aspettare il caffè, mentre in realtà cercava di leggere il
foglietto, avvolto da un biglietto per una partita di basket che iniziava alle
sei di quello stesso pomeriggio, nel quartiere di Shimamoto.
“L’Organizzazione sta
ricattando il proprietario della squadra Kitagawa per
una questione di partite truccate e pilotate. Dato che non si decide a pagare
hanno intenzione di uccidere uno dei giocatori durante la partita di stasera.
Ascolta, ho un piano.
Dato che ci sarà anche Gin, è
l’occasione giusta per ucciderlo e far incolpare il cecchino incaricato di
uccidere il giocatore. Gin non sarebbe dovuto venire, ma io gli ho detto che ti avevo
incontrata e che ci saresti stata anche tu. Ti prego,
fammi da esca; ti prometto che Gin non riuscirà nemmeno a vederti.
Aiutami, Shihochan,
e perdonami.
Ti voglio bene”
Terminata la lettura, Ai tremava.
Tremava dalla paura di doversi esporre così tanto. Tuttavia, l’avrebbe aiutata.
In fondo, non le importava molto se Gin fosse riuscito a
ucciderla oppure no. Gli era sfuggita così tante
volte, e aveva toccato la morte altrettante volte, che una in più o in meno non
faceva nessuna differenza. Per le persone che amava, non aveva mai avuto paura
di morire. Rischiare di essere scoperta e dover vivere nel terrore, era una
prospettiva che trovava molto più spaventosa. E
questa, purtroppo per lei, era una delle poche cose che aveva in comune con sua
sorella Akemi.
La partita iniziava alle sei. Significava che aveva
il tempo di passare da casa, da casa sua, a prepararsi. I poeti dell’estetismo,
non dicevano forse di vivere intensamente da giovani per poi lasciare un bel
cadavere? Perciò non era il caso di mostrarsi a Gin
con una tuta da lavoro, come l’ultima volta.
***
BloodyMary aveva terminato la sigaretta
sulla porta del magazzino Beika, perciò, appena
uscita, la spense per terra sotto il tacco dei suoi
lunghi stivali neri. Si toccò le labbra, controllando che il rossetto non fosse
scomparso. All’improvviso una palla da calcio le passò a pochissima distanza
dal volto, fischiando. Lei si bloccò per lo spavento, sentendo il pallone
sbattere contro la porta. Per lo spostamento d’aria, il nastro nero che le
teneva stretti i capelli in una coda bassa si sfilò,
scivolando dolcemente a terra. Davanti a lei, un bambino con gli occhiali,
colpevole, la stava guardando.
«Scusi» mormorò.
«Non mi sembra il caso di giocare in questo posto»
disse gentilmente BloodyMary, accarezzandogli la
testa come se fosse un cane. «Potresti far del male a qualcuno»
«Ha ragione» convenne lui, liberandosi dalle sue
carezze. Andò a riprendere il pallone e poi le passò il nastro che raccolse da
terra. «Ecco. Scusi ancora»
«Sei proprio ben educato»
sorrise lei riprendendolo e infilandolo con noncuranza nella tasca della
minigonna.
«Fai attenzione, mi raccomando» Quindi, con un cenno
di saluto, si voltò dirigendosi verso l’entrata della metropolitana.
«Si, lo farò» sorrise Conan accendendo il radar che aveva negli occhiali. Ora,
grazie alla ricetrasmittente che le aveva nascosto nel
nastro, poteva controllare tutti i suoi movimenti. Sapeva che Haibara non avrebbe approvato la sua decisione, ma non gli
importava. Più di una volta era andato contro il suo consenso e lei, alla fine,
aveva dovuto ammettere il suo torto. Voleva aiutarla anche in questa occasione. Però non perché si
sentisse in colpa per la morte della sorella, o perché lei fosse l’unica a
poter produrre l’antidoto. Voleva salvarla perché era lei. Non era forse
una ragione più che sufficiente?
Seguì la rossa fin in metropolitana, ma non riuscì a
prendere il suo stesso treno, anche se potè
riconoscere la linea, quella per Shinjuku. Poco male,
avrebbe aspettato il treno dopo.
«Che ci fai qui, Conan-kun?» Lui si voltò. Dalla parte opposta stavano
scendendo Ran e Sonoko, la quale portava sotto
braccio parecchi sacchetti. Si era dimenticato che quelle due era andate a fare shopping, nel pomeriggio, e si era anche
dimenticato che per tornare a casa Sonoko doveva prima prendere la linea per Shinjuko, scendere dopo due fermate e prendere la
coincidenza per Sumamoto.
«Niente» rispose lui prontamente, il pallone stretto
in mano. «Giocavo»
«La metropolitana è un posto pericoloso» Ran lo prese per mano. «Torniamo a
casa, avanti»
«Ma… ma…»
«Perché non fai un salto a
casa mia?» propose Sonoko. «Così ti faccio vedere la mia nuova camera»
«Oh, bè… C’è anche Conan-kun…»
Sonoko gli scoccò una strana occhiata. «Può giocare
in giardino, almeno non fa danni»
«Allora… Va bene» Ran sorrise.
Aveva ancora un po’ di tempo, prima di tornare a casa
per preparare la cena a suo padre. «Ringrazia, Conan-kun»
«Grazie, Sonoko-neechan»
disse lui tra i denti. Così non sarebbe più riuscito a seguire i movimenti di BloodyMary.
Seduto sul treno sulle gambe di Ran,
che lo teneva stretto per evitare che scappasse, come al suo solito, poteva
solamente ascoltare i suoni attutiti che provenivano dalla ricetrasmittente. Potè sentire l’altoparlante di una fermata, ma non riuscì a
distinguere quale.
«Ciao, Gin» le sentì dire. «Allora, è tutto a posto
per l’operazione Offense Charging?»
Conan suppose che BloodyMary
stesse parlando al telefono, poiché non riusciva a capire le risposte di Gin. E
si che la sua voce fredda gli era rimasta così
impressa in mente. «Verrà, verrà» continuò lei. «Ma sarò io ad ucciderla, spiacente» Il tono scherzoso fece
arrabbiare Conan più di quanto non fosse già. Come
aveva potuto provare compassione per lei? «Piuttosto, uno dei verdi vale
l’altro, vero? Ricorda, deve ucciderlo dopo che sarà arrivata
Sherry» disse ancora BloodyMary. «Mi sto già dirigendo sul posto, ci vediamo là. Si, si, ciao»
Prima che le batterie del radar si scaricassero, sentì un altro altoparlante,
purtroppo, senza riuscire a distinguere la stazione o la destinazione, come il
precedente.
Non aveva molte informazioni in mano, ma doveva
assolutamente riuscire a scoprire dove fosse il luogo
in cui avevano intenzione di ucciderla. Un luogo nascosto, come il porto, lo
stesso della sorella? Oppure un edificio abbandonato,
come l’ultima volta? Non aveva molte informazioni in mano. Cosa
significava la parola “Offense Charging”?
E uno dei verdi da uccidere, oltre ad Haibara? Chi erano “i verdi”?
Forse una banda rivale, opposta all’Organizzazione che aveva il nero come colore?
Accidenti! Non sapeva nemmeno quanto tempo aveva a disposizione! Poteva solo
aspettare e ragionare, stringendo ancora di più la palla da calcio che teneva
fra le mani.
***
Le tribune della palestra erano gremite di tifosi,
mentre nei corridoi superiori passavano solo poche persone, la maggior parte
delle quali ritardatari che cercavano i posti assegnati. Ai,
ritardataria come loro ma niente affatto interessata ai posti, passava
proprio per quella zona solitaria. Il caos era tale che Ai non dubitava che
l’Organizzazione l’avrebbe fatta franca anche questa volta. Chi sarebbe
riuscito a sentire uno sparo in mezzo ad una simile confusione? Si domandava
piuttosto come potessero riuscire a colpire un giocatore, dato
che questi si muovevano in continuazione. Tuttavia, non era una cosa che
la preoccupava particolarmente. Se davvero Nagisa
fosse riuscita ad uccidere Gin, la partita sarebbe stata interrotta ancora
prima che il cecchino incaricato avesse una buona occasione
per sparare.
Si chinò un attimo a riallacciare una delle stringhe
delle sue scarpe da ginnastica, che le si erano
slacciate. Quando rialzò lo sguardo, notò una striscia di capelli rossi che si infilava nel bagno qualche metro davanti a lei. Doveva
forse seguirla? Senza travestimento si sentiva così nuda… Così indifesa… Calcò
ancora di più il basco panna che portava a nascondere,
almeno parzialmente, il viso. Bene, era ora. Aprì lentamente la porta del
bagno, trovandolo molto più pulito dei soliti. Se non
altro, non sarebbe morta nella sporcizia.
BloodyMary era in piedi di fronte al
muro, in fondo al bagno, e le voltava le spalle. «Sono contenta che tu sia
venuta, Sherry» Aveva le braccia piegate, come se tenesse la piccola borsa nera
all’altezza del seno, per cercarvi qualcosa. «Sapevo che non mi avresti delusa» Lasciò cadere la borsa a terra e si voltò di scatto.
Tuttavia, prima che fosse ancora totalmente girata, Ai aveva
estratto la sua automatica che portava nascosta sotto la minigonna a pieghe di
camoscio e aveva sparato contro la revolver che teneva in mano, costringendola
per il contraccolpo a lasciarla cadere. La revolver
rimbalzò a terra, rompendo una delle mattonelle bianche del bagno, accanto al
proiettile che l’aveva colpita.
BloodyMary si appoggiò al muro. «Vedo
che avevi molta fiducia nella tua migliore amica»
Ai stava con la pistola
puntata contro il suo petto, il braccio teso e fermo, le gambe leggermente
divaricate, la destra di qualche centimetro più avanti rispetto alla sinistra.
La posizione del killer. «Si…» mormorò lei. «Della mia migliore amica avevo una
grande fiducia» Alzò il braccio e sparò un secondo
colpo. Questo si infranse contro il muro formando una
ragnatela di porcellana attorno al foro, e tagliando una guancia a BloodyMary.
«Come mai non ti esce sangue?» chiese dolcemente Ai.
«Forse perché quella che stai indossando è una maschera?»
BloodyMary non rispose, ma iniziò ad
osservarla con un’espressione arrabbiata e seccata.
«Non sono così scema come pensate»
proseguì allora Ai. «La scrittura del biglietto era di Nagisachan,
non vi erano possibilità di errore, ma la persona che
me lo ha consegnato no. Non era lei» Anche la sua
espressione si fece più dura. «Avanti, voglio sapere chi sei»
«E va bene» Si levò la
maschera e la parrucca, rivelando una chioma di capelli biondissimi, tenuti
insieme da un elastico in una coda bassa, e uno sguardo azzurro e freddo. Il
sorriso sulla sua bocca si fece ironico. «Come hai capito che non ero BloodyMary?»
«Nagisachan… Non mi
avrebbe mai chiamato Sherry…» Vermouth! La donna cha aveva di
fronte non poteva essere altri che lei. La donna di
cui aveva tanta paura. Il braccio che teneva ancora puntata
la pistola tremò leggermente, ma Ai si morse un labbro e si impose di tenere
duro. Era venuta in quel posto per uno scopo e non si sarebbe
fatta uccidere prima di averlo ottenuto. Nonostante
i brividi che le attraversavano tutto il corpo, giungendo fino al cuore, che
batteva più forte dei tamburi dei tifosi, doveva resistere. Essere
coraggiosa.
«Avrei dovuto immaginarlo…» commentò sorridendo
Vermouth. «So, you’re more brave that I can imaged. The question is: why? Perchè sei venuta, sapendo che era
un piano per ucciderti?»
«Voglio sapere dov’è Nagisa»
Ai strinse ancora di più la mano sulla pistola, visto
che le sue mani sudavano. Era stata lei a chiederle di aiutarla. Se fosse stata uccisa come traditore, non avrebbe mai potuto
perdonarselo. Così come non riusciva a perdonarsi la morte della sorella.
«Non preoccuparti» mormorò Vermouth. «Come sai, lei adora uccidere» Il sorriso divenne ancora più
sadico. «Può essere ancora addestrata, al contrario di te» Ne parlava come se
fosse una cane, che dovesse obbedire a qualunque
ordine dell’Organizzazione. Che schifo! La cosa più
incredibile era che, lei lo sapeva, a Nagisa andava
bene così. Non era riuscita, o forse, non voleva
riuscire, a farle cambiare idea. E adesso, cosa doveva
fare?
«Come diceva il biglietto, noi
siamo qui per uccidere uno dei giocatori del Kitagawa»
cominciò Vermouth, togliendosi il nastro e iniziando a passarsi le lunghe dita
fra i fili oro. «Hai due possibilità. La prima è uccidermi adesso che ne hai
l’occasione, e salvare il giocatore. Non puoi risparmiarmi, perché non ci
metterei molto a recuperare un’altra revolver e
ucciderti» Sbadigliò. «La seconda è scappare e lasciarlo morire» Ai respirò pesantemente. «So, Sherry? Tell me, what’s your
choice? If you survive, you’ll see again “cool guy”…»
Ai la guardò con un’espressione stupita. Quindi, sapeva? Lei sapeva? O aveva
solo tirato ad indovinare? Eppure, anche quella donna,
sull’autobus, aveva chiamato Conan “cool guy”… Sospirò. Nagisa aveva ragione, lei aveva trovato una ragione per
vivere e Kudo, sicuramente, ne faceva parte. Tuttavia, se l’avessero uccisa adesso, non avrebbero avuto
nessun collegamento. Non ve ne erano. Non potevano
essercene! Una vampata di calore le salì fino al viso.
«Vermouth…» disse Shiho.
«Pensi davvero che sacrificare una persona per sopravvivere mi farebbe sentire
meno in colpa rispetto a uccidere te?» Tirò indietro
il cane.
***
Era giugno e le giornate iniziavano a essere più lunghe rispetto al solito. Ran
e Sonoko si erano sedute quindi in giardino e, mentre chiacchieravano, il tempo
passava velocemente. Ed erano ormai le sei di sera.
Davanti a loro, Conan lasciava palleggiare il pallone
sulle ginocchia, riflettendo. Non era riuscito a trovare un collegamento fra
tutte le sue informazioni e il puzzle della sua mente restava
incompleto. Lo sentiva, non c’era più molto tempo. In
fretta, ancora più in fretta! Per la frustrazione, faceva molti errori e la
palla gli scivolava spesso, rotolando via. Mentre la
recuperava per l’ennesima volta, gli capitò di ascoltare la conversazione delle
due.
«Mentre venivamo qui, ho
visto un sacco di gente» stava dicendo Ran. «Come
mai?»
«Oh… C’è una partita di basket nella palestra qui
vicino» rispose noncurante Sonoko. «Kitagawa contro…
Una squadra che non mi ricordo»
«Un tempo, avresti saputo anche i nomi di giocatori,
visto che la maggior parte sono ragazzi carini» rise
leggermente Ran. «Si vede proprio che vuoi bene a Makoto»
Sonoko avvampò, ma non se ne vergognò affatto. «Lui
vale mille giocatori di basket!»
Conan prese la palla in mano,
bloccandosi. Il basket? Un momento… L’Offense Charging era… Lo aveva sicuramente
sentito, da qualche parte… Ma certo! Sfondamento! Un fallo del basket! «Che colore ha la squadra del Kitagawa?!» esclamò rivolto a Sonoko.
Lei si spaventò. «Il… Il verde, mi pare…»
Conan, tenendo
la palla in mano, corse via verso il cancello d’entrata, non badando affatto ai
richiami di Ran che gli urlava «Conan-kun!
Dove vai?!»
Come aveva fatto ad essere così stupido! Lo aveva
sentito sul giornale, di quel processo per doping che aveva avuto il presidente
del Kitagawa. Finora, non erano emerse prove a suo
carico, ma il giudice non aveva ancora emesso una condanna definitiva. Secondo le sue deduzioni, quelle prove potevano benissimo essere in
mano all’Organizzazione, che ora ricattava il presidente minacciandolo di
consegnarle al pubblico ministero, se non avessero avuto ciò che chiedevano.
Soldi, probabilmente. Era già capitato. Lo aveva visto lui stesso, con i suoi
occhi, la prima sfortunata volta in cui li aveva incontrati. E
poiché il presidente tergiversava le consegne, sperando che le accuse cadessero
nel frattempo e che il processo si chiudesse prima di dover pagare,
l’Organizzazione aveva deciso di forzarlo uccidendo uno dei giocatori della sua
squadra, mostrandogli quanto facevano sul serio. La partita iniziava proprio
alle sei. Correndo così, sarebbe arrivato dopo il fischio d’inizio. In tempo!
Doveva arrivare in tempo per impedire
all’Organizzazione di compiere il delitto e per… per salvare lei!
Reviews:
Jaly Chan:
Non preoccuparti ^^ A me fa piacere se recensisci ogni capitolo, ma la cosa più
importante è avere la tua opinione, anche se tardi ^^ E poi, contro le cause di
forza maggiore si può fare ben poco… ù_ù… Davvero ti
hanno fatto venire le lacrime agli occhi? E io che
pensato che avrebbero solo fatto sbadigliare…^^’’ meglio così! Sono contenta
^///^ Era adorabile quella scenetta, vero? Anch’io ho
riso tantissimo! ^_^ E poi, secondo me, andrebbe così anche nella “realtà”…^^ Bè, riguardo a quello spoiler…
Certo che Gosho ci ha proprio fregato per bene,
stavolta! Vedremo cosa tirerà fuori dal resto! Io ho già
paura…
Ginny85: La mia fic ti
rilassa? Bene, sono contenta ^^ Almeno ha una sua
utilità! Ti chiedi come faccio? Mah, me lo domando anche io… ?_? Sarà che sono
sempre molto autocritica con le mie fic e mi sembrano sempre venute malissimo…^^ Pensa che questa
all’inizio doveva essere introspettiva, invece è diventata così… :-P Diciamo
che leggendo X delle CLAMP (altro argomento molto allegro) ho scoperto di non
condividere il loro punto di vista e l’idea che mi sono creata l’ho messa in
questa storia… E sai cosa ti dico? Ho scoperto che anche a me piace questo
genere di fic! ^_^ Perciò sono superfelice se dici
che è venuta bene! Shinichi non potrebbe fare nulla
senza Ran, ma la cosa è reciproca ^///^ (mio
malgrado, devo ammettere che sono adorabili…ç_ç) E BloodyMary… La risposta è in questo capitolo, credo ^^ Ah,
un’ultima cosa… Sono io che ringrazio te della recensione ^///^
Mirtilla: Non preoccuparti, come ho già detto anche
a Jaly Chan, ciò che mi importa è avere la vostra opinione, non importa il quando
^^ (tanto, non credo che diventerò vecchia prima di riceverla, no?^_-) E so
bene quanti problemi può dare un pc… ù_ù ^///^ Grazie per i tuoi complimenti, sai, io adoro i
gialli e non posso davvero credere che la mia storia abbia una parvenza di
giallo…^^’’ E meno male che alla fine le citazioni che ho fatto non vi sono
risultate noiose ^^
Preview (per il prossimo e ultimo
capitolo, sabato prossimo):
«Conan! Cosa
sta succedendo?»
«A
secret makes a woman woman»
«Allo stomaco, come tua sorella…»
«L’avrei uccisa io stessa»
«Ti ammazzo!»