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Autore: Soleil et lune    23/09/2020    2 recensioni
Il ritorno di una guerra e la minaccia di un mostro da sventare, il tutto ambientato in una foresta dai toni fiabeschi. L'avventura e i colpi di scena si susseguono in un tornado di emozioni e strategie, il tutto per recuperare l'unico oggetto in grado di dare speranza al pianeta Terra: Chaos e i suoi servi sono tornati per riportare lo scompiglio nell'universo, ai cui estremi si trova il suo più grande e fatale alleato.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya, Phoenix Ikki
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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NEL CAPITOLO PRECEDENTE:
Dopo che fummo arrivati sul posto mi rimangiai le mie parole...d'un tratto ci trovammo davanti ad un villaggio, le case erano molto alte e fatte in legno alcune, quelle più periferiche, mentre già nelle zone centrali stavano case ancora più grandi e in mattone, per dire le proporzioni, una sola gargoille poteva essere alta quanto Ikki, ci sentivamo come delle formiche. Appena arrivammo in centro cominciarono i veri problemi. Non c'era praticamente nessuno nelle periferie, avevamo capito il motivo: stavano tutti al mercato! Appena arrivammo potemmo vedere bestioni alti quasi tre metri, si aggiravano a passo pesante per le vie, erano enormi, con delle spine su testa e schiena, ci aggiravamo indisturbati all'inizio, ma quando videro il piccoletto...beh sapevamo già che sarebbero stati guai.
"Mio nipote! Mio nipote ha i fiori sulla testa!".

...

...

...

Mi svegliai di soprassalto, la testa mi faceva un gran male e mi parve di percepire qualcosa di vischioso colarmi dalla testa. Intorno a me tutto era buio, l'unica luce arrivava da un cerchio luminoso in alto, si sentiva prepotente l'odore del legno, l'aria era pesante e potevo sentire la pioggia battente e dei singhiozzi, la cosa mi lasciò molto perplesso. Mi alzai, non capivo da dove provenissero, era quasi impossibile vedere oltre il mio naso e quei singhiozzi continuavano, erano acuti, come se appartenessero ad una ragazza.
"C'è qualcuno...?" chiesi titubante, poi sentii qualche gemito e una voce mi rispose:"Ci siamo solo io e te Shun", era Eretria.
"Eretria ma...stavi piangendo?", lei aveva ancora la voce rotta dal pianto, mi rispose semplicemente:"No! Sto bene, non sono affari tuoi!".
Retreggiai leggermente a quella rispsta tanto aggressiva, poi sospirai, anche se solo l'atto di respirare faceva male in quel posto.
"Fai come ti pare", dissi semplicemente sedendomi a terra, pensai che fosse il caso di capire dove fossimo e poi uscire.
Cercai di concentrarmi ma non riuscivo a pensare ad altro che ad Eretria, inoltre non riuscivo a capire come potesse essere possibile il fatto che solo noi fossimo presenti lì e gli altri no, dov'erano?
"Dove siamo?" chiesi ad Eretria, la quale dopo un poco di tempo mi rispose:"Siamo nel Mamertino", "Mamertino?" feci eco io e lei continuò:"Siamo caduti prede dei giganti. I giganti non sono altro che una sorta di discendenti degli antichi titani, infatti ognuno di loro appartiene una razza e noi abbiamo trovato quelli della terra. Sono una società civilizzata, almeno da quel che mi ha raccontato Orion, ma una loro particolarità è quella di non avere un sistema carcerario, infatti non possiedono una vera e propria legge ma solo gli umani o comunque coloro che non sono giganti devono sottostare ad alcune assurde leggi, come per esempio quella di non spaventare i membri della comunità. Nel caso dei giganti di terra la loro paura si manifesta con dei fiori sulla testa e sulla schiena. Non possedendo un carcere si ispirano ai romani: non hanno un vero e proprio sistema carcerario ma hanno bensì il cosiddetto Tullius, o Mamertino"
"Gli altri dove sono?"
"Sono riusciti a fuggire, tu sei stato colpito alla testa e sei svenuto, ti hanno preso subito, poi hanno preso me. Hanno provato a liberarci ma fu tutto vano, alla fine poterono solo scappare e nascondersi" 
"Noi siamo nel Mamertino quindi...cosa succede a chi ci entra?"
"Solitamente qui si aspetta che vengano eseguite le condanne a morte", disse poi con il magone, aveva paura di morire.
Rimanemmo in silenzio, doveva esserci un modo per uscire da lì, eppure quel posto sconosciuto pareva non avere uscita.
Cercai di consolare Eretria poggiandole la mano sulla spalla, le dissi:"Usciremo da qui, non ti preoccupare", anche se io medesimo temevo che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrei parlato con qualcuno. Una lacrima solitaria mi cadde sulla mano, Eretria stava piangendo. Dopo un po' sentii le sue spalle venir scosse dai singhiozzi, poi si gettò tra le mie braccia piangendo disperata. "Ho paura! Non vogli morire non posso morire ora!".
La strinsi forte, fino a quel momento non avevo fatto tanto caso a lei, parlava così poco che spesso la dimenticavo, eppure solo in quel momento, in cui non potevo vedere i suoi enormi occhi blu, potevo comprendere quanto potesse essere fragile. Avevamo la stessa età ma pareva aver sofferto le pene dell'inferno. Lei quasi sparì tra le mie braccia, continuando a piangere ininterrottamente, chissà da quanto tempo non lo faceva, forse proprio in quel momento riteneva che fosse l'ultima possibilità, del resto cosa c'era di male? Stavamo per morire, tanto valeva liberarsi di quei fardelli.
"Eretria...", la chiamai, lei mi guardò, poi tirò su col naso. Le chiesi poi in tono morbido:"E' forse vero che tu sei la figlia di Hades?", lei si asciugò gli occhi e disse:"No, questa è solo una diceria, io non sono sua figlia, non l'ho mai conosciuto", poi tirò su col naso e disse:"In verità mi sento male non per questo...io non posso morire"
"Per quale motivo?"
"Mentre voi ritornereste sicuri a casa io ad attendermi ho un orfanotrofio. Lì vi troverò una piccola bambina. I suoi capelli sono neri, gli occhi blu come la notte, sembrerà quasi una bambola di porcellana. Quella bambina..." disse, facendo una pausa "quella bambina è mia figlia".
La guardai e sgranai gli occhi, Eretria aveva una figlia?
Lei si inginocchiò a terra, poi cominciò a piangere di nuovo. Mi inginocchiai ancora davanti a lei, ormai avevo fatto l'abitutine all'acre odore del legno, le misi un braccio intorno alle spalle e la strinsi ancora a me, lei continuò: "Rimasi incinta di lei a quindici anni, lui però mi abbandonò, era un guerriero, non poteva essere anche il fidanzato di una ragazza madre. Io provengo dal regno di Sottoterra, prima di allora non ero mai uscita, non avevo mai visto il cielo, la mia famiglia mi ripudiò e fui cacciata. Scappai via dal regno, ero terrorizzata ed avevo paura...fu così che incontrai Chaos. Chaos fu molto generoso con me, mi propose persino di diventare una delle sue amanti. Io accettai ma una volta giunta nel palazzo mi resi conto di come era davvero...un luogo in cui un mossa falsa bastava per condannarti alla forca. Dopo nemmeno una settimana dissi a Chaos che volevo lasciare la corte, perché avevo troppa paura", poi riprese a singhiozzare ancora più forte, faceva male vederla così disperata, avrei solo voluto stringerla più forte ancora a dirle che avrebbe vissuto, sarei andato due volte sulla forca pur di permetterle di andare da sua figlia. La sua voce ormai era un continuo urlare, si distorceva e si bloccava, andava a scatti e poi diventava roca, gli occhi rossi per il pianto e le guance ormai bagnate, la perfetta scena della disperazione materna. Continuò ininterrottamente, poi disse ancora, distrutta:"Solitamente la pena per l'abbandono di quella corte, che in realtà pareva solo un harem, era la morte o la prigionia, ma lui mi propose una cosa: avrei vissuto nella foresta, mi avrebbe dato cibo, riparo e un posto dove dormire, ma in cambio mia figlia sarebbe stata anche sua figlia...e sarebbe diventata..." e continuò ancora a piangere. Sgranai gli occhi e la guardai, e se fosse diventata una minaccia per la Terra? Dovevo saperlo, altrimenti...cielo, non mi riconoscevo. Una madre stava piangendo davanti a me per il futuro della sua pargola ed io ero lì a pensare come un Saint!
Prima mettevo da parte quell'istinto quasi sempre, perché non lo sentivo nemmeno mio ed in quel momento lo stavo mettendo prima della sofferenza altrui!
Sapevo che avrei dovuto pensare alla salvezza della Terra, di Athena, ma in quel momento era assai poco importante per il mio lato umano. A prescindere dalla minaccia i miei amici avrebbero combattuto al posto mio, tanto stavo per morire quindi che senso aveva preoccuparsene?!
In quel momento avrei dovuto pensare solo a quella donna, perché no, non riuscivo a vederla come una ragazza, lei per me era una donna, Eretria per me ne aveva passate talmente tante che non poteva essere definita una ragazzina, ma una donna.
"Ha deciso che divenisse il corpo ospitatnte di Nyx..." terminò. 
Ero scioccato, d'improvviso sentii il fiato farsi corto, ma ormai la Terra non era più un mio problema. Non sapevo più cosa fare, potevo solo darle delle finte speranze, perché sarebbero sempre state finte, eravamo nel Mamertino, eravamo spacciati.
"Usciremo da qui e rivedrai tua figlia", dissi, ma lei evidentemente non mi credette perché non ebbe nessuna reazione, come darle torto? Non avevo dati oggettivi su cui basarmi e in quel momento stavo consolando una persona, non potevo essere credibile in nessun modo! Cominciai a respirare a fatica, stavo cominciando a provare un nuovo sentimento...era paura della morte?
Non avevo paura della morte in sè per sè, ci ero andato vicino un sacco di volte, per me rischiare la vita era come la pausa caffè per un impiegato, niente di nuovo insomma, all'inizio magari segna, però dopo poco manco ci si fa caso, la mia paura in quel momento era l'esecuzione in sè. Ho sempre trovato l'esecuzione capitale la morte più imbarazzante: lasciarsi ammazzare di fronte a gente che acclama la testa di chi, in quel momento, sta pareggiando i conti con Thanatos. Non mi importava il fatto di morire in sè, quello me lo ero meritato per la mia incapacità, io non volevo morire di fronte a degli urlatori. Ma ormai il danno era fatto e quella sarebbe stata la mia sorte, inesorabile, vergognosa, ma sarebbe stata la mia sorte. Mentre stringevo la mia amica non potevo non pensare, ormai non mi era rimasto altro da fare che pensare alla mia vita. Mi sono sempre visto come un marinaio: viaggio per mari in tempesta, conosco tutte le increspature del mio mare, i venti e i suoni per me ormai assenti, ma prima o poi se il mio mare me lo permetterà ritornerò a casa, ma so anche che ogni volta che mi imbarco potrei non tornare più; basta un vento sbagliato, una mancanza, una qualunque sciocchezza, ed eccomi lì, morto in balìa dello stesso mare che ritengo di conoscere tanto bene.
Ancora oggi, nel raccontare tutto ciò, mi sento così e quella strana inquietudine non m'abbandona nemmeno nei miei sogni, ma non li ritengo incubi, no. Io non dormo nemmeno quando sogno, non l'ho mai fatto, risate infantili, carilloin e tanti occhi vitrei si susseguivano e si susseguono nei miei sogni, ma cosa c'è di così diverso dal mondo che ci circonda? Veniamo scrutati da occhi vitrei, che pensano a cose diverse, forse non ci notano, ma noi ci sentiamo scrutati, quegli occhi fanno più male di quanto si possa credere, quelli degli adulti. Quelli dei bambini non fanno certi pensieri, per loro tutto è una meraviglia, con sguardo innocente guardano ogni cosa, anche solo essere scrutati da un bambino ci fa sentire invincibili, realizzati, perché il loro sguardo è talmente puro che il nostro spirito i quel momento si eleva al cielo e vince l'invincibile. Ma ogni volta quegli occhi si spengono, quegli occhi perdono luce, abbandonano il mondo delle meraviglie dell'infanzia e diventano adulti. Tutto termina, l'infanzia finisce, la vita va avanti e prima o poi finiamo per arrancare per tirare avanti più a lungo. Dopo aver fatto certi pensieri mi chiesi...vale davvero la pena di vivere per questo? Per vedere le lacrime di una madre, finire su una forca, per sopravvievere, non per vivere. Ne valeva davvero la pena?
Sì, ne valeva la pena. Ne valeva la pena perché proprio dai bambini dovremmo imparare, dovremmo guardare il mondo come fanno loro, amare la vita e soprattutto vivere, vivere e ancora vivere, perché prima o poi i rischi ci saranno sempre ma bisognerà andare avanti, e con le ferite che ci si procura non bisogna perdere la fiducia del prossimo e io non l'avevo persa verso mio fratello e verso gli altri, non la volevo perdere affatto! Loro sarebbero arrivati e ci avrebbero salvati, non avremmo ricordato questa guerra come una guerra a cui siamo sopravvissuti ma come una guerra che noi abbiamo vissuto, a prescindere dal dolore futuro!
Presi Eretria dalle spalle e la allontanai da me, ma solo per spingerla a guardarmi negli occhi, ero animato da una forza nuova e sentivo che nulla mi avrebbe smosso.
"Sopravviveremo", le dissi, guardandola dritto negli occhi, poi le chiesi se fosse in grado di fare luce, quando lei mi disse di sì la sentii battere le mani e formare una piccola fiammella blu, la illuminava interamente. Eretria mi parve quasi una figura eterea, dalla bellezza fredda e sbattuta, perché la sua non era una bellezza stereotipata, no. Eretria mi parve bellissima nella sua sofferenza, mi fece sorridere, perché quella guerriera così fredda mi si era mostrata a nudo senza alcuna vergogna. Mi guardò negli occhi, poi le iridi tremarono leggermente nel farlo. Tacque, mi osservò in silenzio e poi tirò un lungo sospiro, come se fosse sollevata. Lei si fidava di me.
Mi sorrise e ancora mi strinse, io ricambiai l'abbraccio, poi però sentimmo uno scossone e cademmo sul lato con un gemito. Guardammi il cerchio di luce sul soffitto, esso si aprì come se fosse un coperchio, poi vedemmo un enorme occhio giallo scrutarci. Era il momento.
Presi Eretria da un braccio e la aiutai ad alzarsi, ma anche quando lo fece non la lasciai. Il gigante con un movimento veloceci butto nel palmo della sua mano, poi si avviò. Alzai gli occhi al cielo, pioveva ancora, la pioggia mi bagnava il volto, i capelli, mi rendeva...mi rendeva...non so nemmeno io cosa mi rendesse, tutt'oggi non lo so descrivere. Guardai Eretria, lei mi parve spaventata ma mi guardava con fiducia cieca, io le sorrisi, avevo in mente qualcosa. Le feci segno di salirmi sulle spalle e lei lo fece immediatamente, il gigante se ne accorse ma non disse nulla, anzi, mi parve quasi dispiaciuto. Ad ogni suo passo la terra tremava, noi tremavamo nella sua mano, avevo paura ma cercavo di non darlo a vedere ma l'acqua mi mandava sempre più brividi lungo la colonna vertebrale, torturandomi con il suo scendere costante lungo la schiena. Mi morsi il labbro facendomi male, un sottolissimo rivolo di sangue mi colò dalle labbra. "Fratello, Hyoga, amici, mi avete abbandonato?" mi chiedevo senza sosa, avevo davvero paura, ma non potevo bloccarmi, non in quel momento. Deglutii e osservai il paesaggio intorno, a me, sentivo lo sguardo fiducioso di Eretria su di me. No, non l'avrei delusa.
Ci trovammo improvvisamente di fronte a un calderone, era enorme, al suo interno vi bolliva l'acqua. Il calderone era situato all'inerno di una grotta, intorno ad esso c'erano numeosi giganti col viso coperto da cappucci bianchi, sembrava quasi una setta. Uno di loro, vestito di bianco da capo a piedi, cominciò a parlare, era una lingua strana, non l'avevo mai sentita prima, ma improvvisamente vi fu un attimo di silenzio, durò svariati minuti, poi riprese a parlare. "Tieniti forte" sussurrai ad Eretria, la quale strinse di più le braccia intorno al mio collo. Improvvisamente cominciarono a parlare in coro, un rivolo di sudore mi colò dalla frote, scendendo lungo la guancia e cadendo dal mio mento. Improvvisamente il gigante che ci stava tenendo si avvcinò al calderone. Eretria strinse gli occhi e nascose il viso sulla mia schiena, io tirai un respiro profondo e, con un respiro profondo mossi qualche passo in avanti, poi mi decisi e saltai giù.


ANGOLO AUTRICE:Hoiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!! Come ve la passate gente? Eccomi con un nuoco capitolo, spero che vi sia gradito e mi scuso in caso vi siano orrori di batttura ^-^'''.
Spero però che il capitolo sia di vostro gradimento, in caso lo sia scrivetemelo pure con una recensione e in caso non lo sia scrivetemelo comunque in modo che io mi possa correggere!
Vi ringrazio per aver letto e spero di avervi intrattenuto!
Boiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!

 
   
 
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