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Autore: ken_wakashimazu    18/08/2009    2 recensioni
Cosa succede quando Ken Wakashimazu lascia il ritiro dell'Under-19, alla vigilia delle eliminatorie Asiatiche per la WY?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La ribellione del Giovane Leone -
3ò capitolo: The Day After

Wakashimazu continuò a dormire - e a russare, al punto che Kira potè sentirlo distintamente dall'altra stanza, per gran parte della nottata - fino al pomeriggio successivo.
Quando si svegliò, il *suo* mister era seduto accanto al futon dove lui aveva riposato, agitatissimo, e l'osservava con un leggero sorriso sulle labbra.

"Buongiorno..." lo salutò, appena Ken aprì gli occhi.
Per richiuderli immediatamente, trafitto dai raggi di luce che filtravano fra le serrande abbassate, e da un mal di testa tale che gli sarebbe servito da lezione per il resto della sua vita.
"M..mister...ma dove..sono?" chiese infine, con voce arrochita, facendo la tipica domanda idiota del post sbornia.
"Sei a casa mia. Prima che tu mi chieda anche che ora è: sono le 3 del pomeriggio; ed è il 22 febbraio. "
"S..sì..ma parli piano, per favore..." lo supplicò Wakashimazu.
"Me lo chiedi perchè non capisci, o perchè il volume della mia voce è troppo alto per le tue delicate orecchie?"
Rispose l'altro, un po' sarcastico.
"La..la seconda...mi scusi." Replicò Ken, cosciente che forse stava chiedendo troppo, o che qualcosa non andava affatto per il verso giusto.
Kira lo guardò per qualche istante, poi fece a muso duro:
"Da quanto tempo, Ken?!"
Il ragazzo aprì appena le palpebre, guardando l'ex allenatore con l'aria di chi fosse appena caduto da un pero:
"Come..scusi?"
"Ti ho chiesto da quanto tempo, Ken. Da quanto tempo ti sei rammollito così. Da quanto tempo hai imparato a scappare dai problemi, invece di affrontarli.
E da quanto tempo, infine, ti sei abituato a piangerti addosso invece di reagire."

"io..." balbettò lui, con la testa che pulsava, come impazzita.

"Sì, tu: quando ti conobbi e decisi di allenarti, lo feci perchè vedevo in te delle qualità. Atletiche, senz'altro..ma prima di tutto caratteriali.
Vedevo in te la stoffa del campione, del vero fuoriclasse..avevi tutti i numeri e le carte in regola per esserlo.
Ma hai gettato la spugna. Al punto da lasciare il ritiro della Nazionale, e l'occasione incredibile che ti era stata offerta, e tutto per le tue paturnie da prima donna!"

Il rimprovero, durissimo, senza perdono e senza possibilità di replica, piovve addosso al portiere peggio di una doccia fredda. Assieme ad una sensazione di un'amarezza mai provata prima: anche Kira era ormai contro di lui? Ma cosa stava succedendo?!

"Forse ho scelto il momento meno adatto, per dirti come la pensavo. Ma si dà il caso che ieri sera ti avessi avvertito, del fatto che oggi ne avremmo riparlato. O sbaglio?!"
Lo incalzò il mister.

"sì..mi pare di ricordare che..."

"Ti pare di ricordare..certo: eri talmente sbronzo che è già un miracolo, se ti *pare* di ricordare qualcosa!"
Lo interruppe Kira, freddando eventuali rimostranze da parte sua.
"Ora alzati. Vatti a dare una lavata, fai due passi e quando hai fame raggiungimi. Così cerchiamo di capirci qualcosa. Per inciso: voglio cercare di scoprire innanzitutto, se vale ancora la pena che io perda il mio tempo con uno come te."
Gli occhi di Ken si dilatarono all'infinito, diventando immensi e vacui in quel volto pallido ed emaciato..Anche mister Kira pensava che lui fosse un perdente, quindi?!
Che senso aveva ormai rimanere lì? E che senso aveva *vivere*, se persino lui gli voleva voltare le spalle??

***********

Si lavò svogliatamente, lui che aveva sempre avuto una cura quasi maniacale per sè stesso.
E si diresse sulla spiaggia a passo lento e testa bassa, sentendosi male, sconfitto, a terra, completamente vinto, per la prima volta nella sua vita.
Nessuno aveva più fiducia in lui: nè Mikami, nè la Federazione, e nemmeno mister Kira...non c'era da stupirsi se gli preferivano Wakabayashi, alla fin fine.

Fu per un puro caso che non incrociò Kasumi ed Hajime, prendendo la via della spiaggia.
Ma il caso non fu dei più fortunati, decisamente; visto che proprio mentre la ragazza ed il suo fratellino arrivavano a casa di Kozo Kira, Ken aveva oramai preso la decisione più definitiva della sua vita.
E la peggiore.

************

"Buongiorno Sensei!" esordì allegramente Hajime Kumagai, entrando in casa Kira dalla porta principale, mentre Wakashimazu usciva da quella sul retro.
"Ehilà..cosa fai così presto? Non ti aspettavo prima delle 16..." rispose l'altro, facendo accomodare il piccolo sul tatami di fronte al tavolo: "Vuoi un po' di thè?"
"No grazie..sono venuto prima perchè ho deciso di accompagnare mia sorella..ieri un cliente ha dimenticato la carta di credito al ristorante.." disse il piccolino, la cui voce, e il cui faccino, ricordavano a Kira Takeshi Sawada quando era ancora alle scuole medie.
"E cosa c'entro io con tua sorella e col vostro ristorante?" domandò il mister, perplesso, versandosi del sakè da una piccola brocca di creta smaltata, e prendendo a berne piccoli sorsi da una coppetta dello stesso materiale.
"Credo che il nostro cliente sia una comune conoscenza, Sensei..." rispose il ragazzino, prima di essere bruscamente interrotto da un grido disperato proveniente dall'esterno.
Non c'erano dubbi..quella era la voce di sua sorella!

"Cosa succede??!" esclamarono all'unisono Hajime e Kira, precipitandosi allarmati alla porta, e spalancandola.

"Aiuto!! Aiuto!! Aiutatemi!!" gridava Kasumi, senza sosta, mentre affannata, cercava di camminare e nuotare controcorrente nell'acqua fredda, gelida, del mare di Okinawa a febbraio.

 
Kira spalancò gli occhi e la bocca per gridare, ma non si dette il tempo di farlo: precipitandosi a dare una mano alla ragazza, che stava trascinando qualcosa con tutte le sue forze, nell'acqua dietro di sè, pregò tutti i kami e gli spiriti degli antenati che non stesse accadendo ciò che oramai temeva con tutto sé stesso...
malauguratamente, infatti, ciò che Kasumi trasportava non era un pezzo di legno, bensì il corpo esanime di un ragazzo che Kira conosceva da quando era solo un bambino:

"WAKASHIMAZU! MIO DIO..NO!"

"Vi prego chiamate aiuto!! Ha cercato di uccidersi!" Supplicò infine Kasumi, concretizzando i peggiori incubi del mister, mentre Hajime, lesto come uno scoiattolo, correva in casa e chiamava il Pronto Intervento.

*********

Trascorsero le ore successive all'Ospedale di Okinawa, in spasmodica attesa di notizie, seduti sulle scomode sedioline della sala d'attesa del reparto di rianimazione, dove un ragazzo di 18 anni, un po' immaturo, primadonna, isterico, ma comunque fosse, troppo giovane per un gesto tanto insensato, giaceva in un lettino, circondato da macchine per il supporto vitale artificiale, lottando fra la vita e la morte.

Ken aveva fatto in tempo a inghiottire molta, troppa acqua salata e fredda come la morte, prima che Kasumi lo raggiungesse e cercasse di riportarlo indietro.
E lei non sapeva se dirsi fortunata, per essersi attardata sulla spiaggia prima di decidersi a raggiungere la casa dell'allenatore di suo fratello -ed aver avuto così il tempo di scorgere quella figura che annaspava fra le onde gelide- o se dirsi piuttosto sciagurata per non essere arrivata prima, ad impedire quell'atto insano e per lei privo di ogni senso.

Il personale paramedico aveva dato loro delle coperte termiche e qualcosa di caldo da bere, appena giunta l'ambulanza sulla spiaggia, mentre altri, fra infermieri e medici, si affrettavano a praticare a Wakashimazu le prime manovre di rianimazione sul posto, cui erano seguiti la corsa sfrenata all'ospedale, l'intracardiaca di adrenalina, l'applicazione del defibrillatore, e tutte le misure necessarie ad impedire a quel giovane cuore avventato di smettere di battere per sempre.

Kasumi si stringeva ad Hajime, e questi, bianco come un lenzuolo lavato, abbracciava il suo Sensei, incredulo quanto lui, ed altrettanto sconvolto.

Kira non si dava pace: altre volte aveva parlato duramente ai suoi ragazzi, e mai nessuno di loro, nè Kojiro, nè Takeshi, nè lo stesso Ken, si era mai sognato di fare altro che cacciar fuori il carattere, e reagire.
Ma stavolta, era andato tutto per il verso storto: le sue parole, anzichè farlo ragionare, avevano finito col distruggere la residua autostima del portiere...e adesso,  il giovane che aveva personalmente plasmato da quando aveva 11 anni appena, oscillava appeso ad un filo sottilissimo, simile ad una foglia prematuramente seccata, che stesse per staccarsi dal ramo anzitempo.
Un filo che, spezzandosi, avrebbe sprofondato negli inferi non solo lui, ma Kozo Kira stesso.

**************

Le numerose insistenze di Hajime costrinsero Kira a raccontare ai due ragazzi cosa fosse accaduto dall'arrivo di Ken a casa sua in avanti. E mentre parlava loro, udì la suoneria del cellulare di Wakashimazu -che teneva stretto in mano come se fosse la vita del ragazzo stesso - e vide il display illuminarsi: una chiamata di Takeshi Sawada.

Premette invio, e la vocetta stravolta di Sawada lo travolse come una piena:

"KEN! Cosa significa quello che mi hai scritto Ken?! Cosa vuol dire: addio, perdonami?!! Che accidenti stai facendo KEN??!!"

"Takeshi..sono Kira. Ora calmati piccolo, e siediti...devo darti una brutta notizia."

All'altro capo della linea, il piccolo tecnico della nazionale Under 19 piangeva disperato, mano a mano che il suo vecchio allenatore lo informava sugli ultimi sviluppi della vicenda.
Concordarono, dopo venti minuti di conversazione serrata, che sarebbe stato Kira stesso e non Takeshi a chiedere per il giovanissimo centrocampista un permesso speciale di qualche giorno alla Federazione giovanile, ma che Sawada non avrebbe fatto parola con nessuno, salvo Sorimachi e Hyuga se lo desiderava, di quanto era accaduto a Wakashimazu.
Takeshi dal canto suo fece il diavolo a quattro finchè Kira non gli ebbe promesso che al massimo entro un'ora, quel permesso sarebbe stato richiesto, e che lui avrebbe potuto raggiungere quanto prima Ken all'ospedale..sperando almeno, che il piccolo facesse ancora in tempo a vedere l'amico per l'ultima volta.

Nessuno al J-Village fu mai informato di quella storia. Nè da Sawada, nè da altri, visto che Takeshi stesso preferì mentire anche a Kojiro e Kasuki, decidendo con una freddezza e una maturità incredibili per la sua età, di avvertire i due ragazzi qualora non ci fosse stato davvero più nient'altro da fare.

***********

Il coma di Wakashimazu durò due giorni e tre notti.
All'alba del quarto giorno i suoi occhi si riaprirono su una giornata curiosamente luminosa e calda, per essere la fine di febbraio..e su una figuretta familiare addormentata con la testina appoggiata alle sue ginocchia.

"Ta..Take-chan?!" Eclamò e domandò insieme il portiere-aspirante suicida: "Sei tu.. Piccolino.."

Takeshi aprì gli occhi alzando la testina di scatto...poi sorrise, e si mise a piangere tutto insieme, disperatamente e al contempo di sollievo, mentre Ken dal canto suo non potè fare altro che aprire le braccia ed accoglierlo contro il proprio petto, stringendolo a sè e facendosi saltare l'ago della fleboclisi.
L'allarme della macchina cui era collegata l'endovenosa squillò, richiamando i paramedici, mister Kira e i due fratelli Kumagai, tornati ogni giorno e ogni sera a darsi il cambio in quella saletta spoglia, facendo a turno a sostenere l'allenatore che stava andando in frantumi ad ogni ora che passava senza che Wakashimazu si risvegliasse.

Subito gli infermieri chiamarono i medici e fecero uscire tutti dalla stanza, iniziando a controllare i parametri vitali del redivivo, mentre fuori, nella sala d'attesa, nuove lacrime iniziavano a sgorgare dagli occhi degli amici presenti.
Ma non più di dolore, questa volta.

"Che cosa gli è preso, perchè l'avrà fatto, io non capisco..sapevo che era arrabbiato, ma non avrei mai creduto che Ken-senpai potesse arrivare a.."

"Sawada!" lo interruppe Kira, abbracciandolo e rimproverandolo bonariamente:

"Non possiamo sapere cosa sia successo nella mente di Ken, dopo che gli ho parlato in quel modo..probabilmente ha ceduto, forse era da tempo che non ce la faceva più..non posso avere la presunzione di capire il suo gesto o di spiegarlo in nessun modo. Solo lui sa cos'ha provato in questi giorni. Ma una cosa la so per certo: ho intenzione di aiutarlo ad uscire fuori da questo tunnel..." disse il Mister, rassicurando il coraggiosissimo Takeshi.

*La gelosia nei confronti di Wakabayashi, un colpo di testa dettato dal troppo orgoglio, o la delusione per la fiducia mancata da parte di Mikami..cosa in cui peraltro non credo, non sono ragioni sufficienti a spiegare un gesto come un tentativo di suicidio. No..dev'esserci dell'altro. Wakashimazu non è mai stato tanto in crisi in vita sua..e sì che noi tutti alle sue crisi dovremmo esserci abituati. Non ha mai avuto un carattere facile, quel ragazzo..e Takeshi, che ha due anni meno di lui, si è dimostrato molte, troppe volte più maturo.
Ma per quanto possa essere immaturo e talvolta isterico, Ken non sarebbe mai arrivato a tanto, se non ci fossero altri motivi dietro.
E che gli dèi mi spediscano nel più profondo degli Otto Inferni di Ghiaccio, se non riuscirò a scoprire che cosa c'è alla radice del suo male di vivere. Una volta per tutte!*
 
Questo era quanto si andava ripetendo Kira Kozo, mentre accompagnava i tre ragazzi fuori dal reparto, a prendere qualcosa di caldo per colazione, ed una boccata d'aria.

Intanto, nella stanzina dove di nuovo si trovava tutto solo, Wakashimazu Ken, 18 anni e 2 mesi fra qualche giorno, guardava fuori dalla finestra quella strana, nuova prima giornata della sua seconda occasione per vivere, chiedendosi cosa ne avrebbe fatto di se stesso..e cosa avrebbe detto Takeshi Sawada, una volta che gli avesse rivelato qual'era la motivazione ultima ad averlo spinto a cercare di togliersi la vita.

-To be continued-









  
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