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Autore: 18Ginny18    24/09/2020    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 21 – Ti amo

Una volta superato l’ingresso del San Mungo, i Weasley si trovavano in quella che sembrava una grande sala di accettazione, con file di maghi e streghe seduti su traballanti sedie di legno, alcuni di loro erano dall’aspetto perfettamente normale, intenti a sfogliare vecchie copie del Settimanale delle streghe, altri affetti da orrende deformità, tipo zampe da elefante o mani supplementari che spuntavano dal torace. Maghi e streghe in vesti verde acido andavano su e giù per le file di sedie, facendo loro domande e prendendo appunti su blocchi.*
Ginevra rabbrividì.
La sua fronte si velò di sudore freddo.
Era già stata in quell’ospedale tempo prima e, di certo, per lei non era come l’infermeria di Madama Chips. Poteva definire i due luoghi come inferno e paradiso.
- Hai l’aria di una che vuole darsela a gambe – ironizzò George affiancandola.
Gli rispose con un debole sorriso. - Cosa te lo fa pensare?
Lui alzò un sopracciglio e le rivolse un ghigno. - Ricordo quando siamo venuti a trovarti qui, quando avevi otto anni. Ti eri rotta una gamba e credo che ti uscisse anche il sangue dal naso perché, ora che ci penso, eri una visione paradisiaca con quei tappi nel naso.
Ginevra gli diede un colpetto sulla spalla. - Smettila di prendermi in giro. Quella è stata una brutta esperienza, soprattutto perché quella Guaritrice antipatica sembrava divertirsi un mondo nel vedermi soffrire!
George ridacchiò, poi il suo sorriso si affievolì. - Mi hai messo davvero paura quel giorno – ammise dopo un breve silenzio. - Temevo di averti persa.
Il cuore di lei sembrò perdere un battito.
Il ricordo di quella piovosa giornata di luglio si fece strada nella mente del ragazzo. Insieme al gemello e Ginevra trasportavano tutto il necessario per costruire quella che sarebbe diventata la loro casa sull’albero.
Quando i due fratelli salirono in cima Ginevra provò a salire a sua volta la vecchia scala a pioli, ma il suo piede scivolò e, incapace di reggersi a qualcosa se non allo scatolone che aveva tra le mani, precipitò e cadde al suolo.
Era quasi svenuta quando i gemelli si precipitarono a soccorrerla. Erano terrorizzati, ma non esitarono un’istante ad agire; Fred corse a chiamare aiuto. George, invece, restò al suo fianco fino all’arrivo di Bill che la portò in casa dove Andromeda, la zia di Ginevra, attendeva con impazienza. Poi la portarono al San Mungo, d’urgenza.
- Per fortuna che è andato tutto bene alla fine – sospirò George cercando di scacciare quei brutti ricordi.
Rendendosi conto che il dialogo aveva preso una piega piuttosto malinconica, provò a fare una battuta ironica su uno dei pazienti seduti lì accanto. Ginevra si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia, lasciandolo senza fiato per la sorpresa.
- Via quell’espressione triste. Non vorrai che tuo padre ti veda così!
- Di qua! - gridò la signora Weasley e tutti la seguirono oltre la doppia porta lungo tutto lo stretto corridoio in cui erano allineati alcuni ritratti di famosi Guaritori.*
- Andiamo – disse Ginevra, prendendolo a braccetto con un sorriso.
George avvicinò le labbra al suo orecchio. - Sono felice che tu sia qui – sussurrò, provocandole dei brividi.
Ricambiò il bacio sulla guancia e lei sorrise, mordendosi il labbro inferiore.
Una rampa di scale li condusse al corridoio delle Lesioni da creature. La seconda porta a destra recava la dicitura: Reparto Dai ‘Dinamite’ Llewellyn: morsi gravi. Sotto, un cartellino in una cornice di bronzo, c’era scritto a mano: Guaritore Responsabile: Ippocrate Smethwyck. Tirocinante: Augustus Pye.
- Noi aspettiamo fuori, Molly – disse Nymphadora. - È meglio che Arthur non veda troppa gente in una volta… Prima la famiglia.
- Oh, non dire sciocchezze, cara – borbottò la signora Weasley prendendola a braccetto. - Sei praticamente mia nuora! Tu sei parte della famiglia!
Nymphadora parve esitare e il colore dei suoi capelli cambiò in un’istante: da rosa cicca a rosso intenso. - Ma io…
- Resterò io di guardia. - Malocchio ringhiò la sua approvazione e si appoggiò al muro, mentre il suo occhio magico roteava in tutte le direzioni.*
- Io manderò un gufo a Kingsley – disse Emily, allontanandosi.
Anche Harry e Ginevra si allontanarono dal gruppo, ma la signora Weasley tese un braccio e li spinse dentro, dicendo: - Non fate gli sciocchi. Anche voi siete di famiglia. E poi Arthur vuole ringraziarti, Harry.
Harry sospirò piano e cercò lo sguardo della sorella.
Con le labbra lei articolò le parole: Andrà tutto bene. Tranquillo.
Le fece cenno di aver capito, ma era talmente spaventato da temere di trasformarsi in un serpente assassino da un momento all’altro.


Harry si sentiva sporco, contaminato, come se in lui ci fosse un germe letale che agiva indisturbato. Prima di andare via dall’ospedale lui, Ron e i gemelli avevano origliato la conversazione tra Moody, Nymphadora, Emily e i signori Weasley con l’aiuto delle Orecchie Oblunghe. ‘- Il ragazzo vede le cose da dentro la testa del serpente di Tu-Sai-Chi. Certo Potter non si rende conto di che cosa significa, ma se è posseduto da Tu-Sai-Chi…’. Queste erano state le parole di Malocchio Moody, ma era il pensiero di ognuno di loro.
Da quel momento Harry venne invaso da pensieri orribili e ogni cosa iniziò a farsi più chiara. I suoi incubi su Voldemort e il cimitero, la porta, il serpente… Tutto era chiaro. Voldemort lo controllava, era come un burattino nelle sue mani.
Poi un ricordo iniziò a riaffiorare e gli fece contorcere le budella.
Che cosa cerca, a parte seguaci?
Cose che può ottenere solo se agisce in segreto… come un’arma. Una cosa che l’ultima volta non aveva.
Io sono l’arma”, pensò Harry, e sentì un veleno gelido scorrergli nelle vene. “È me che Voldemort sta cercando di usare, ecco perché mi sorvegliano ovunque vada, non è per proteggere me, ma gli altri, solo che non funziona, non possono seguirmi dappertutto a Hogwarts… Ho attaccato io il signor Weasley la notte scorsa, sono stato io. Voldemort mi ha costretto a farlo e ora potrebbe essere dentro di me, e ascoltare i miei pensieri…”.
Sentì qualcuno stringergli delicatamente la mano. Alzò la testa di scatto e incrociò gli occhi chiari della sua fidanzata.
- Tutto bene, Harry? - sussurrò Ginny, preoccupata. - Hai l’aria di chi ha appena visto un vampiro.
Lui si sentì improvvisamente più leggero, come ogni volta che incrociava quelle pozze azzurre che amava tanto. A quel punto Harry si rese conto che Ginny era l’unica in grado di capirlo. Lei era stata posseduta da Voldemort quando aveva solo undici anni e si sentì un completo idiota a non averci pensato prima. Gli aveva raccontato tutto ciò che era successo, tutti quei momenti di vuoto che duravano ore intere senza poi ricordare nulla. Harry pensò a quanto fosse stato orribile per la ragazza; trovarsi in un posto senza sapere come c’era arrivata. Ma a lui non era successa la stessa cosa. Ricordava tutto.
“Chissà quanto hai sofferto, amore mio...”, pensò Harry, malinconico. “Ti proteggerò io d’ora in poi”.
Prese la sua mano e intrecciò le loro dita. - Sto benissimo, amore mio – rispose con un sorriso sincero, dopodiché sollevò la sua mano e ne bacio il dorso.
Lei sentì il suo cuore fare le capriole e sorrise, senza potersi trattenere. Era felice. Anzi, più che felice. Harry era un ragazzo meraviglioso e lo amava con tutto il suo cuore. Non poteva desiderare di meglio.
Appoggiò la testa sulla sua spalla e lui la strinse forte a sé.
La signora Weasley osservò tutta la scena, commossa e intenerita.
Era orgogliosa della sua bambina e Harry era un così bravo ragazzo che per lei era come un figlio. Era tanto felice per loro e, ogni volta che li guardava abbracciarsi e guardarsi negli occhi, come in quel momento, immaginava la sua bambina con un bellissimo vestito da sposa e Harry che l’aspettava all’altare.
Solo al pensiero le vennero le lacrime agli occhi.
- Tutto bene, mamma? - domandò Fred con un sopracciglio inarcato.
- Sì, caro. Non preoccuparti – si affrettò a rispondere la madre, mentre cercava un fazzoletto nella borsa.


Il mattino successivo, ovvero la vigilia di Natale, Grimmauld Place venne completamente invasa da decorazioni natalizie. Harry non ricordava di aver mai visto Sirius tanto di buonumore; cantava addirittura le carole, (a modo suo, ma le cantava). Era felice di avere ospiti per Natale. Aveva persino decorato il ritratto della madre con una ghirlanda rosso e oro in tutta la cornice. - ROSSO E ORO È GRIFONDORO! - cantò alla donna arcigna del ritratto. - FALALALA LALALA LA LA!
- Traditore del tuo sangue! Schifoso… Lurido… - inveì lei, ma Sirius le mandò un sonoro bacio e continuò a cantare a squarcia gola.
- Dovevi fare il cantante, fratello. Hai un talento sprecato! - ghignò Regulus mentre decorava l’albero. - Sai è un po’ strano fare queste cose. L’ultimo albero di Natale che ho fatto in vita mia è stato quello piccolino che ci ha regalato lo zio Alphard per la vigilia. Ti ricordi?
Sirius sorrise al ricordo. - Abbiamo dovuto fare tutto di nascosto... Ed è stato bellissimo.
- Già… Peccato che poi nostra madre ci abbia scoperto.
- Sì, ma è stata la sera dopo – gli ricordò con un ghigno pronunciato.
Lo sguardo di Regulus si rabbuiò. - Ti prendesti la colpa…
Sirius si fermò per un’istante e guardò il fratello minore, che in quel momento gli dava le spalle. Aveva il capo abbassato e immaginò che stava ripensando a tutte le torture che avevano subito dai genitori fin da quando erano bambini. “Tutte quelle maledizioni cruciatus…”.
Scosse la testa, come per liberarsi dai brutti ricordi. Si schiarì la voce: - Ti ho salvato il culo… come sempre.
La traccia di un sorriso illuminò il viso di Regulus. - Non ti ho mai ringraziato per tutte le volte che mi hai salvato dalla loro furia.
- Mi dispiace solo di non aver continuato a farlo – ammise Sirius dispiaciuto.
- Be’ non puoi prenderti tutta la colpa. Ho scelto io di non seguirti quel giorno – si voltò verso di lui, ansioso di incrociare i loro sguardi.
Sirius gli rivolse un gran sorriso che lui ricambiò immediatamente.
- Però adesso siamo insieme e nessuno ci separerà, fratellino – affermò con tono sicuro.


Nel tardo pomeriggio il ritratto di Walburga Black ricominciò a urlare. Erano arrivati i nuovi ospiti e vennero accolti dalla giovane Black con un gran sorriso.
- Ehi! - esclamò Ginevra a un ragazzo dalla chioma bionda e una ragazza dai capelli castani e arruffati. - Finalmente ce l’avete fatta, piccioncini!
Hermione l’afferrò in un abbraccio soffocante. - Che bello vederti!
- Herm… Non… respiro – ansimò lei.
La riccia rise e la lasciò andare.
Ginevra abbracciò il cugino e li invitò ad entrare. - Sono felice che siate venuti.
Aveva invitato i due ragazzi a trascorrere il Natale a Grimmauld Place solo il giorno prima scrivendo poche righe, con l’intenzione di passare le vacanze tutti insieme. “Un Natale diverso dagli altri, ma almeno saremo insieme”, aveva pensato.
Fin dall’età di tre anni Ginevra aveva passato ogni Natale insieme ai Tonks e i Weasley, ormai era diventata una tradizione sia dentro che fuori da Hogwarts. Poi con il ritorno di Sirius non aveva desiderato altro che passare le vacanze insieme a lui, Harry, Remus e Regulus. Come una famiglia… anche se non sarebbe mai stata la stessa cosa senza James e Lily.
Le dispiaceva di non festeggiare anche con i Weasley, ma il destino sembrava voler tenere fede alla loro tradizione nonostante tutto.
- I vostri genitori ci sono cascati? - domandò Ginevra, sedendosi sul divano insieme ai due ragazzi.
Draco ghignò, trionfante. - Ovviamente.
Avevano studiato un piano perfetto: Draco doveva soltanto scrivere ai genitori, fingendo di trascorrere il Natale da Blaise, che avrebbe fornito la copertura. Hermione, invece, doveva fingere di trascorrere le vacanze a Hogwarts con la scusa di dover studiare per gli esami. Al contrario di Draco, lei mentiva raramente ai suoi genitori, si sentiva un po’ in colpa, ma temeva che se avesse detto loro la verità non avrebbero approvato che lei dormisse anche solo a qualche metro di distanza dal suo fidanzato. Suo padre era parecchio geloso. Non sapeva nemmeno che avesse un ragazzo! Per lui era la sua bambina e Hermione sospettava che lui la immaginasse ancora con il ciuccio e il bavaglino quando la guardava.
- Come sta il signor Weasley? - domandò Hermione, inquieta. - Silente mi ha raccontato quello che è successo.
- È fuori pericolo. Ma per adesso non può lasciare l’ospedale – spiegò Ginevra.
- Ron e gli altri? Come stanno? – chiese Draco prendendo Hermione per mano. Ma non ricevette alcuna risposta dalla cugina, poiché qualcuno aveva interrotto la loro conversazione.
- Hermione? - esclamò la piccola Weasley dalla cima delle scale.
- Ciao, Ginny!
- Hermy! - gridò di nuovo la rossa e un ampio sorriso si distese sul suo volto. - Finalmente siete arrivati!
Dopo un attimo le due ragazze iniziarono a saltellare su e giù come bambine.
- Che bello, finalmente sei qui! - esclamò Ginny sorridente. - Oh, Draco. Sono felicissima di vedere anche te! Soprattutto adesso.
Lo abbracciò, forte.
Quando si separarono Draco le sorrise, grato e un po’ imbarazzato. - Anch’io sono felice di vederti – disse. - Ho saputo di tuo padre. Spero si rimetta presto.
- Grazie – rispose lei, sincera. - Vado a chiamare gli altri.
Corse via in un lampo e la sua voce echeggiò per tutta la casa. - Harry! Ron! Sono arrivati Draco e Hermione! - urlò tutta contenta.
- Hermione, cara! - esclamò la signora Weasley entrando nel soggiorno. La strinse in un forte abbraccio e le baciò la fronte. - E chi è questo bel giovanotto?
Draco le tese la mano. - Molto lieto, signora Weasley. Il mio nome è Draco… Malfoy – aggiunse dopo che Hermione gli diede una piccola gomitata al fianco.
La signora Weasley restò per un attimo interdetta, poi gli sorrise. - È un vero piacere conoscerti. Quindi sei il fidanzato della nostra Hermione? Hai fatto un’ottima scelta. È una ragazza d’oro!
Draco guardò Hermione con la coda dell’occhio. - Lo so – rispose con un sorriso che le mozzò il fiato.
La signora Weasley sorrise, contenta di vedere un’altra giovane coppia sotto quel tetto. Poi i suoi occhi si soffermarono sulle occhiaie della riccia.
- Ti vedo un po’ sciupata. Sembri stanca – disse, esaminandole il viso con fare materno. - Non mangi abbastanza, cara?
Per un attimo il panico s’impossessò di Hermione. - Come? - chiese quasi boccheggiando. L’aveva presa totalmente alla sprovvista. - In effetti non ho dormito molto ieri notte – confessò. - Una mia compagna di stanza urla nel sonno… I-incubi.
Ginevra cercò di nascondere un sorrisetto malizioso, ma non ci riuscì. Era chiaro come il sole il perché Hermione non avesse dormito. Lo si poteva intuire dalle sue guance rosse, dal modo in cui parlava e da come si muovevano sia lei che Draco. Quei due avevano fatto tutto tranne che dormire. Ne era sicura.
- Davvero? Oh, mi dispiace così tanto, povera cara – disse la signora Weasley, accarezzandole il viso dolcemente. - Se vuoi puoi andare su e dormire un paio d’ore prima di cena, d’accordo? Puoi farlo anche tu, Draco. Se vuoi riposare la tua stanza è quella al secondo piano, la condividerai con Ron e Harry – aggiunge con tono amorevole.
- La ringrazio, signora Weasley – risposero in coro Draco e Hermione e, dopo che la donna lasciò la stanza per iniziare a preparare la cena, i due si scambiarono un’occhiata d’intesa.
- Secondo te lo ha capito? - mormorò Hermione, spaventata.
- Secondo me l’hanno capito anche i muri – disse Ginevra senza abbandonare il sorrisetto malizioso.
Hermione arrossì ancora di più e Draco finse di ammirare le decorazioni natalizie pur di non guardare la cugina. - Belle le decorazioni – disse facendo il finto tonto. - Non pensi anche tu, amore?
Le guance di Hermione sembravano aver preso fuoco. Si schiarì la voce e disse: - Meravigliose! È Sirius che canta? Andiamo a salutarlo!
Lo prese per mano e insieme salirono al piano superiore.
Ginevra scosse la testa, esasperata. - Sì, fate finta di niente. Sporcaccioni! - esclamò a voce alta per poi scoppiare a ridere.


L’allegria di Sirius nell’avere di nuovo la casa piena era contagiosa. Voleva che tutti si divertissero quanto a Hogwarts, se non di più. Regulus lo guardava con un sorriso sulle labbra e un sopracciglio inarcato. A volte sembrava un folle che si esaltava per ogni minima cosa, altre un bambinone che non vedeva l’ora di aprire i regali, ma dopo dodici anni rinchiuso in una cella di Azkaban era più che plausibile che fosse al settimo cielo all’idea di trascorrere il Natale con tutti loro.
La sera della vigilia la casa era quasi irriconoscibile. I lampadari erano carichi di ghirlande di agrifoglio e festoni d’oro e d’argento; mucchi di neve magica scintillavano sui tappeti lisi; un grande albero di Natale nascondeva l’albero genealogico della famiglia Black, e perfino le teste d’elfo imbalsamate sulle pareti portavano barbe e cappelli da Babbo Natale.**
Una volta scesa la notte i ragazzi augurarono la buona notte agli adulti per poi raggiungere le rispettive camere.
Dopo una doccia ristoratrice e dopo aver messo il pigiama, Ginevra aprì la porta della sua camera trovando George seduto sul suo letto.
- Che ci fai qui? - esclamò sorpresa.
George aveva un gran sorriso sulle labbra. - Volevo passare un po’ di tempo insieme. Parlare come i vecchi tempi aspettando la mezzanotte, così sarò io il primo a farti gli auguri di buon compleanno.
Immobile, Ginevra esitava sulla porta, un po’ imbarazzata.
Aveva quasi dimenticato che entro un’ora avrebbe compiuto diciassette anni e si stupì che George volesse trascorrere tutto il tempo insieme a lei fino allo scoccare della mezzanotte, proprio come quando erano bambini.
Quella era un’altra piccola tradizione che si era persa con il passare degli anni e sapere che George non se ne era dimenticato le scaldò il cuore.
Il sorriso di George sparì. - Ahm… Vuoi che me ne vada?
- No! - rispose lei, con voce un po’ troppo alta.
Lui le rivolse un altro dolce sorriso, e lei istintivamente socchiuse la porta.
“Porco Merlino! Quant’è dolce!”, pensò, euforica. Il modo in cui la fissava, così caldo e sicuro, le provocò un dolore al petto. Le fece battere il cuore.
Si avvicinò e lui la squadrò dalla testa ai piedi. - Bel pigiama – mormorò con un sorriso malizioso.
Lei si lasciò sfuggire un sorrisetto. Il suo “pigiama” era composto da un paio di pantaloni, una maglietta bianca e da un vecchio maglione bordeaux con una ‘G’ ricamata sopra. Il maglione, che lei aveva ovviamente rubato, apparteneva a George; all’inizio doveva essere uno scherzo poi, con il passare del tempo, decise di tenerlo.
Il maglione era un po’ largo, ma la sensazione di calore che le provocava ogni volta che lo indossava era molto piacevole. Lo indossava spesso nell’ultimo anno, perché voleva sentirsi sempre più vicina al giovane Weasley e, il più delle volte, sentiva il suo odore ancora impresso nel tessuto.
- Ti piace? L’ho trovato in un cassetto tempo fa – rispose lei vaga.
Nonostante quel pigiama la facesse apparire meno femminile del solito, per lui era molto sexy. Avrebbe voluto strapparglielo di dosso e baciare ogni centimetro della sua pelle.
- Fred è ancora arrabbiato? - domandò lei, cercando di rompere il silenzio che si era creato.
George si irrigidì, un po’ infastidito nel sentire il nome del gemello. - Sai com’è fatto. Gli passerà - rispose.
Ginevra annuì. Lo sapeva bene.
Fred era sempre stato una testa calda e dovevano passare giorni prima che smaltisse la rabbia.
- Il fatto è che questa situazione non è stata facile da digerire.
- Lo capisco – sospirò Ginevra.
Si sdraiò sul letto e lui l’affiancò subito. Incrociarono i loro sguardi e l’espressione di lei si fece più rilassata.
Senza dire una parola, si allungò lentamente verso di lui, che l’accolse tra le braccia e l’avvicinò a sé.
- Mi sembra di essere tornata ai vecchi tempi – disse dopo un po’.
Il viso di George si illuminò in un sorriso. Aveva iniziato a giocare con una ciocca dei capelli di lei e, di tanto in tanto, le spolverava la faccia facendola ridere. - Sei bellissima – si lasciò sfuggire in un sussurro.
Per un istante, il tempo parve fermarsi.
Un’ondata di calore la investì e il suo cuore iniziò a battere sempre più veloce. Non riusciva a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. - Anche tu sei bellissimo.
George fece un respiro profondo, rapito dall’emozione del momento. Decise che era arrivato il momento di sputare il rospo. Voleva confessarle i suoi sentimenti, anche se era terrorizzato all’idea di ricevere un rifiuto. - Gin, io… C’è una cosa che vorrei dirti da tempo. È importante.
Lei annuì, invitandolo a continuare.
- Sono innamorato di te – disse tutto d’un fiato, ma non osò guardarla negli occhi. Non subito almeno. Temeva di perdere tutto il suo coraggio guardando quegli occhi che amava tanto. - Sono innamorato di te da così tanto tempo che mi sembra sia passata una vita intera. Adesso ti prenderai gioco di me, ma non potevo più nascondertelo. Non è stato facile amarti da lontano. Per te ero solo un amico e non volevo rovinare tutto. Poi però c’è stato quel bacio, quel meraviglioso bacio, e io… ero così felice, Gin – disse piano, sfiorandole la guancia. - Volevo solo che lo sapessi.
Abbassò lo sguardo sulle sue labbra e continuò ad accarezzarle il viso.
Lei era senza fiato. Il cuore le batteva così forte nel petto che temeva sarebbe esploso.
“Ha detto che mi ama? Sto sognando?”, si chiese, eccitata. Poi lui le sorrise, dolcemente, e lei si sentì sciogliere.
- George – mormorò guardandolo dritto negli occhi. - Ti amo anch’io.
“Cavolo”, pensò a quel punto, sorpresa dalle sue stesse parole. “L’ho detto davvero? Non ci posso credere… L’ho detto davvero?”.
Al solo sentire quelle parole, George volse lo sguardo su di lei, gli occhi sgranati per la sorpresa. - Mi ami?
Lo amava davvero?
Ginevra ci pensò qualche istante, poi annuì e sorrise. - Sì, ti amo – ripeté.
Si sentì libera da quel segreto e provò un’emozione tutta nuova. Dopo tanto tempo, era felice.
Avvicinò lentamente le labbra alle sue, finché non si toccarono, piano.
George lasciò che accadesse, felice del nuovo corso degli eventi. La strinse tra le braccia.
Le loro labbra si accarezzavano con dolcezza mentre i loro corpi venivano invasi da brividi di piacere. Bramavano quel contatto da tempo ed erano sicuri che non avrebbero resistito ancora a lungo.
- Ti prego, dimmelo ancora – sussurrò George sulle sue labbra.
- Ti amo, George Weasley. - Poi lei iniziò a mordersi il labbro inferiore e questo fu più che sufficiente per farlo scattare in avanti.
George premette le labbra contro le sue, baciandola appassionatamente, lasciando che il desiderio vincesse. Fu improvviso e inaspettato, ma il corpo di lei rispose immediatamente al suo come se fossero una cosa sola, entrambi spinti da un desiderio incontrollabile.
Ginevra sentì il suo desiderio diventare sempre più forte, il suo corpo diventare caldo… Infilò le mani sotto la maglietta di lui per sentirgli i muscoli provando un brivido di piacere.
In quel momento, era combattuta tra la voglia di strappargli via la maglietta o prendersi dell’altro tempo per godersi il momento.
Come se avesse letto i suoi pensieri, George si tolse lentamente la maglietta e indietreggiò quel poco che bastava per lasciarla cadere sul pavimento, rivelando dei muscoli scolpiti che non facevano che stimolare l’appetito di lei.
Premette il corpo contro il suo e riprese il bacio dove si era interrotto.
Ginevra gli passò la mano dietro la nuca, robusta e morbida. Poi la fece scivolare in alto, tra i suoi capelli.
I suoi seni premettero contro il petto di lui.
George le baciò il collo, facendo seguire una serie di baci sull'orecchio. - Mi fai impazzire – gemette tra un bacio e l’altro.
La spogliò con delicatezza, gettando sul pavimento anche i vestiti di lei. Un attimo dopo, tutto quello che indossava erano le mutandine.
George non poteva trattenersi dal toccarla. Le accarezzò il seno, lentamente, e lei non riuscì a trattenere un piccolo sussulto, per poi aggrapparsi al corpo di lui.
Quando le labbra di George scesero sui capezzoli, un brivido di piacere le attraversò il corpo… non ce la faceva più, tutto ciò che voleva era sentire i loro corpi avvinghiati.
I loro gemiti silenziosi si mescolarono mentre le mani di lei scivolarono su e giù lungo la schiena nuda di George, accarezzando in ogni singolo punto.
Poi la porta alle loro spalle si aprì, ma loro non vi prestarono attenzione. Erano troppo impegnati per accorgersi che qualcuno li stava osservando.
La porta era aperta solo a metà, lasciando entrare una lama di luce dal corridoio.
Il padrone dell’ombra che sostava sulla soglia strinse un pugno, lasciando che la rabbia s’impossessasse di lui.
Con un colpo secco, la porta si richiuse facendo sobbalzare la ragazza.
- Cosa è stato? - chiese Ginevra, con il fiato corto.
George le sorrise. - Cosa?
- Credo di aver sentito un rumore.
George premette di nuovo le labbra contro le sue. - Sarà stato Fierobecco, al piano di sopra.
Non appena le loro labbra si toccano, si sentì rincuorata. - Ti ho già detto che ti amo?
Da un angolo della bocca di George spuntò un sorriso sghembo. - Mmh... No, non credo. Forse se provi a ripetermelo...
Lei inarcò un sopracciglio in un’espressione derisoria. - Ah, è così che la metti? - lo stuzzicò, sedendosi a cavalcioni su di lui.
- Sì, è così!
George prese le sue mani, se le portò alle labbra e le baciò. - Ho l’impressione che abbiamo sprecato troppo tempo.
- Allora cerchiamo di non sprecarne dell’altro – rispose Ginevra, chinandosi a baciarlo sulle labbra.


Lasciandosi Grimmauld Place alle spalle, Fred si materializzò nel quartiere di Notting Hill a Londra, davanti a una casa dall’aspetto rustico di Dulford Street. Era notte fonda, nevicava e faceva molto freddo, ma a lui non importava.
Tirò fuori un bigliettino dalla tasca del suo cappotto, dove vi era scritta la via e il numero civico dell’abitazione per accertarsi che fosse nel posto giusto:Dulford Street, 63. Notting Hill, Londra”. ***
L’indirizzo era giusto. Era davanti casa Johnson.
Senza esitare aprì il cancelletto e lo chiuse alle sue spalle, per poi avvicinarsi alla porta e bussare.
Poco dopo la porta venne aperta dal Capitano di Grifondoro. - Fred… - esclamò Angelina, sorpresa. - Che ci fai qui?
- È ancora valido l’invito?
Credeva che gli avrebbe sbattuto la porta in faccia dopo una frase tanto patetica, ma si stupì quando Angelina lo lasciò entrare in casa.
Senza dire una parola, gli fece strada verso il salotto, piccolo ma accogliente, dove c’era un caminetto acceso e un tavolino pieno di appunti e strategie per le partite di Quidditch. Fred non riuscì a trattenere un piccolo ghigno. Angelina poteva anche essere superficiale, a volte, ma quando si parlava di Quidditch non scherzava mai. Per lei il Quidditch era tutta la sua vita, lo si poteva capire anche dal modo in cui le si illuminavano gli occhi ogni volta che ne parlava o quando scendeva in campo.
Guardandola, Fred si accorse che Angelina era molto più carina di come ricordava. I suoi lunghi capelli neri, che solitamente lasciava sciolti sulle spalle, erano acconciati in una crocchia improvvisata, mantenuta dalla bacchetta di lei. Indossava un pigiama che ricordava i colori di Grifondoro e ai piedi aveva un paio di pantofole a forma di leone. In quel momento sembrava la vera Angelina e non la ragazza che cercava attenzioni dalla mattina alla sera, che prestava attenzione a ciò che indossava e che comandava a bacchetta chiunque le capitasse a tiro. Erano anni che Fred non la vedeva in quel modo. Vera.
La casa era silenziosa e, pensando che gli abitanti stessero dormendo, Fred iniziò a parlare a bassa voce per non svegliare nessuno. - Scusa se sono venuto qui, senza avvisarti.
- Non c’è bisogno che parli a bassa voce – disse Angelina prendendo posto sul divano. - Siamo soli.
- Soli? - chiese Fred, con voce esitante. - Ma manca meno di un’ora al Natale. I tuoi genitori...
Angelina si limitò a fare spallucce. - Lo so. Sono andati a festeggiare dai miei nonni, io ho finto di stare male per non andare con loro.
Fred aggrottò la fronte. - Perché? Hai sempre amato passare le feste con la tua famiglia.
- Non sono molto in vena di festeggiare, quest’anno.
Fred annuì piano e si sedette al suo fianco. - Mi dispiace per come ti ho trattata. Sono stato un’idiota.
- Solo un po’ – sogghignò lei. Lo spintonò dolcemente, facendolo ridere piano, poi lo guardò negli occhi e disse: - Comunque adesso sei qui, ed è questo quello che conta.
Le rivolse il sorriso più convincente che poteva e l’accolse fra le sue braccia.
Rimasero abbracciati, in silenzio, per qualche minuto.
Nella mente di Fred vi erano troppi pensieri, ma uno in particolare gli dava il tormento. Era il motivo per cui era scappato in fretta e furia da Grimmauld Place.
Gli bastava chiudere gli occhi per rivedere la scena e infuriarsi.
Era talmente assorto dai suoi pensieri che a malapena si accorse che Angelina gli aveva fatto una domanda.
- Come?
- Perché tu e i tuoi fratelli siete tornati a casa prima?
- Mio padre è finito in ospedale – disse Fred, fissando il pavimento. - È stato attaccato da un serpente.
La sentì trattenere il fiato per qualche istante. Reazione più che plausibile data la portata della notizia, ma sperava che non gli dicesse cose del tipo: “Oh, ma è terribile! Com’è successo?”, perché non lo avrebbe sopportato.
Ma si stupì quando si accorse che la voce di Angelina non era ansiosa come pensava, bensì calma, e il suo sguardo si era fatto più caldo. - E adesso come sta?
- Adesso è fuori pericolo, ma non può tornare a casa.
- E tu come stai?
Fred sospirò. “Come sto? Come uno che ha appena visto il suo gemello e la ragazza che ama mezzi nudi nel letto di lei. In poche parole? Uno schifo”, avrebbe voluto risponderle in questo modo, ma si limitò ad annuire e fare ciò che gli veniva meglio: mentire. - Sto bene.
Ginevra lo aveva rifiutato solo per buttarsi fra le braccia di George. “Sei fidanzato! Sei il mio migliore amico!”, gli aveva detto quella sera.
“Tutte balle”, pensò lui. “Erano solo scuse… e io che mi colpevolizzavo perché pensavo amasse ancora Diggory! Sono solo un’idiota, Angie. E mi sento un verme per come ti ho trattato per tutto questo tempo”.
Fred incrociò il suo sguardo a quello di Angelina e da un angolo della sua bocca spuntò un sorriso sghembo. “Io non ti merito, Angie”.
- Cosa c’è che non va? - chiese lei con tono gentile.
- Niente – rispose, posando delicatamente le labbra sulla sua fronte.
Angelina chiuse gli occhi, beandosi di quella sensazione che non provava da tempo. - Mi sei mancato.
Restarono in silenzio, a guardare la neve che cadeva piano dalla finestra, i minuti passavano. Dopo aver guardato l'orologio sulla parete, Fred decise di spezzare il silenzio. - Sarà meglio che vada.
Era quasi mezzanotte.
- Puoi dormire qui, se vuoi. – Angelina lo guardò di sottecchi, con aria speranzosa.
- E i tuoi genitori? Se mi trovano qui…
- Torneranno domani pomeriggio. Ti prego, resta con me.
Fred la fissò per un minuto interminabile, senza parole. Non sapeva cosa dire.
Lei gli prese il viso fra le mani e lo attirò a sé con decisione, dando vita a un bacio impetuoso che lo colse di sorpresa.
A quel punto le labbra di Fred, improvvisamente bramose contro quelle di lei, interruppero ogni pensiero, ogni preoccupazione. L’afferrò per i fianchi, stringendola contro il suo corpo. Passione e desiderio sembrano invadere ogni centimetro della casa.
Tra baci appassionati che si facevano sempre più intensi e vogliosi, si scambiarono solo qualche parola e la passione li travolse completamente, lasciandoli senza fiato.
- Che intenzioni hai? - chiese Fred, sorridendole maliziosamente.
- Vedrai – rispose riprendendo a baciarlo con ardore.
Fred allontanò le sue labbra da quelle di lei solo per poi chinarsi in avanti e farla sdraiare di schiena sul morbido divano. In pochi minuti i vestiti divennero solo un vago ricordo sul pavimento, mentre le mani di lui esploravano il corpo di Angelina come se fosse la prima volta.





ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti!
Sono molto ansiosa di scoprire cosa ne pensate di questo capitolo.
Ci tengo a precisare che non ho mai scritto nulla di così… esplicito, diciamo. Come avete visto non sono entrata nel dettaglio, anche perché mi vergognerei moltissimo a descrivere cose del genere, però spero che vi sia piaciuto.
Voi cosa ne pensate? Fatemelo sapere con un commentino qui sotto oppure con un messaggio privato.
Se trovate che alcune scene siano volgari ditemelo subito e le tolgo. Spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno di voi *faccina imbarazzatissima *.
A presto,
18Ginny18


*Da “Harry Potter e l'Ordine della Fenice – Capitolo 22 - L’Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche (alcune parti sono modificate)”.

**Da “Harry Potter e l'Ordine della Fenice – Capitolo 23 - Natale nel reparto riservato (alcune parti sono modificate)”.

***|L’indirizzo esiste davvero. L’ho trovato casualmente sul Google Maps|
  
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