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Autore: lightvmischief    25/09/2020    0 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 39

KAYLA

Rimango senza parole, quasi disorientata nel vedere Wayne, Mali e Blaine sui loro tre bellissimi cavalli - rispettivamente marroni e grigio - che si dirigono al trotto verso di noi.

«Cavalli?» chiede incredula Elyse, portandosi dietro anche il corpo ancora ansimante di Calum, entrambi che guardano le tre figure come se fossero una visione.

«Cavalli» ripete Calum, appurando l’ovvio, con un tono molto più sorpreso di ciò che dà a vedere. «Ehi, aspettate, dov’è mia mamma?» chiede poi istanti dopo, mettendo assieme i conti nella sua testa e staccandosi dalla spalla di Elyse per provare a scorgere un quarto cavallo, che però non c’è.

«Rilassati, forse è rimasta indietro-»

«Dov’è?» urla Calum, interrompendo Elyse, non appena i tre sono praticamente a pochi passi da noi.

«Sta bene, è rimasta al campo» risponde subito Mali, saltando giù dal suo cavallo e abbracciando stretto suo fratello con le lacrime agli occhi. «Sono così felice di vederti tutto intero.»

Blaine segue a ruota Mali, correndo incontro a Elyse e stringendola tra le sue braccia, i loro singhiozzi che si mescolano gli uni agli altri. Wayne è l’ultimo a farlo e dà una stretta al corpo di Calum, battendogli una mano sulla schiena con un sorriso a trentadue denti stampato sul viso.

«Non avrete mica creduto che ci saremmo dimenticati di voi!» dice ancora emozionata Mali, prima di abbracciare me questa volta. Abbraccio che ricambio con immensa gioia, mentre lascio andare un enorme respiro di sollievo, sentendo il peso sulle mie spalle affievolirsi lentamente. Mi sento come se fossi di nuovo in grado di respirare liberamente adesso. «Mi fa piacere vedere che ti sei rimessa in sesto» sussurra al mio orecchio poco prima di allentare la presa.

«È tutto merito suo» ammetto, facendo cenno con il capo verso suo fratello, spostando poi lo sguardo sulla sua figura e rimanendo a fissarlo per più del dovuto. «E anche vostro che mi avete ricucita subito. Grazie.»

«Non dirlo neanche.»

Dopo aver scambiato un caloroso abbraccio anche con Wayne e dopo che tutti quanti ci siamo salutati a dovere, intercambiando brevi frasi di gioia e gratitudine per averli ritrovati tutti quanti in salute e senza alcun graffio, ci rimettiamo gli zaini in spalla e saliamo assieme a loro sui cavalli: Elyse assieme a Blaine, Mali con Margaret davanti e Calum dietro, mentre io assieme a Wayne.

«Abbiamo visto dei razzi per qualche giorno e abbiamo deciso di venire a controllare,» spiega Wayne, «non eravamo certi che sareste stati voi, ma ne è valsa la pena.»

«Sono contenta che abbiano funzionato» dico, ripensando a tutto ciò che è successo negli ultimi giorni. Mi sembra sia passato un mese, altro che qualche giorno.

«Adesso mi sorge il dubbio: voi due avete per caso deciso di farvi un bagno?» chiede Mali, ridacchiando, lanciando un’occhiata a me e poi a suo fratello dietro di lei. «Perchè, mi dispiace dirvelo, ma non avete proprio un buon odore.»

«Colpa mia, devo ammetterlo.» Calum ride, alzando una mano in segno di resa. «Vi racconteremo tutto quando arriveremo al campo. A proposito, quale campo?»

«A Murray City.»

«Dovrebbe far suonare un campanello questo nome?» chiede scettica Elyse, ma con aria divertita, mentre appoggia la guancia alla schiena di Blaine. Sono lieta che questi due si siano ricongiunti nel migliore dei modi possibili.

«Hai ragione. È a circa un’ora e mezza di viaggio a cavallo da qua, è un piccolo villaggio vicino a un fiumiciattolo che in confronto a questo fa ridere, ma per ora è la nostra casa» espone Wayne. «Abbiamo svuotato le case infestate dai Morti e devo dire che sono diventate piuttosto accoglienti; vi piaceranno di sicuro.»

«Okay, adesso preparatevi che tra qualche chilometro passeremo attraverso la Wayne National Forest e Wayne si esalterà tutto perchè ha il suo stesso nome» dice Blaine, cominciando a schernire il ragazzo davanti a me.

«Sei solo invidioso» ribatte Wayne, facendogli la linguaccia. «K, puoi dormire se vuoi. Devono essere stati giorni duri per voi» dice dopo qualche minuto, abbassando il suo tono di voce e girando appena il viso verso di me. 

Rimango sorpresa dal diminutivo che ha usato, ma annuisco e allaccio le braccia attorno al suo addome per poi appoggiare la faccia alla sua schiena, sentendo già le palpebre pesanti, nonostante tutta l’adrenalina ancora nel mio corpo. «Voglio prima capire cosa vi è successo e se siete...»

«Tutti vivi?» mi interrompe lui, piegando la testa di lato e cambiando espressione. «Penso già sappiate che Travis non c’è più; Matthew e Dylan ce l’hanno fatta, Meredith e Tracey stanno facendo i conti con il dolore della perdita, ma almeno sono ancora qui con noi. Abbiamo perso altre tre persone, purtroppo.» conclude sconsolato, scuotendo la testa amaramente.

«Come hai fatto a ritrovarli?» Sento dire da Elyse, accucciata sulla spalla di Blaine.

«Per ironia della sorte, ci siamo incrociati per caso: entrambi stavamo scappando da due orde diverse e le due strade convergevano nello stesso punto» risponde il ragazzo, l’incredulità del momento ancora presente nella sua voce.

«È veramente passato più di un mese dall’ultima volta che ci siamo visti...» dice Mali, pensando ad alta voce.  

«Come avete trovato i cavalli?» chiede curioso Calum, indicando con l’indice i tre animali. «Anzi, mi correggo: come li avete trovati ancora tutti interi e non sbudellati dai Morti?»

«Che schifo, Calum» lo riprende Mali con un’espressione chiaramente disgustata sul viso. «E, per tua informazione, abbiamo incontrato una signora anziana tenerissima, che era riuscita a sopravvivere grazie alla sua fattoria in una posizione isolata rispetto alla città.

«Purtroppo, però, ha cominciato ad avere l’osteoporosi qualche mese prima che la incontrassimo e ormai era al suo stadio finale. Non riusciva più a raccogliere i frutti del suo duro lavoro né per sé né per i suoi cavalli, che amava come fossero suoi figli. Così ha deciso di lasciarli a noi, piuttosto che vederli morire assieme a lei» spiega Mali, ricorrendo i momenti passati con quella anziana signora tempo fa. Noto una veloce scia di malinconia attraversarle il viso durante il suo racconto.

«Ci ha anche lasciato un po’ di semente di grano, frumento e orzo» aggiunge Wayne, anche lui con uno sguardo perso nei ricordi.

«A proposito di ciò, volete una mela?» chiede improvvisamente Margaret, non smettendo però di accarezzare la criniera color nocciola del cavallo. «O una pera? Un’arancia?»

«Sì, abbiamo praticamente depredato le piante di un giardino poco fa» dice Calum, ridendo di buon gusto e poi tossendo gli ultimi rimasugli di acqua rimastagli bloccata in gola dal suo fin troppo probabile annegamento.

«Adrienne sarà molto felice di avere nuovi semi da piantare.»

«Piantare?» chiedo scettica. 

«Sì… stavamo pensando di stabilirci a Murray City. Magari recintare il villaggio e i campi, farne la nostra nuova casa permanente» risponde Wayne, facendo ritornare sul suo viso un’espressione serena. «Ne riparleremo con più calma una volta che avrete visto il campo. Vogliamo l’opinione di tutti quanti, prima di costruire qualsiasi cosa.»

«Sarebbe bello, eh?» dice tra sè e sè Calum con aria pensante. 

Sarebbe diverso, strano per certi versi, ma sicuramente l’idea suona più che allettante.

«E, comunque, sì, voglio un’arancia, Margaret.»

***

Dopo un’ora di trotto - e soprattutto, dopo aver attraversato la Wayne National Forest -, Mali ci avvisa che a breve dovremmo cominciare a vedere i profili delle case del villaggio. 

Ogni tanto lancio qualche occhiata divertita a Margaret, che si sforza di tenere gli occhi aperti ma inevitabilmente vedo la sua testa che pian piano si abbassa per poi scattare su di nuovo. Mi diverto con poco, ma devo dire che mi fa anche molta tenerezza. Infatti, anche Mali quasi subito le ha cinto la vita con un suo braccio per evitare di farla scivolare da cavallo. Sento anche io le palpebre pesanti, ma non riesco a prendere sonno: un po’ perchè non sono abituata ad andare a cavallo - questa è praticamente la prima volta, se non conto quella volta da bambina in cui sono salita su un pony per cinque minuti -, un po’ perchè sono elettrizzata al solo pensiero di vedere il nuovo campo. E, soprattutto, perchè ad ogni fruscio di foglie o rumore sospetto una scarica di adrenalina mi percorre le vene, preparandomi al pericolo. Ogni volta che Wayne sente il mio corpo irrigidirsi per questo, mi lancia un’occhiata da dietro la spalla come per dirmi di calmarmi.

Elyse e Calum hanno informato i tre sulla dipartita di Lynton, fiducioso nel trovare una cura per tutti quanti e, nonostante lo shock iniziale e la nostalgia per un loro caro amico, si sono detti felici che abbia trovato il suo posto nel mondo nonostante quello che è diventato. Mancherà loro sicuramente, più di quanto daranno a vedere.

«Ragazzi, benvenuti a Murray City» esordisce Blaine, facendo cenno con la testa verso il cartello stradale con il nome della città in un appariscente carattere rovinato dal tempo e dalle intemperie.

Dopo aver percorso l’unica strada asfaltata con ancora le strisce gialle e bianche ben visibili, con a lato alberi e cespugli ancora secchi o spogli, davanti a noi si cominciano a vedere le prime case. Man mano che ci addentriamo, noto che le costruzioni mi ricordano molto i bungalow di un campeggio; tutte quante hanno un portico sorretto da colonne, non c’è alcuna recinzione, alcune hanno dei vialetti di cemento ricoperti di foglie secche che portano all’ingresso, mentre altre sono anticipate da un piccolo pezzo di giardino, che poi si sviluppa dietro alla casa in un vero e proprio giardino posteriore. Sono rimaste ancora delle macchine e dei pick-up parcheggiati nel cortile di fianco alle abitazioni e noto addirittura una piccola barca a motore davanti al garage di un’altra.

A primo impatto, il paesaggio mi si presenta desolato: più che altro per la stagione invernale che non aiuta a spruzzare un po’ di vita e di colore sul piccolo villaggio. Potrebbe funzionare, però. Certo, con molto lavoro per rimettere in sesto tutto quanto, rendere le case abitabili, aggiustare i tetti e così via, ma il tempo di certo non ci manca.

«La posizione è molto strategica: siamo praticamente circondati da campi da qualsiasi parte ci giriamo. Il primo villaggio si trova a venti minuti di cavallo da qui» spiega Wayne, agitando l’indice attorno a sè.

«Sono tornati!» Sentiamo dire da una voce squillante, che riconosco subito come quella di Matthew, che ci corre incontro a grande velocità.

Da una casa comincia a uscire un po’ di gente, tra cui noto subito Johanna e Rose: lancio uno sguardo immediato a Calum, che praticamente si butta giù dal cavallo ancora in moto, incespicando tra i suoi passi e quasi cascando per terra tra l’impatto e il peso dello zaino pieno di frutta e acqua, buttandosi tra le braccia di sua madre che ci impiega qualche istante a realizzare di avere di nuovo tra le sue braccia il suo secondogenito. Mi sussulta il cuore alla scena e mi sento quasi le lacrime agli occhi, piena di gioia e sollievo per questa famiglia, finalmente, riunita.

Wayne, Mali e Blaine fermano i cavalli e scendono senza problemi. Wayne mi aiuta a scendere, tenendomi per i fianchi mentre scendo a terra, sentendo di nuovo sensibilità nelle gambe. Margaret viene presa in braccio da Mali che la mette a terra, correndo subito verso Rose e Matthew, con i capelli che le svolazzano al vento e le sue urla gioiose che riempiono lo spazio, tra mormorii fra la gente, pianti sconnessi di gioia e grandi sorrisi.

«Siamo di nuovo a casa» dice Elyse, lasciando andare un grosso respiro, abbassando le spalle e stringendo a sè Blaine, chiudendo poi lo spazio rimanente tra di loro con un bacio fugace.

«Sono così contenta di vederti ancora tutto intero» dice Johanna a suo figlio, ripetendo le stesse parole di Mali, provando a trattenere le lacrime mentre lo tasta con le mani, quasi non credendo ai suoi stessi occhi.

«Anche io, mamma» sussurra appena Calum di risposta, asciugandosi con i palmi le lacrime scese sul suo viso.

Io, Wayne, Elyse e Blaine ci avviciniamo, praticamente seguendo Mali che si era unita alla sua famiglia pochi istanti fa. Saluto Matthew e Dylan con un grosso abbraccio mentre scompiglio loro i capelli e rivolgo un sorriso grato sia a Rose che Johanna. È anche grazie a loro se io sono qui oggi.

Dopo i convenevoli, Calum, Elyse ed io ci riuniamo nella casa “padronale” del villaggio, cioè una delle tre case nelle migliori condizioni dove al momento ci vive una parte del gruppo rimasto. Devo dire che ho avuto un senso di angoscia improvviso non appena ho visto con i miei occhi di quanto il gruppo si è rimpicciolito e, soprattutto, è stato un vero colpo al cuore non aver più visto Travis tra la folla. Si è sentita subito la sua mancanza. Ma al posto suo, ora Tracey e Meredith sono viste come coloro che mandano le cose avanti, anche se - ci hanno appena spiegato - ricevono molto aiuto dal vecchio “Gruppo Spedizioni”, o almeno di ciò che ne è rimasto: Wayne, Mali, Blaine, George e Tasha - due ragazzi giovani che ho incrociato qualche volta in palestra-. Proprio adesso, ci stanno chiedendo se vogliamo tornare a farne parte.

«Assolutamente. Non c’è nemmeno bisogno di chiederlo» risponde senza indugiare Calum, appoggiando le nocche e il suo peso sul piano di marmo del tavolo.

«Sì, potete contare su di me» dice Elyse, annuendo fermamente.

«Sì» mi limito a dire io, incrociando le braccia al petto e annuendo un paio di volte.

«Io… grazie. Non credo di avervi mai ringraziato fino ad ora.» Tracey si alza dalla sedia a capotavola su cui era seduta e appoggia entrambe le mani sul tavolo davanti a sè. Sono felice di vedere che il suo braccio è finalmente guarito. «Come vi avranno già accennato i ragazzi,» inizia, lanciando occhiate veloci a Wayne, Mali e Blaine, «vorremmo stabilirci qui. Se possibile, per sempre.»

«Murray City è perfetta per le nostre esigenze: ci sono case in abbondanza per tutti noi, siamo circondati da campi coltivabili e abbiamo lo Snow Fork che ci può consentire il sostentamento, sia di acqua che cibo, finchè non avremo i frutti delle coltivazioni» si inserisce Meredith. «Certo, c’è un bel po’ di lavoro da fare e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, ma possiamo farcela.»

«Ce la faremo» la sostiene Tracey, stringedole una spalla, trasferendole un po’ della sua forza. Credo che dalla morte del rispettivo marito e fratello si siano avvicinate ancora più di prima.

«Okay, allora… di cosa si parla?»

«Dovremmo creare altri gruppi di lavoro, fare delle liste dei materiali che ci servono, fare un inventario… praticamente creare una piccola industria nel nostro villaggio.»

«La prima cosa da fare è prepare il terreno per le coltivazioni, così da poterci sfamare e immagazzinare ciò che non ci serve subito» suggerisce Adrienne, la “signora delle sementi”.

«A proposito, questi tre ci hanno portato a casa un bel po’ di mele, pere ed arance, potremo piantare anche queste» dice Blaine, indicandoci con un cenno del capo.

«Sarebbe ottimo!» esulta Adrienne, quasi con gli occhi che le brillano. «Ma ho una buona e una brutta notizia: quella bella è che al confine con la West Virginia dovrebbero esserci frutteti di pesche, mentre quella brutta è che i meli ci mettono dai cinque ai sette anni prima di dare i frutti.»

«Per quel periodo dovremmo essere coperti dalla soia, frumento e grano, giusto?» interroga Blaine, incrociando le braccia al petto. «Dovremmo avere anche il latte di cavalla.»

«E provare a ricavare il latte di soia.»

«Qualcuno ne sa qualcosa?» chiede Elyse, alzando le sopracciglia, provando a trattenere una risata, ma fallendo e trascinando con sè tutto il gruppo.

«Oddio, ah… Ci inventeremo qualcosa» dice Tracey con un sorriso leggero sulle labbra. «Lo facciamo sempre.»

«Lo facciamo sempre» ripete determinato Wayne, facendo un cenno positivo con il capo.

«Magari siamo abbastanza fortunati da trovare qualche manuale in giro. Le case le avete liberate dai Morti, ma dovete ancora perlustrarle, giusto?» esordisco, dopo essere stata in silenzio ad ascoltare per il resto della conversazione.

«Sì, sì, hai ragione. Ottima idea.» Meredith annuisce, con la mente subito persa a macchinare diverse possibilità. 

«Dobbiamo ancora disinfestare delle zone però» fa notare Mali, proseguendo poi ad enumerarle.

«Okay, per oggi credo vada bene così. È stata una giornata lunga e dobbiamo riposarci tutti quanti. Sono felice di avervi di nuovo qui con noi» conclude Tracey, facendo passare il suo sguardo su Calum, Elyse e me.

Questo suo piccolo e quasi insignificante gesto, in realtà per me significa molto e mi si riscalda il cuore al suo bentornato. Perchè adesso mi sento veramente parte di qualcosa, mi sento parte del loro gruppo e, più importante, mi sento a casa.

«Oh, un’ultima cosa,» riprende poi la stessa, chiudendo gli occhi per maledirsi di essersene dimenticata, «vorremmo chiamare la nostra nuova casa Camp Travis, se a voi sta bene.»

«Non potrebbe andare meglio» ribatte Wayne con gli occhi che gli diventano lucidi. Tutti quanti nella stanza annuiamo senza indugi, mostrando il nostro assenso a questa proposta.

Non credo che ci sia nome più appropriato da dare alla nostra nuova casa, se non quello di colui che ci ha fatto sentire come una la prima volta.

   
 
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