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Autore: Dimea    25/09/2020    1 recensioni
Chicago, Dicembre 1988.
La vita di Tobio, giovane studente di medicina, sembra essere arrivata al capolinea ed è qui che conosce Shoyo, l'unico in grado di fargli capire che lui non ha mai vissuto davvero.
"Con passo incerto, Kageyama, si era diretto verso la caffetteria davanti al laboratorio di analisi e si era lasciato affondare su uno sgabello al bancone, non curandosi di ciò che lo circondava.
-Posso offrirti una cioccolata?- aveva timidamente sussurrato una voce accanto a lui -Hai la faccia di chi ha avuto una pessima giornata...-
Il ragazzo accanto aveva già fatto cenno al barista, abbozzando un triste sorriso.
-È sempre brutto vedere qualcuno di nuovo qui, con la tua espressione- aveva proseguito il ragazzo come se l'avesse letto "
 
Attenzione: la storia contiene tematiche delicate ed alcune scene di violenza (leggendo capirete), per questo è consigliata ad un pubblico +16.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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ATTO I - La Negazione

Kageyama odiava l'inverno con ogni fibra del suo essere.
Detestava il freddo pungente sulle gote, le dita congelate ed il naso arrossato e  perennemente gocciolante.
Non sopportava quel gelo nella sua prefettura, nonostante la neve la rendesse affascinante e magica agli occhi dei turisti, e di certo non poteva sopportarlo a Chicago.
Il ragazzo avrebbe dato qualsiasi cosa in suo possesso pur di fermare la neve quel giorno così tremendamente vicino a Natale, avrebbe persino pregato una qualsiasi divinità purché lo assecondasse in quella silente ed insistente supplica.
Ma Kageyama era un uomo di scienza e sapeva che ogni suo sforzo sarebbe stato vano. 
Era partito sei mesi prima da un areoporto nella prefettura di Miyagi, lui che non aveva mai nemmeno visto Tokyo, catapultandosi nel vuoto verso una città oltre oceano: Chicago, lo stesso luogo dove suo padre aveva conseguito il dottorato in medicina perchè, idiscutibilmente, un Kageyama doveva diventare medico, come tutti gli uomini della sua famiglia, prima di lui.
Aveva accettato silente anche mentre sua madre, tenendo il capo chino, gli aveva presentato  Yachi, la sua futura moglie, perchè un Kageyama non sceglie la propria compagna.
Aveva ingoiato, taciuto ed accettato, come un rispettabile ragazzo giapponese di buona famiglia. Come figlio rispettoso.
Come un docile canarino, soffocato lentamente dai gas di una miniera.
Ma Tobio aveva scoperto a sue spese quanto quella nuova metropoli rischiasse di inghiottirlo ogni volta che usciva dalla sua camera nel campus. L'America aveva acceso in lui strane idee, troppo esuberanti per poter vedere la luce nella prefettura di Miyagi. Troppo colorite anche per lui. Inaccettabili, quasi.
Aveva scoperto se stesso, Kageyama, in un buio e squallido bagno di un locale non lontano dalla facoltà, in una serata annaffiata dal Whisky.
Una fugace mezzora che  avrebbe infestato i suoi incubi per il resto della sua vita.
Quando il referto medico sentenziò le quattro lettere scarlatte, Tobio dovette fare i conti con una gelida e scomoda verità: forse quello sarebbe stato il suo ultimo inverno e questo non poteva che renderlo ancora più detestabile.
Ancora più gelidamente orrendo.
Aveva sistemato la sciarpa che sua madre gli aveva donato per la sua partenza, ed aveva abbottonato il cappotto con mano tremante.
Con passo incerto si era diretto verso la caffetteria davanti al laboratorio di analisi e si era lasciato affondare su uno sgabello al bancone, non curandosi di ciò che lo circondava.
-Posso offrirti una cioccolata?- aveva timidamente sussurrato una voce accanto a lui -Hai la faccia di chi ha avuto una pessima giornata…-
Il ragazzo accanto aveva già fatto cenno al barista, abbozzando un triste sorriso.
-È sempre brutto vedere qualcuno di nuovo qui, con la tua espressione- aveva proseguito il ragazzo come se l'avesse letto -Oramai sono mesi che accompagno un caro amico per la terapia sperimentale… Comunque mi pare di averti visto da qualche parte! Hai un viso molto familiare.- 
-Non è giornata. Grazie per la cioccolata, ma non sono in vena di parlare con nessuno.- Decise di tagliare corto Tobio, prima di voltarsi verso il suo interlocutore.
Il ragazzo doveva essere più basso di lui di almeno tutta la testa e non sembrava del tutto asiatico, probabilmente uno dei genitori doveva essere americano.
Li aveva già visti da qualche parte, quei grandi occhi nocciola e quei capelli rossi e disordinati. In quell'istante, un libro dimenticato sul bancone regalò un indizio al moro.
-Facoltà di Medicina?- si lasciò sfuggire, rivolgendosi allo sconosciuto.
-Più o meno- scrollò le spalle il ragazzo, felice di aver ricevuto risposta -Infiermeristica. Non ho passato il test per medicina.- Sorrise.
Tobio cercò di concentrarsi sulla tazza che il giovane barista gli aveva piantato sotto al naso, contornata da un'espressione acida dipinta in volto ed un'occhiata di sottecchi verso il rosso.
-Non farci caso - gli lesse nella mente per l'ennesima volta il suo interlocutore - Atsumu lo fa spesso con le persone con cui parlo- si lasciò sfuggire un risolino -In ogni caso, il mio nome è Hinata Shoyo.- il moro rimase un secondo con lo sguardo sospeso su quella mano tesa, indeciso sul da farsi: forse socializzare con persone nuove non era la cosa più saggia, nella sua condizione...
-Kageyama Tobio- sospirò quasi, senza accettare la stretta.
-Ma certo! Ecco dove ti ho visto! Come posso non averti riconosciuto. Sono davvero un idiota- scoppiò a ridere il giovane, aprendo la zip della sua giacca  ed estraendo un foglio stropicciato dalla tasca interna.
-Sei il ragazzo che ha fatto richiesta per l'alloggio nell'housing 5! Ho visto la foto nella bacheca dell'appartamento-
Kageyama osservò il biglietto spiegazzato, incredulo, su cui era riportato il suo nome: non v'erano dubbi sul fatto che quello fosse uno dei suoi coinquilini.

Kageyama sospirò rumorosamente, appoggiando la sua valigia di cuoio sul letto, con un tofetto sordo.
Erano passate poche ore da quello strano incontro ed Hinata aveva insistito per aiutarlo a spostare i suoi pochi effetti personali, per poi lasciarlo alla sua privacy nel nuovo ambiente... abbandonandolo, per poco, al suo silenzio.
Se Tobio non fosse stato tanto razionale, avrebbe incolpato una qualche divinità per quella strana serie di susseguirsi di eventi dal sapore di cianuro ed autodistruzione. Ma soprattutto per quelle sensazioni così dolorose e sbagliate che aveva provato poc'anzi, quando l'unico essere umano che aveva avuto un briciolo di empatia nei suoi confronti, si era rivelato il suo coinquilino.
Sì, se non fosse stato un uomo di scienza, avrebbe sicuramente pensato ad una sorta di punizione divina nei suoi confronti.
Con un rumore secco e disarmonico, la valigia si aprì rivelando il suo contenuto al proprietario che iniziò a svuotare la cavità, avidamente come un corvo su una carcassa ed ammucchiando sul letto ogni singolo oggetto e vestito.
Tobio scrollò il capo, quasi risvegliantosi da una trance. Si lasciò cadere sul pavimento, il ragazzo, fissando le sue mani quasi a cercare una risposta a qualcosa che, velenosamente, si faceva strada nella sua mente: Perchè?
Il respiro si fece improvvisamente pesante ed un peso invisibile iniziò a premere sul petto, quasi cercando di affogarlo, mentre le mai presero a tremare.
Perchè?
Afferrò il referto, sperando in cuor suo di aver letto male sulla poltrona in pelle di quella clinica.
DOVEVA AVER LETTO MALE.
Certo, ovviamente.
Lacrime pesanti presero a scavargli il volto, mentre i suoi occhi si posarono su una sola e singola parola.
Sieropositivo.

 

   
 
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