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Autore: ARed    25/09/2020    7 recensioni
Isabella Swan e Edward Cullen sono due agenti speciali del FBI, non si conoscono, non si sono mai visti, ma quando viene ritrovata una scatola incisa con i loro numeri di matricola di quando frequentavano Quantico, si ritrovano a lavorare assieme a New York; all’interno vi troveranno disegni, frasi, numeri, enigmi.. tutto avvolto nel mistero.
Ogni cosa ruota attorno al loro presente, al passato, al lavoro.. ma non ne capiscono il perché.
“Mi sentivo violata, come se qualcuno, in quel momento, avesse il controllo della mia vita”
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Dove eravamo rimasti..
I giorni passano e Bella non si sveglia, Edward si concentra sul lavoro e passa ogni notte con lei. I medici la rianimano due volte, ma scaduti i dieci giorni non potranno fare più nulla.
Edward interroga i responsabili della rapina e il Greco, il loro unico punto in comune è la sua ex moglie, Julien Morgan.
 
CAPITOLO 20
Hillsboro Rd
Forest Hills TN
 
 
Il buio circondava la vecchia fabbrica di legname, Bella avanzava incerta al secondo piano assieme al suo capo, James Cooper, avevano appena discusso su Alice, il direttore la riteneva troppo esuberante, « Dovresti essere più carino con lei, non capisco come Victoria ti sopporti », gli disse l’agente Swan.
« La sprono a lavorare meglio e mia moglie mi ama ». Si separarono, lei si diresse verso sinistra, lui al lato opposto. 
Isabella si trovò davanti ad uno dei terroristi, si spararono a vicenda, lei cadde a terra, lui sembrava morto, ma lei si preparò a sparare di nuovo. 
« Cooper », disse l’uomo con un forte accento arabo.
Dolore.
Voci.
Buio.

 
  
 
22 marzo 2019
-2
Due dita sfioravano incerte la mia fronte, era un sogno un bellissimo sogno. Ma era così reale, la stanchezza che avevo accumulato in quei giorni cominciava a farsi sentire. 
Quel tocco sembrava così reale, ma avevo paura ad aprire gli occhi, non volevo svanisse. Il tocco arrivò alle palpebre ancora chiuse, sfiorò gli zigomi, presi coraggio ed aprii gli occhi, mi ritrovai davanti una mano che non era la mia. 
La presi, era fredda, sollevai lo sguardo e sprofondai. I grandi occhi scuri di Bella mi osservavano confusi. Non realizzai immediatamente quello che stava succedendo, ero come bloccato, come se il tempo si fosse fermato nell’esatto istante in cui avevo visto i suoi occhi. 
Solo quando Bella cercò di parlare rinsavii, « Shh Bella.. sei intubata. Non parlare », le dissi raggiungendola, il mio cuore rischiava la tachicardia per quanto veloce andava, aveva paura glielo leggevo nei suoi occhi, « Sei qui.. sei qui », cantilenai baciandole la fronte. La sua mano stringeva la mia, era qui, era tornata da me. Chiamai immediatamente i medici, volevo sentire la sua voce, volevo sentirmi dire che il peggio era passato. Il dottor Masen ci raggiunse dopo pochi minuti, aveva appena cominciato il suo turno, lo vidi sorridere mentre si avvicinava a Bella, con delicatezza le tolse il respiratore dalla bocca, le controllò le pupille e i riflessi. 
Bella tossiva e l’apparecchio che tracciava il suo cuore cominciò a suonare, « Direttore Swan si tranquillizzi. Va tutto bene », la rassicurò il dottor Masen, ma lei non accennava a calmarsi, « Agente Cullen, mi aiuti », disse voltandosi verso di me, lo guardai perplesso.
« Certo, tutto quello che serve », dissi tornando alla sinistra di Bella, che continuava a respirare male. 
« La abbracci », mi disse con tono gentile, chiesi muto permesso a Bella, si limitò ad annuire, non aspettai un secondo in più. Con delicatezza le sollevai le spalle dal letto e la strinsi a me, affondando il volto nel suo collo, facendo attenzione alla fasciatura, « Va tutto bene.. segui il mio respiro », le sussurrai all’orecchio. Bella iniziò a tranquillizzarsi, « Brava », il suo respiro era sempre più regolare e la macchina alle mie spalle non suonava più, « Sei qui », avvolsi il suo volto tra le mie mani, una lacrima solitaria sfuggì dai suoi occhi, « L’ho sempre saputo », sussurrai a pochi millimetri dalle sue labbra. 
« Eeedd.. edd», la sua voce era roca, faceva fatica a parlare. Le misi un dito sulle labbra, aveva la gola danneggiata, « Shh.. ».
« Prenda una po’ d’acqua Direttore », il dottor Masen le passò un bicchiere con una cannuccia, Bella lo prese incerta, la sua mano tremava, la avvolsi con la mia e la aiutai. Il suo volto mostrò il dolore che provò alla prima sorsata, la incoraggiai ad andare avanti. Aveva bisogno di idratazione, era normale che facesse male, la gola era abbastanza provata a causa del tubo che le aveva permesso di respirare e dalla operazione.
Arrivò con fatica a metà bicchiere, poi lo allontanò, il dottor Masen fece segno che andava bene, « Direttore, come si chiama? », domandò il medico.
« Is.. Isabella Marie Swan », disse con fatica.
« Bene.. in che anno siamo? » 
« Spero ancora nel 2019 », sorrisi alla sua risposta, era ancora lei. 
« Si.. il 2020 deve attendere ancora un po’, mi sa dire quando è nata? » 
« 13 aprile ’84 », rispose prontamente.
« Le farò fare una tac per escludere qualsiasi tipo di danno celebrare, ma da una prima analisi sembra tutto regolare », respirai sollevato da quelle parole. Bella sembrava stare bene, poco dopo mi fecero uscire dalla stanza, dovevano farle dei controlli ed io ne approfittai per avvisare i suoi famigliari e colleghi. Non mi importava di disturbarli, non mi interessava se erano da poco passate le sei del mattino, ero felice e lo sarebbero stati anche loro. 
« Si, Alice sembra stare bene », la mia collega aveva urlato come una matta quando l’avevo svegliata per dirle che il Direttore era uscito dal coma. Così come mia figlia, anche lei era entusiasta della notizia.
Il dottor Masen uscì dalla camera di Bella, « A dopo Alice, ciao », conclusi la chiamata e mi avvicinai, « Va tutto bene? ».
«  Sì, nel pomeriggio proveremo a farla camminare, i muscoli delle sue gambe praticamente non esistono più », mi spiegò.
« Ma starà bene, vero? » 
« Sì, sta già bene », mi diede una pacca sulla spalla e mi superò, Bella stava bene.
La trovai al telefono con suo padre probabilmente, pregava loro di non venirla a trovare perché era stanca, « A oggi pomeriggio papà, ti voglio bene anche io », disse mentre mi regalava un bellissimo sorriso. 
« Hai dormito per otto giorni di fila e mi vuoi far credere che tu sia stanca », la presi in giro sedendomi nella sedia accanto al suo letto.
« Non ho dormito, ho combattuto, contro i mulino a vento, però ho combattuto », era lei, la sua vena comica, il suo essere così innocente quando non lo era. « Ah, ah.. sicuro », dissi divertito. 
« Il processo.. io », Bella si alzò di scatto, la presi per le spalle e la feci accomodare nuovamente sul cuscino, « Shh Bella è tutto apposto ».
« Che intendi dire? »
« Sono libero da tutte le accuse »
« Davvero? », chiese stupita.
« L’avvocato Stewart e il tuo fascicolo hanno fatto un ottimo lavoro », le raccontai del processo, dell’arringa dell’avvocato, l’interrogatorio di Julien e del mio divorzio.
« Mi sono persa un bel processo allora »
« Direi di si », Bella era visibilmente stanca, ma era lì, sorrideva debolente, « Perché lo hai fatto? », le domandai mostrandole il suo testamento biologico.
« Mi dispiace », disse abbassando lo sguardo, sentivo la rabbia dentro di me cercare di esplodere, tentai di fermarla, avevo paura di dire cose sbagliate, di farle del male.
« Ti dispiace? Sul serio Bella? », la mia voce mi tradì, non era per niente tranquilla, era un miscuglio di inquietudine e terrore.
« È una mia scelta! », disse decisa.
« Già.. una tua scelta », la rispettavo, ma non riuscivo ad accettarla, avevo rischiato di perderla per sempre.
« Non avrei mai voluto farti stare male », prese una mia mano e la strinse nella sua che non era più fredda.
« Ti hanno rianimata due volte, il tuo cuore ha smesso di battere », Bella piangeva per colpa mia, le asciugai una lacrima, « Edward.. », sussurrò e mai il mio nome mi era sembrato più bello.
« Non mi fare più uno scherzo del genere »
« Vieni qui », Bella allungò una mano verso il mio viso, mi avvicinai e poggiai le labbra sulle sue. Tornavo a casa, era il bacio più bello che avessi mai dato, « Sei qui », sussurrai, lei sorrise circondando il mio volto con le sue mani, « Sono qui ».
« Ha tentato di ucciderti ancora mentre eri in coma », le dissi dopo un po’, era meglio non esagerare, dopotutto era sveglia da poco più di un’ora.
« Sai chi è stato? »
« Quando l’ho preso volevo ucciderlo », Bella mi lasciò una carezza sul viso, mi tranquillizzò, la rabbia verso colui che l’aveva quasi uccisa era ancora alta.
« Chi è? », domandò di nuovo.
« Il Greco », sgranò gli occhi incredula, « Wow.. che onore », aveva la straordinaria capacità di trovare la luce anche nel momento più scuro.
« Bella »
« Perché mi voleva morta? »
« A lui di te non gliene frega nulla era a Julien che interessavi »
« Julien? »
« È sempre stata lei.. ha pagato Alejandro Sanchez per uccidere Jason Pike, minacciato Trevor Rich per sostituire le pallottole, ha pagato i rapinatori della baca per far loro chiedere di te e il Greco per ucciderti », le spiegai evitando di guardarla negli occhi, se era quasi morta era solo per colpa mia.
« A quale scopo? »
« Non parla »
« Dammi il tempo di rimettermi e le farò dire tutto », ne ero più che sicuro, Bella era un’ottima agente, sarebbe riuscita a ricavare informazioni anche da una pietra.
« Ecco brava.. rimettiti e torna al lavoro sono stanco di fare le tue veci »
« Clark dell’amministrazione è noioso? », indovinò immediatamente il mio punto debole, seriamente rischiavo di addormentarmi durante quelle riunioni.
« È pignolo, alle nove ho una riunione »
« Allora vai, io starò bene », non volevo lasciarla, ma sapevo che la mia presenza le avrebbe impedito di dormire, « Riposati.. mi devi una cena », le lasciai un bacio sulla fronte. 
« E tu una notte », disse mordendosi il labbro inferiore.
« Già », mi abbassai a baciarla, Bella mise le braccia attorno al collo e approfondì il bacio, « Sai.. non ho nulla sotto », mi sussurrò all’orecchio, facendo rabbrividire ogni fibra del mio corpo. 
« Bella », la ammonì, non mi poteva dire certe cose in un ospedale, « Fai la brava », le lasciai un ultimo bacio ed uscii, senza più girarmi indietro, farlo avrebbe significato tornare da lei.
Durante la riunione con l’area amministrativa diedi la lieta notizia, ne erano tutti felici, Alice e Chloe mi abbracciarono non appena misi piede nel laboratorio, spiegai loro tutto quello che era successo,  nessuno dei tre tratteneva le lacrime.
« Alice cosa sai dirmi sul conto corrente di Julien Morgan alle Barbados », se la mia ex moglie non parlava, avrei scoperto da solo i suoi segreti.
« È stato creato nel dicembre 2018  e ad oggi ha un saldo di cinque milioni di dollari », dove diavolo aveva preso tutti quei soldi la mia ex moglie? 
« Quando ho chiesto il divorzio », la donna che avevo sposato, non era chi io pensassi che fosse, era una sconosciuta, di lei sapevo solo una cosa, dove era nata.
« Alice mi accompagneresti a Forest Hills? », nascondeva qualcosa quella città.
« Faccio preparare il Jet e chiedo a Emmett di stare con Chloe » 
« Papà posso stare con Jasper? » 
« Amore non puoi » 
« Ti prego », mia figlia tirò fuori una delle sue migliori facce da cucciolo smarrito, « Non preferiresti andare da Bella? », le proposi. Le si illuminarono gli occhi, « Sì, assolutamente! ».
« Promettimi solo di non disturbarla, assicurati che riposi » 
« Promesso », mi rispose dandomi un lungo abbraccio.
Essere il vice direttore aveva molti vantaggi tra cui quello di avere il jet sempre a disposizione, decollammo poco dopo, avevo lasciato l’FBI nelle mani di McCartney e Bella nelle mani di mia figlia, appena si erano viste si erano strette in un caloroso abbraccio, che aveva incluso anche me.
« A cosa pensi? » 
« Non mi sembra ancora vero Alice, ho paura che sia solo un sogno e che quando mi risveglio è domenica sera e Bella è.. »
« Sei su un jet dell’FBI, stai sorvolando il West Virginia e tra cinquanta minuti atterrerai a Nashville, dove l’FBI ti ha messo a disposizione una macchina per raggiungere Forest Hills, quindi fidati di me se ti dico che non è un sogno », avere Alice nel team significava avere tutto pianificato al minimo dettaglio.
« Hai trovato qualcosa su Julien? » 
« È nata a Forest Hills il trenta ottobre 1989, sua madre è Jackie Morgan nata a Huntsville nel 1967, il padre è ignoto » 
« Sulla madre sai altro? » 
« Ha lavorato al King, un ristorante sulla statale » 
« Ottimo.. se è ancora aperto partiamo da lì e poi andremo all’anagrafe » 
Il ristorante in cui aveva lavorato Jackie era il classico locale da provincia americana, al suo interno il tempo non sembrava essere passato, tutto ricordava gli anni ottanta, anche l’aria.
« Buongiorno.. siete qui per il pranzo? », domandò una signora di circa settanta anni, aveva i capelli bianchi e cotonati, un rossetto color ciclamino sulle labbra e la divisa giallo canarino.
« Magari dopo.. prima vorrei farle delle domande, signora? », dissi mostrando il distintivo.
« Io non ho fatto nulla! »
« Lo sappiamo, da quanto lavora qui signora.. » 
« Bennett, Josephine Bennett », si presentò allungando una mano verso la mia, prontamente la strinsi, « Agente Edward Cullen, lei è la mia collega Alice Brandon » 
« Accomodavi.. si parla meglio davanti ad un caffè », cercai di rifiutare ma Alice mi tirò un pugno sul fianco, « Non mostrarti impaziente, la spaventi », disse non appena la signora si alzò per andare verso il bancone.
« Lavoro in questo locale dal 1968, quando sposai Bill Bennet il rampollo più abito della città, ma lui scelse me, Mary Stallen è ancora invidiosa », spiegò dando ad entrambi una fumante tazza di caffè.
Mi piaceva ascoltare le storie degli anziani, erano pulite, semplici, ti insegnavano sempre qualcosa, appena tutta questa storia si fosse conclusa avrei portato Bella a Chicago da nonna Liz, lei aveva il mondo da raccontare.
« Il signor Bennett ha scelto molto bene », la lusingai, lei mi sorrise, « Posso chiederle se si ricorda di una sua dipendente? ».
« Mi ricordo di tutti » 
« Jackie Morgan, le dice qualcosa? », chiese Alice mostrandole la foto che l’FBI aveva nel suo database.
« Oh.. certo la piccola Jackie, non la vedo dal 1995 quando si è trasferita a Memphis »
« Memphis? Si era sposata? », domandai, quella era la città dove Julien sosteneva di essere nata.
« Oh no.. nel 1989 aveva avuto una relazione con Nicholas Cooper, un uomo sposato, che l’anno dopo è morto ucciso dal figlio. Un vero scandalo per la nostra città », era fintamente inorridita, si vedeva lontano un miglio che le piaceva spettegolare su questa storia.
« Dalle nostre ricerche sappiamo che Jackie ha una figlia », fu Alice ad introdurre l’argomento.
« Si.. la picciola Julien » 
« Chi era il padre? », domandai consapevole della risposta.
« Cooper il suo amante,  che non riconobbe la figlia » 
Il padre di Julien era un certo Cooper morto nel 1990 per mano del figlio, un campanello d’allarme cominciò a suonare, poteva essere? 
« Alice riesci a sapere qualcosa di questo Nicholas Cooper? », le domandai una volta raggiunta la macchina.
« Non molto, solo che è morto ucciso il dodici novembre 1990 dal figlio minorenne » 
« Come si chiama il figlio? » 
« Il suo nome è stato censurato », disse mostrandomi i file che aveva sull’iPad.
« Questo posto avrà una biblioteca, di solito i bibliotecari sanno tutto », dissi cercando su Google l’indirizzo.
« Non sarebbe meglio chiedere alla polizia? » 
« Non mi fido », dissi facendo partire la macchina. Come il ristorante anche la biblioteca sembrava ferma nel tempo, il bibliotecario era un vecchio uomo, come immaginavo, mi presentai  e dopo avergli detto cosa cercavo mi portò nel vecchio archivio, « Qui dentro ci sono i giornali di ogni giorno a partire dal primo gennaio 1948 », disse con orgoglio.
« Ottimo.. mi servirebbe il giornale del tredici novembre 1990 », era il giorno dopo la morte di Nicholas Cooper, di scuro sarà stata la notizia da prima pagina. 
« Eccovi » 
Presi il vecchio giornale tra le mani, in copertina c’era la foto di un uomo, che la didascalia presentava come Nicholas Alan Cooper, sfogliai delicatamente le pagine fino a raggiungere l’articolo che parlava del suo omicidio. 
“RAGAZZO DI 14 ANNI UCCIDE IL PADRE”, recitava il titolo dell’articolo, non dovetti leggere troppo per capire perché quello era il posto esatto dove cominciare le indagini.
 
“Il ragazzo ha utilizzato l’arma del defunto marito della madre per sparare tre colpi mortali verso il padre che era rientrato ubriaco a casa. Il giovane, James Cooper è stato portato via dagli assistenti sociali, verrà interrogato nei prossimi giorni..”
 
Alice mi guardò senza proferire parola, non poteva essere la stessa persona che aveva diretto il centro operativo dell’FBI di New York fino allo scorso gennaio. 
« James Alan Cooper è nato a Forest Hills il 23 novembre 1975, figlio di Nicholas e Susanne Cooper », disse Alice controllando la scheda di James. Erano la stessa persona. 
« Non mi aveva mai detto di aver ucciso suo padre.. mi parlava solo degli Harris, la famiglia che lo aveva preso in affido dopo la morte dei suoi genitori », Alice era sconvolta quanto e più di me. Il volo di ritorno verso New York fu silenzioso. Avvolti dal gelo del primo e forse unico passo verso l’ignoto che circondava le nostre vite dalla morte di James.
« Erano fratelli », Bella mi guardò senza capire, come promesso ero tornato da lei, era tardi, ero stanco, ma avevo bisogno di lei. 
« Cosa? Edward cos’hai? », disse sedendosi sul materasso. 
« Sono stato a Forest Hills oggi »
« Dove è nato James? », domandò, l’avevo sempre detto che era molto più sveglia ed intelligente di me, « Sì.. dove è nata anche Julien ».
« Sono fratelli? », quella di Bella non era una domanda, aveva già capito tutto, annuii raggiungendola, « Hanno lo stesso padre, Nicholas Cooper.. che James ha ucciso a soli quattordici anni »,  le dissi sedendomi sulla mia sedia. 
« Come? », chiese incredula.
« Nemmeno Alice lo sapeva » 
« Durante il coma continuavo a sognare la sua morte.. non so perché.. anche ora se provo a dormire mi torna in mente quella scena eppure lui non era con me », disse mordendosi il labbro. Rischiava di farsi male. Le sue labbra erano così fragili.
« Abbiamo bisogno di riposare entrambi », mi alzai e le lasciai un bacio sulle labbra, « Buonanotte.. non pensare a quello che ti ho detto ».
« Resta qui », lo sussurrò con paura, feci il giro del letto, Bella mi fece posto alla sua destra, la abbracciai e ispirai il suo meraviglioso profumo, si accoccolò al mio petto, mi diede un bacio sul mento e poi sulla labbra, « Quanto mi sei mancata Direttore », le dissi accarezzandole i lineamenti del volto, aveva già ripreso colore.
« Eri qui.. sempre, ti sentivo, ma eri così lontano » 
« Non riuscivo a stare un minuto lontano da questa stanza, mi obbligavano ad uscire », le spiegai dandole un bacio sulle palpebre chiuse, « Apri gli occhi.. mi sono mancati così tanto ».
« Sono così banali i tuoi sono più belli.. i miei non hanno nulla di speciale », disse guardandomi con intensità.
« I tuoi occhi? Beh i tuoi occhi sono la prova dell’eternità del tempo », le sfuggì una lacrima, io in quelle pozze di cioccolato ci vedevo l’eternità, perché il solo poterle vedere mi faceva sentire un uomo completo,  non mi serviva nient’altro se quei occhi mi avessero guardato per sempre.
Prese il mio volto tra le sua mani, mi baciò, e quel bacio fu molto più potente di qualsiasi ti amo urlato. Non mi importava del male che il mondo ci voleva fare se c’era lei a combattere accanto a me. 
« Ora dormi amore mio », le sussurrai tra i capelli, mentre appoggiava la testa sul mio petto, la sentii sorridere. 
Bella stava bene, era viva e dormiva tra le mie braccia. Lei aveva la capacità di tranquillizzarmi, di togliere la stanchezza e di farmi vedere tutto con più chiarezza. Probabilmente Dio era una donna, e nel mio cuore aveva il suo volto.
 
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Ve l’avevo detto di darmi fiducia. Vi ho deluse? 
A venerdì ♥️
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