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Autore: Jane P Noire    26/09/2020    1 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«T-tu… Tu riesci a vedermi?» Il fantasma della ragazza sgranò i suoi occhi enormi quando si accorse che la stavo guardando davvero.
Annuii. «Riesco a vederti.»
Il fantasma fece saettare gli occhioni verso la figura di Liam, fermo come una statua al mio fianco e con le dita che si stringevano attorno alle mie. «Anche lui può vedermi?»
«Lui no, mi dispiace.»
«Oh.» Il fantasma abbassò lo sguardo sui suoi piedi nudi che sfioravano le foglie secche.
«Come ti chiami?»
La ragazza sembrava sul punto di scoppiare a piangere. «Teresa.»
«Io sono Rowan, e questo è Liam.» Senza lasciare la presa sulle dita di lui, feci un passo in avanti verso il corpo trasparente del fantasma. «Ricordi cosa ti è successo?»
Non sapevo mai come approcciare un fantasma che non sapeva di essere morto, quindi ponevo sempre quella domanda per cercare di interpretare le loro reazioni. Era terribile ogni volta dover vedere la consapevolezza negli occhi di quegli spiriti quando capivano che non avrebbero più visto i loro cari, sentito il sole sulla loro pelle, il suono della pioggia contro il vetro delle finestre, assaporato i loro piatti preferiti…
Teresa si passò ancora una volta una mano fra i capelli, lisciandosi la frangetta contro la fronte. Ripeté il gesto così tante volte da cominciare a schiaffeggiarsi le tempie con forza. «Oddio», piagnucolò. «Sono morta, vero?»
«Sì, mi dispiace.» Abbassai lo sguardo sulla sua camicia da notte macchiata di sangue rosso scuro. Cercai di reprimere un brivido quando i miei occhi si posarono sul profondo taglio che le aveva squarciato la gola. «Ti ricordi come sei morta? Eri a casa tua, vero?»
«Stavo dormendo, quando ho sentito un rumore provenire dal giardino. Pensavo che fosse il mio cane, così sono uscita per controllare.» Teresa si strinse le braccia nude attorno al corpo come se avesse freddo. Ma era morta: non poteva sentire il freddo, o il caldo. «E poi ho visto un’ombra che si avvicinava sempre di più.»
«Un’ombra?» indagai.
«E quando mi sono sentita afferrare per le caviglie, ho visto un uomo. Ma non era veramente un uomo: aveva degli artigli al posto delle unghie e delle zanne al posto dei denti.» Rabbrividì. «Che cosa era?»
«Sei riuscita a vedere altro, Teresa?»
Scosse la testa. «Ho sentito un dolore alla gola e…»
Io barcollai sul posto. Se non avessi avuto la mano stretta in quella di Liam, probabilmente sarei caduta in terra.
Quella notte avevo fatto un sogno uguale al racconto di Teresa. E mi ero svegliata nel cuore della notte madida di sudore e con un dolore atroce alla gola, come se anche la mia fosse stata squarciata dagli artigli del demone. Merda. Stava succedendo di nuovo. Proprio come mi capitava ogni notte sette anni prima, anche adesso i miei sogni corrispondevano perfettamente alla realtà. E questo poteva significare solo una cosa.
Mi feci forza e ingoiai la bile che mi era salita in gola. «Teresa, quell’uomo… ti ha detto qualcosa? Lo hai sentito parlare?»
Teresa mi guardò a lungo con i suoi grandi occhi sgranati. «No. Non ha detto niente.»
Chiusi gli occhi, mentre le parole di Daniel mi risuonavano nella testa come un tamburo.
Ha detto che non era me che stava cercando.
E ora l’aveva trovato. E aveva ucciso ancora.
Sentii Liam irrigidirsi al mio fianco e serrare con maggiore forza le dita alle mie. Ma rimase in silenzio, mentre io mi concentravo solo sulla conversazione con il fantasma che lui non poteva sentire.
Teresa si portò le dita sulla lacerazione che l’aveva uccisa. «Oddio, cosa mi ha fatto?»
Feci un altro passo in avanti. «Stai tranquilla, adesso non soffrirai più, te lo prometto.»
«Io…» Si guardò intorno, sempre più spaurita. «Dovrei vedere una luce, non è vero?»
Mi venne da piangere, e scossi la testa. «Non… Devi attraversare il fiume.»
«Il fiume?» Teresa si voltò verso il torrente d’acqua che scorreva a metri di distanza da dove ci trovavamo noi. Eravamo troppo lontani e troppo in alto perché potessimo raggiungere la riva, ma riuscivo a vederla benissimo. E sapevo che Teresa non avrebbe avuto problemi a raggiungerla. I fantasmi erano fortemente attratti dall’acqua, il portale che separava questo mondo da quello degli spiriti.
Lei tornò a guardarmi. «Devo solo entrare nel fiume?»
Annuii. «Noi non possiamo scendere, ma ti guarderò fino a che non sarai passata oltre. Te lo prometto.»
«Troverai quella cosa che mi ha ucciso, vero? Lo dirai alle autorità, vero?» Teresa strinse i pungi lungo i fianchi. «Lui non deve passarla liscia.»
Deglutii il nodo di lacrime che mi serrava la gola. Non riuscivo a parlare, così mi limitai ad annuire con aria solenne.
«Grazie.» Lei mi rivolse un cenno, poi cominciò a fluttuare verso la riva.
Con un singulto mal trattenuto, abbandonai la testa contro la spalla ampia di Liam. Le lacrime che mi offuscavano la vista ma tenni gli occhi fissi sulla figura tremolante e trasparente della ragazza che entrava con cautela nel fiume.
Liam abbassò la bocca verso il mio orecchio, mentre avvolgeva le mie spalle con un braccio. «Cosa sta succedendo?»
«Sta passando oltre», disse, asciugandomi con il dorso della mano libera una lacrima che mi era scivolata sulla guancia. «Non so perché, ma mi commuovo sempre quando succede.»
Liam adagiò le labbra sulla mia tempia e depositò un delicato bacio sulla mia pelle. Mi strinse contro il suo fianco, mentre le lacrime mi scivolavano sulle guance e oltre il mento.
Quando Teresa raggiunse il centro del letto del fiume e sparì, io voltai le spalle al torrente e mi imposi di cacciare indietro tutte le lacrime che mi erano salite.
Liam mi accarezzò la schiena. «Cosa ti ha detto?»
Inspirai con forza e cominciai a camminare verso la Comet di Liam. «Devo andare subito alla villa e parlare con Seth.»
«Perché?» Liam mi seguì e, quando mi raggiunse, tornò a prendermi per mano.
Aumentai d’istinto la stretta delle dita nelle sue. «Mi ha descritto il demone che l’ha uccisa. Non so ancora di quale demone si tratta, perché non mi ha dato molti indizi a parte artigli e zanne che appartengono alla maggiore parte dei demoni di alto rango, ma lei aveva le stesse ferite di Daniel. E non può essere una coincidenza, soprattutto perché…»
Liam aggrottò le sopracciglia verso il centro della fronte, osservando con preoccupazione i miei denti che tornavano a torturare il labbro. «Soprattutto perché?» mi incitò.
«Perché quando ho visto Daniel, lui mi ha riferito che il demone aveva parlato dopo che lui era morto. Devi sapere che subito dopo la morte, specialmente se così violenta, lo spirito resta legato al corpo e Daniel… Ha sentito quello che detto.»
«E sarebbe?»
Chiusi gli occhi. «Volevo dirtelo prima, Lee, ma non volevo turbarti oltre. Inoltre, non sapevo nemmeno io cosa intendesse… e non volevo gettarti addosso anche questo.» Mi morsi il labbro con così tanta forza da farmi male. «Già devi fare i conti con l’esistenza dei demoni e confrontarti con la mia vera identità. Volevo darti un po’ di respiro…»
«Rowan.» Liam avvolse il mio mento con due dita e mi costrinse a sollevare la testa verso la sua. «Di che cosa stai parlando?»
«Daniel ha detto che…» Mi feci coraggio e schiusi le palpebre. Le sue strabilianti iridi color caramello erano fisse sul mio viso. «Il demone ha detto che Daniel non era quello che stava cercando.»
Liam lasciò andare la presa sul mio viso e strinse i pugni lungo i fianchi. «Non era lui quello che cercava?» ripeté con un sibilo furente.
Gli appoggiai i palmi al petto e strinsi i pungi attorno alla stoffa della sua camicia per impedirgli di indietreggiare. «Mi dispiace davvero. Dio, mi spezza il cuore vederti soffrire così. È per questo che non volevo dirtelo.»
«Tu…» Serrò la mascella con così tanta forza che sentii i suoi denti scricchiolare sotto la forte pressione. «Ti porto a casa.»
«No, dobbiamo parlare.» Lo strattonai con forza fino a che il suo petto non si scontro con il mio. «Non puoi dirmi che sei attratto da me e che vuoi conoscermi, e poi voltarmi le spalle alla prima difficoltà.»
«Non…» I muscoli della sua mascella ebbero uno spasmo. «Non sono arrabbiato con te, se è quello che pensi.»
«Però sei arrabbiato.»
«Certo che sono arrabbiato, cazzo!» urlò. La vena del suo collo si gonfiò in maniera spaventosa e un rossore gli tinse le guance.
Aprì la bocca, sicuramente per continuare a inveire – con tutte le ragioni del mondo. Poi, però, richiuse le labbra con uno scatto e inspirò con forza. Senza aggiungere una parola, mi aggirò e camminò con passo furente verso la macchina. Sobbalzai quando chiuse la portiera del guidatore con così tanta violenza da far ondeggiare il veicolo su se stesso. A passo incerto e tremante, lo seguii all’interno dell’abitacolo.
Quando lui accese il motore e partì a tutta velocità lungo la strada, mi aggrappai alla cintura di sicurezza e mi appiattii contro il sedile. «Dovevo dirtelo, lo so, ma non sapevo come.»
«Non importa, Rowan», replicò. Però dal tono che aveva usato – un sibilo furioso e sofferente – mi sembrava che importasse eccome.
«Lee, ti prego…»
«Adesso non ce la faccio, okay?» Si voltò verso di me per una frazione di secondo, ma fu più che sufficiente. Aveva gli occhi pieni di lacrime e i lineamenti del viso stravolti da dolore. E tutte le parole che avevo intenzione di pronunciare mi morirono in gola. «Ho bisogno di stare da solo per un po'.»

 

   
 
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