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Autore: SkyDream    26/09/2020    1 recensioni
Dopo la sconfitta del Padre, Roy e Riza continuano a lavorare per fondare Nuova Ishval e riportare Amestris alla pace.
A seguito degli eventi del Giorno della Promessa, i due cominciano ad avvicinarsi e a diventare sempre più intimi. Roy è sempre stato molto protettivo nei suoi confronti, ora anche un po' geloso, per questo non può fare a meno di andare su tutte le furie quando un nuovo Generale tenta di portarla via da lui.
Peccato che le cose non siano così semplici e che i pericoli sembrano non smettere mai.
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Dal testo:Sapeva di non poter fuggire da lì, non sarebbe nemmeno riuscita a far fuori quei tre che la seguivano, inoltre ne mancava ancora uno all’appello. Era sicura di aver visto un terzo scagnozzo.
Afferrò un fucile e si arrampicò sul secondo piano del letto, ebbe il tempo di premere quattro volte il grilletto fuori dalla finestra prima che una lama le si conficcasse su un polpaccio.
«Ottimo, mi mancava solo il tuo sangue, Howkeye».
Era arrivato
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ Promessa di Fuoco ~
«Dannazione, dannazione, dannazione!» Roy battè un pugno sul tavolo così forte che finì per lacerarsi la pelle e sanguinare.
Che sanguinasse! Cosa poteva importargliene in quel momento? Riza era scomparsa senza lasciare traccia, il Generale Koichi era un impostore e lui si era ritrovato con un pugno di mosche senza sapere cosa fare.
«Calmati, Roy, non è da te perdere le staffe in questo modo. Sei un Generale.» Havoc continuò a bere il suo caffè senza però smettere di fissarlo. Non poteva di certo uscire con lui e andarla a cercare, nelle sue condizioni a stento riusciva a camminare.
«Calmarmi? Non ho la più pallida idea di dove si trovi!» Urlò l’altro sentendo i nervi salire a fior di pelle.
«Il Maggiore Hawkeye non è una sprovveduta, dovresti saperlo. Per quanto in pericolo, sono più che certo che stia bene.» Havoc poggiò la tazza sul tavolo e guardò il suo amico, stava sudando e la fronte gli si era imperlata leggermente, anche le occhiaie si erano accentuate e, in generale, tutto il suo fisico sembrava urlare una pressione psicologica enorme.
«E’ perché sei innamorato.» Disse poi semplicemente riportando la sigaretta tra le labbra. Roy per poco non si soffocò.
«Cosa vai blaterando, qui in ufficio poi! Tieni la bocca chiusa!» Il Generale uscì la testa dalla piccola cucina, tirò un sospiro di sollievo quando notò che nessuno aveva potuto sentirli.
«Si, tu provi qualcosa di molto forte per cui saperla in pericolo ti dà doppiamente fastidio, anche il saperla con un altro uomo ti fa perdere il senno, non è così?» Havoc continuò a fissarlo come se non avesse alcun dubbio.
«Non dire scemenze, non mi preoccupo certo perché si tratta di un uomo! Il Maggiore è stata rapita, potrebbero ferirla e in quanto suo superiore devo fare qualcosa e anche alla svelta!».
«Superiore, sì, come no …» Havoc quasi sorrise. Dei passi per il corridoio li interruppero. Roy portò un dito alle labbra facendo segno di non dire una parola su quel discorso così privato.
«Generale di brigata Mustang! E’ appena arrivata la denuncia di una donna, sostiene di essere stata vittima di un attentato ai suoi danni. Pare che qualcuno abbia sparato quattro colpi di fucile a piccolo calibro alla porta di casa sua.» A comunicarlo era una giovane Tenente appena arrivata. Roy la guardò con un sopracciglio alzato.
«Mi perdoni, Tenente - si intromise Havoc - per quale ragione lo comunicate a noi? Non dovrebbero occuparsi i nostri sottoposti di queste faccende?».
«Il Comandante Grumman ha richiesto esplicitamente che ne fosse al corrente anche il Generale Mustang.» Spiegò l’altra senza battere ciglio.
«Dove ha detto che si trova questa casa?» Chiese Roy sempre più sospettoso.
«Di fronte il vecchio carcere, Generale!».
-
 
«A cosa ti serve il mio sangue?» Chiese Riza fissando l’altro negli occhi, non riusciva nemmeno a muovere il fucile.
«Mai sentito parlare di Alchimia Sensoriale? Pare che attraverso dei cerchi alchemici e l’utilizzo del suo sangue, io possa mutare le sue sensazioni, Hawkeye.» L’uomo entrò in camera e si poggiò alla porta per poi scivolare a terra in ginocchio, aveva anche lui dei capelli rossi raccolti in un piccolo codino ed una carta tra le mani. Vi fece scorrere sopra delle gocce di sangue e subito Riza avvertì una scossa lungo la schiena.
«E’ un po’ come l’Alchimia della trasmutazione. Riesco a creare degli impulsi nelle tue cellule in modo che esse sentano dolore, oppure non ne sentano affatto. Vogliamo provarla? Ad esempio, se prendo questa carta qui, cosa succederà?» Il cerchio alchemico si attivò a contatto con il sangue e sotto le mani dell’Alchimista, dando a Riza l’impressione che la cicatrice sul collo cominciasse a riaprirsi. Portò una mano alla gola convinta che vi avrebbe trovato un’emorragia, ma così non fu.
La cicatrice non era realmente stata riaperta, seppur il dolore fosse lo stesso provato un anno prima.
Quasi le mancò l’aria a quel ricordo, non riusciva a fermare quella sensazione finendo per sentire tutto ovattato. Cominciò a sudare freddo.
«Hai la faccia di una che chiede “Per favore, fallo smettere”! Sei proprio carina, Hawkeye, lasciatelo dire. Dammi il fucile ora e scendi dal letto.» L’uomo si sollevò e si avvicinò porgendo una mano alla donna.
Riza imbracciò malamente il fucile puntandoglielo contro. Non aveva intenzione di ucciderlo - non lo avrebbe mai fatto - ma ferirlo sì.
«Chi sei?» Chiese sostenendo il suo sguardo.
«No, non mi hai capito - L’uomo schioccò le dita - Ho detto dammi il fucile e scendi dal letto».
Riza, a quello schiocco, sentì la carne quasi lacerarsi, il dolore si intensificò al punto che l’arma le scivolò dalle mani.
«Ti ho chiesto chi sei.» Gemette senza smettere di fissarlo negli occhi.
«Mi chiamano Force. Sei contenta ora?».
Riza cercò di respirare profondamente per non pensare al dolore, nonostante ciò i sensi le vennero meno.
Prima di perderli del tutto sentì solo altri passi che si avvicinavano.
 
-
«I colpi di pistola sarebbero questi?» Roy fissò i proiettili conficcati nella porta. Erano tre vicini, poi vi era una targa d’acciaio allungata e un altro punto vicino.
Non davano l’idea di un tentato omicidio.
«Sì, Generale! Io ero in casa ai fornelli quando ho sentito questi colpi sparati uno dietro l’altro, sono stati in tutto quattro. Sono uscita immediatamente a vedere ma non c’era nessuno per strada!» La donna sembrava agitata, continuava a farsi aria con un piccolo ventaglio, la figlioletta le teneva le mani come a rassicurarla.
Roy riprese a fissare la porta. I proiettili sembravano provenire dall’alto e poi quei tre punti, la targa lunga e il punto dopo gli ricordavano …
«Il codice Morse. E’ un SN!» Roy si voltò in direzione del carcere, sicuramente gli spari erano partiti da una delle stanze del terzo piano.
Prese a correre in direzione dell’entrata.
“Diavolo, è una richiesta d’aiuto. Devo sbrigarmi, Riza deve essere senz’altro qui!”.
Il Generale continuò a saltare tra le scale del carcere, arrivò davanti delle stanze apparentemente identiche. Prese la pistola d’ordinanza e la impugnò davanti al viso ricaricandola e togliendo la sicura.
Diede un’occhiata alla prima stanza, sembrava disabitata da anni e ormai fatiscente. Continuò, senza far rumore, ad entrare in tutte le stanze del corridoio.
Alla sesta camera, dalla porta stranamente aperta, trovò il fucile da cui erano partiti i colpi. Il calibro corrispondeva, inoltre la traiettoria portava direttamente alla porta della donna che aveva sporto denuncia.
I colpi erano partiti da lì.
Roy notò una macchia di sangue ancora fresco sul materasso del letto superiore. Perse un battito. Non sembrava far parte di una copiosa emorragia, ma questo non significava certo che Riza non potesse essere ferita gravemente.
Continuò la sua ricerca anche nelle stanze successive, solo alla fine notò una strana botola sul pavimento.
Era in legno e si mimetizzava perfettamente alle altre assi. La aprì scoprendo un corridoio buio e maleodorante. Decise di riporre l’arma nel fodero e di affidarsi solo alla sua alchimia.
Non la utilizzava dalla guerra contro il Padre, aveva provato qualche nuova tecnica senza cerchio alchemico, ma solo per pura curiosità e in luoghi in cui non avrebbe arrecato danno a nessuno.
Schioccò due dita creando una piccola fiammella. Continuava ad utilizzare i guanti con la stoffa d’accensione, non perché ve ne fosse reale bisogno, ma per pura abitudine.
Scendendo le scale, cominciò a sentire dei mormorii sempre più forti finchè non furono del tutto udibili.
«Fai presto, Force, non so per quanto tempo ancora riuscirò a tenerla ferma».
«Non mettermi pressione, se dovessi sbagliare a riattivarle le cellule, finiremmo per non poter ricreare il cerchio e non poterlo attivare facendo scorrere l’energia alchemica. Chissà come ha fatto a diventare un’alchimista tanto potente senza poter vedere il cerchio, suo padre aveva uno strano senso dell’ironia.» L’uomo rise in modo acido mentre continuava a passare le dita sulla schiena nuda di Riza.
La donna era riversa a terra a torso nudo, le mani legate stavolta con della corda e gli occhi appena socchiusi. Aveva il viso pallido e lo sguardo confuso e dolorante, come se fosse stata rintontita da qualcosa.
Roy si avvicinò facendo capolino da dietro il muro che li separava, i loro occhi si incrociarono e le pupille di Riza si allargarono, felice di quella apparizione.
Inizialmente aveva deciso di non coinvolgere Roy, d’altronde era lui che cercavano, ma poi aveva capito che ciò a cui realmente aspiravano non era altro che il segreto che teneva lei stesso nascosto sotto i vestiti.
Roy, con la sua forza, li avrebbe sterminati in un solo momento.
«Lasciala stare!» Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
«E tu chi sei? Oh, sembra che abbiamo davanti un Generale, Koichi!» Uno dei due scagnozzi si mise davanti con un coltello tra le mani, rivolgendo la lama verso il collo di Roy.
L’altro non lo degnò nemmeno di uno sguardo, gli afferrò il polso sbattendolo a terra con tutta la forza di cui era capace. Continuava ad avvicinarsi a Riza stringendo bene i pugni.
«Ti ho detto di lasciarla stare!» Roy guardò Force come se potesse dargli fuoco solo pensandolo. Portò le mani giunte di fronte al viso e lasciò che una fiamma avvolgesse il suo nemico sbattendolo contro il muro.
«E’ lui l’Alchimista di Fuoco?» Koichi si mostrò sorpreso, si allontanò da Riza per potersi avvicinare. Il Generale ne approfittò per catturare il suo sguardo e sfidarlo.
Intanto portò una mano alla tasca laterale e poi, con un solo gesto, fece scivolare qualcosa.
Koichi si abbassò per terra attivando il cerchio magico che aveva disegnato e su cui avrebbero lottato, subito una fiamma prese vita cominciando a ruotare su se stessa come un piccolo tornado.
Roy non ebbe bisogno nemmeno di voltarsi, sapeva perfettamente dove si trovava il fuoco e quali gesti delle mani avrebbe dovuto compiere per domarlo.
Prima il segreto di Hawkeye, poi la Porta della Verità. L’Alchimia del Fuoco aveva smesso di avere segreti per lui.
Koichi si mostrò sorpreso ma continuò a dar alito alle sue fiamme che, nemmeno una volta, colpirono il Generale.
«Hai fatto del male alla mia sottoposta solo per sapere come domare un fuocherello? Sei davvero un inetto, Koichi, non te la caverai facilmente.» Roy aprì i palmi delle mani creando un muro che lo disorientasse.
Due colpi di pistola poi lo fecero trasalire, si voltò.
Era riuscito a bruciare le corde che tenevano prigioniera Riza durante l’attacco contro Force e aveva fatto scivolare apposta la sua pistola d’ordinanza in modo che lei potesse afferrarla. Ora lei era lì, in ginocchio per terra con la camicia dello scagnozzo legata al collo e alla vita per coprire il seno, la schiena doveva bruciarle al punto da non reggere nemmeno della stoffa.
Nonostante la sofferenza e l’umiliazione, Riza teneva in mano la sua arma con cui aveva appena ferito ai piedi il secondo uomo di Koichi.
«I due pesci piccoli sono sistemati!» Annunciò lei per fargli capire che sconfiggere gli altri due non sarebbe stato altrettanto semplice.
Roy continuò ad avvolgere Koichi con lunghe fiamme, l’altro però sembrava cercare con gli occhi il suo tirapiedi, quando lo individuò che stava per rialzarsi da terra.
«Force, tieni ferma quella ragazzaccia e continua ad attivarle il cerchio!» Koichi non ebbe il tempo di terminare la frase che si ritrovò Roy addosso, non resistette alla tentazione di tirargli un pugno in faccia talmente forte da fargli correre del sangue dal naso.
L’altro si sollevò prendendolo di peso e scaraventandolo contro il muro, da lì il Generale potè vedere Riza che puntava la pistola stavolta contro Force.
Le tremavano le mani e le labbra che continuava a mordersi, tutto il suo corpo sembrava scosso da fremiti, eppure non versava una lacrima, anzi, teneva lo sguardo fieramente dritto di fronte a sé.
«Fa male, non è vero? Te lo avevo detto che non sarebbe stato bello. Ora voltati, se farai la brava eviterò di farti sentire dolore.» Force si avvicinò a lei tenendo una carta in mano su cui colava del sangue.
Riza si sollevò a fatica in piedi ed indietreggiò tenendo sempre l’arma puntata di fronte a sé. Il dolore che provava lungo tutto il corpo era insostenibile eppure, si disse, non sarebbe svenuta.
«Ti coprirò le spalle.» Urlò lei rivolta al Generale, Roy si avvicinò in modo da essere schiena contro schiena. Come sempre d’altronde. Erano l’uno il guardiano dell’altro.
«Che ore sono, Maggiore?» Chiese.
«Le undici e cinque, Generale».
Roy portò le mani giunte di fronte al viso, una scia infuocata circondò la donna dietro di se che non si mosse di un millimetro, come un serpente che va dritto sulla sua preda, la fiamma colpì Force dritto in faccia.
Riza strinse la pistola tra le dita e sparò due colpi dritti uno al piede e uno alla spalla dell’uomo.
Poi cadde in ginocchio.
Koichi era già parecchio provato dalla forza e dalle fiamme di Roy, annaspò in cerca d’aria e riportò nuovamente le mani sopra il cerchio per dar alito ad una nuova fiammata.
Il Generale scese con le ginocchia al fianco della sua sottoposta e innalzò un muro di fuoco. Le due fiamme si scontrarono dando vita ad una pioggia di scintille.
«Non preoccuparti per me, Roy.» Riza gemette appena e cercò di risollevarsi per mostrargli che non doveva assolutamente preoccuparsi.
L’altro, dal canto suo, la prese in braccio e correndo la portò fuori dal cerchio, lì le fiamme non avrebbero potuto colpirla in pieno.
Mentre tornava in campo, però, uno degli scagnozzi - dopo essersi ripreso - cercò di colpirlo al petto con un coltello. Roy riuscì ad evitarlo di striscio, ferendosi al braccio solo superficialmente, con un colpo di braccia riuscì a metterlo nuovamente al tappeto.
«Certo che siete ostinati!» Commentò risentito mentre cominciava a mancargli il fiato. Si gettò verso Koichi, ormai allo stremo per l’utilizzo dell’alchimia, e riuscì a travolgerlo con una fiamma facendogli perdere i sensi.
Era così arrabbiato per quello che era successo a Riza da provare l’immenso desiderio di ucciderlo con le sue stesse fiamme. Cadde in ginocchio.
Riza aveva ancora un proiettile nell’arma, lo avrebbe utilizzato contro di lui se si fosse azzardato a compiere una cavolata simile. Inoltre avrebbe perso la sua fiducia e solo il pensiero lo feriva.
Non solo quello, qualcos’altro cominciava a fargli del male.
Improvvisamente si sentì stanco e le ossa, i muscoli, cominciarono a bruciargli e pulsare come se lo avessero riempito di calci e pugni.
Gemette mentre non riusciva ad evitare di stringersi a terra. Da dove proveniva un dolore simile?
L’ultima cosa che sentì fu un colpo di pistola assordante.

 
   
 
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