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Autore: Nikita Danaan    26/09/2020    2 recensioni
[La Bella e la Bestia AU!]
"C’era una volta, tanto tempo fa, uno splendido castello in cui viveva un principe di bell’aspetto. Aveva i capelli neri come le ali dei corvi, occhi profondi e scuri, ma era terribilmente egoista e senza cuore, tanto che una notte una vecchia chiese asilo nel suo castello. Inuyasha – questo era il nome del principe crudele – glielo negò, inorridito dal suo aspetto.
Quest’ultima, adirata, rivelò il suo vero aspetto, ovvero quello di una sacerdotessa nera che aveva venduto l’anima ai demoni per poter acquistare la bellezza e la vita eterna.
Tsubaki, la sacerdotessa, gli disse “Non bisogna mai giudicare una persona dall’aspetto esteriore”."
***
Kagome è una ragazza molto bella che adora leggere. Immergersi nei libri è l'unico modo che conosce per vivere una vita piena di avventure. Un giorno il nonno, mentre si reca ad una esposizione sulla scienza, si perde e finisce prigioniero in un castello. La ragazza lo andrà a cercare ma si imbatterà in una creatura, che tutti definiscono una bestia.
[GLI AGGIORNAMENTI SARANNO LENTI]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo, il signor Higurashi si mise in viaggio per la fiera della scienza.
Prese il loro fedele cavallo Entei e si mise in viaggio. Sarebbe stato via almeno tre giorni, ma Kagome non era preoccupata.
Non era la prima volta che rimaneva a casa da sola e non era preoccupata nemmeno per il nonno visto che la fiera aveva luogo in un villaggio, che si trovava solo ad un giorno di distanza dal loro, quindi non vi era neanche il pericolo che il nonno si smarrisse.
Così decise di approfittare dell’assenza del nonno per pulire tutta casa. Si alzò di buona lena e si rimboccò le maniche, mettendosi subito al lavoro.
 
Intanto, in paese, Koga stava parlando ai suoi due tirapiedi. Gesticolava concitato e sembrava parecchio su di giri.
“Allora, oggi è il grande giorno in cui le chiederò di sposarla e sarà finalmente la volta buona che mi dirà di sì”.
“A chi farai la proposta, capo?”.
“Ma sei scemo, Ginta? A Sorella Kagome e a chi altri, se no?”.
“Scemo sarai te, Hakkaku!”.
“Finitela, voi due! È ovvio chi sarà la mia sposa, non c’è neanche da chiederlo”.
Koga si portò al centro della piazza del paese, dove vi erano persone che andavano avanti e indietro per allestire il mercato mattutino.
“Signori e signore, fermatevi e ascoltatemi!” urlò e alzò le mani al cielo, per attirare l’attenzione dei presenti.
Le persone che correvano si fermarono, i bambini che giocavano si girarono verso di lui e persino le galline, che beccavano le briciole per terra davanti alla panetteria lì vicino, voltarono i loro colli piumati verso il ragazzo.
“Oggi farò a Kagome Higurashi la proposta di matrimonio. Presto sarà mia!”.
Per un secondo, non si sentì volare una mosca. Poi il fornaio uscì dal negozio urlando “Evviva gli sposi!”.
Tutti si misero a saltare e a gridare in preda all’euforia. Gli uomini del villaggio si tolsero i cappelli lanciandoli in aria e andarono a congratularsi con Koga, dandogli pacche energiche sulle spalle. Le pettegole del paese borbottarono tra loro che finalmente la nipote dell’inventore squilibrato avrebbe messo la testa apposto e le bambine iniziarono a raccogliere i fiori per fare una ghirlanda da regalare alla sposa. Le uniche che non parevano contente erano le tre spasimanti di Koga che sbuffarono irritate e all’unisono incrociarono le braccia al petto indispettite.
‘Io mi merito di sposare Koga, non quell’ingrata della nipote del pazzo!’. Era il pensiero che passò nella mente delle tre giovani donne, simultaneamente.
Gli uomini che si erano avvicinati a Koga lo tirarono su e lo iniziarono a portare in trionfo verso la casa della futura ed ignara sposa, cantando canzoni sconce popolane. Le madri tappavano le orecchie ai figli, ma incuriosite seguirono gli uomini e così fecero tutte le persone presenti nella piazza.
La vita al villaggio era molto monotona. Eventi come una proposta di matrimonio, seppur non così straordinari, era comunque qualcosa che smuoveva la calma piatta, inoltre vi era il particolare che fosse la proposta fatta alla figlia dell’inventore, sempre soggetto preferito delle malelingue del paese.
Le persone non conformi allo stile di vita frugale degli abitanti, come Kagome e il signor Higurashi, non erano ben visti dalla comunità.
 
Nel frattempo, gli uomini avevano portato Koga davanti alla porta e avevano fatto allontanare le altre persone per lasciare almeno un minimo di intimità ai due, pur rimanendo a portata di orecchio per sentire la proposta di matrimonio e la risposta.
Koga si schiarì la gola e portò una mano a lisciarsi i capelli, quel giorno lasciati liberi dalla coda, e bussò.
Kagome, in quel momento, stava spazzando e si voltò titubante verso la porta. Aveva sentito schiamazzare fuori, però aveva pensato fosse per via del mercato, anche se vi era più confusione del solito, ma poi non ci aveva più fatto caso, troppo impegnata a pulire.
A casa loro bussava di solito solo il postino, ma non attendevano alcuna lettera. Appoggiò la scopa alla parete ed andò alla porta, guardando dalla lente di ingrandimento gigante, una delle invenzioni del nonno, al centro della porta.
Fuori a malapena si poteva vedere un piccolo foro, ma da dentro si poteva vedere chi ci fosse davanti alla porta, e appena vide la faccia di Koga, Kagome alzò gli occhi al cielo, esasperata.
Respirò ed inspirò cercando di mantenere la calma e trattenersi dall’urlare la propria frustrazione.
Mise su il suo miglior sorriso falso e aprì la porta.
Koga, che iniziava a pensare che non ci fosse nessuno in casa ed era girato a fare cenno agli abitanti di andarsene, vide che questi ultimi, da dietro i cespugli, gli stavano indicando la casa. Lui si voltò di scatto portando le mani dietro la schiena.
Sorrise alla ragazza nella maniera più seducente che conoscesse.
Kagome trattenne a fatica ciò che pensava in quel momento, ovvero ci risiamo.
“Buongiorno, mia diletta. È una così bella giornata, non trovi? Speravo proprio di trovarti a casa! Ero passato di qua perché volevo disperatamente vederti”.
Prima che Kagome potesse anche solo provare a ribattere, Koga avanzò e le prese le mani tra le proprie “Non faccio a meno che pensare sempre ed incondizionatamente a te. Vorresti diventare la mia donna per sempre?”.
Kagome rimase impietrita. Koga le aveva davvero chiesto di sposarla?
Questo non era completamente corretto. Le aveva chiesto di essere la sua donna, non sua moglie. Ma il termine con cui glielo chiedeva non cambiava il fatto che non l’avrebbe sposato, mai e poi mai!
Lì decise di seguire il consiglio del nonno. Di rifiutarlo definitivamente e di smetterla di pressarla con la sua corte a senso unico.
Prese un profondo respiro ed iniziò a parlare “Koga, ti chiedo scusa, ma rifiuto la tua pro-”.
“Capo, eccoci qua!”.
Ginta e Hakkaku, correndo, annunciarono il loro arrivo.
Koga girò la testa di scatto verso di loro, fulminandoli.
“Ah, capo, hai saputo che è partito il vecchio rimbambito? Così potrai chiedere a Sorella Kagome tranquillamente la mano”.
Kagome corrucciò le sopracciglia e quel vago accenno di sorriso che era sul suo volto sparì all’improvviso.
Sapeva già l'opinione che il villaggio aveva di suo nonno, ma che lo insultassero quando lui non era presente per difendersi e tra l’altro davanti a lei la faceva andare in bestia.
Si scansò con forza dalla presa di Koga ed esclamò irata “Come osate parlare così di mio nonno?”.
Koga tentò di giustificarsi, incerto. “Kagome, mia adorata, perdonali. Sono dei deficienti. Non trattengono nemmeno il piscio…cioè, loro intendevano dire…”
“Ho capito benissimo cosa intendevano dire! Non sono nata ieri. Andatevene tutti! Tanto lo so benissimo che lo credete tutti un pazzo…”.
La ragazza era sull’orlo delle lacrime. Koga si sentì un verme e tentò di avvicinarsi per consolarla, ma Kagome indietreggiò dentro l’abitazione, portando una mano davanti a sé e facendogli segno di fermarsi “Anche tu, Koga! La mia risposta alla tua proposta e a tutte le tue avance è sempre quella: no!” disse, ormai in lacrime, sbattendogli la porta in faccia.
Koga si girò, rosso di rabbia, verso Ginta e Hakkaku, e iniziò ad urlargli contro dando a loro la colpa del suo fallimento.
“L’avete sentita? Andatevene!”. Stavolta si diresse verso gli abitanti che avevano assistito alla scena. “Non c’è più niente da vedere”.
Mentre tutti se ne andavano chi deluso, chi felice (come le tre ragazze), chi borbottando (le pettegole), Kagome piangeva con la schiena appoggiata alla porta, pensando al nonno.
Quanto avrebbe voluto che fosse lì con lei!
Avrebbe saputo certamente cosa dire, invece il fatto che in casa non sentisse i rumori prodotti del nonno, che armeggiava con qualche sua nuova invenzione, era la conferma che in quel momento fosse completamente sola.
   
 
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