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Autore: SkyDream    29/09/2020    0 recensioni
La squadra di pallavolo della Karasuno è in ritiro estivo sul Monte Nagi, a Tottori.
Un'occasione per allenarsi e diventare più forti, se non fosse per la presenza della squadra femminile del Nekota, anch'essa in ritiro.
Shoyo è stato adocchiato da una ragazza, Mel, durante uno dei vecchi raduni e ora tocca proprio a Kageyama fare da Cupido.
Ma ci riuscirà davvero, o si intrometteranno dei fastidiosi sentimenti di mezzo?
-
Dal testo:"Quest’ultimo, notando il suo amico che continuava ad accoccolarsi fino a sparire nella felpa, allungò un braccio per poggiarlo sopra le sue spalle.
Sho si ritrovò con la guancia sul petto di Tobio, da sotto il pigiama si sentivano i rapidi battiti del suo cuore, quel suono gli piacque.
Gli piacque tantissimo".
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karasuno Volleyball Club, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ Caratteri d'inchiostro ~



Shoyo guardò il tavolo imbandito con la bava alla bocca, davanti a lui si stendevano lunghe pirofile di carne, ramen e verdure.
Poi lo vide. Gli occhi di tutti erano puntati sullo stesso piatto colmo di tempura.
Il sensei stava continuando a motivarli con frasi auliche e complesse, mentre i loro stomaci reclamavano il pranzo.
“Si può sapere dove si è cacciato Kageyama?” Shoyo spostò lo sguardo verso la sedia vuota a fianco a sé. Il suo amico era entrato in camera e si era infilato sotto la doccia senza dire nient’altro, come se avesse appena ricevuto una notizia sconvolgente.
«Bene, adesso ricostituiamo il nostro corpo e prepariamoci per il prossimo allenamento! Itadakimasu!».
Tutti si avventarono sul cibo ancora caldo mangiando con grande gusto, Hinata - tra un pezzo di sushi e l’altro - riuscì a portare qualcosa anche sul piatto di Kageyama, lasciando per il suo amico tutti i gusti della tempura che preferiva.
Se lo immaginava proprio tutto contento mentre mangiava quelle zucchine in pastella.
Passarono i minuti e Shoyo, quando lo stomaco fu riempito per bene, cominciò a preoccuparsi e a chiedersi che fine avesse fatto. Guardò l’orologio, l’ora di inizio pranzo era passata da un pezzo e di Tobio non vi era l’ombra.
 
-
 
L’acqua calda lo avvolgeva totalmente riscaldandolo. Nonostante fosse estate, su quel monte Nagi le temperature erano appena primaverili.
Una doccia calda non poteva fare altro che rilassarlo e dargli le energie giuste per affrontare la situazione in cui si era cacciato.
Avrebbe dovuto aiutare la ragazza a conquistare Hinata? Sul serio?
Il solo pensiero lo disturbava, credeva davvero che il suo amico non fosse interessato ad avere una ragazza, era sempre preso dagli allenamenti però…
“Però Hinata sarebbe felice di condividere con qualcuno tutta quella gioia e quell’energia che ogni giorno lo fanno saltare qua e là. Condividere gli esiti delle partite e degli allenamenti. Forse gli farebbe bene”.
Sospirò pesantemente continuando a strofinarsi i capelli.
Gli era passata anche la fame.
Come poteva aiutare quei due ad incontrarsi? E se non fossero nemmeno andati d’accordo?
Si detestò per essersi cacciato in quel guaio e, per un istante solo, si detestò anche per aver conosciuto quell’idiota di Hinata.
Qualcuno bussò alla porta del bagno.
«Ehi, Kageyama! Sei lì dentro?» Urlò qualcuno fuori. Non ci mise molto a riconoscerlo.
Tobio aprì la porta del bagno con solo un asciugamano appeso alla vita, i capelli grondavano d’acqua finendo per bagnare anche il pavimento.
Shoyo sollevò gli occhi e si perse un momento tra quelle piccole gocce che scivolavano sul viso, sul collo e sul petto del suo compagno.
«Boke! Che hai da guardare?» Tobio era arrossito - così come Hinata - ma si sforzò di ignorarlo e di arrivare dritto al sodo.
«Ka-kageyama, ero preoccupato per te! E’ da ieri che ti comporti in modo strano, sembra quasi che tu mi stia evitando, oggi dopo l’allenamento sei scappato anziché tornare con noi in camera e adesso è più di mezz’ora che sei sotto la doccia e il pranzo è quasi finito. Stai bene?» Hinata abbassò la testa, sia per nascondere l’imbarazzo che per fissarsi i piedi, non sapendo dove poggiare gli occhi.
«Eri preoccupato per me?».
Kageyama si chiese se qualcuno, oltre i suoi genitori e sua sorella, si fosse mai preoccupato per lui. Non ricordava nessun particolare amico fidato, né una ragazza interessata al punto da chiedergli “stai bene?”.
«Tobio, per caso cerchi di evitarmi a causa di quel fatto dell’altra notte? Se è così, ecco-» L’altro non lo lasciò finire.
Tobio uscì dal bagno e si avvicinò alla sua valigia per pescare i vestiti da mettersi addosso. Inizialmente sembrò ignorarlo, troppo intento a litigare con la maglietta pulita, poi si voltò con le sopracciglia aggrottate e un tono quasi infastidito.
«Non è per quello, idiota! Figurati se mi scandalizzo perché ti sei addormentato su di me, in autobus sarà capitato almeno un milione di volte!».
Deglutì. Quello che aveva detto era solo parzialmente vero, le altre volte Hinata non aveva dormito sul suo petto, ma sulla sua spalla, e non ricordava una sola volta in cui avesse mantenuto quel sorrisetto felice sul volto.
«Allora cos’è che ti preoccupa?» Hinata, seduto sul suo futon, portò la testa di lato con fare curioso e leggermente preoccupato.
Kageyama legò i lacci delle scarpe.
«Non è nulla che ti riguardi, non direttamente almeno».
«Che hai detto?! L’ultima frase l’hai a malapena sussurrata!» Hinata si avvicinò al suo amico per ascoltare meglio, ma quello decise di non ripetere nessuna delle parole appena pronunciate, gli tirò un piccolo pugno in testa e aprì la porta.
«Andiamo in sala pranzo piuttosto!».
 
Tobio notò che i suoi amici stavano finendo di pranzare, le pirofile erano quasi tutte vuote, quella della tempura era stata ripulita per benino.
Ci rimase male.
Hinata poi gli indicò il suo piatto dove, in bella vista, della tempura e degli onigiri lo aspettavano, con un contorno di filetto ben cotto.
“Proprio quello che piace a me.” Pensò aprendo involontariamente la bocca in un’espressione di stupore.
Era quasi tentato di ringraziare Hinata - era sicuramente opera sua - ma per fortuna non ce ne fu bisogno. Nishinoya lo aveva rapito per mostrargli l’ultimo numero di Fly Volleyball, tenendolo occupato per un po’.
Tobio si sedette e mangiò in silenzio. Mai pranzo gli era sembrato così gustoso.
 
Dall’altro lato del tavolo, Sugawara e Daichi sospirarono pesantemente.
 
-
 
«Asahi, prova ad alzarla più in alto, okay?» Shoyo saltellava davanti la rete dell’allenamento, Ukai li aveva fatti mettere tutti in fila per farli allenare nelle alzate e -a turni - per farli allenare nelle schiacciate.
Come c’era da aspettarsi, Shoyo non poteva essere più felice. Tutti i suoi compagni sollevavano per lui e lui solo poteva schiacciare.
Si vedeva proprio come, nella sua mente, si sentisse il re indiscusso dell’allenamento.
“Sembra così felice quando gioca, così vivo, che nessun altra cosa al mondo potrebbe renderlo altrettanto felice”.
Arrivò il suo turno, Kageyama sapeva perfettamente cosa l’altro si aspettasse, così preparò la palla per una veloce che riuscì senza la minima sbavatura.
«Woooh! L’hai vista? Doveva esserci un intero pubblico a vederla, ragazzi l’avete vista?» Urlava così tanto e saltava così in alto da raggiungere quasi la cima della rete.
Trascinò i suoi compagni in una risata collettiva, nessuno riusciva calmarlo.
Le alzate dopo, anche se nemmeno lontanamente simili a quella di Tobio, gli diedero modo di sfogare la sua voglia di schiacciare.
Dall’altro lato del campo, dietro una delle assi di legno, Mel guardava Shoyo con un sorriso sincero. Le guance le si erano colorate di un tenue rosso e i suoi occhi lucidi seguivano ogni movimento dello schiacciatore.
Era ammaliata e, si disse Tobio, lo sarebbe stato chiunque.
Hinata era come una brutta malattia, era contagioso e non passava più.
E, soprattutto , non vi era cura.
Solo che, anziché ucciderti, ti riempiva di vita.
Se la meritava una ragazza al suo fianco che lo sostenesse e lo ascoltasse, che lo amasse in modo genuino, proprio come faceva Melody. E tutto dipendeva solo da lui.
«Ehi, Kageyama, tocca di nuovo a te!» Daichi gli passò il pallone che finì tra le sue mani, pronte a sollevarlo in aria con la traiettoria di cui aveva bisogno. Hinata scattò, pronto a volare.
E lì, vedendolo con il corpo che violava ogni legge di gravità, con lo sguardo concentrato e il cuore a mille, Tobio prese la sua decisione.
 
«Voglio renderti felice, Shoyo. E giuro che lo farò».
 
-
«Ehi, ti è venuto mal di pancia?» Shoyo saltellava mentre aspettava il suo turno per alzare a Daichi, momentaneamente addetto alle schiacciate per l’allenamento.
Kageyama portò una mano allo stomaco, come a dare ragione al suo amico.
«Sono sicuro sia solo un po’ di indigestione, con un antiacido andrà subito meglio, non preoccuparti!» Si sforzò di sorridere e sperò che dalla sua espressione non trapelasse l’immensa bugia che aveva appena pronunciato.
Seh, l’indigestione.
Diede una rapida occhiata a Melody che, come sempre, si stava allenando proprio sull’estremità del suo campo che permetteva un’ottima visuale della Karasuno.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Con una scusa chiese alla sua sensei di rientrare e seguì Kageyama.
Si incontrarono sugli scalini che portavano alla mensa, dove si erano visti la prima volta. Entrambi avevano il volto arrossato e grondante di sudore a causa dei duri allenamenti, le maglie delle loro squadre ciondolavano leggermente sui fianchi.
Melody approfittò di quel momento per legarsi i codini biondi, che a causa dei movimenti si erano spettinati.
«Hai deciso cosa fare?» Chiese poi cercando gli occhi dell’altro palleggiatore. Kageyama quasi si sentì inferiore mentre veniva esaminato da quelle iridi azzurre.
«Ti aiuterò, Shoyo merita qualcuno che lo ami e che gli stia accanto, ma devi promettermi una cosa.» Tobio prese un respiro profondo. Sentì il sangue scorrergli tra le tempie, la testa quasi gli vorticava.
Mel chinò il capo di lato con aria interrogativa.
«Promettimi che non gli farai del male, Melody, che non lo ferirai, perché non potrei mai perdonarmelo né riuscirei a perdonare te».
La ragazza spalancò gli occhi e impallidì, suonava come una minaccia bella e buona, soprattutto perché lo sguardo del ragazzo si era fatto deciso e quasi intimidatorio.
Non importava.
Mel era sicura di ciò che provava, così annuì.
«Giuro che rimarrò al suo fianco qualunque cosa accada, sarò lì a festeggiare con lui quando vincerà e lo sosterrò quando perderà, io provo per lui davvero qualcosa che non puoi neanche immaginare!».
Kageyama non digerì quelle parole.
Lo immaginava, eccome se lo immaginava! Provava esattamente quello che provava lei, l’immenso desiderio di rimanergli accanto.
Ma non poteva dare a Hinata quello che poteva dargli Mel, un amore sconfinato e la dolcezza di una carezza.
Al massimo una spalla su cui dormire, o un petto in cui il cuore batteva forte quando ci si addormentava di sopra.
Solo questo non avrebbe potuto renderlo davvero felice, ne era certo.
«Bene, voglio crederti sulla parola. Scrivigli una lettera, ci penserò io a fargliela trovare. Soprattutto evita di parlargli in modo diretto per il momento, potrebbe emozionarsi e…».
«E svenire?».
“… e andare in bagno” Kageyama pensò non fosse esattamente l’espressione più idonea, anche se Mel avrebbe scoperto presto la verità.
«E svenire, sì.» Mentì mentre portava due dita agli occhi massaggiandoli, quella situazione cominciava a renderlo nervoso.
Più di prima.
Mel portò i pugni al petto in un’espressione tenera, gli occhi sognanti lasciavano presagire una lettera carica di sentimenti e romanticismo.
«Allora gli scriverò una lettera!».
 
Kageyama tornò in campo, non si era accorto affatto del time out indetto dal suo capitano. Daichi e Suga, infatti, lo avevano seguito e avevano finito per origliare la conversazione, capendo più del diretto interessato.
Sul campo del Nekoma, intanto, Yui aveva raggiunto la sua amica senza farsi vedere.
Al contrario di Mel, accecata dai suoi sentimenti per Shoyo, Yui aveva letto per bene ciò che si nascondeva nello sguardo di Kageyama, provando per lui un’immensa compassione.
Era innamorato e non sapeva dirlo nemmeno a se stesso.
Mentre Tobio si avvicinava alla rete, seguendo i salti di Shoyo con la coda dell’occhio, pensò che ciò che stava facendo era giusto.
Anche se faceva male.
E si chiese in fine, prima di abbandonare quei pensieri, come dei semplici caratteri d’inchiostro potessero sconvolgere così tante vite.


Angolo autrice:
Ciao a tutti! Il prossimo capitolo sarà quello conclusivo e, non potendolo spezzare in due parti, sarà un po' più lungo del solito.
Spero che la storia vi stia incuriosendo! Alla settimana prossima <3
   
 
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