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Autore: gyikhu    30/09/2020    2 recensioni
Nathan Drake e Lara Croft incroceranno le loro strade alla ricerca dello stesso tesoro: riusciranno a collaborare? Tra trappole, mistero ed enigmi, Crossroads è una storia d’azione e d’avventura, come nei più classici dei Tomb Raider e degli Uncharted. Per chi ama sorridere e sentire l’adrenalina, e chi, tra le diverse versioni di Lara Croft, è rimasto soprattutto innamorato di quella originale e del film interpretato da Angelina Jolie. [Leggera Nathan/Lara]
EDIT! Dal secondo capitolo, sono state aggiunte delle illustrazioni disegnate dalla traduttrice che accompagnano la storia.
Dal testo in inglese: E se Lara fosse a un passo dall'ottenere quello che ha sempre voluto, ma qualcuno più veloce di lei glielo rubasse davanti agli occhi? Riuscirà a riavere ciò che è suo? - fanfiction consigliata a tutti coloro che amano l’azione. Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lara Croft
Note: Cross-over, Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Crossroads DILOGIA'
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Link al sesto capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/7/Crossroads

NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Un ulteriore ringraziamento speciale va a devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le loro recensioni! Per farvi contenti, sto cercando di velocizzare la traduzione e postare quanto prima i nuovi capitoli!







Dopo una camminata senza incidenti, Lara e Nathan raggiunsero una porta alla fine della strada. Il tempo aveva affondato i suoi inesorabili artigli nel legno nodoso delle ante in massello, rendendole vecchie, rapprese e marce.
“Credo che i nostri amici mongoli pensassero di aver fatto un buon lavoro con la trappola dell'acqua, non preoccupandosi di rinforzare la porta,” ritenne Lara toccando il legno.
“Me ne occuperò io,” si propose Nate spostando da parte la compagna, poi, con un calcio ben mirato, fece schizzare l’anta malconcia dai cardini, facendola atterrare sul pavimento con un tonfo sordo. La polvere turbinò in aria, riempiendo tutta la visuale, ed il cumulo era così denso che il fascio della torcia non fu abbastanza intenso per oltrepassarla.
“Bene,” disse Lara agitando una mano davanti al viso per scacciare la polvere. Dovette tossire appena entrò, trovando alcune torce sul muro che accese, una dopo l'altra. “Benvenuti nel luogo di riposo di Chagatai.”
La vista mozzafiato la fermò. Era anni che lo desiderava, e ora si trovava nella tomba del figlio di Gengis Khan, a un passo dal raggiungere il diario. Il suo sguardo correva intorno alla stanza e analizzava ogni dettaglio, ma doveva stare attenta a non rivelare il suo obiettivo finale. Così, seguì il protocollo ed elargì un sorriso. Non che le fosse costato molto farlo.
La bara di pietra di Chagatai era situata in mezzo alla stanza, circondata da statue di soldati di fattezze molteplici che brandivano armi bianche, ognuna diversa dall’altra. I mongoli avevano come rito funebre quello di preparare i morti alla battaglia, contrariamente agli egiziani che li predisponevano per la vita eterna. Casse piene di armamenti erano state accostate lungo il muro, ed una scultura a grandezza naturale di un cavallo d'oro in fondo alla stanza sostava calmo, rilassato, come in attesa che il suo cavaliere lo cavalcasse.
Lara si diresse alla bara, lasciando che le sue dita scorressero ammaliate sull’altorilievo del ritratto di Chagatai. Il volto, l'armatura... era lui, senza dubbio.
“Incredibile,” disse Nate, dirigendosi subito alle casse piene d'oro all’altro lato della stanza. I mongoli avevano conquistato enormi territori pieni di ricchezze quando il loro impero era al culmine dello splendore. “Ora sì che si ragiona!” esclamò afferrando un coltello decorato con gemme. “Questo aiuterà Sully a dimenticare il pugnale che non ha vinto all’asta.”
“Ne sono contenta,” disse Lara, ma non lo ascoltava per davvero. Una sola cosa le passava per la testa: il diario che le avrebbe svelato l'ubicazione di una tomba molto più grande e importante: quella di Gengis Khan. Esaminò di nuovo la bara, ma non vi trovò alcun nascondiglio. Quando cercò di spostare il coperchio e ne sentì il peso, poté solo sperare che il diario non fosse all’interno. Avanzando nella stanza, sentì Nate parlare in sottofondo di Sully e di qualche tesoro, ma non vi prestò attenzione. Finché il compagno era occupato con l’oro, aveva tutto il tempo di guardarsi intorno. Per mantenere le apparenze prese una coppa d'oro, la ispezionò ma la trovò molto meno eccitante del libricino consumato che stava cercando. Scattò alcune foto e proseguì. Nell'angolo più in fondo notò qualcosa di insolito, una scrivania riccamente intagliata con sopra delle vecchie mappe srotolate. Non osò toccarle, ma le trovò affascinanti. Quei pezzi di carta valevano da soli una fortuna incommensurabile. Con attenzione, li scostò leggermente e osservò la scrivania, alzando lo sguardo di tanto in tanto per vedere cosa stava facendo Nate. Si chinò, fece scorrere le dita lungo i bordi ma non trovò nulla. Niente da spingere, niente da spostare, nessuna apertura segreta. Il diario doveva essere lì, pensò, e trovò sempre più intrigante che il piano del tavolo fosse così spesso. Insolitamente spesso. Si inginocchiò per controllare la parte inferiore.
Niente.
Il diario doveva essere lì. Lo sentiva nelle sue viscere.
Dopo altri dieci minuti di ricerca infruttuosa, in procinto di arrendersi, lasciò cadere accidentalmente un vassoio d'oro, e fu lì che ebbe la soluzione. Come in uno specchio, vide riflesso il lato inferiore della scrivania, e su di esso una piccola macchia che non aveva notato prima. Ci adagiò la punta del coltello e lo spinse dentro, ed una piccola parte della superficie della scrivania si aprì con uno scatto.
Alzò la testa e controllò Nate, ma lui era ancora impegnato con il ritrovamento.
L’emozione le provocò la pelle d’oca, e dopo aver aperto il coperchio vide un piccolo libretto rilegato in pelle.
“Chi si vede,” sussurrò, non trovando parole migliori. L'impulso di aprirlo proprio lì e di trovare le informazioni di cui aveva bisogno la investì, ma si costrinse a calmarsi e affondò il libretto nel suo zaino.
“Ehi, perché passi il tempo là dietro?”
Lara rimise il coperchio al suo posto. “Stavo guardando queste vecchie mappe. Sono magnifiche.”
“Davvero guardi quella vecchia robaccia quando hai tutto questo tesoro attorno a te?” chiese Nathan lanciandole uno sguardo incredulo. “Guarda questo,” soggiunse raccogliendo un oggetto rotondo e dorato che suscitò l'interesse di Lara. Non aveva mai visto niente del genere. “Per sicurezza lo porterò con me,” soggiunse l’avventuriero nascondendolo nella camicia.
Lara si avvicinò, infilò due oggetti a portata di mano nella borsa non riuscendo a trattenersi dal sorridere come una stupida scolaretta. Servivano a coprire le spese dell’elicottero che era stato fatto saltare in aria. Era per una giusta causa.
“Non possiamo prendere tutto adesso. Manderò qualcuno per il resto,” suggerì Lara. “Non preoccuparti, avrai la tua parte come avevamo concordato. Mantengo le mie promesse.”
Nathan si avvicinò e le porse la mano. “Non mi preoccupavo di questo,” ammise sorridendole non appena Lara ricambiò la mano. “Abbiamo fatto un buon lavoro.”
“Sì,” riuscì a dire la ragazza. “Un buon lavoro. Manda i miei saluti a Sully.”
“Lo farò senz’altro.”
Quando Lara lasciò la presa, Nathan prese un altro pugnale al volo e si diresse alla porta. “Spero che ci vedremo presto, Lady Croft.”
“Chissà,” disse, incerta su ciò che provava in quel momento.

***

3 giorni dopo, maniero dei Croft

Dopo essere entrata nel suo maniero, Lara si diresse come prima cosa alla sala dei computer. Gettò il suo zaino su una sedia e si buttò sul divano.
“Buongiorno anche a te,” disse Bryce lanciandole un'occhiata di traverso. “Com'è stato il viaggio di ritorno a casa?”
Lara sorrise. Sapeva che la cortesia non era una delle sue forze quando era eccitata per una nuova scoperta, e lo sapeva anche Bryce. Il quale continuò a battere a macchina sulla tastiera come se non fosse successo nulla.
Hilary apparve sulla porta con in mano un vassoio pieno di prelibatezze.
“Bentornata a casa, Lady Croft. Hai fatto buon viaggio?”
“Salve, Hilary. È stato molto piacevole, grazie.”
Il vassoio le fu messo accanto, e Lara prese qualche boccone. “Vedo che qui non è cambiato nulla.”
Quando Hilary fu in procinto di posare una bottiglia d’acqua sulla scrivania del computer, per la mancanza di rispetto che qualche macchina potesse andare in corto circuito, Bryce gli lanciò uno sguardo così torvo che Lara dovette ridere. “Sì, non era cambiato davvero niente.”
“Com'è andata?” chiese Bryce dopo essere riuscito a dissuadere Hilary dall'usare la sua scrivania come tavolo di servizio. “A giudicare dall'espressione del tuo viso, hai ottenuto quello che volevi.”
“Mi conosci bene,” disse Lara. Il che era una buona cosa, pensò. Poteva fidarsi di loro, sapeva cosa aspettarsi e non l'avevano mai delusa. Sarebbe stato sbagliato aggiungere un altro membro alla sua lista esigua di persone cui si fidava?
“Fammi vedere,” disse Bryce con la stessa eccitazione negli occhi che Lara aveva visto su quelli di Nate.
La ragazza prese lo zaino, recuperò un calice d'oro e la statuetta di un guerriero. Erano pezzi eccezionali, bellissimi e valevano una fortuna, ma nessuno dei due uomini sprecò più di un’occhiata su quei reperti. Aspettarono con impazienza il libretto consumato.
“Allora, è tutto qui?" sussurrò Bryce, e fu allora che Lara mise il diario sulla scrivania. Nessuno osò toccarlo per una lunga manciata di secondi, fissandolo con la paura irrazionale che potesse dissolversi nel nulla.
“Prego,” disse Lara.
A quelle parole, Bryce avvicinò la mano e aprì il diario. Era in condizioni sorprendentemente buone, il nascondiglio deve averlo salvato dall'inevitabile distruzione del tempo. Voltò una pagina, poi un'altra, completamente rapito dalla lettura. “Ci vorrà un po' di tempo per tradurlo.”
L'intero diario era stato scritto in caratteri dell'antica Mongolia, l'unica scrittura in ideogrammi verticali che doveva essere letta da sinistra a destra. Nonostante Lara avesse imparato molte lingue, sfortunatamente il mongolo antico non rientrava tra queste.
“Non perdiamo tempo, allora.”
Bryce avvicinò a sé il diario. “E Drake?”
“Drake? Ci siamo salutati e lui è tornato negli Stati Uniti. Avrà la sua parte come da accordi. Siamo entrambi soddisfatti del risultato, cosa possiamo desiderare di più?”
“Quindi sei riuscita a nascondergli il diario?”
“Avevi dubbi a riguardo?” chiede Lara. Prese di nuovo lo zaino e si avvicinò alla parete di vetro. "Drake non ha niente a che fare con questo. Ha la sua parte, e Gengis Khan è solo mio.”
Se ne andò, lasciando i due uomini con il diario.

***

Una settimana dopo

Lara non riusciva a dormire. Alle 4 del mattino, sdraiata sul suo letto matrimoniale, fissava il soffitto in silenzio. Non perché il letto non fosse comodo: essere di nuovo a casa per qualche giorno le piaceva molto, ma la voglia di rincorrere la tomba di Gengis Kahn la ossessionava più che mai. Casa dolce casa, pensò ironicamente dimenandosi sotto il lenzuolo.
Arresa all’insonnia e dopo aver indossato un paio di pantaloni, scese le scale e vide Bryce ancora seduto al computer. La luce bluastra gli illuminava il viso stanco, riuscendo a stento a tenere gli occhi aperti.
La traduzione del diario era in corso da giorni.
Bryce aveva digitalizzato le pagine e caricate in un software che gli avrebbe dato una traduzione approssimativa, ma erano i dettagli il vero problema da risolvere. Non esistevano molti i libri che trattavano i simboli degli antichi mongoli.
Lara si chiese a cosa servisse che Bryce rimanesse seduto a guardare la striscia arancione avanzare lentamente verso il 100%. Odiava dover aspettare. Sedersi in attesa a non fare nulla, attendendo le informazioni nascoste di quel maledetto diario.
Sperando di poter iniziare presto uno dei viaggi più importanti della sua vita, Lara tornò al suo programma di allenamento. Non poteva permettersi momenti di debolezza come in Thailandia. Un solo attimo di esitazione poteva portare al fallimento.
Iniziò con semplici flessioni, poi continuò con alcune mosse di ginnastica leggera, infine passò al suo percorso di allenamento. Si trovava in equilibrio in cima a una colonna di diversi metri di altezza quando Bryce sfondò la porta della palestra. “Lara! Ce l’ho fatta!”
Il tecnico dei computer si bloccò sotto la soglia della porta per cercarla con lo sguardo, non pensando di guardare verso l'alto. Presa alla sprovvista dalla voce squillante e improvvisa dell’amico, Lara si deconcentrò, oscillò su un piede solo e, prima di perdere l'equilibrio, saltò giù, afferrò un'asta di metallo e ci girò intorno due volte. Quando lasciò la presa, atterrò sul pendio scivolando giù con grazia proprio davanti a Bryce.
“Wow,” si complimentò scorrendo gli occhi su di lei. “Ti sei alzata presto.”
“Chi dorme non piglia pesci,” disse Lara prendendo un asciugamano bianco per asciugarsi il sudore dalla fronte. “Cos’è che hai detto prima?”
“Niente di che, volevo sapere come vuoi le uova per colazione. E nel mentre, potresti sfogliare qualche rivista, o il Post, o magari il diario mongolo che ho appena finito di tradurre.”
Lara ebbe bisogno di alcuni secondi per afferrare le ultime parole, poi gettò l’asciugamano a terra. “Hai pronta la traduzione?”
“Sì, credo di sì. Se ancora ti interessa.”
“Molto divertente.”
Lo prese per il braccio e lo tirò con sé.

***

“Questo sì che è interessante,” disse Lara leggendo il testo sul monitor. “La tomba potrebbe essere così lontana? Come hanno potuto tenere segreta un'impresa del genere? Incredibile.”
Continuò a leggere con attenzione, poi puntò il dito contro lo schermo. “Qui dice che hanno marciato per quaranta giorni e quaranta notti. Se elaboriamo i dettagli, possiamo seguire il loro percorso verso la tomba.” Tirò fuori un cassetto e cercò una mappa.
“Aspetta,” s’intromise Bryce. “Qui scrivono qualcosa su una grande acqua. Non mi pare che i mongoli viaggiassero per mare.”
“Anche per me è una novità,” concordò Lara srotolando la mappa dell’Asia. “Secondo la descrizione, non è stato un lungo viaggio in nave. Quindi la destinazione deve essere stata una delle piccole isole vicine.”
“Non così piccola. Guarda quanto a lungo hanno marciato in seguito.”
Con pazienza, raccolsero i pezzi importanti del testo, mettendo insieme ogni parte per tracciare la rotta. Passò una giornata intera senza che neanche se ne accorgessero. Hilary veniva di tanto in tanto, portando per loro qualcosa da mangiare o da bere, ma i due non sembravano nemmeno accorgersi di quello che si mettevano in bocca. Avrebbe potuto dar loro un panno lustrascarpe e non avrebbe fatto differenza.
Lara si chinò sulla carta geografica e, con una penna in mano, cercò di disegnare il percorso dei mongoli. La mappa era piena di linee, cerchi e altri segni che rappresentavano le possibili tappe del viaggio. Con un righello collegò i punti, misurò la distanza, poi inserì i dati nel computer e lasciò che calcolasse il percorso per loro. A un certo punto, nel cuore della notte, Lara si raddrizzò.
“Deve essere qui,” affermò con l’indice teso su un punto verde. “Sri Lanka.”
Bryce sbadigliò e si strofinò gli occhi. “Sei tu l'esperta. Se dici che è lo Sri Lanka deve essere lo Sri Lanka.”
“Non può essere nessun altro posto. Tutto quadra,” ripeté cercando di convincere se stessa tanto quanto lui.
“Sì, sembra proprio così. Se non abbiamo fatto errori lungo la strada, gli indizi conducono allo Sri Lanka. E non ne abbiamo fatti.”
“Lo spero proprio,” mormorò Lara sospirando, troppo stanca per sentirsi felice. “Una cosa però mi disturba. La conclusione del testo riguardo la tomba di Temüjin. Che cosa significa? Dopodiché il disco solare chiuse l'ingresso e scomparve. Nessuno disturberà più il Khan prima che il sole sorga nuovamente.”
Lara si versò un bicchiere d'acqua e lo bevve.
“Cosa ne pensi?” chiese Bryce.
“Ho un brutto presentimento. Cos'è questo sole? Perché non ci sono altri testi nel diario che lo riguardano? Non voglio finire di nuovo in un vicolo cieco com’è successo anni fa,” disse la ragazza massaggiandosi gli occhi stanchi. “Forse intende il sole vero e proprio?"
Bryce fece spallucce con un'espressione impotente sul viso. “Posso vedere cosa riesco a trovare su internet.”
“Ci deve essere un motivo per chiamarlo sole,” continuò Lara come se non l'avesse sentito. “Temo che sarà un qualcosa di necessario per entrare nella tomba. Ma di che si tratterà?”
Strinse la mano dietro la schiena e percorse avanti e indietro la stanza. Quando guardò l'orologio ebbe un déja vu: erano le 4 del mattino. La sua mente si agitava, i pensieri si confondevano, e poteva solo sperare che la soluzione non le avrebbe portato via altri tre anni.

***

Trascorse un’altra settimana senza successo, nonostante passassero ogni minuto davanti al computer. Lara aveva letto la traduzione un migliaio di volte, ne conosceva a memoria ogni parola. Mancava qualcosa, lo sapeva, ma non riusciva a capire cosa.
Avevano provato di tutto. Possibili metafore del sole, tutti i sinonimi, altri significati, storie collegate, miti, leggende, fiabe. E non era servito a nulla. Lara arrivò quasi al punto di arrendersi.
“Non posso crederci. Sto per diventare matta,” mormorò Lara coprendosi il viso con le mani e alzando la testa verso il soffitto come per pregare un dio. O forse maledirlo.
“Pazienta, Lara. È passata solo una settimana.”
“Una settimana e non stiamo andando da nessuna parte. Non c'è nessun indizio, nessun riferimento, niente, a parte che quel maledetto sole.”
Lara afferrò una pallina di gomma e la strinse nella mano.
“Ok. Ricominciamo da capo. Cosa sappiamo del sole?”
Ne avevano discusso una dozzina di volte, ma le serviva un'angolazione diversa. Qualcos'altro a cui non avevano ancora pensato.
Anche Bryce fissò il soffitto. “Il sole è rotondo, giallo e splendente,” disse col tono di uno studente annoiato che cantilenava i suoi compiti.
“Sì, sì,” disse Lara andando di nuovo in su
e in giù per la stanza, senza ascoltare. Poi si fermò. “Che cosa ha detto?”
“Niente,” rispose Bryce facendo cenno con una mano. “Stavo solo scherzando.”
“No, no. Ripetilo.”
“Ho solo detto che è rotondo, giallo e splendente. Roba da scuola elementare.”
Lara scioccò le dita. “Esattamente,” disse ed il suo cervello funzionò di nuovo a pieno regime. “E cos'altro è giallo e lucido” chiese arcuando le sopracciglia.
“L'oro…” rifletté Bryce sedendosi. “Hai dannatamente ragione, è oro,” ripeté calmando un po’ il suo entusiasmo. “Ma già sospettavamo che fosse un oggetto, questo non ci aiuta tanto, a parte che è d’oro? Un sole dorato?”
“Un sole dorato,” ripeté Lara e man mano un’immagine riaffiorò nella sua mente. Oro, rotondo, lucido. Un sole dorato. “Maledizione. So cos'è.”
Dev'essere così, pensò Lara invasa dall’eccitazione. Ricordò Nathan Drake nella tomba di Chagatai che teneva in mano un oggetto d'oro. Un disco rotondo, lucido, che non aveva mai visto prima. Chagatai aveva custodito la chiave della tomba di suo padre.
“Drake,” sussurrò Lara.
Bryce alzò la fronte all'improvviso cambio di argomento. “Che c’entra lui?”
“Drake ha il disco solare.”
“Che vuoi dire? Come può averlo?”
“Era nella tomba di Chagatai. Dannazione. L'ho visto mentre lo prendeva. Era… un oggetto importante, e neppure lo sapevo,” disse sconfortata Lara. Prese il diario e lo chiuse nella cassaforte a muro. “Abbiamo una missione: devo recuperare quel disco.”
   
 
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