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Autore: SkyDream    03/10/2020    2 recensioni
Dopo la sconfitta del Padre, Roy e Riza continuano a lavorare per fondare Nuova Ishval e riportare Amestris alla pace.
A seguito degli eventi del Giorno della Promessa, i due cominciano ad avvicinarsi e a diventare sempre più intimi. Roy è sempre stato molto protettivo nei suoi confronti, ora anche un po' geloso, per questo non può fare a meno di andare su tutte le furie quando un nuovo Generale tenta di portarla via da lui.
Peccato che le cose non siano così semplici e che i pericoli sembrano non smettere mai.
-
Dal testo:Sapeva di non poter fuggire da lì, non sarebbe nemmeno riuscita a far fuori quei tre che la seguivano, inoltre ne mancava ancora uno all’appello. Era sicura di aver visto un terzo scagnozzo.
Afferrò un fucile e si arrampicò sul secondo piano del letto, ebbe il tempo di premere quattro volte il grilletto fuori dalla finestra prima che una lama le si conficcasse su un polpaccio.
«Ottimo, mi mancava solo il tuo sangue, Howkeye».
Era arrivato
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ Promessa di Fuoco ~


Il colpo della pistola rimbombò per tutta la stanza buia, colpendo nell’avambraccio Force. Quello lasciò cadere per terra la carta con il sangue di Roy prelevato dal coltello, con uno stramazzo si sdraiò sulle mattonelle fredde.
Riza tremava ancora con la pistola tra le mani.
«L’ho ucciso?» Chiese con gli occhi sgranati, sentiva i denti battere. Aveva ucciso un uomo. Di nuovo.
Roy si alzò a fatica in piedi, il dolore era cessato ma gli aveva lasciato addosso uno strascico di sofferenza. Si avvicinò a Force e vide che uno dei primi due proiettili lo aveva colpito solo di striscio, sanguinava da una gamba e ora anche da un braccio.
Si avvicinò, gli strappò un lembo dai pantaloni e lo divise in due prima di avvolgerlo sulle ferite.
Riza rimase a bocca aperta mentre osservava il Generale medicare un suo nemico - che avrebbe volentieri fatto fuori fino a poco prima -.
«Non morirà, ma rimarrà di certo buono per un po’.» Roy le sorrise, in mezzo a quell’inferno di fiamme, sangue e urla che si era consumato attorno a loro, Roy sorrideva.
Un rumore di passi pesanti e voci li fecero sussultare, Riza riconobbe solo la voce di Fury e Falman.
«Devono essere arrivati i ragazzi, sono riuscito ad avvertirli prima di entrare qui.» Spiegò velocemente Roy facendo per andargli in contro, poi si fermò un momento a guardare Riza. La donna sembrava stringersi a quella camicia che le copriva solo il petto con immenso disagio.
«Sta’ tranquilla, ti porteremo in ospedale per farti medicare».
«Non voglio andarci. Non voglio che vedano cosa sono.» Riza si voltò dall’altro lato per non guardare il viso dell’uomo, vi avrebbe letto della compassione e non voleva accettarlo. Si morse un labbro.
La schiena le era stata deturpata da suo padre con quel cerchio quando era ancora una ragazzina, Roy poi le aveva reso illeggibile il cerchio e ora Force non solo le aveva riportato alla luce la parte di cerchio non visibile, ma aveva ustionato anche il resto del tatuaggio facendogli passare dell’energia alchemica dentro.
Sentì gli occhi pizzicare ma si impose di non piangere, non davanti un suo superiore e non in quel momento in cui sarebbero arrivati anche gli altri Tenenti. Non poteva permetterselo.
Qualcosa le si posò sulle spalle, era caldo.
«So che ti fa male sentire la stoffa sull’ustione, ma cerca di resistere.» Roy si era tolto la giacca e ora le sorrideva con solo la sua camicia bianca messa.
Riza si sforzò di sorridere di rimando e si strinse a quella divisa come se fosse la cosa più preziosa.
Entrarono alcuni soldati capitanati proprio da Falman e Fury. Roy diede loro delle istruzioni prima di avvicinarsi a Riza e farle segno di alzarsi, quando furono soli tra i corridoi - dopo essersi accertato di essere realmente soli - si concesse il lusso di prenderle la mano. Riza a stento camminava, ma non avrebbe accettato di certo di essere portata in spalla o, peggio ancora, in braccio.
Roy rise pensando alla sfuriata che gli avrebbe fatto.
«Dobbiamo chiamare qualcuno per quelle ferite, è inutile che fai tanto la dura, le ho viste. E -» Roy si morse la lingua per non parlare a sproposito.
«E?» Chiese l’altra rivolgendosi verso di lui.
«E avrei tanto voluto prenderli a pugni ancora, ma sapevo che avevi l’ultimo colpo in canna e che avresti fatto la cosa giusta.» Roy sapeva bene che Riza non gli avrebbe sparato immediatamente, prima avrebbe cercato in tutti i modi di riportarlo alla luce della ragione.
L’altra gli strinse la mano ancora tremando. Non aveva proprio voglia di far vedere il suo segreto a nessun altro. Già in troppi ne erano a conoscenza.
«Knocks, va bene?» Le chiese il Generale mentre la faceva accomodare nella sua auto.
«Vuoi farmi visitare da Knocks? A casa sua?» Riza non aveva proprio pensato al dottore, sarebbe stato un buon compromesso. Di lui si ci poteva fidare.
«No, lo chiamerò da casa mia. Potrà visitarti lì, non preoccuparti per la notte, ho un divano in soggiorno, io dormirò lì.» Roy mise in moto e si concentrò sulla strada.
«Non c’è bisogno di tanto disturbo, dopo la visita posso tornare a casa mia, non c’è alcun problema e poi ho lasciato…».
«Ho dato io i croccantini e l’acqua a Black Hayate. E comunque non voglio che tu stanotte rimanga da sola, sono ordini da un superiore, vedi di rispettarli!» Roy arrossì. Non era da lui dare ordini a Riza, ormai vivevano praticamente in simbiosi.
«Hai visto Black Hayate?» La donna sollevò un sopracciglio, confusa.
Roy pensò alla maniglia sciolta che doveva ripagarle.
«Diciamo che ho dei debiti nei tuoi confronti, ma questa è un’altra storia.
-
«E’ un’alterazione cellulare alchemica, non si risolverà dall’oggi al domani. Dovrà avere pazienza e mettere spesso questo unguento, si prenda qualche giorno di assoluto riposo, le farà bene. E non dimentichi le pillole che le ho dato per le infezioni!» Knocks richiuse la valigetta con gli strumenti del mestiere. Aveva appena finito di medicare Riza e le aveva fasciato tutto il torace con delle ampie garze.
La donna si osservò allo specchio posto di fronte al letto. Anche se senza maglietta, finalmente era totalmente coperta sia davanti che dietro.
Sospirò sollevata.
Knocks richiuse la porta della stanza e chiamò a sé il Generale.
«Il Maggiore Hawkeye è davvero resistente, non so come abbia fatto a rimanere cosciente con quelle ustioni profonde. Molto probabilmente le verrà la febbre, anche se mi ha detto che abita da sola con il suo cane, non so come farà.» Knocks esternò le sue preoccupazioni prima di infilare il cappotto e uscire.
«Non si preoccupi, troverò personalmente qualcuno che si possa occupare del Maggiore. Non lascerò certo che i miei sottoposti rimangano in difficoltà!» Roy gli strinse la mano per ringraziarlo ancora prima di vederlo sparire lungo le scale.
Quella mattina, mai si sarebbe immaginato di ritrovarsi Riza stesa sul suo letto. No, non l’avrebbe lasciata sola.
Entrò in camera dopo aver bussato, Riza stava sdraiata su un fianco e gli dava le spalle, vederla ricoperta di bende profumate alle erbe gli fece sentire un colpo allo stomaco.
«Come ti senti?» Le chiese sedendosi dall’altro lato del letto e cercando i suoi occhi. Riza fissava il tramonto oltre la finestra.
«Sto bene, questa roba fa un po’ il solletico.» Rispose continuando a fissare il cielo. Avrebbe voluto piangere, sentiva la carne lacerarsi e cominciava a sentire davvero freddo.
«Hai gli occhi lucidi, forse ti sta salendo la febbre. Infilati sotto le lenzuola.» Roy le aveva già prestato dei pantaloni puliti per cui non si fece problemi e le gettò sulle gambe un paio di coperte per poi sistemarle meticolosamente.
Riza arrossì nel vederlo così premuroso nei suoi confronti.
«So che non dovrei chiedertelo, - cominciò lui mentre stirava il tutto - ma cosa ne diresti di passare questi giorni qui? Posso portarti anche Black, ovviamente. Non lo saprà nessuno ma saperti qui mi farà stare più tranquillo, chiederò di lavorare per mezza giornata per domani e dopodomani, almeno finchè non ti riprendi».
Roy aveva assunto lo stesso colore del tramonto mentre glielo diceva, deglutì a vuoto.
«Non c’è bisogno di così tanto disturbo, Roy, posso anche cavarmela da sola.» Riza socchiuse gli occhi, accolta da quel calore e con il suo Generale sdraiato a fianco, si sentiva talmente al sicuro che il suo corpo stava abbandonando la scarica di adrenalina che fino a quel momento l’aveva tenuta in piedi.
«Riza, se hai bisogno di me io voglio esserci.» Roy pensò che quella era proprio l’occasione che aspettava per poterla abbracciare, ma temeva di ferirla. Le prese una mano invitandola a poggiarsi sul suo petto.
Il cuore gli batteva all’impazzata eppure, si disse, sembrava la cosa più naturale del mondo.
Avrebbe voluto svegliarsi tutte le mattine con quella massa di capelli biondi sul petto.
«Ci sei sempre stato, Roy. Non ricordo volta in cui avevo bisogno di te e non c’eri.» Riza cominciò a respirare un po’ più profondamente, segno che la temperatura stava continuando a salire e che presto si sarebbe addormentata.
«Voglio continuare così per tutta la vita, Riza. Ti chiedo solo di aspettarmi.» Roy chiuse gli occhi e portò una mano sulla fronte della ragazza. Scottava.
«Aspettare cosa?» Le sue parole erano ormai un sussurro.
«Che io diventi Comandante. Quando lo sarò, nessuno potrà dirmi chi devo o non devo avere accanto. Fonderò una Nuova Ishval e una nuova Amestris sulla libertà, e voglio avere la libertà di averti vicino sia in divisa che non, Riza. Mi aspetterai?».
L’altra sorrise come a prenderlo in giro, segno -a detta di Roy - che non dovesse poi stare così male.
«Certo che ti aspetterò. L’ho fatto finora.» Fu la risposta prima di chiudere gli occhi e lasciarsi andare al sonno. Dopo qualche secondo però sembrò ridestarsi, si sollevò appena.
Il Generale si spostò leggermente per poterla guardare in viso, in quegli occhi lucidi e le guance rosse.
«Roy, perché non hai mai attivato il mio cerchio? Quando ti ho mostrato il tatuaggio io pensavo che tu avessi fatto tutto quello che dovevi».
L’uomo si prese la libertà di carezzarle la testa e i lunghi capelli.
«Sapevo che se avessi messo dell’energia alchemica nel tuo cerchio completo, probabilmente ti avrebbe lacerato la carne. Siamo esseri umani, Riza, e pretendere di fonderci con l’alchimia và contro ogni legge morale, proprio come la trasmutazione. Leggerlo soltanto mi ha dato modo di scoprire il segreto sulla stoffa d’accensione, non avevo bisogno di ulteriori informazioni, e anche se attivare il cerchio avrebbe significato avere più poteri non mi importava. Tutto qui.» Roy sospirò. Sperava che non lo avrebbe mai scoperto, e soprattutto non sulla sua pelle.
«Già da allora?» Gli chiese stringendosi al suo petto caldo.
« Ti avevo promesso che ti avrei protetta, no? Che non ti avrei fatta soffrire, e le promesse di fuoco si mantengono sempre».
Riza si addormentò con il sorriso stampato sul volto. Roy avrebbe voluto rimanere lì per tutta la notte, ma si disse che se davvero voleva dimostrarle le sue intenzioni, si sarebbe preso cura di lei sul serio.
Si alzò cercando di non disturbarla e con degli asciugamani umidi le circondò la fronte, solo quando si fu accertato che la febbre fosse scesa, uscì rapidamente per andare a prendere Black Hayate.
Sulla strada del ritorno, mentre litigava con il guinzaglio del cane che continuava a passeggiare allegro, una macchina scura si accostò al marciapiede.
«Buonasera Generale Mustang!» Havoc scese il finestrino e si sporse con la sigaretta arpionata alle dita.
«Jean! Mi hai fatto prendere uno spavento. Com’è andato il rientro?» Roy continuava a trattenere il cane che invece spingeva per spostarsi verso avanti.
«Siamo riusciti a metterli al fresco e a quanto pare se la vedranno con il Comandante Grumman in persona. Pare abbia una strana simpatia per il Maggiore Hawkeye.» Havoc si lisciò la barbetta con aria pensierosa.
«Non importa, domani mattina vedrò io stesso di andare a scambiare quattro chiacchiere con loro, non hanno ancora pagato il giusto prezzo per quello che hanno fatto!» Roy strinse i pugni fino a sentire le unghie contro i palmi delle mani. La tensione non era ancora calmata e continuava a provare una profonda voglia di farli a fette.
«Come sta lei piuttosto?».
«Parli di Riza? Non molto bene, le hanno -» Roy sussultò. Non poteva tradire così la fiducia della donna e raccontare tutto. Si morse la lingua.
«Okay, okay, c’è qualcosa che non vuoi dirmi. Non fa nulla, un medico l’ha controllata?».
«S-sì, ho chiamato Knocks in persona e le ha dato dei farmaci e l’ha medicata. Spero rimanga a casa un paio di giorni, almeno il tempo di ristabilirsi».
Havoc scoppiò in una fragorosa risata, dovette togliere la sigaretta dalle labbra e asciugarsi le lacrime prima di rispondere.
«E’ interessante notare come tu non abbia specificato in quale casa e, visto che stai portando via Black Hayate, credo si tratti proprio di casa tua! A quanto pare non ho fatto male a portarti questi.» L’uomo uscì dei fogli da compilare e li passò all’altro, Roy era arrossito fino alla punta delle orecchie e borbottò qualcosa mentre dava un’occhiata.
Erano delle richieste di congedo per malattia. Inarcò un sopracciglio.
«D’altronde siete stati coinvolti entrambi, nessuno si stupirà né si farà problemi se richiederete qualche giorno di riposo. Anche se, conoscendo il Maggiore, tornerebbe in ufficio domattina stesso».
Roy non potè fare a meno di accennare ad un sorriso, Havoc oltre ad essere un sottoposto era davvero un ottimo amico, degno della sua più totale fiducia.
«Grazie».
I due si diedero un piccolo pugno a vicenda prima di salutarsi inoltre, prima di rimettere in moto, Havoc fece una battutina sull’utilizzo di protezioni per evitare inconvenienti. Per tutta risposta Roy e Black Hayate urlarono qualcosa contro di lui.
 
Il Generale si rimise sui suoi passi, entrò in casa e poi in camera, facendo segno al cucciolo di non fare troppo rumore.
Riza dormiva profondamente nel suo letto, si avvicinò per rimboccarle le coperte e metterle una mano sulla fronte. Le medicine cominciavano a fare effetto.
Roy si perse a guardare quel viso candido e rilassato, sembrava una normalissima ragazza indifesa eppure, pensò, aveva vissuto al suo fianco le pene dell’Inferno che non avrebbero mai smesso di perseguitarli.
Ma si sa, i pesi sono più leggeri se si portano in due.
Le afferrò una mano dolcemente e, mentre si sdraiava al suo fianco, immaginò una vita intera con lei. Con dei bambini.
Ascoltando il suo respiro caldo sul suo petto finalmente, dopo giorni, riuscì a dormire.
   
 
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