One by one
Bloody hands, we're going slow
Tight dark shafts, that's all we know
One by one we're going down
To light the fuse to build our town
In the dark we slave away
To see the light at the end of day
One by one we're going down…
(“One by one” – Moonsun)
Re Alfred era
sinceramente preoccupato per quanto stava accadendo in quei giorni nel suo Paese:
aveva ricevuto la spiacevolissima notizia che l’esercito di Re Harald si stava
avvicinando al Wessex per razziarlo e lui avrebbe dovuto organizzare le difese,
sperando che veramente i vichinghi ai quali aveva offerto generosa ospitalità
rispettassero l’accordo e fossero disposti a combattere contro la loro stessa
gente. Inoltre era in ansia per suo fratello Aethelred, scomparso nel nulla
ormai da qualche giorno. Cosa poteva essergli successo? Sapeva quello che si
diceva in giro, ossia che Aethelred era fuggito perché era stata scoperta la
sua complicità in una cospirazione per ucciderlo, ma Alfred non credeva
assolutamente a una simile calunnia, sebbene il vescovo Heahmund e la Regina
stessa ne sembrassero convinti. Suo fratello gli era affezionato e non avrebbe
mai partecipato a un piano per ucciderlo, sua madre e il vescovo potevano dire
quello che volevano!
E, in effetti, Alfred
faceva bene ad aver fiducia nel fratello. Aethelred, sulle prime, era stato
realmente tentato dall’idea della cospirazione e aveva partecipato ad un
incontro con i nobili che volevano liberarsi del Re (il famoso incontro dopo il
quale era stato catturato dai vichinghi, imparando ben presto a rivedere le sue
priorità…). Credeva, infatti, che i nobili volessero unirsi per costringere
Alfred a rinunciare alla corona in suo favore e la cosa non gli sarebbe
dispiaciuta. Quando, però, aveva compreso che i congiurati volevano estirpare
il problema alla radice e quindi far fuori il Re, la Regina e il vescovo
Heahmund, ne era rimasto sconvolto e aveva rifiutato di prendere parte a una
simile atrocità (se si fosse trattato solo di Heahmund, magari, avrebbe anche
potuto farci un pensierino…). Nonostante tutto, Aethelred amava suo fratello e
non avrebbe lasciato che gli facessero del male.
Dunque il giovane Re
del Wessex aveva tante cose a cui pensare e pochissimo tempo per farlo, perché
la minaccia dell’esercito di Harald incombeva. Così convocò il Consiglio (sì,
proprio con quei nobili che avrebbero voluto ucciderlo e che, scornati, si
ritrovarono a doverlo appoggiare nelle sue decisioni…) e dichiarò che si
sarebbe messo personalmente a capo dell’esercito per respingere gli invasori,
con al suo fianco i vichinghi che avevano accettato di allearsi con lui in
cambio della concessione delle terre dell’Anglia Orientale.
Concluso il
Consiglio, Alfred pensò che avrebbe tanto desiderato avere Aethelred al suo
fianco in un momento come quello, che il fratello, abile guerriero e stratega
molto più di quanto lui non fosse, lo avrebbe aiutato… e invece chissà dov’era.
Possibile che fosse stato lo stesso vescovo Heahmund a farlo sparire,
ritenendolo colpevole di tradimento? Alfred aveva sempre avuto molta fiducia in
lui, ma in quei giorni aveva iniziato a dubitare, vista l’acrimonia e la
convinzione con le quali si ostinava a ripetere che Aethelred era scappato
perché coinvolto nella congiura per uccidere il Re.
Ad ogni modo non era
quello il momento di pensarci né, tanto meno, di inimicarsi Heahmund: al
contrario, dovevano essere tutti uniti, i Sassoni e i vichinghi, per respingere
l’esercito invasore di Harald. A quel proposito, anzi, gli restava una cosa da
fare: se Aethelred non c’era, doveva essere lui a guidare l’esercito sassone in
battaglia, e magari sarebbe stato utile che avesse imparato a cavarsela nel
combattimento!
“Ubbe” disse, rivolto
al vichingo. “Avrei un favore molto importante da chiederti…”
***
*** ***
Aethelred,
ovviamente, non aveva potuto partecipare al Consiglio ed era ancora rinchiuso
nella casa di Bjorn e degli altri, sorvegliato (più o meno) da Hvitserk. Era
stato agitato per tutto il tempo, domandandosi che cosa sarebbe accaduto.
Sapeva che i nobili avevano organizzato la congiura proprio per quel giorno: e
se avessero deciso di portarla avanti nonostante il suo rifiuto e la sua
assenza? Se avessero ucciso Alfred?
“Insomma, vuoi
smetterla di andare avanti e indietro per la stanza? Mi stai facendo girare la
testa” lo prese in giro Hvitserk.
“E allora non
guardarmi, se ti gira la testa!” reagì il Principe, spazientito.
“E’ mio compito sorvegliarti,
e poi chissà, forse guardarti mi fa anche piacere” ribatté il giovane vichingo
con un sorrisetto.
Aethelred,
preoccupato e innervosito, non rispose alla provocazione e Hvitserk si fece
subito più serio.
“Mi vuoi dire che
cosa ti preoccupa tanto? Lo vedo che c’è qualcosa che non va e a me puoi
raccontare tutto” lo incoraggiò.
Aethelred non sapeva
bene cosa fare, ma ancora una volta la disponibilità di Hvitserk lo vinse. Si
mise seduto sul giaciglio e, tenendo lo sguardo fisso a terra, raccontò tutto
del piano dei nobili e della loro proposta di uccidere tutta la famiglia reale
e il vescovo. Fino ad allora non era stato così specifico. Bjorn, Lagertha e
gli altri avevano saputo soltanto che c’era in atto una cospirazione per
detronizzare Alfred e mettere lui al suo posto, ma non che i nobili
progettavano di compiere una carneficina. Chissà perché Aethelred si era
sentito spinto a raccontare tutto proprio a Hvitserk…
“Temo che i nobili
abbiano deciso di agire lo stesso, anche senza di me, e che potrebbero aver
ucciso mio fratello… e mia madre!” fece il Principe, angosciato. Chiaramente,
del fatto che anche Heahmund potesse essere assassinato non poteva fregargliene
di meno e non ne fece menzione!
“Ah, ma devi stare
tranquillo” replicò Hvitserk, sorridendogli ancora una volta. “Al Consiglio
partecipano anche Bjorn, Lagertha, Ubbe e Torvi. Se vedessero che Alfred è in
pericolo, lo difenderebbero senza pensarci un istante. Non preoccuparti, non
accadrà niente alla tua famiglia.”
Dicendo queste
parole, Hvitserk si era avvicinato al Principe, si era seduto accanto a lui e
gli aveva passato amichevolmente un braccio attorno alle spalle, stringendolo
un po’ a sé. Gli era venuto spontaneo fare così, i vichinghi erano sempre molto
fisici nelle loro manifestazioni di affetto, non si vergognavano ad
abbracciarsi e a stringersi tra amici o tra fratelli… ma Aethelred rimase
totalmente stravolto da quella vicinanza! La cosa strana è che non pensò
nemmeno per un secondo a respingere Hvitserk, al contrario si lasciò stringere,
ma la reazione che quell’abbraccio suscitò in lui lo turbò moltissimo: si sentì
il cuore saltare in gola, le tempie pulsare, mani e gambe gli tremarono. Che
cosa gli accadeva? Non era certo la prima volta che qualcuno lo abbracciava,
suo padre e Alfred lo avevano fatto tante volte… perché il gesto affettuoso di
Hvitserk lo sconvolgeva tanto?
Chissà…
Quella sera,
tuttavia, le ansie di Aethelred si placarono quando Bjorn e gli altri, tornati
a casa, raccontarono come erano andate le cose e che, anzi, Re Alfred aveva
colto tutti alla sprovvista dichiarando che sarebbe stato lui in persona a
mettersi a capo dell’esercito sassone.
“E mi ha chiesto di
insegnargli a combattere” rivelò Ubbe, divertito. “Ci incontreremo domani
mattina presto per la prima lezione…
spero di non ammazzarlo per sbaglio!”
Aethelred gli lanciò
un’occhiata minacciosa, non ancora avvezzo all’umorismo tetro dei suoi nuovi
alleati.
Il mattino
successivo, così, Ubbe uscì di casa molto presto per incontrare Alfred e
addestrarlo al combattimento. Hvitserk, però, aveva in mente una sorpresa per
il suo prigioniero. Lasciò passare un
po’ di tempo, quindi entrò nella stanzetta dove tenevano rinchiuso Aethelred.
“Buongiorno” gli
disse. “Ti andrebbe di fare due passi? Sei qui dentro da qualche giorno, ormai,
magari vuoi sgranchirti un po’ le gambe.”
Aethelred lo guardò,
perplesso.
“Vuoi portarmi fuori
di qui? Non credo che gli altri saranno contenti. E se scappassi?”
“So che non scapperai”
ribatté tranquillamente Hvitserk. “E poi dovremo pur farti uscire da questa
stanza se vogliamo che guidi un esercito al nostro fianco contro Ivar, no? Non
possiamo tenerti sempre segregato qui dentro!”
Il giovane vichingo
gli passò un braccio attorno alle spalle e lo guidò fuori dalla stanza, mentre
il Principe, ancora una volta, si stupiva del grande turbamento che lo invadeva
nel sentirsi così vicino a quel ragazzo. Ma forse era solo perché usciva di
nuovo dopo giorni di prigionia…
“Dove andiamo?”
domandò Aethelred, cercando di ritrovare un certo contegno e di non pensare
troppo alla vicinanza di Hvitserk.
“Vedrai…” sorrise il
giovane, facendo il misterioso.
Aethelred, comunque,
era felice di ritrovarsi di nuovo all’aperto e di potersi muovere, si sentiva
ripulire i polmoni e schiarire la mente dall’aria fresca e dalla camminata e
poi, chissà, magari era contento anche della compagnia…
I due giunsero in una
radura nel bosco dove trovarono Ubbe che insegnava l’arte del combattimento ad
Alfred… o meglio, Ubbe che lanciava asce contro Alfred aspettandosi che lui le
scansasse!
Aethelred, incredulo,
si voltò verso Hvitserk che lo guardava con un sorriso soddisfatto dipinto in
volto.
“Immaginavo che
avresti voluto incontrare tuo fratello” spiegò con semplicità. “Potrete
parlarvi e tu potrai raccontargli tutto quello che è successo. Sicuramente
anche lui è preoccupato per la tua scomparsa, almeno saprà che stai bene.”
Il Principe aveva
delle serie difficoltà a sostenere lo sguardo limpido e allegro di Hvitserk,
tuttavia si sforzò di guardarlo in faccia, sentendosi stupidamente arrossire e
tremare in ogni fibra del suo essere.
“Io… grazie…” riuscì
a mormorare. Poi, sempre più intimidito, si diresse verso il fratello, sperando
di non distrarlo tanto da farlo infilzare da Ubbe. In realtà Alfred non correva
questo pericolo semplicemente perché fu proprio Ubbe a fermarsi, non appena
vide Aethelred che si avvicinava al giovane Re.
“E lui che ci fa qui?”
domandò il vichingo a suo fratello.
“Ho pensato che fosse
l’occasione migliore per permettere ai due fratelli di rivedersi” rispose
Hvitserk. “Non sei d’accordo?”
Ubbe parve riflettere
un momento, guardò i due che si avvicinavano increduli l’uno all’altro e si
strinse nelle spalle.
“Sì, probabilmente
hai ragione. Non c’era motivo che non si rivedessero prima della battaglia,
credo che sia stata la cosa giusta da fare, Hvitserk” rispose.
“Aethelred, allora
sei vivo, stai bene” esclamò Alfred, sollevato nel vedere il fratello. In pochi
passi fu accanto a lui e i due si abbracciarono. “Credevo che… non so nemmeno
che cosa credessi, nessuno sapeva niente e di te si dicevano cose terribili! Il
vescovo Heahmund aveva addirittura messo in giro una voce malevola su una
cospirazione contro di me che tu avresti capeggiato, diceva che eri scappato
perché lui ti aveva smascherato!”
Il Principe ricambiò
l’abbraccio, sebbene si sentisse in colpa. Aveva notato subito che il fratello
si era tagliato i capelli e adesso sembrava molto più simile al Re guerriero
che doveva rappresentare nella battaglia imminente. Sembrava anche più grande,
più maturo, e Aethelred pensò, suo malgrado, che la madre aveva avuto ragione e
che Alfred era il più adatto per governare il Wessex. Sarebbe stato un grande
Re, un Re come lui non sarebbe mai potuto essere.
Adesso doveva dirgli
la verità.
“Sto bene e non mi è
accaduto niente, anzi, è stata solo colpa mia. Alfred, io… lo so che sto per
darti una grande delusione, ma non posso mentirti” iniziò a dire, parlando in
fretta prima che gli venisse voglia di cambiare idea. “La cospirazione contro
di te esisteva realmente, almeno quella non è stata una menzogna di Heahmund. I
nobili del Wessex volevano che io fossi incoronato al tuo posto e mi avevano
chiesto di partecipare ad un loro incontro per decidere il da farsi e io… io ci
sono andato…”
Alfred si staccò da
lui e lo fissò.
“C’era davvero una
cospirazione contro di me?” chiese. L’espressione dei suoi occhi era
indecifrabile.
“Sì, io… ho
partecipato a quell’incontro perché credevo che i nobili volessero insorgere
durante il Consiglio e chiedere la tua deposizione. A quel punto io… beh, io mi
sarei offerto di prendere la corona e sarei stato acclamato Re del Wessex, anche
contro la volontà di nostra madre” confessò Aethelred, confuso e pentito. “Ero
arrabbiato, invidioso e… lo so che non ho scusanti. Però i nobili non volevano
questo. Loro… loro volevano che io dessi ordine di chiudere tutte le porte
della Sala del Consiglio e poi… avrebbero assassinato te, nostra madre e il
vescovo.”
Il Principe si
interruppe per riprendere fiato, ma Alfred restò in silenzio, mettendolo ancora
più in crisi. Così Aethelred dovette continuare a raccontare.
“Ma io non potevo
accettare una cosa simile e mi sono rifiutato di partecipare. Volevo diventare
Re, certo, ma non al prezzo della tua vita! Sono andato via dal luogo dell’incontro,
mi sentivo sporco, colpevole solo per il fatto di aver parlato con quella gente…
e poi sono stato rapito e portato via e non ho potuto nemmeno avvertirti. Temevo
che quei nobili potessero tentare qualcosa al Consiglio anche se io avevo
rifiutato di aiutarli…” riprese il Principe, con voce spezzata.
“Chi è stato a
rapirti?” domandò Alfred, continuando a riflettere sulla storia che stava
ascoltando.
“Sono stati loro, i
vichinghi” rispose Aethelred, con un cenno del capo verso Ubbe e Hvitserk. “Sono
rimasto prigioniero nella loro casa per tutti questi giorni, ma non volevano
farmi del male, al contrario. Abbiamo parlato e, per la prima volta, ho
iniziato a capire perché tu ti fidi di loro e perché vuoi che combattano al tuo
fianco. L’accordo che hai stipulato con loro era la cosa migliore che potessi
fare… solo che io non l’avevo capito…”
“Ti hanno rapito
perché pensavano che tu potessi fare veramente parte della congiura?” insisté
Alfred. Gli faceva male interrogare così il fratello ma doveva fare l’avvocato del diavolo fino in fondo,
altrimenti non sarebbe mai più riuscito a fidarsi di lui.
“No, in realtà loro
avevano spiato i congiurati e sapevano che non avevo accettato di partecipare,
ma sapevano anche che… che il vescovo Heahmund avrebbe comunque detto il
contrario, che mi avrebbe fatto accusare di tradimento” disse il Principe. “Credo
che lo abbiano fatto perché volevano salvare entrambi.”
“E’ così, ma non solo”
intervenne Ubbe, avvicinandosi ai due fratelli. “Noi onoreremo il nostro
accordo con te, Re Alfred, e respingeremo l’esercito invasore di Harald, ma poi…
poi vogliamo tornare a Kattegat, vogliamo riconquistare la nostra terra e
sconfiggere Ivar. Per questo abbiamo bisogno di tuo fratello Aethelred:
vogliamo che lui guidi una parte dell’esercito sassone a combattere al nostro
fianco. Da soli non ce la faremmo mai.”
Alfred spostò lo
sguardo da Aethelred a Ubbe.
“Ancora con questa
storia? Perché volete tornare a Kattegat? Vi ho concesso molta terra nell’Anglia
Orientale, è questo il nostro accordo e io lo rispetterò. Perché volete
lasciare indifeso il Wessex e, anzi, portare con voi una parte del nostro
esercito? E’ così che pensate di onorare il nostro patto?” il tono del giovane
sovrano era duro e accusatorio.
“No, non è così.
Credo che tutti noi ti abbiamo già dimostrato la nostra lealtà e continueremo a
farlo” rispose Ubbe, pacato. “Combatteremo al tuo fianco per distruggere gli
invasori e i razziatori in modo tale che il Wessex non debba più temere
attacchi. Inoltre, molti dei nostri rimarranno qui, nelle terre che ci hai
concesso, e saranno sempre pronti a difendere il Paese. Ma noi, i figli di
Ragnar e Lagertha, noi… vogliamo tornare a casa. Tu ci hai accolti con grande
generosità, ma questa non è casa nostra. Kattegat è la nostra casa e noi non
vogliamo lasciarla in mano a Ivar.”
“E Aethelred dovrebbe
aiutarvi con un contingente di truppe sassoni? Perché proprio lui?” incalzò
Alfred.
“Perché le truppe lo
seguiranno” replicò Ubbe. “In nessun altro modo potremmo convincere dei Sassoni
a combattere al nostro fianco, ma lo faranno per il loro Principe, per il loro
condottiero.”
Alfred annuì. Il suo interrogatorio
era servito per mettere alla prova tutti, ma adesso era convinto.
“E’ vero, l’esercito
sarà sempre fedele a Aethelred” disse. “E tu, fratello, sei davvero sicuro di
volerlo fare? Mi pareva di aver capito che non condividessi la mia fiducia nei
vichinghi…”
“Adesso li ho
conosciuti meglio e ho capito che avevi ragione tu… come al solito” ammise
Aethelred, imbarazzato e pentito. “Sono rimasto ferito e deluso quando nostra
madre ha detto che tu meritavi di essere Re, che eri migliore di me, ma ora so
che aveva ragione. Tu sei riuscito a vedere oltre, a capire prima di chiunque
altro che l’unica strada da percorrere era l’alleanza con i vichinghi per
mettere fine alle guerre. Sarai un grande Re, Alfred, come io non sarei mai
potuto essere.”
Il giovane sovrano
ora aveva le lacrime agli occhi.
“Non tornerai più
alla reggia, vero?” domandò al fratello.
“Non posso” rispose
Aethelred. “Il vescovo Heahmund mi accuserebbe subito di tradimento. So che tu
cercheresti di proteggermi, ma io non mi fido affatto di quell’uomo, potrebbe
perfino uccidermi come ha fatto con il vescovo Cuthred.”
Alfred abbracciò di
nuovo il fratello, sentiva che quello sarebbe potuto essere un addio. Chi
poteva dire come sarebbe finita la battaglia contro i razziatori di Re Harald?
E, ancora peggio, chi poteva sapere cosa sarebbe accaduto a Kattegat? Ubbe gli
aveva raccontato che suo fratello Ivar era un pazzo, ma era anche un grande
stratega… e se il suo esercito avesse annientato perfino le forze riunite dei Sassoni
e dei seguaci dei figli di Ragnar?
“Abbi cura di te,
Aethelred” mormorò. “Ti voglio bene.”
“Anch’io ti voglio
bene, fratello” rispose il Principe, commosso.
Era giunto il momento
della separazione. Alfred e Aethelred si erano rivisti e finalmente avevano
potuto spiegarsi. Ora entrambi avevano nemici agguerriti e spietati da
affrontare e una strada difficile e pericolosa da percorrere, ma non c’erano
più ombre tra loro e niente poteva più oscurare il loro affetto.
Ubbe rimase ad
addestrare Alfred al combattimento ormai prossimo, mentre Hvitserk riaccompagnò
Aethelred.
“Senti, io… ti sono
davvero grato per quello che hai fatto per me” disse timidamente il Principe
mentre percorrevano il sentiero nel bosco che li avrebbe ricondotti all’abitazione.
“Non so se potrò mai più rivedere mio fratello e volevo… sono felice di avergli
potuto spiegare…”
“Non devi
ringraziarmi, l’ho fatto volentieri. Ne so qualcosa di fratelli, io, e mi
faceva piacere che potessi salutarlo. Io ci tengo a te, non l’hai ancora
capito?” replicò disinvolto Hvitserk e poi, con la medesima disinvoltura, si
avvicinò a Aethelred con un sorriso malizioso e lo baciò.
Un bacio vero, breve
ma intenso, tenero e profondo.
Aethelred non riuscì
più a pensare lucidamente o a dire una parola per tutto il resto della
giornata!
FINE