Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: L_White_S    03/10/2020    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO  1.8
 
 
 
 
 
ORE  05.00
 
 
 
 
   Subito dopo esser salito sull’elicottero Ice, visibilmente stanco, chiuse gli occhi addormentandosi in un sonno profondissimo; sognava un passato sempre più lontano… sempre più sorprendente.
   Erano passate poco più di otto ore e il cervello gli stava già facendo un brutto scherzo: l’impressione di vivere giorni interi e tornare alla realtà allungava sì le aspettative di vita, ma era anche stancante.
   In un certo senso viveva in due mondi completamente separati. Per questo si scoprì euforico prima di addormentarsi; voleva continuare il sogno ambientato nell’Alfa e l’Omega.
   In uno correva velocemente riscoprendo il suo intricato passato, nell’altro, molto più lento, cercava di controllare il suo futuro.
   Affascinante, in un certo senso.
   Fortunatamente nella tasca dei jeans un bellissimo smartphone lo riportò con i piedi per terra “suggerendogli” ora e data.
   Ora poteva ritenersi soddisfatto.
   Portava un abito, aveva i documenti che per quanto strambi sembravano abbastanza autentici, e aveva una “guida”, essenziale per sopravvivere.
   Senza cellulare dove sarebbe potuto andare?
   Era comica la cosa, nella rubrica non vi erano numeri e non aveva nessun contante; quell’apparecchio tecnologico se non per l’ora e la data non serviva a molto.
   Passarono pochi minuti e subito comprese di esser tornato nuovamente in gabbia: chiuso in un elicottero, ancora bloccato, alla mercé di qualche sconosciuto.
   Provò a battere più volte i pugni contro la lamiera che lo divideva dalla cabina di pilotaggio ma non rispose nessuno.
   Passarono alcuni secondi finché un cambio repentino di direzione lo scaraventò contro il portellone sigillato; fu a quel punto che il mezzo virò nell’altro senso, tanto che fu costretto ad aggrapparsi su qualche sostegno per non rotolare contro la carlinga.
   Improvvisamente la forza centrifuga lo attaccò contro il vetro scurissimo: un fiotto rosso di sangue lo ricoprì dalla testa ai piedi.
   In un caos senza controllo nemmeno il ragazzo riuscì a comprendere cosa stesse succedendo; una cosa era chiara: stava precipitando.
   Tutto avvenne in pochissimi secondi e quando comprese che la fine era vicina, ormai era troppo tardi.
   L’urto spaventoso schiacciò il metallo al suolo che impattando collassò portandosi dietro per inerzia sedili, vetri, rotore, pale e tutto il resto. Compreso Ice.
 
 
 
 
   Il telefono del Signor Brown squillava già da qualche secondo ma nessuno si apprestò a rispondere.
   Dopo la strigliata d’orecchie ricevuta dal fratellastro, Smith aveva letteralmente paura di pigiare il tasto per accettare la chiamata.
   Dio solo sapeva con quale coraggio aveva lasciato il cellulare acceso dopo l’ultima telefonata. Crow era su tutte le furie.
   Scoperto ogni minimo particolare il capo della corporazione era schizzato pazzo, sembrava un drogato in cerca della sua dose quotidiana, ma non aveva di certo intenzione di trovare la metamfetamina; aveva in mente una cosa sola: Ice.
   Finalmente si decise a rispondere.
   « Pronto…», disse sconfitto.
   « Non dovevi lasciare il telefono, perché non hai risposto subito? ».
   « Ero in bagno Mattew ». Mentì Smith.
   « Ho mandato i jet per bloccare l’elicottero. È precipitato al Cairo. Ora voglio che tu riprenda in mano la situazione inviando immediatamente una squadra sul posto. È tutto chiaro? ».
   « Lo è ».
   « Aspetto tue notizie », disse attaccando.
   Non era andata poi tanto male la telefonata, solo che Smith aveva il cuore a mille e stava seriamente rischiando un attacco di cuore; inoltre era fisso con lo sguardo sulle telecamere a circuito chiuso e si stava convincendo sempre più che la sua squadra quattro era stata annientata proprio da Ice.
   I suoi poteri erano davvero sovrumani; con la sola forza del pensiero aveva sterminato l’esercito più forte della corporazione.
   In un baleno uscì dalla stanza premendo poco prima un tasto specifico sotto la scrivania; l’allarme risuonò nell’intera struttura chiamando a rapporto qualsiasi militare presente.
   Forse però non sarebbe bastato: la punta di diamante era stata scalfita poche ore prima da Ice e non c’erano garanzie di riuscita, in ogni caso doveva spedire sulla zona dello schianto quanto più personale possibile.
   Era costretto a farlo.
   Brown, preso l’ascensore privato, salì in un hangar nascosto a pochi metri sotto le dune sabbiose e non appena varcò le lucenti porte, una squadra di uomini lo stava già attendendo.
   Tutti immobili, sull’attenti, si accinsero nel saluto militare; al primo passo del loro superiore, in perfetta sincronia, portarono tutti la mano destra, rigida, alla fronte.
   Era fiero dei presenti, rispettava ed onorava il suo personale, ma lo sguardo fermo che mostrava nascondeva un sottile velo di paura e rammarico; mandare allo sbaraglio tutti quanti…
   Pregava in qualche assurdo miracolo che almeno uno di loro si salvasse.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL CAIRO
 
 
 
 
   L’alba si levava all’orizzonte mentre gli otto milioni di abitanti sonnecchiavano beatamente.
   Le luci sfavillanti del porto e dei grattacieli illuminavano ancora il caldo Nilo e di tanto in tanto la quiete era interrotta bruscamente dal traffico metropolitano; ancora esiguo per quell’ora.
   Quel giorno però, qualcosa cambiò la solita routine.
   « Ehi, Hasan, hai visto? ».
   « Samia sono stanco, abbiamo ballato tutta la notte, che c’è da vedere se non un bel letto caldo ».
   I due ragazzi, di ritorno da una discoteca, avevano assistito a tutta la scena: i jet, l’elicottero, lo schianto.
   « Guarda là! ».
   A pochi chilometri dalle rive ondulate del fiume, un incendio spaventoso aveva attirato lo sguardo del ragazzo, che brillo, non aveva la benché minima idea di cosa stesse vedendo, se il lampadario della sua stanza o il sole di mezzogiorno: aveva bevuto troppo.
   Con una brusca sterzata la biondissima Samia svoltò contromano passando per una viuzza a senso unico e sfrecciando tra i numerosi veicoli parcheggiati.
   L’asfalto aveva crepe ovunque, i rottami erano sparsi dappertutto e le lamiere erano schizzate persino nelle vetrine dei negozi; il bagliore delle fiamme illuminava lo sguardo stupito della ragazza che al volo, si tolse la cinta e corse verso le macerie lasciando il suo compagno nell’auto.
   Si era addormentato di nuovo.
   Le sirene dei pompieri e della polizia erano accompagnate anche da quelle dell’ambulanza ma erano troppo lontane; per raggiungerla dovevano prolungare la loro corsa di almeno un paio di chilometri, infatti, in quel punto non vi erano ponti. E l’ospedale era sulla riva opposta.
   Incauta e desiderosa di riscatto si avvicinò contro le lamiere incandescenti e le pale spezzate; i piloti erano morti entrambi.
   Il portellone, spaccato a metà, doveva nascondere qualcuno, pensò la ragazza; a confermarlo c’era sul vetro una chiazza gigantesca di sangue che impediva di vedere all’interno.
   « O mio Dio! ».
   La mano di qualcuno usciva da un foro nell’elicottero.
   Senza pensarci due volte si buttò contro il portellone e con un paio di botte riuscì ad aprirlo; abbastanza da vedervi dentro.
   C’era sangue ovunque, il fuoco illuminava il corpo martoriato di un ragazzo che con gli occhi chiusi, sembrava dormisse beatamente.
   Anzi sembrava morto.
   Samia riuscì ad afferrare il polso del giovane e tirandolo con tutta la forza a sé lo trascinò più vicino. « Ah! », esclamò.
   Il ragazzo aveva spalancato improvvisamente gli occhi, accesi di un colore azzurro intenso.
   Avrebbe giurato di vedervi riflessi rossi al loro interno ma con molta probabilità quel colore era dipeso dalle fiamme inarrestabili che si stavano propagando.
   Era bellissimo, un viso dolce come quello di un bambino, ma con uno sguardo così glaciale da spaventarla a morte; improvvisamente le pupille si mossero e l’insanguinato riprese conoscenza.
   « Come ti senti? ».
   Senza badare alle parole della ragazza il superstite girò il capo contro la lamiera e fissandola la scaraventò a dieci metri di distanza. Per poco non prese la sua auto.
   « Cos… cosa hai fatto? ». Disse la ragazza stupefatta.
   « Niente. Portami via di qui ».
   I soccorsi stavano arrivando e Samia non aveva la benché minima intenzione di portare uno sconosciuto psicopatico in casa sua. Non era pronta a farlo.
   Le sirene avevano appena lasciato il ponte e si stavano avvicinando a tutta velocità sul luogo dell’incidente, tanto che persino Hasan, addormentato, fu svegliato di soprassalto.
   « Portami via ».
   « Non posso ».
   « Portami  via o verrò rinchiuso ancora, non badare alle ferite, guarirò ».
   Fu in quel momento che delle urla provenienti dall’auto nera della ragazza interruppero il dialogo dei due: era Hasan.
   « Samia arrivano! Porta qui il culo e andiamocene! C’è la “festa” in macchina! ».
   « È questo il tuo nome? ».
   « Già ». Rispose stizzita.
   « Bello…».
   La stessa visione dei sogni subentrò.
   Due occhi azzurri sbucarono dalle tenebre e lo travolsero.
   Il giovane superstite svenne tra le braccia della ragazza proprio mentre i soccorsi erano a poche decine di metri da loro.
   « Cazzo vieni Samia! ».
   Preso in spalla il ragazzo, la bionda aprì il portabagagli posteriore del fuoristrada e lo scaraventò dentro come fosse un sacco di patate. Era pesante ma la determinazione l’aveva spinta a non mollare, di rado si arrendeva.
   « Che stai facendo! ».
   « Risali in macchina Hasan, torniamo a casa ».
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: L_White_S