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Autore: babykit87l    05/10/2020    0 recensioni
Cosa è successo dopo che Marti e Nico si sono ritrovati alla fine de Il cuore distante?
Questo è il seguito di quella storia, perciò per capirla dovrete aver letto "Il cuore distante" :)
Spero di dare un giusto seguito a quella storia, cui tengo particolarmente...
Grazie a chiunque leggerà e seguirà anche qui i miei Marti e Nico
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1  

Il-cuore-vicino-cap-1

Sono sdraiati sul letto, i fogli su cui Niccolò stava disegnando sparsi un po’ ovunque e la luce del sole ormai al tramonto che filtra dalla finestra, chiusa ermeticamente.  

Se ne stanno abbracciati, in silenzio, scambiandosi ogni tanto un bacio e un sorriso che proprio non riescono a trattenere. Quando l’occhio di Martino ricade sull’orologio del telefono che segna ormai la fine dell’orario di visita, inizia a muoversi dalla sua posizione per potersi alzare. 

“Perché ti alzi?”  

“Perché sono le otto, Nì. Non mi fanno rimanere oltre l’orario di visita, lo sai.” 

“Che palle. Già mi manchi.” Dice, la voce già spezzata, mentre si mette seduto sul letto, guardando Martino mentre si allaccia le scarpe, che si era tolto per sdraiarsi accanto a lui. 

“Ti prometto che torno domani.” Si avvicina e inizia a baciarlo. “E dopodomani...” un altro bacio. “E dopodomani ancora.” e di nuovo un bacio. “Vengo tutti i giorni.”   

Niccolò sorride, un po’ stordito da tutti quei baci, poi si rende conto di ciò che questo comporterebbe. “No, dai. Avrai un sacco di cose da fare: il lavoro, la tesi...”   

Martino fa una smorfia alla parola tesi che viene subito notata dal ragazzo. “Che c’è?”   

“No, niente, è che sono parecchio indietro con la tesi. In realtà finora ho scritto a malapena l’introduzione e in pratica il prof mi ha detto che se non gli porto entro la prossima settimana almeno un intero capitolo dovrò trovarmi un altro relatore perché mi butta fuori.”   

“Ah porca puttana!” Entrambi rimangono in silenzio, Martino che accarezza piano la spalla di Niccolò, che rimane assorto a pensare. Se fosse per lui Martino sarebbe lì con sé sempre, senza lasciarlo andare mai, ma non vuole nemmeno sembrare troppo bisognoso e finire per costringerlo a stargli accanto. La litigata fatta solo un paio di settimane fa non gli è rimasta indifferente, non vuole sembrare che lo manipoli per stare insieme. Così, anche se dentro si sente morire, lo guarda negli occhi con serenità e sorride. “Vabbè allora facciamo così: questa settimana tienitela per scrivere sto benedetto capitolo e poi il prossimo weekend vieni qui e stiamo insieme, che dici?”  

Martino fa una faccia sconvolta dalla proposta. “Ma siamo appena tornati insieme, cioè sono letteralmente due ore Nì, non mi va di stare tutta la settimana senza vederti.” Ha un tono solo vagamente lamentoso ma per Niccolò è adorabile.  

“Ma smettila dai, tanto sto qui, non scappo mica. E se anche fosse, verrei comunque da te!” E ammicca avvicinandosi al ragazzo per baciarlo un’altra volta. Martino chiude gli occhi e si lascia completamente andare, approfondendo il bacio. In breve si ritrovano entrambi avvinghiati ed eccitati, le mani che vagano ovunque sul corpo dell’altro. Quando sente la mano di Niccolò sulla pelle nuda della schiena si riprende e con uno sforzo non indifferente si allontana quel tanto che basta per guardarlo e fermarlo. 

“Okay, è il caso che vada.” Dice con un sospiro.  

“No, è il caso che prima ti calmi...” lo sguardo di Niccolò si ferma sul cavallo dei jeans di Martino dove è palese il rigonfiamento che lascia poco all’immaginazione. Ha un sorriso malizioso e la lingua in mezzo ai denti, come ogni volta che sta per provocarlo, Martino ormai lo conosce bene. Il fatto è che da quando si erano lasciati, ovvero quasi otto mesi prima, non aveva più avuto rapporti con nessuno e ora con Niccolò che lo bacia e lo tocca nei suoi punto erogeni – il maledetto lo sa perfettamente quali sono e come toccarlo – è davvero difficile resistere. 

Butta fuori l’aria, con gli occhi chiusi pensando a sua madre con Spera. Quando li riapre è tutto tornato alla normalità. “Ecco fatto!” 

“Impressionante... A che hai pensato per riuscirci?” 

“Mi sono solo concentrato.” Prova a mantenere uno sguardo sostenuto, ma Niccolò ha la faccia di chi ha capito tutto. 

“Se certo... Fammi indovinare, tua madre e il dottor Spera?” 

Martino abbassa la testa ridendo sommessamente e annuisce. 

“Che orrore pensare ai propri genitori che scopano.” 

“No ma grazie eh, io in realtà avevo pensato solo a loro che si baciavano e ora ho in mente questa immagine... ewww!” 

“Scusa...” 

Niccolò inizia a ridere di gusto, trascinandosi dietro anche Martino che nota quanto nel giro di un paio d’ore il ragazzo davanti a lui abbia riacquistato la serenità che aveva perso. Mentre recupera la giacca e la tracolla si volta verso lo specchio e si rende conto di avere la stessa espressione.  

Essere tornati insieme li ha di nuovo messi in pace con tutto. Magari non sarà per sempre, perché con Niccolò non si può mai sapere, ma per ora è così e va bene. Si torna al minuto per minuto. E non poteva chiedere di meglio. 

*** 

“Ciao!” Saluta con tono alto dall’ingresso per farsi sentire.  

“Oh ciao Martino.” Il ragazzo vede il dottor Spera uscire dal cucinotto di casa, in camicia e jeans. 

“Roberto, non pensavo saresti venuto stasera.” Nel frattempo lo saluta con una pacca sulle spalle.  

“Beh sono stato a Fiumicino e ho preso del pesce freschissimo e ho pensato che sarebbe stato perfetto per stasera.” 

Alla parola pesce, la mente di Martino vaga per un momento alla conversazione avuta poco prima con Niccolò e lo maledice mentalmente per avergli fatto venire in mente quella scena. Gliela dovrà far pagare in qualche modo prima o poi. 

“E rimani a dormire?” Chiede, sperando per la sua sanità mentale che l’altro risponda di no. 

“Se per te va bene...” Interviene sua madre con sguardo speranzoso. La fissa per un momento e immediatamente la decisione è già presa. 

“A ma’ so due anni che state insieme, che me devi chiede il permesso?” Risponde quindi ridendo. Pazienza per la sua sanità mentale, andrà in terapia ma almeno sua madre sarà felice. 

“Okay... Ma com’è andata?” 

Martino non riesce a non sorridere, sapendo a cosa la madre si sta riferendo. 

“Che ti avevo detto prima di uscire?” Chiede noncurante. 

“Che te lo andavi a riprendere...”  

“È quello che ho fatto. Stiamo di nuovo insieme.” E il sorriso a quelle parole si apre ancora di più. E nella sua mente rivive la stessa situazione proiettata a quasi sei anni prima. 

“Oh che bello! Ma potevi portarlo qui, mi piacerebbe salutarlo, è tanto che non lo vedo.”    

Martino si incupisce sentendo sua madre talmente entusiasta da proporre una cosa che, in circostanze differenti, l’avrebbe reso pieno di gioia.    

“In realtà non è possibile.” Sente lo sguardo da psicologo del dottor Spera addosso. È sempre così da quando quel giorno di sei anni prima aveva deciso di chiedere aiuto per capire come comportarsi con Niccolò, quell’uomo nonostante abbia un atteggiamento fin troppo amichevole che per la maggior parte del tempo è spiazzante, quando si tratta di cose serie assume un comportamento che Martino definirebbe ‘da strizzacervelli’ e che lo mette in soggezione. “Ehm, il disturbo di Nicco è peggiorato, molto, e di sua spontanea volontà ha deciso di farsi ricoverare in una clinica, come atto preventivo.”  

“No, poverino. Quindi ora è lì?” Chiede sua madre, per la quale ormai Niccolò è parte della famiglia tanto che, anche dopo che si erano lasciati, non aveva smesso di preoccuparsi e a voler bene al ragazzo.  

“Martino ti fa di farmi compagnia fuori a fumare?” Interviene Spera.  

Il ragazzo lo guarda strano perché ormai ha imparato a conoscerlo e sa perfettamente che non è così avvezzo al fumo, anzi non lo è affatto, tanto più che è praticamente ora di cena. Accetta perché ha capito che c’è qualcosa di più, forse vuole parlargli.  

“È stata una sua decisione?” Come volevasi dimostrare.  

“Sì, l’ho accompagnato io. I farmaci che prendeva non funzionano più ormai.”  

“Può succedere. E immagino che stia seguendo una terapia lì.”  

“Già, anche se lui dice che è un po’ strana e da quello che mi ha raccontato in effetti un po’ lo è.”  

“Beh sarà sicuramente una di quelle terapie sperimentali ma ti assicuro che funzionano. Ci vuole tempo però, gli effetti si vedono a lungo termine.”  

“Glielo dirò. È parecchio scettico.”  

“E tu? Come stai?”  

“Sto bene. Cioè in realtà è strano perché sono felice di essere tornato con lui, sapere che stiamo insieme mi ha tranquillizzato. Però dall’altra parte sono estremamente preoccupato per lui.”  

“Posso chiedere che ha fatto per decidere di chiudersi in quel posto?”  

Martino abbassa lo sguardo e ingoia il nodo alla gola che gli viene ogni volta che ci ripensa. “Ha provato a buttarsi sotto la metro poco prima che ci lasciassimo. Lo hanno fermato prima che lo facesse.” Non lo guarda in volto ma sente la rabbia che gli monta dentro. “Mi avevi detto che quello che leggevo su internet era tutta una cazzata e che non dovevo badarci. Questo però c’era scritto ed è successo.”  

“No, Martino, non rigirarti le cose, ti avevo detto di prenderlo con le pinze e di non controllare i sintomi su internet. È vero, può capitare ma non a tutti i soggetti.”  

“Beh a quanto pare no, visto che ha 24 anni e gli istinti ci sono proprio a quell’età.”  

“Ognuno è diverso Martino. Ad esempio, ci sono ragazzi che non accettano di farsi aiutare. Lui lo ha persino chiesto di sua spontanea volontà, mi hai detto. Perché sento tutta questa rabbia?”  

“Non sono arrabbiato...”  

“Invece sì. Se non vuoi, non dirmelo, ma con qualcuno dovrai parlarne, lo sai?”  

Martino sospira e guarda il panorama davanti a lui, dove il gazometro spicca sopra a tutti i palazzi che lo circondano e lo illuminano da basso. “È che mi sento in colpa perché lui stava male e non mi sono accorto di nulla. E ora è lì e per carità eh, sta meglio sicuramente, ma ho paura che possa fare qualche altra stronzata e io non sarò lì con lui.”  

“Potrebbe succedere anche se non fosse lì.”  

“Grazie Roberto, mi sento meglio sapendolo.” Risponde piccato e sarcastico come ogni volta che è nervoso.  

“Sto solo dicendo che l’unico modo per evitarlo sarebbe stare con lui 24 ore su 24 e non è umanamente possibile.” 

“Perché no?”  

“Perché potrebbe avere un attacco magari mentre è in bagno e non penso che lo seguiresti anche lì, altrimenti, te lo dico, il problema non sarebbe il suo disturbo.”  

Il ragazzo sorride a mezza bocca e annuisce. “Okay, ho capito che vuoi dire.” C’è ancora un accenno di rabbia nella voce che subito viene notato da Roberto.  

“Non essere troppo duro con te stesso. Se avesse avuto un attacco psicotico davanti a te sicuramente saresti intervenuto, ma così come è successo non potevi fare niente, anche volendo non eri lì e non devi sentirti in colpa per questo.” Roberto gli dà una pacca sulla spalla e rientra in casa, lasciandolo lì solo a pensare.  

Sa perfettamente che Spera ha ragione, razionalmente lo sa, ma la paura di perdere Niccolò è così forte che il raziocinio si annulla praticamente del tutto.  

Fanculo la tesi, domani torno da lui!   

*** 

Entra nella struttura con il computer nella tracolla, perché è certo che appena lo vedrà lo ammorberà con la questione tesi, ma ha deciso che vuole stare con lui più tempo possibile e può farlo solo andando lì. Appena vede l’infermiera alla reception sfodera il suo sorriso migliore e chiede il badge per salire.  

“Mi dispiace Martino, ma oggi non è il caso.” Subito scattano tutti i campanelli d’allarme nel cervello.  

“Perché?”  

“Non sta molto bene oggi.”  

“Cioè? Cos'ha?”   

L'infermiera gli fa cenno di attendere e si allontana, andando a chiamare il medico di turno. In quei due minuti in cui attende, nella mente si affacciano mille scenari diversi, uno più catastrofico dell’altro. E l’ansia prende il sopravvento, andando a stringergli la gola in una morsa e a chiudergli lo stomaco, tanto che quasi avrebbe voglia di vomitare. Quando vede comparire il medico, si avvicina e pone la stessa domanda. 

“È normale che ci siano ricadute depressive, fanno parte del disturbo ed essendo ancora agli inizi della terapia non è strano che ricompaiano.” 

“Okay. Posso vederlo? Prometto che non darò disturbo...” 

“Non è il caso. In queste situazioni è meglio evitare ulteriori stress.” 

“La prego, voglio solo fargli sapere che sono qui per lui.” Quando vede il medico ancora contrariato, continua. “Almeno un saluto veloce. Un minuto per fargli sapere che sono venuto e poi me ne vado. Lo giuro!”  

Il medico rimane in silenzio, poi acconsente alla visita. “Un minuto. Poi ti faccio venire a chiamare dall’infermiera.” 

Martino ringrazia e sale velocemente le scale, arrivando in pochi secondi davanti la porta della stanza. Entra piano, cercando di fare meno rumore possibile e nota che è completamente al buio. Si avvicina al letto e già abituato alla poca visibilità della camera – illuminata solo dal bagliore che viene dalla porta aperta – vede la figura di Niccolò sdraiato di schiena rispetto al lato dove si trova Martino. 

“Lasciatemi solo per favore.” Mormora nel cuscino Niccolò, senza nemmeno voltarsi per vedere chi sia entrato. La voce tremante di chi sta chiaramente piangendo, o ha appena pianto, porta alla luce una sofferenza così palese che Martino sente il cuore ancora più pesante.  

Martino si siede sul letto e gli accarezza piano la spalla. Niccolò si volta di scatto. Non riesce a vedere bene il suo volto ma è sicuro che sia stupito dalla sua presenza.  

“Che ci fai qui?”  

“Mi mancavi e avevo voglia di vederti.” Sorride anche se ha lo stomaco strettissimo e mostra una serenità e sicurezza che non sente per niente. Si sdraia accanto a lui e lo abbraccia da dietro. “So che è banale, ma come stai?” 

 “Non sto molto bene.” Sussurra, trattenendo a stento un singhiozzo.  

“Me ne vuoi parlare?” Niccolò denega con la testa. “Posso fare qualcosa per farti stare meglio?” 

Il ragazzo si volta e poggia la testa nell’incavo del collo di Martino. “Non lo so... Mi fai un favore?” 

“Tutto quello che vuoi.” 

“Hai presente la felpa blu che mi hai regalato il Natale che ci siamo messi insieme? Andresti nel nostro appartamento a prendermela? Vorrei averla qui con me.” 

Martino ha un colpo al cuore quando sente Niccolò dire “nostro” riferendosi al vecchio appartamento della nonna dove si erano trasferiti dopo il liceo. Poi si concentra sulla sua richiesta e sorride perché in cinque anni non è cambiato nulla. Gli aveva regalato quella felpa al loro primo Natale, pochi giorni dopo che si erano ritrovati, perché Niccolò l’aveva vista da Alcott e aveva detto che amava le felpe ma che quella in particolare, blu come almeno la metà del guardaroba di Martino, gli ricordava proprio lui. Non l’aveva comprata in quel momento e Martino aveva deciso di regalargliela, così “avrai sempre qualcosa che ti ricorda me”. E in breve quella felpa era diventata un’ancora cui aggrapparsi quando una crisi depressiva lo colpiva e Martino non era lì con lui.   

“Certo. Te la porto domani, okay?” 

“Chiedi le chiavi a mia mamma, le ha lei.” 

“Okay. Ascolta, abbiamo solo un minuto, poi devo andare, non mi fanno restare oggi. Che vuoi fare nel prossimo minuto?” 

“Mi baci?”  

Martino sorride e gli alza il volto per posare le labbra sulle sue. Sente il sapore salato delle lacrime versate fino a pochi minuti prima, e con esse tutto il tormento che lo divora dall’interno e che vorrebbe essere in grado di buttare via, magari a forza di baci. Sa che non è possibile ma spera che almeno gli dia un po’ di sollievo.  

Anche solo per un minuto. 

*** 

 

 

 

 

   
 
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