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Autore: Voglioungufo    05/10/2020    3 recensioni
Role swap AU | Akatsuki Naruto | No Uchiha Massacre
ShiIta | KakaIta | ObiKonan | SakuHina | Maybe SasuNaru.
Tutti conoscono la storia di Naruto e Sasuke com'è stata scritta.
Ma se Iruka non fosse mai stato l'insegnante di Naruto?
Se Sasuke non avesse mai perso il suo clan?
Se Shisui non si fosse sacrificato per il bene di Konoha?
E se Obito, abbandonato il piano dello Tsuki no Me, avesse preso Naruto con sè?
E se Sakura, stanca di essere sottovalutata dal suo maestro, scappasse per inseguire il vero potere?
Sarebbe un'altra storia, la storia che voglio raccontarvi...
Genere: Avventura, Generale, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Itachi, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sasuke Uchiha, Shisui/Itachi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Cap III
Rimpianti
 
 
Naruto si sistemò meglio sul ramo in precario equilibrio mentre si sporse a osservare verso il basso. Nello spiazzo d’allenamento c’era un bambino dai capelli scurissimi e si stava allenando con gli shuriken. Centrava sempre il bersaglio e Naruto si sentiva tremendamente geloso a quella dimostrazione di bravura.
Il bambino con i capelli così neri da sembrare che si fosse rovesciato addosso dell’inchiostro era un suo compagno di classe, era il migliore di tutti e sembrava sapere già tutto quello che i maestri insegnavano. Tutti lo lodavano e ammiravano, vinceva sempre le sfide di taijutsu e prendeva il massimo a ogni test. Non si era mai presentato ma sapeva che si chiamava Uchiha Sasuke, in realtà tutti ogni volta sembravano sapere chi fosse senza dovergli chiedere il nome.
Toccò con le dita la propria sacca di shuriken, erano tutti vecchi, opachi e con le punte smussate che spesso nemmeno si conficcavano ai bersagli. Quelli di Sasuke invece splendevano da quanto erano nuovi e tagliavano ogni cosa con i bordi affilati.
Sospirò fra sé. Sapeva di non poter paragonare il suo equipaggiamento di fortuna con quello degli altri, ma ora si vergognava a scendere per allenarsi. Chissà cosa avrebbe detto… Sasuke era davvero figo, mentre lui era l’ultimo morto della classe.
Ma sarò il futuro Hokage!
Con questa consapevolezza si fece forza e scese dall’albero, raggiungendo il campo di allenamento. Sasuke si fermò non appena si accorse di non essere più solo e si girò a guardare chi fosse il nuovo venuto con espressione sorpresa.
Del resto quel campo di allenamento non lo usava quasi mai nessuno. Era per questo che Naruto andava lì, in quel modo non c’era mai nessuno a testimoniare i suoi fallimenti.
A testa alta tentò di fare del suo meglio per ignorare gli occhi neri che si erano puntati su di lui. Tirò fuori i suoi malandati shuriken, ne prese una manciata e cominciò a tirarli contro il bersaglio davanti a lui. Ovviamente molti mancarono del tutto il bersaglio, mentre quelli che lo colpivano non si conficcarono e si limitarono a rimbalzare a terra.
Sentì una fitta di delusione, non che si aspettasse davvero che le cose andassero diversamente, ma gli sarebbe piaciuto fare una buona figura davanti a Sasuke. Si costrinse a tenere lo sguardo fisso davanti a sé per non sbirciare la faccia derisoria che doveva aver fatto l’altro bambino alla sua dimostrazione di incapacità. C’erano già i maestri e tutti gli altri a ricordargli che era un fallito, non voleva vedere lo stesso sguardo.
“Tieni male il polso”.
Sussultò quando lo sentì parlare. Senza volerlo fece un passo indietro e lo guardò diffidente, nonostante Sasuke sembrasse tranquillo.
“Cosa vuoi?” sbottò in difensiva.
Le persone non gli parlavano e quando lo facevano era sempre per trattarlo male.
Sasuke strinse gli occhi infastidito al tono brusco.
“Per lanciare, metti il polso in questo angolo così”, glielo mostrò, “è per questo che sbagli mira. Se invece lo tieni così hai più controllo. Così, vedi?” ripeté il gesto.
Naruto lo vedeva bene, ma non abbandonava lo sguardo sospettoso. Credeva fosse stupido come lo credevano tutti, per questo lo stava aiutando.
Soffiò forte, fissandolo con rabbia.
“Non mi serve il tuo aiuto, dattebayo!” gridò.
Gli diede violentemente le spalle, tornando alla linea di tiro. Suo malgrado però questa volta fece attenzione all’angolazione del suo polso, forzandosi per tenerlo come gli aveva appena mostrato il bambino Uchiha. Nonostante il lieve miglioramento, il risultato fu pressoché lo stesso.
Sì sentì deluso, ma rizzò le spalle e guardò Sasuke con sufficienza.
“Vedi? I tuoi consigli sono inutili, puoi tenerteli per te”.
Sasuke non sembrò nemmeno accorgersi del suo tono, aveva un’espressione pensierosa mentre fissava da vicino i suoi shuriken.
“Usa i miei”.
Quasi saltò nel vederlo avvicinarsi con i suoi shuriken nuovissimi in mano.
“Cosa?”
“Prova a lanciare i miei” ripeté alzando gli occhi al cielo, scocciato di doversi ripetere.
Lo fissò cercando di capire che razza di scherzo fosse, oppure stava aspettando che li prendesse in mano per iniziare a urlare che glieli aveva rubati? Non sapeva se fidarsi.
Sasuke però doveva avere poca pazienza, perché davanti alla titubanza nel bambino biondo glieli mise in mano senza tante cerimonie.
“Adesso prova” ordinò.
A Naruto non piacque quel tono dispotico, ma visto che non si era messo a gridare né era successo altro decise di accontentarlo, era anche curioso di provare la sensazione di impugnare armi nuove e non rovinate. Sgranò gli occhi con meraviglia quando gli shuriken andarono a segno. Certo, erano ancora molto lontani dal centro del bersaglio, ma non erano caduti a terra!
Un grido di vittoria si liberò dalle sue labbra aperte in un enorme sorriso, strinse il pugno con soddisfazione e si voltò a guardare Sasuke.
“Ci sono riuscito, dattebayo!”
Sasuke incrociò le braccia al petto, sul viso l’espressione seria di un adulto che appariva ridicola con il suo aspetto infantile.
“Come immaginavo, sono i tuoi shuriken. Sono troppo vecchi e consumati, non riescono a penetrare il legno e hanno il baricentro spostato. Devi comprarne di nuovi, questi sono inutili”.
Davanti a quella costatazione gli occhi di Naruto bruciarono. Sapeva già da solo che non aveva buone armi, come non aveva buoni vestiti e buone scarpe, non aveva bisogno che qualcun altro glielo ricordasse! Quel set di shuriken gli era stato dato dal Sandaime quando aveva iniziato l’Accademia, insieme a qualche kunai e della attrezzatura base – tutta di seconda o terza mano. Gli aveva detto che erano le uniche cose che poteva dargli e quindi di non perderle o romperle. Erano tutto ciò che poteva avere e lo umiliava che quel bambino con i vestiti nuovi, sempre puliti e mai strappati, gli facesse notare quanto erano inutili.
“Non ne compro altri” disse forzandosi di non mostrare nessuna emozione.
Sasuke lo fissò come se fosse stupido.
“Non hai sentito? Ho detto che…”
“Sì, ho sentito” lo interruppe arrabbiato. “Ma non posso comprarne altri perché costano troppo!” alzò la voce alla fine.
Ci fu un piccolo silenzio e arrossì violentemente. Ora Sasuke lo fissava più attentamente, gli occhi che si soffermavano sui suoi abiti usurati e di molte taglie più piccoli. Naruto si morse la lingua per non gridargli contro e si maledì interiormente per aver confermato il suo status di poveraccio davanti all’altro.
Fece per andarsene e correre via, ma Sasuke lo fermò.
“Va bene, allora ti lascio i miei”.
Sgranò gli occhi sorpreso da quel gesto. L’Uchiha non aveva nessuna espressione sul volto, era difficile capire cosa gli stesse passando per la mente.
“Ma così tu resti senza!”
Fece spallucce. “Dirò a mamma che li ho persi e me ne comprerà un altro set, non preoccuparti”.
Naruto si sentì spaesato a quel tono incurante e guardò gli shuriken che gli stava offrendo, anche se non se ne intendeva poteva dire che avevano una fattura ottima e lui li stava cedendo senza un secondo pensiero. Ma del resto ne avrebbe comprati altri, non doveva preoccuparsi di contare i soldi mensilmente. Entrando all’Accademia Naruto aveva scoperto che non sono i bambini a preoccuparsi ai soldi, è un dovere che aspetta ai genitori. Ma lui non aveva i genitori, era un compito di cui doveva occuparsi da solo. Lui non aveva nessuna mamma che gli avrebbe comprato qualcosa solo perché lo aveva chiesto.
Strinse i pugni. Non voleva mostrarsi debole, così bisognoso e soprattutto non voleva sentirsi sminuito rispetto a lui.
Non prese gli shuriken, mise le mani in tasca in una posa indifferente. Ignorò la strana espressione delusa sugli occhi neri e gli diede la schiena per andarsene.
“Non serve che me li regali, possiamo usarli insieme mentre ci alleniamo. Ci vediamo domani”.
Il cuore gli batteva così forte che sembrava volesse uscire dalle costole, rimbombava nelle orecchie come un frastuono. Non aveva mai avuto un amico con il quale darsi appuntamento e non sapeva se Sasuke lo avrebbe rispettato.
Ma il giorno dopo Sasuke venne, e quello dopo e quello dopo ancora. Si allenarono insieme, inizialmente scambiandosi solo alcune parole fino a chiacchierare a ogni pausa, scambiandosi conversazioni che esulavano dall’allenamento.
Poi un giorno Sasuke smise di venire e Naruto non seppe mai perché.
 
**
 
Shisui toccò Naruto delicatamente, ma si fermò nel vedere gli occhi azzurri aperti.
“Credevo stessi dormendo, sei stato molto silenzioso” disse.
Scrollò le spalle senza rispondere, cercò solo di allontanare i ricordi. Aveva sempre fatto del suo meglio per non pensare a Konoha, ma rivedere quelle facce familiari aveva riportato a galla tutto quello che aveva tenuto chiuso dentro di sé.
“Siamo quasi arrivati” lo avvertì Shisui.
Aveva un tono di voce stanco, il viso imperlato di sudore e l’occhio arrossato. Naruto poteva sentire quanto fosse esausto e vicino alla privazione del chakra. Del resto erano ore che stava correndo usando lo shunshin per spostarsi, tenendolo sulla schiena. Non si erano riposati un solo secondo e ormai era notte, la luna era salita sul cielo da molte ore.
Vide la parete rocciosa che si stava avvicinando sempre più velocemente verso di loro, ma non batté ciglio. Attraversarono l’illusione senza rallentare e atterrarono su uno spiazzo roccioso davanti a una caverna. Si trovavano nel paese dell’Erba, al confine con il Paese della Terra, motivo per cui la zona era così montuosa.
Naruto scivolò dalla schiena di Shisui sentendosi tutto irrigidito, le giunture doloranti dopo essere stato bloccato nella stessa posizione rigida per tutto il viaggio. Shisui invece crollò proprio sulle ginocchia, esausto e ansimante.
“Casa” riuscì solo a boccheggiare prima che dal cunicolo uscisse una figura.
Quel caschetto di capelli blu sarebbe stato riconoscibile ovunque, anche nella notte. Konan li guardò soppesando attentamente le loro condizione, gli occhi dorati che brillavano di sollievo e preoccupazione. La cappa dell’Akatsuki nascondeva completamente il suo corpo.
“Siete in ritardo” disse. “Cos’è successo?”
Shisui prese un lungo respiro, la mano premuta sulla milza per attenuare la dolorosa sensazione dei crampi. Non sapeva bene come rispondere, spiegare il motivo per cui erano arrivati così tardi rispetto all’orario concordato implicava troppo.
“Shinobi di Konoha ci hanno trattenuto” ammise.
Konan si irrigidì, l’espressione che si fece più tesa.
“Li abbiamo seminati ancora nel Paese del Fuoco” la rassicurò.
Ma bastò appena, la donna continuava a fissarli con apprensione in palese attesa di maggiori informazioni. Shisui si sentiva riluttante a lasciarle, non voleva ammettere che Naruto era fuggito al suo controllo e che uno dei ninja che li aveva beccati era proprio Hatake fottuto Kakashi.
Obito sarebbe uscito di matto.
“È colpa mia”.
Shisui sussultò e alzo lo sguardo su Naruto. Il ragazzino aveva stretto i pugni e teneva il viso rivolto a terra, da lì poteva vedere l’espressione amareggiata.
“Nel paese vicino al rifugio stavano facendo un festival, volevo andare a vederlo anche se sapevo che non potevo. Ho usato una henge per non essere riconosciuto” spiegò. Sbirciò l’espressione di Konan prima di riprendere. “Ho incontrato… un bambino che era in classe con me… non mi ha riconosciuto, ma sono rimasto con lui e ho perso la cognizione del tempo. Lui era…”, la sua voce tremò un po’, “Sasuke, Uchiha Sasuke, e adesso è un genin. Il suo sensei di riferimento è Hatake Kakashi”.
Appena disse quel nome Konan si irrigidì, indovinando dove stesse andando a parare.
“Lui ha visto oltre l’henge e mi ha smascherato. Ho provato a scappare ma lui mi stava per prendere ma poi è arrivato Shisui e mi ha portato via” concluse in un solo fiato. “Mi dispiace” pigolò.
Konan tornò a guardare Shisui in cerca di una conferma. Lui annuì.
“È andata così”.
“Siete feriti?”
“Solo qualche graffio. Naruto sta bene, non ho permesso lo toccassero. Io… sono sull’orlo di un esaurimento di chakra”.
Sospirò. “Spero tu riesca ancora a camminare”.
Fece cenno a entrambi di seguirla dentro la caverna. Shisui si rialzò a fatica e si inoltrarono dentro il cunicolo buio, solo dopo qualche passo una serie di torce alle pareti si accesero automaticamente illuminando l’ambiente. Più si inoltravano più si aprivano strade secondarie e il corridoio in pietra si snodava nella terra, ma Konan proseguì con sicurezza davanti a loro. I rumore dei loro passi sulla pietra riecheggiava nel silenzio.
Davanti all’ennesimo incrocio, Konan si fermò.
“Vai pure a riposarti, Shisui. Riferisco io a Madara cos’è successo”.
Shisui fece una smorfia a sentire Obito chiamato in quel modo e anche Naruto si morse il labbro, non era mai un buon segno quando era la personalità di Madara a essere quella più prominente.
“Va bene” disse l’Uchiha con un sospiro.
Lasciò una carezza sui capelli arruffati del ragazzino prima di trascinarsi verso la sua stanza e buttarsi sul letto per fingersi morto.
Naruto seguì ancora Konan finché non lo portò alla fine del tunnel, che si aprì in un’enorme stanza scavata nella pietra, dal soffitto altissimo. Il corridoio proseguiva in una piattaforma rialzata di molti metri rispetto al pavimento, al termine di cui un uomo dagli abiti scuri era seduto. Accanto a lui c’era una maschera arancione, segno che non la stava indossando.
“Sono tornati” disse Konan, anche se era inutile dal momento che il loro chakra era stato percepito non appena avevano messo piede nel rifugio.
Naruto camminò fino ad arrivare il fianco di Obito. Guardò il su profilo cercando di indovinare il suo umore. Era dal lato sfregiato, l’occhio rosso era rivolto verso lo spazio vuoto di quella sala gigantesca.
“Perché questo ritardo?” chiese secco, il fastidio percepibile nel tono.
Naruto esitò, un conto era dire quello che era successo a Konan, che era sempre così tranquilla e rassicurante, un conto a Obito, aveva paura di come potesse reagire e di deluderlo.
“Hanno incontrato Hatake Kakashi” rispose altrettanto secca e brutale la donna, senza preoccuparsi di addolcire la pillola con qualche rassicurazione preliminare.
La reazione di Obito fu immediata. Trattenne di colpo il fiato e il suo occhio si spalancò, afferrò subito Naruto portandoselo in grembo. Le sue mani corsero per tutto il corpo, così lo sguardo scrupoloso, in cerca di una qualsiasi ferita.
“Che cosa ti ha fatto?!” ringhiò piano.
Si lamentò per i gesti bruschi, il senso di colpa fece arrossire le sue orecchie nell’accorgersi di quanto quella sola frase lo avesse fatto preoccupare.
Ma era bello che si preoccupasse.
“Niente” soffiò piano.
Obito dovette credergli davanti alla costatazione che non aveva ferite. Anche i piccoli tagli che si era fatto sui palmi delle mani cadendo si erano già rimarginati. Non abbandonò comunque la presa su di lui, tenendolo fermo.
“Cos’è successo?” chiese con la rabbia che vibrava nel tono.
Fu Konan a rispondere, replicando quello che poco prima gli aveva detto Naruto. Obito ascoltò in silenzio senza fare domande, la mascella si indurì quando capì che Naruto era scappato volontariamente alla sorveglianza di Shisui, disubbidendo ai suoi ordini.
Naruto capì di essere nei guai quando la stretta su di lui aumentò fino a essere dolorosa.
“Lo sai che non puoi farti vedere in giro”.
Le parole di Obito erano piatte, il tono gelido come il ghiaccio più appuntito. Lo fece formicolare nel senso di colpa.
“Credevo non mi riconoscessero…”
“In ogni caso saresti dovuto scappare non appena avevi visto che c’erano shinobi di Konoha” lo riprese.
Naruto abbassò gli occhi. Non poteva dirgli che se non l’aveva fatto era perché c’era Sasuke, l’unico bambino che avesse provato a essere suo amico. Anche se non era propriamente corretto, alla fine Sasuke si era dimostrato orribile con lui come tutti gli altri. Ma in quel momento… non era riuscito a trattenersi, era troppo curioso di sapere come sarebbe stato se effettivamente fossero diventati amici.
“Mi dispiace” mormorò.
Si aspettava una carezza sui capelli, il tono ammorbidito di Obito che gli assicurava che avrebbero risolto la cosa. Ma non avvenne nulla di tutto questo. Al contrario l’Uchiha lo lasciò andare e si alzò.
“Quello che hai fatto è grave, Naruto” sottolineò. “Hai messo in pericolo te stesso, Shisui e tutti noi. Sai cosa sarebbe successo se ti avessero catturato”.
Il viso gli bruciò dalla vergogna. “Lo so”.
“So che soffri questo, Naruto. Ma almeno quando sei nel Paese del Fuoco non allontanarti da noi. Non sei ancora abbastanza forte”.
Strinse le spalle a quell’ultima argomentazione e si raggomitolò in se stesso. Perché alla fine era lì che si andava sempre a parare, che racchiudeva tutto: non era forte. Era solo ancora un bambino debole da proteggere. Anche dopo tutto l’allenamento a cui lo sottoponevano non era abbastanza. Non aveva potuto fare nulla quando Shisui si era scontrato con Kakashi, non era riuscito nemmeno a resistere a Sasuke finendo per essere quasi catturato.
“Mi dispiace” ripeté, questa volta con il tono roco e gli occhi che bruciavano.
Percepì un ammorbidimento da parte di Obito, il suo chakra si quietò in parte lasciando una sensazione diversa: non più rimprovero e delusione, ma un bisogno istintivo di confortare. Eppure, nonostante questo cambio, Obito non allungò nessun gesto verso di lui, restò distante.
“Lo so” disse. “Ma voglio che tu lo capisca. Resterai qui da solo questa notte come punizione”.
Naruto alzò lo sguardo sorpreso e ferito. Obito evitava di guardarlo.
“Partiamo domani all’alba per Ame. Fatti trovare sveglio”.
Strinse le labbra, deciso che non avrebbe supplicato come un bambino, non questa volta. Si sentì comunque un po’ morire dentro quando vide sia Obito che Konan uscire dalla stanza, la porta chiusa dentro di loro. Naruto non aveva bisogno di alzarsi e tirare per sapere che era sigillato.
Era rimasto solo.
Si lanciò all’indietro con la schiena, stendendosi sulla dura terra della piattaforma. Chiuse gli occhi e si lasciò precipitare nella propria coscienza. In realtà non era solo, non lo era mai per davvero.
Quando riaprì gli occhi la caverna era cambiato e dell’acqua lambiva tutta la sua figura. Sbirciò oltre le sbarre che erano improvvisamente comparse e sorrise.
Un brontolio arrivò dall’oscurità.
Dannato moccioso…
 
**
 
Sasuke cercò di superare velocemente il gruppo di ragazzini. La campanella era già iniziata e l’intervallo terminato, non gli piaceva fare tardi in classe. Ma la strada era sbarrata da un gruppo di ragazzi che a giudicare dalla stazza ingombrante dovevano essere di qualche classe successiva. Almeno non sembravano avercela con lui, si rivolgevano malevoli a un bambino magrolino e biondo, si rese conto di conoscerlo e si bloccò.
Ma era tutto così strano, vedeva tutto distorto come se stesse guardando attraverso un vetro sfocato; alcuni movimenti erano lenti come se fossero immersi nell’acqua, altri così veloci da fargli girare la testa. Non sentiva i rumori, Naruto stava parlando ma la bocca si apriva e chiudeva senza far uscire nessun suono. Sentiva solo il trillo acuto della campanella, così forte che avrebbe potuto rompergli un timpano.
Gli veniva la nausea, aveva la sensazione di non essere lì davvero. Cercò di capire cosa stesse dicendo Naruto, provò a seguire il movimento della bocca. Amico.
Era suo amico? Si ricordò che si erano allenati insieme di nascosto, bastava quello per considerarlo come tale? Poi ricordò improvvisamente che sua madre gli aveva chiesto di non vederlo più, suo padre invece glielo aveva ordinato; non voleva deludere i suoi genitori, non poteva essere suo amico.
Fece un passo indietro, le parole gli uscirono estranee come se fosse un altro a parlare al posto suo.
“Cosa vuoi? Lasciami in pace… sfigato” aggiunse.
Naruto lo fissò ferito, un’espressione così acuta che sembrò trapassarlo come una scheggia di vetro. Sasuke distolse lo sguardo e scappò via, dentro la classe e non rivolse più attenzione a quello che stava succedendo.
Ma appena varcò la porta, la stanza non c’era più ed era finito dentro un sottobosco. Accanto alle sequoie giganti della Terra del Fuoco, con l’erba che arrivava alle sue ginocchia, c’era un Naruto più alto, sporco e selvaggio, i capelli più lunghi e lo sguardo più ferino.
“Bugiardo” sibilò.
E Sasuke sentì delle mani sul collo soffocarlo.
 
Si svegliò di colpo, ansimando. Il terreno sotto di lui continuava a sussultare in un continuo dondolio, si rese subito conto di essere steso su un carro.
“La Bella Addormentata si è svegliata”.
Il tono pigro e familiare del suo sensei gli provocò una fitta alla tempia, si sentiva la testa pulsare e anche gli occhi continuavano a fargli male. Registrò quello che aveva detto e a fatica si tirò a sedere. Si accorse così di essere su un calesse, un contadino stava guidando i cavalli dando loro le spalle. Kakashi aveva la solita espressione poco presente, mentre quella di Sakura era piena di preoccupazione.
“Sasuke! Come stai?”
I tono della compagna di squadra era troppo acuto, strinse gli occhi e cercò di rimettere in ordine i pensieri.
“Per quanto sono stato svenuto?”
“Non molto” lo rassicurò Kakashi, per una volta non aveva il viso affondato tra le pagine di un porno. “Il tempo di trovare un passaggio. Fra poco saremo a Konoha”.
Si guardò attorno, cercando di scacciare i rimasugli di quel sogno. Anche se non era proprio un sogno, era un ricordo che la sua mente aveva rielaborato dopo gli ultimi avvenimenti. Naruto aveva appena scatenato il senso di colpa che aveva tenuto a bada per tutto quel tempo, una parte di lui si era sempre sentito colpevole di non aver difeso Naruto quel giorno.
Quando i suoi genitori avevano scoperto che aveva iniziato a passare del tempo con quel bambino che tutti evitavano, gli avevano ordinato di smetterla e non parlargli più, di non lasciarsi coinvolgere in alcun modo da lui. Sasuke all’epoca era così disperato di avere anche un solo grammo di approvazione da parte di suo padre che aveva accettato senza porre domande. Non era più andato al loro campo di allenamento, all’Accademia aveva fatto finta che non esistesse e quell’unica volta che aveva parlato di un loro possibile legame davanti agli altri aveva negato crudelmente. Qualche giorno dopo Naruto era sparito e una parte di lui aveva sempre avuto la sensazione che fosse colpa sua.
È stata davvero colpa mia?
Si stropicciò gli occhi, più si inoltrava in quei pensieri più bruciavano. Ma era una sensazione diversa dal bisogno di piangere, era come se li avesse sforzati troppo.
Se avessi disubbidito a papà sarebbe rimasto? Saremmo stati amici?
“Sasuke, attento. Ti stai per riaprire la ferita” lo avvisò Himawari.
Si accorse solo in quel momento che non stava più sanguinando. Passando le dita sentì un cerotto.
“Ti ho curato io” gongolò fiera la compagna di squadra.
Grugnì affermativo e tornò a strofinarsi gli occhi. Doveva aver preso una botta davvero forte, gli sembrava che la testa si stesse spaccando in due.
Sentì che Kakashi lo chiamava, ma non rispose troppo concentrato a lottare contro quella sensazione. Sembrava essere collegata direttamente al dolore nel petto, quello che i rimpianti avevano causato.
Sussultò quando Kakashi lo afferrò con decisione al mento, costringendolo a guardarlo, mentre con l’altra mano allontanava il suo pugno dagli occhi. Il volto del sensei gli apparve chiaro come non mai, riusciva a vedere le sfumature di grigio nel suo occhio pigro, distinguere le ciglia chiarissime e vedere i pori della pelle.
“Complimenti, Sasuke” disse lento. “Hai risvegliato il tuo sharingan”.
Non reagì, troppo sorpreso dalla rivelazione. Aveva sempre immaginato che i suoi occhi si rivelassero durante una battaglia, sul momento non ci credette nemmeno. Sbatté le palpebre, guardando le sue compagne di squadra. Entrambe avevano espressioni sbigottite, ma la prima a riprendersi fu Sakura che gli tese il suo coprifronte per specchiarsi. Mentre lo prendeva gli tornarono alla mente le parole che aveva detto Naruto quel pomeriggio.
Per lo sviluppare lo sharingan devi provare un forte dolore emotivo.
Fissando il riflesso di due iridi rosse, Sasuke capì che gli aveva detto la verità.
 
 
 
 
 
Lungo ritardo, ma alla fine il terzo capitolo è arrivato :D
Ora è più chiaro il rapporto tra Naruto e Sasuke. Prima che Naruto lasciasse il villaggio avevano tentato una sorta di amicizia impacciata, che è crollata non appena i genitori di Sasuke gli hanno proibito di stare con lui. Naruto non sa che è per questo, motivo per cui ci è rimasto così male. Invece posso tranquillamente anticiparvi perché sia Fugaku che Mikoto non volevano che Sasuke si avvicinasse a Naruto, o meglio al Jinchūriki del Kyūbi: siamo nel post attacco-Kyūbi, l’intero villaggio è convinto che siano stati gli Uchiha a organizzarlo e sicuramente non avrebbero preso bene un avvicinamento del clan (grazie a Sasuke) al Jinchūriki; per tenere le acqua più calme Fugaku ha preferito tenere lontano i due. Ecco qui.
In ogni caso Sasuke ha i suoi motivi per sentirsi in colpa, abbastanza da giustificare lo sharingan spero :D Esatto, in questa versione è così che Sasuke lo sviluppa, dopo aver ritrovato e perso ancora il suo primo (quasi) amico <3 spero vi sia piaciuta come idea!
Fa anche la sua comparsa Konan, che in questa storia sarà un po’ la sorella maggiore di tutti xD Deve anche dire che in futuro avrà un piccolo ruolo collegato a Sakura, ma non faccio spoiler <.< e Obito! Obito che ha un leggero attaccamento morboso per Naruto xD Qui è stato abbastanza duro, ma vi prometto che ci sarà abbastanza fluff da loro due *^* Ovviamente niente di romantico, come detto non so ancora come finiranno le coppie, quindi per ora godiamoci il fluff gratuito :D
Grazie per le recensione e grazie per aver sopportato l’attesa. Sto ancora arrancando per via dell’università, ma continuerò ad aggiornare le mie storie. Grazie, grazie e ancora grazie per seguire questa!
Hatta.
 
 
 
 
 
   
 
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