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Autore: Hoshi_10000    06/10/2020    2 recensioni
- Convinto di esser etero? -
- Se anche fosse? -
- Niente, è una cosa così stereotipata che non credevo potesse accadere davvero. -
********
- Che sei anche tu gay? Ti prego dimmi di no, ho scommesso con Kenma. -
- Ha importanza? La domanda non è se sono gay o etero ma di che sesso sia la mia soulmate al massimo, non trovi? -
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fatalmente legati


Quella mattina quando la sveglia aveva iniziato a suonargli nelle orecchie aveva avuto da subito una brutta sensazione, come di qualcosa fuori posto.
Aveva aperto la finestra sul panorama grigio di Tokyo, trovandosi di fronte un cielo cupo e arrivando in cucina aveva realizzato di non aver ricomprato le cialde per la macchina da caffè, ma il suo cattivo umore non aveva fatto una piega, né in meglio né in peggio. In qualche modo la cosa aveva un che d’inquietante.
Si sentiva spesso dire che con la sua faccia scura spaventava la gente ma di solito la sua espressione tetra non corrispondeva al suo umore e si vantava di essere una persona abbastanza equilibrata, ragion per cui il semplice fatto di essere nervoso non faceva che renderlo ancor più teso.
Diede da mangiare a Seijou, grattandogli brevemente le orecchie prima d’uscire di casa e avventurarsi nel traffico di pendolari per andare in ufficio.
Sentiva una sorta di nodo in gola, un’oppressione che gli rendeva difficile respirare, per cui allargò lievemente il nodo della cravatta e il primo bottone della camicia, guardando nel riflesso del vetro delle porte i primi caratteri della frase che la sua fantomatica anima gemella gli avrebbe rivolto.
Gli erano sempre parse assurde, le fantomatiche prime frasi: molte dicevano cose normali come “piacere di conoscerti, io sono Akira” o anche  “scusa, hai perso questo”, altre erano più complesse e prese fuori contesto parevano davvero bizzarre e senza senso.
Approfittando della fermata fatta dal treno per far scendere i passeggeri coprì i kanji appena sotto la clavicola, rivolgendo lo sguardo verso il cielo fuori dal finestrino, pensieroso.
Si era sempre immaginato una bella donna, magari pressappoco della sua età, magari qualcuna atletica come lui che avesse voglia di andare a fare camminate in montagna nel week end e a cui piacesse lo sport, e magari anche saggia, sebbene vista la sua prima frase nutrisse dei forti dubbi.
Tutti i suoi amici avevano bene o male già trovato il proprio compagno, e a lui sembra quasi di essere rimasto il solo che a 27 anni ancora non aveva mai incontrato la propria anima gemella, per la disperazione di sua madre che non faceva che chiedergli quanto ancora avrebbe dovuto attendere per dei nipotini.
Sbuffò vagamente rasserenato, facendosi spazio nella ressa per scendere dal treno e raggiungere il proprio ufficio. Salutò un paio di colleghi in tutta fretta, riuscendo a malapena ad appoggiare la ventiquattrore sulla scrivania prima che Tsuneo si affacciasse nel suo ufficio, ricordandogli che il nuovo impiegato di cui gli aveva parlato avrebbe iniziato quel giorno.
- Vieni che te lo presento. -
Sentì quella sensazione di tensione ritornare a rodergli lo stomaco ma la relegò ad un angolo della sua mente, andando dietro al suo capo per conoscere il novellino che avrebbe dovuto addestrare e trovando il corridoio davanti agli ascensori affollato come non mai.
- Cosa ci fanno qui tutte? - domandò cercando di affrontare la calca di colleghe radunatesi in quell’aria, guardando Tsuneo sorridere sornione.
- Adesso capirai. -
Aprì la porta della sala riunioni rivelando il suo nuovo sottoposto nonché motivo dell’agitazione generale. Era un ragazzo più o meno della sua età, Oikawa, se ben ricordava, ma a differenza sua che al primo impatto terrorizzava la gente, lui pareva attrarla. Alto, capelli castani accuratamente pettinati e occhi del medesimo colore, magnetici come calamite: era senza dubbio uno dei più bei ragazzi che avesse mai visto, ma qualcosa nel suo sorriso lo irritava incredibilmente.
- Hajime - iniziò il suo superiore, prendendosi come al solito la libertà mai concessa di chiamarlo per nome - ti presento Oikawa Tooru. Si è diplomato da poco in economia aziendale e spero che andrete d’accordo. Oikawa, lui è -
- La mia anima gemella spero, sono stanco di aspettarne una, e l’idea che sia un mio senpai mi attira molto. -
Hajime si paralizzò, ritraendo la mano che aveva teso verso il collega e guardandolo sotto shock. Conosceva quella frase, era tatuata sul suo torace da anni e non aveva bisogno del bruciore che sentiva per sapere che sì, quell’idiota arrogante e vanitoso che aveva davanti per qualche motivo era la sua anima gemella.
Fremette di rabbia sotto lo sguardo ora confuso del nuovo arrivato, mentre Tsuneo sorrise, allacciandogli un braccio attorno alle spalle con familiarità.
- Mi sa che hai indovinato, lui è -
Non lasciò al suo capo la possibilità di concludere la frase, scrollandoselo di dosso con violenza e assestando un pugno sul naso a quell’idiota di fronte a lui quando questo cercò di avvicinarsi, scappando poi sulle scale, salendole a rotta di collo fino al tetto dell’edificio.
Perché, perché, perché? Avrebbe anche potuto accettare che la sua anima gemella fosse un uomo, il mondo era pieno di gente che aveva scoperto a quel modo di essere gay, ma non riusciva ad accettare di essere legato per la vita proprio a quel pavone donnaiolo.
Masticò insulti e bestemmie, lasciando che il vento gli sferzasse il viso nella speranza che potesse aiutarlo in qualche modo a calmarsi. Dovrà scrivere a sua madre che può scordarsi i nipoti, poi prenderà le sue cose e si farà trasferire d’ufficio, cambierà casa, nome, paese, se necessario.
Tutti parlano sempre della magia del primo incontro, lui sente solo di voler vomitare, magari addosso a quel Trashykawa o come diavolo si chiama.
- Iwa-chan - sentì la voce petulante di quella nuova grana che si era appena aggiunta alla sua vita, e prima di potersi trattenere si girò di scatto verso di lui, urlandogli addosso “Vattene!”
Ci mise un secondo a realizzare, ritraendosi come scottato dalle sue stesse parole, mortificato. Non gli piaceva quel ragazzo, nemmeno lo conosceva ma già lo trovava fastidioso ed irritante, eppure non era un buon motivo per ferirlo a gratis. Sì, non lo voleva, è vero, ma non avrebbe tratto alcun giovamento dal ferirlo.
Alzò il capo con l’intenzione di scusarsi ma la sua espressione desolata si scontrò con il sorriso dell’altro.
- Bene, adesso almeno so che anche tu sei la mia anima gemella. -
Oikawa piegò vagamente il capo verso la propria spalla, scoprendo l’avambraccio sinistro e mostrandogli quei quattro caratteri incisi indelebilmente sulla sua pelle. Lasciò la manica sollevata ad altezza del gomito tendendo di nuovo la mano nella sua direzione.
- Come si diceva dentro, è un piacere conoscerti, Iwa-chan. -
Il castano tese la mano verso di lui, perfettamente a proprio agio, mentre al contrario Iwaizumi la strinse ancora sotto shock.
- Tsuneo ha detto che abbiamo il giorno libero, che ne dici di andare a prenderci un caffè? -
Guardò ancora sconvolto l’espressione leggera del ragazzo di fronte a lui e annuì, incapace di spiaccicar parola.
 
 
- Convinto di esser etero? - osservò l’espressione sorridente del ragazzo di fronte a lui, sentendo l’istinto di dargli un secondo pugno rimontare potente, limitandosi a bere in un sol sorso il proprio caffè e riappoggiando la tazzina sul tavolo con violenza.
- Se anche fosse? -
- Niente, è una cosa così stereotipata che non credevo potesse accadere davvero. -
Lo trucidò con un occhiataccia, soffiandogli senza tanti problemi il caffè da sotto il naso.
- Quella era mia. -
- Peccato, è sparita. - gli fece il verso monocorde, riappoggiando la tazzina vuota sul tavolo e ordinando quella volta una vera caraffa. Forse se sarà bravo potrebbe addirittura darne un po’ all’idiota che ha di fronte.
- E tu come sapevi che la tua anima gemella sarebbe stato un uomo, sentiamo. -
Tooru sorrise, prendendo una delle due tazzine e versandosi da solo un po’ di caffè. Non rispose subito, limitandosi a guardare Iwaizumi da sopra il bordo della tazzina fin quando non intuì di essere prossimo a ricevere il famoso secondo pugno.
- A 17 anni ho realizzato che nessuna ragazza mi avrebbe mai detto “no” o men che meno “vattene!”, quindi ho capito che la mia non poi così dolce metà doveva essere un uomo. -
Ragionamento semplice e lineare, forse in fondo quello Shittykawa non era poi così cretino.
Sospirò, allungando un braccio al centro del tavolino per riempirsi di nuovo la tazza, più per fare qualcosa che non per reale interesse verso il caffè.
- Bel gancio destro, comunque. -
Tutta la bevanda gli andò di traverso, ustionandogli la gola e facendolo tossire come un dannato sotto lo sguardo divertito dell’altro ragazzo, per nulla propenso ad aiutarlo.
- Che sport hai fatto per sviluppare una muscolatura così uniforme? Nuoto, o forse basket? -
- Pallavolo. -
- Che ruolo? -
- Schiacciatore laterale. -
- Perfetto, io sono alzatore, troviamo un campo uno di questi giorni? -
Gli lanciò una delle sue peggiori occhiatacce, sfilandosi direttamente la cravatta e massaggiandosi la gola: di certo non si aspettava di vedere Oikawa sporgersi verso di lui e afferrarlo per uno dei baveri della camicia.
- Che diamine stai -
- Guardavo la tua frase. - rispose risedendosi al suo posto, il solito sorrisino un po’ beffardo stampato in volto. Non ci aveva mai fatto caso fino a quel momento, ma l’angolo destro delle sue labbra era lievemente meno alzato di quello sinistro.
- A te quand’è comparsa? -
- Quand’ho iniziato le medie. -
- Senti senti, a me alle elementari. - i suoi occhi parevano come attraversati da un ombra di non avrebbe saputo dire cosa.
- Come ti aspettavi che fossi? -
Lo squadrò per un po’, quella sua espressione da idiota, il modo in cui la guancia si deformava a contatto con la mano, il gomito sul tavolino, sembrava un cretino in vena di fare gli occhi dolci alla cameriera, ma cominciava a sospettare che dietro tutta quella leggerezza ci fosse dell’altro.
- Andiamo, non sei il primo etero a rifiutarmi, voglio solo sentire cosa ti aspettavi da me. -
Lo guardò ancora un secondo con aria vagamente impensierita, poi capitolò.
- Mi aspettavo una donna anzitutto, -
- E questo l’avevo capito, prosegui. -
Ponderò di distruggergli la testa sul tavolino di vetro ma si trattenne per non rischiare di rovesciare il caffè rimasto e dover pulire.
- Più basso di me, capelli lunghi, sorriso dolce -
- La quinta o ti saresti accontentato di qualcosa in meno? -
Quella volta lo prese alla nuca, assestandogli un non proprio delicato schiaffò.
- Meno vanitoso, arrogante e seccante. -
- La tua immagine di me non mi assomiglia molto in effetti. - valutò con espressione di leggero scherno, eppure Iwaizumi non poté evitarsi di notare ancora una volta quella piega del labbro e il modo in cui gli occhi fossero un po’ troppo spalancati per poter essere definiti normali.
- Direi per niente. -
Oikawa ridacchiò divertito, tirando indietro la sedia e alzandosi dal tavolo.
- Pago io il caffè, mi sembra il minimo, vista la delusione che ti ho dato. -
Si girò diretto alla cassa, senza aggiungere altro, ma senza davvero rifletterci Hajime lo bloccò, trattenendolo per un polso.
- Faccio io, ti ho trattato in modo orrendo. -
- Ma no, non ti preoccupare, ho avuto vent’anni per prepararmi al tuo rifiuto, me l’aspettavo. -
Afferrò anche la mano che il ragazzo davanti a lui sventolava di fronte a sé con noncuranza, fissandolo semplicemente, senza dire una parola fin quando non vide le prime lacrime iniziare ad accumularsi nei suoi occhi.
- Lasciami andare Iwaizumi. -
Non gli sfuggirono l’uso del suo cognome completo anziché il fastidioso nomignolo, il tono rotto, il tremolio del labbro o il modo in cui strinse il pugno. Non conosceva Oikawa Tooru, ma se il destino glielo aveva assegnato come partner gli piaceva pensare che ci fosse un motivo.
- Mi dispiace Tooru. -
Per un secondo il tempo parve congelarsi, poi dalla gola di Oikawa uscì il primo singhiozzo, seguito a breve distanza dal secondo e da un copioso numero di lacrime.
Lo abbracciò perché il ragazzo di fronte a lui doveva avere un carattere forte, questo era evidente, e non si sarebbe mai perdonato di fare una scenata del genere in pubblico, per cui l’unica cosa che riuscì a fare fu fargli appoggiare la testa sulla sua spalla, incurante di sporcare la camicia, fin quando l’altro non finì.
Non era convinto di poter davvero amare un uomo, tantomeno uno come Tooru Oikawa, ma poteva almeno dargli una canche.
   
 
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