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Autore: SkyDream    07/10/2020    2 recensioni
[IwaOi and KageHina]
Oikawa e Iwaizumi assistono alla partita tra Karasuno e Shiratorizawa. Il setter rimane particolarmente colpito dal feeling tra Kageyama e Hinata, al punto da voler mescolare benevolenza e vendetta per mettere su un piano per stuzzicare il suo acerrimo nemico.
Iwa-chan non è convinto, ma decide comunque di assecondarlo, trovandosi immischiato in una situazione che coinvolge sia i due amici della Johsai che della Karasuno.
Riusciranno a riappacificarsi e ad avvicinarsi?
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Dal testo:
«Quando dico “riappacificare” non intendo “vendicarsi malamente”, Tooru. Lo sai questo, sì?».
«Come sei pessimista, Iwa-chan! Voglio solo dargli una spintarella in avanti!».
«Non è una spintarella, è uno sgambetto!».
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«Che hai da guardare, Chibi-chan? Molto probabilmente saremo in squadra insieme, non ti alletta l’idea di sconfiggere il Re?».
«Non ci sono dubbi sul fatto che io lo sconfiggerò, ma questo non significa che sarà facile, Oikawa. Kageyama è uno stupido, irritabile, dispotico Re, ma ti assicuro che è il Re più forte con cui potrai mai scontrarti».
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia nasce grazie a WiseGirl che, con le sue miriadi di fanart, mi ha fatto apprezzare la IwaOi senza farmi dimenticare della KageHina.
E' per te, fangirl disperata che urla "Sono Canon" ad ogni fanart!
Continua a mandarmele, soprattutto quelle con Shoyo, sempre molto apprezzate <3

Grazie anche alla mia parabati, che mi aiuta con i titoli e mi sostiene nei momenti no.
Per "mi sostiene" intendo dire che anche lei mi manda foto di Sho.
Insomma, sono una tipetta semplice da consolare.


~ Chance Ball ~ Un piano inaspettato


«Finirai per sanguinare, di nuovo.» Iwaizumi portò il mento su una mano, non aveva minimamente spostato lo sguardo dalla partita che avanzava.
«Nn m-ntrss.» Rispose l’altro senza smettere di mordersi il labbro inferiore. Fissava Kageyama su quel parquet lucido che continuava a sollevare il pallone e a segnare contro lo Shiratorizawa.
«So che non ti interessa, ma sfogare la tua frustrazione sul tuo corpo non ti farà andare alle nazionali. Inoltre finiscila di divorare con gli occhi quel povero di Kageyama! Ah, Tooru, un’ultima cosa…».
«Ch css vui?».
«Ti ho detto smettila di sanguinare!» Iwaizumi avrebbe potuto poggiare delicatamente un fazzoletto sul labbro ferito del suo amico, ma preferì tirargli un vero e proprio ceffone sul viso.
Fu comunque un ceffone munito di fazzoletto.
«Non vedo! Iwaaa-chaaan non vedo! Togli la mano!» Tooru cercò di defilarsi dalla presa del suo amico che aveva ripreso a insultarlo in modi molto coloriti.
«Giurami che la smetterai di morderti il labbro o, credimi, ti schianterò la testa sugli spalti e ti farò sanguinare davvero!» La sua voce non ammetteva repliche e, soprattutto, aveva quel tono che davvero lasciava presagire una testata sugli scalini.
«Lo giuro, lo giuro, ora fammi vedere!» Tooru cercò di fargli gli occhi dolci, per quanto fosse cosciente della sua posizione sfavorevole. Iwaizumi allontanò la mano, fece scivolare il fazzoletto insanguinato sulle dita del suo amico e si ritrovò a sospirare per l’ennesima volta.
Oikawa avrebbe mai accettato le parole che metteva tra le righe quando lo insultava? Che sapesse leggerle era ormai chiaro, il punto era quando avrebbe cominciato a dargli peso.
Si passò una mano tra i capelli, arruffandoli, e tornò con lo sguardo sulla partita.
«Chibi-chan non ha più aperto bocca, hai notato?» Tooru stava cercando di togliere le ditate dalle lenti degli occhiali, il panno per i vetri strofinava un po’ a caso, era totalmente distratto dai movimenti di Hinata.
«Probabilmente si sta soltanto concentrando, se non sbaglio questo è il loro primo incontro a cinque set. Anche il nostro non è stato facile e, soprattutto, non eravamo con lo Shiratori».
Oikawa annuì, inforcò gli occhiali - ora decentemente puliti - e spostò il ciuffo di lato. Sospirò pesantemente al quarto punto della Karasuno, portandosi sempre di più verso la spalla del suo amico.
«Volevo esserci io lì, me lo meritavo più di Tobio-chan!».
«Lo so, Tooru, lo so».
«Ti avrei fatto fare delle schiacciate così belle da finire dritto sulla copertina di Fly Volleyball».
«Ci siamo già finiti una volta, Tooru».
«Una seconda volta, un bel primo piano! Invece no, ho fallito e siamo qui a guardare la disfatta di Chibi-chan».
Iwaizumi assottigliò gli occhi e lo guardò come si sarebbe guardato un bambino capriccioso. Chiamò a se tutta la pazienza di cui era dotato e, anziché prenderlo nuovamente a ceffoni, si limitò a carezzargli la testa.
«Certo che sei proprio stronzo, dai per scontato che la Karasuno perderà?» Il suo tono era calmo, gli occhi saettavano cercando di stare dietro il pallone.
«Se Tobio-chan e Chibi-chan continueranno ad evitare di guardarsi negli occhi, la vedo dura.» Riflettè l’altro concentrandosi sull’espressione corrucciata del suo acerrimo nemico.
Tobio non era rilassato, era teso, tesissimo, sia per la stanchezza dei cinque set, ma anche per la pressione a cui era sottoposto.
Gli occhi di Hinata lo cercavano, bramavano la vittoria più di qualunque altra cosa e sembravano urlare “Ho bisogno di te per farcela”.
«E se lo sento io da quassù, figuriamoci come deve sentirlo Tobio-chan!» Sbottò all’improvviso. Iwaizumi si voltò senza capire, non era comunque la prima volta che Tooru parlava tra se, per cui non si preoccupò.
Poi cominciò a ridere, era proprio la risata malefica che metteva in atto quando voleva farla pagare a qualcuno. Hajime stavolta cominciò a sudare freddo, temeva quasi di sapere cosa passasse per la mente del suo amico.
«Iwa-chan, se la Karasuno vincerà questo incontro, gli farò un bel regalo!».
«Un regalo? Alla Karasuno? Due minuti fa piangevi perch-».
«E tu mi aiuterai!».
Tooru si ritrovò un bernoccolo in testa, ma non dubitò nemmeno per un momento della complicità del suo compagno.
 

«Se la sono cavata proprio bene nonostante i vari incidenti di percorso. Sono davvero orgoglioso di questa squadra!» Il sensei continuava a guidare senza premere troppo sull’acceleratore. Certo, anche lui non vedeva l’ora di tornare a casa e concedersi una sana e lunga dormita, ma doveva prima pensare al bene dei suoi alunni.
L’intera squadra si era infatti addormentata sui sedili posteriori, Nishinoya era crollato sulle ginocchia di Tanaka che, con la bocca aperta, continuava a russare come un trombone.
Perfino Suga e Daichi si erano addormentati quando, solitamente, erano sempre composti e, al massimo, in dormiveglia. Tsukki sembrava finalmente aver ritrovato la pace e si concesse di utilizzare la testa di Yamaguchi come cuscino provvisorio, il suo amico lo lasciò fare nonostante fosse scomodo.
Quelli che più avevano colpito Ukai durante il suo sguardo ai sedili, però, erano Hinata e Kageyama.
Fino a poco prima di salire avevano continuato a battibeccare ma, appena entrati sul bus, si erano seduti l’uno a fianco all’altro e si erano addormentati vicini. Shoyo si era poggiato alla spalla solida del suo amico che, a sua volta, si era poggiato sui capelli morbidi dell’altro.
Prima di sprofondare tra le braccia di Morfeo, però, le loro dita si erano cercate e trovate in un intreccio che era durato davvero pochi secondi.
Le loro mani si erano poi accostate delicatamente, rimanendo comunque legate.
Tobio pensò che le dita di Shoyo fossero davvero troppo dure e screpolate soprattutto a causa delle corse in bicicletta che, con il freddo, avevano finito per ustionargli leggermente anche gli zigomi.
Nonostante questo, le tenne strette tra le sue che erano invece calde e morbide, curate di tutto punto per poter prendere confidenza con la palla senza alcun problema. Gli piaceva scaldare le mani di Shoyo, sentirle diventare sempre più tiepide tra le sue.
Era una sensazione strana, forse sbagliata ma non poteva fare a meno di pensarlo ogni volta.
Ukai non riuscì a notare quel particolare ma si chiese quale reale emozione provassero quei due nel momento in cui colpivano la palla con la loro incredibile coordinazione.
Tornò a guardare la strada giusto in tempo per non vedere un leggero sorriso emergere dalle labbra dei due compagni.

 
 
«Ne sei convinto, Tooru?» Iwaizumi si grattò la testa e prese posto sul solito muretto, poggiò la borsa accanto a se e aprì una mano in direzione del suo amico che, come un gesto automatico, gli passò la sua.
«Sei stato tu a dirmi di riappacificarmi con Tobio una volta per tutte, o sbaglio?» Tooru si allontanò momentaneamente, sapeva che il ragazzo alle sue spalle aveva ripreso a sospirare come sempre, ma non si fece scoraggiare.
Arrivò davanti il solito camioncino delle crepes e afferrò i due dolci già pronti che aveva ordinato poco prima. Sorrise al vecchietto che, fin da piccoli, aveva rallegrato e addolcito i loro pomeriggi all’uscita da scuola.
Iwaizumi sorrise spontaneo davanti la sua crepes, Tooru - ormai da anni - aveva smesso di chiedergli quale volesse. Era sempre la stessa: marmellata ai mirtilli con zucchero a velo. Quel sapore acre e a tratti dolce, che poteva tranquillamente riassumere il suo carattere, era costellato di miriadi di bei ricordi.
«Quando dico “riappacificare” non intendo “vendicarsi malamente”, Tooru. Lo sai questo, sì?».
«Come sei pessimista, Iwa-chan! Voglio solo dargli una spintarella in avanti!».
«Non è una spintarella, è uno sgambetto!».
«L’importante è che funzioni, magari si rompe pure il polso una volta per-».
«Tooru!» Iwaizumi lo minacciò con la crepes in mano, non emanando nemmeno un decimo della sua solita spietatezza.
Il naso sporco di zucchero non aiutava e Oikawa decise, pur conoscendo i rischi, di scoppiare in una fragorosa risata.
Iwaizumi riuscì quasi a farsi trascinare, si sedette nuovamente e con un sorriso tornò ad affondare i denti nel suo dolce.
Oikawa non aveva mai capito come il suo amico riuscisse a sporcarsi in quel modo con una semplice crepes, ma adorava togliere lo zucchero e la marmellata da quelle guance morbide che solo raramente si sollevavano in un sorrisetto sornione.
«E comunque sono davvero armato di buone intenzioni, sei tu che hai poca fiducia!» Sottolineò con un cipiglio imbronciato mentre poggiava un polpastrello sullo zigomo dell’altro.
«Ho poca fiducia perché ti conosco! Piuttosto, hai già pensato a come fare?».
«Ho appena mandato un messaggino al nostro sensei, entro stasera mi farà avere risposta! Essendo del terzo anno, potrei tranquillamente giocarmi la carta “L’ultima partita, sensei, la prego” e vincere facile.» Tooru sorrise soddisfatto del suo piano geniale, mentalmente si applaudì e si fece anche i complimenti.
Iwaizumi portò l’indice sulla fronte dell’altro, riportandolo alla realtà.
«E tu vorresti giocarti la tua ultima preziosissima carta per aiutare proprio Kageyama? Ti è forse salita la febbre?».
«Pensaci, Iwa-chan, potrei essere il palleggiatore di Hinata per un’intera partita e mostrargli come lui non sia poi così indispensabile come crede. Che botta per la sua autostima e per il suo povero cuore!».
«Sgambetto!» Urlò Iwaizumi aggrottando le sopracciglia e senza staccare l’indice dalla fronte del suo alzatore. Come poteva giocarsi quella preziosissima carta per il suo “acerrimo nemico” e non per lui?
Inghiottì quella piccola nota di gelosia.
Poi sembrò realizzare qualcosa nella sua mente, metabolizzarla e riprendersi da quella notizia. Sollevò un angolo della bocca in un sorriso mostruoso che fece accapponare la pelle del povero Oikawa.
«Iwa-chan, tutto bene?».
«Volevi lo sgambetto? Faremo lo sgambetto, Tooru, stai solo attento ai tuoi lacci delle scarpe!».
Oikawa abbassò lo sguardo verso i suoi piedi e si perse a contemplarli qualche secondo prima di realizzare quanto il suo amico lo avesse preceduto.
«Aspetta, Iwa-chan, spiegami!».

 
«Altri cinque minuti» Hinata si rigirò sotto le coperte e diede le spalle al telefonino.
Uno squillo. Due squilli.
Tre.
Una piccola manina afferrò la maniglia della porta e la spalancò con insolita violenza per la sua età.
«Lo spegni quel coso? Oggi non ho scuola e vorrei dormire!» Una bimbetta dal pigiamino rosa prese a tirare piccoli calci sul futon del suo fratellone.
Hinata si svegliò del tutto e si sedette afferrando il cellulare. Rispose con un verso non identificabile.
«Boke, si può sapere dove ti sei cacciato? Sensei ti ha mandato il messaggio più di un’ora fa!» La voce di Kageyama convinse la piccola Natsu che poteva tornare a dormire tranquillamente. Quello perplesso fu invece Hinata che, scorrendo le varie notifiche, trovò almeno una decina di messaggi da parte dei suoi compagni.
«Ci sarà una riunione tra circa cinque minuti, credi di arrivarci?».
«Mi servono almeno trenta minuti per percorrere tutta la strada!» Hinata si stava già togliendo il pigiama con il telefono incastrato nell’orecchio e tentava, vanamente, di infilarsi i calzini con una mano soltanto.
«Allora vedi almeno di sbrigarti e di rispondere ai messaggi quando te li mandano!» Kageyama staccò la telefonata e sospirò pesantemente.
Lì alla Karasuno avevano scommesso tutti che Shoyo sarebbe arrivato per primo nonostante la ripida salita da fare con la bicicletta. Con gran sorpresa, però, dovettero constatare che sicuramente doveva essersi addormentato.
«Quindi anche quel mostro ha bisogno di ricaricare la batterie a volte!» Tsukishima inserì un po’ troppa enfasi e stupore nella frase, ritrovandosi gli occhi dell’intera squadra addosso. Daichi aprì la porta della palestra, era rassicurante ritrovarla esattamente come l’avevano lasciata, solo che rientravano su quel parquet da vincitori.
Avrebbero rappresentato la loro prefettura alle nazionali e non poteva desiderare nulla di meglio.
«Chissà cosa avrà da dirci il sensei a quest’ora del mattino.» Yamaguchi sbadigliò con una mano davanti la bocca, massaggiandosi una guancia lentigginosa subito dopo.
Kageyama raggiunse la cesta con i palloni e ne afferrò uno prima di sollevarlo in aria, palleggiare in solitudine lo aveva sempre rilassato e, quella mattina, lo fece per l’ennesima volta. Senza Hinata dietro di sé a fissarlo con lo sguardo da “fammi schiacciare!” si sentiva decisamente meglio.
Era rilassante.
Per un momento però si immaginò in quella palestra senza di lui, senza il suo sguardo attento verso la palla e senza le sue urla nelle orecchie, senza il rumore delle sue scarpe contro il pavimento di legno, pronte a saltare.
La palla rotolò a terra, lenta, fino alla rete.
«Tobio, va tutto bene?» Sugawara si era già cambiato e si avvicinò a lui cominciando a stirare le braccia.
«Sì, mi sono solo distratto. Sensei non è ancora arrivato, non è strano?» Kageyama abbassò lo sguardo e inseguì il pallone, sperò che dalla sua espressione non trapelasse l’angoscia che gli aveva stretto il petto.
Era angosciante il pensiero di rimanere senza uno schiacciatore come Hinata.
«Probabilmente si sarà addormentato anche lui, o forse ha avuto un contrattempo. Meglio così, Shoyo non reggerebbe all’idea di essersi perso qualcosa di importante!».
Gli altri membri della squadra uscirono dallo spogliatoio chiacchierando pigramente, nonostante la vittoria sembravano comunque poco energici.
La partita con la Shiratori li aveva provati tutti, nessuno escluso. Perfino Hinata e la sua solita energia erano venuti meno.
Tsukishima si guardò la mano fasciata, in quelle condizioni poteva fare ben poco e non era così sconsiderato da farsi male per un allenamento. Poteva però lanciare qualche palla all’alzatore, almeno sarebbe rimasto in campo con i suoi amici e non avrebbe passato la mattinata a guardarli seduto in un angolo della palestra.
Amici.
Tsukki aveva appena pensato ai suoi compagni di squadra come “i suoi amici”.
La cosa lo spaventò tremendamente, tirò un calcio al pallone che aveva vicino che colpì in pieno il palo della rete deviando traiettoria e giungendo, con precisione millimetrica, sulla faccia di Shoyo.
Il ragazzo, che aveva proprio in quel momento aperto la porta della palestra, si ritrovò sdraiato sul cortile con il naso sanguinante.
“Che cosa diamine era quello?” pensò non riuscendo nemmeno a muoversi.
Daichi corse in suo aiuto, preoccupato del fatto che avesse potuto battere la testa.
C’erano già stati abbastanza infortuni per quella settimana, uno Shoyo senza scatola cranica potevano anche evitarlo.
«Hai sbattuto? Ti fa male? Perché hai il fiatone?» Chiese mettendosi in ginocchio e facendolo sedere piano piano, notò che sembrava stranamente stordito.
«No, ho scaricato il peso della caduta sulle braccia.» Rispose, il tessuto della felpa, a livello dei gomiti, confermava la versione dei fatti. Non aveva battuto violentemente.
«Boke! Che diavolo ci fai qua?» Urlò Kageyama con un sopracciglio alzato e avvicinandosi.
«Sei scemo? Mi hai chiamato tu poco fa per dirmi che il sensei doveva parlarci!» Hinata si sollevò in piedi, ancora leggermente stordito, e accettò di buon grado il fazzoletto che Yamaguchi gli aveva portato.
«Ti ho chiamato venti minuti fa, come fai ad essere già qui?».
«Ho corso un po’ più veloce del solito».
Calò il gelo. Hinata ci metteva trenta minuti e già, di per sé, poteva essere considerato un fenomeno.
Impiegarci addirittura quindici minuti rasentava il paranormale.
Sugawara interruppe il silenzio con una fragorosa risata che finì per contagiare anche gli altri, prese Hinata sotto braccio e lo invitò a sedersi in panchina per bere dell’acqua.
Daichi sospirò, sollevato, nel constatare che le condizioni del suo kohai fossero dovute all’immane pedalata e non alla botta. Almeno per il momento non avrebbero dovuto cercare una nuova esca.
Proprio in quell’istante il coach Ukai e il sensei fecero il loro ingresso nella palestra, richiamando tutti all’ordine.
Ukai si appuntò mentalmente di chiedere, in un secondo momento, perché Hinata avesse un tamponcino nel naso ed un ematoma in fronte.
«Ragazzi, ecco la notizia che stavate aspettando! So che avete passato il torneo solo ieri e che sicuramente sarete stanchi, ma ho comunque pensato di non sprecare questa occasione, quindi vedete di riposarvi per bene finchè potrete. Domani mattina, in questa palestra, avremo come ospite la Johsai al gran completo.» Il sensei tossì un paio di volte prima di continuare.
Le facce stravolte dei suoi alunni lo fecero tentennare un momento.
«Non solo, il loro allenatore mi ha fatto una proposta che non mi sono sentito di rifiutare: mescoleremo le squadre. Questo vi aiuterà a capire i punti di forza e i punti deboli dei vostri compagni e vi darà modo di pensare come degli avversari. E’ un allenamento molto faticoso che differisce dai soliti tre contro tre che organizziamo autonomamente.» Sorrise e concluse la frase battendo le mani l’una contro l’altra, in attesa di una qualunque risposta.
Silenzio.
«La Josai come ospite per un allenamento misto? Ho capito bene?» Daichi espresse ad alta voce il pensiero di tutti, nessuno si oppose.
«Sì, non credi anche tu che sia un’occasione di crescita?» Il sensei si sforzò di sorridere. Aveva la sensazione che presto lo avrebbero preso a pallonate.
Hinata fu il primo a sollevarsi in piedi, o meglio, a saltare in piedi.
«Questa è l’occasione perfetta per poterti battere, Kageyama!» Esclamò puntando un dito contro il volto, altamente contrariato, del suo amico.
Tobio si era sforzato di non scappare nello spogliatoio per inginocchiarsi in un angolino e tentare di riprendersi.
Il suo schiacciatore sarebbe stato in campo con Oikawa, e avrebbe dovuto lottare per non perdere con entrambi nella stessa partita.
Sì, era un’amichevole ma poco importava per lui.
«Anche tu sei d’accordo, no, Kageyama?» Il coach Ukai lo interpellò con un sopracciglio alzato, era stato l’unico a non commentare e sembrava avere la testa totalmente altrove.
«Sì, certo! E’ un’ottima occasione e non la sprecheremo!».
Sì, doveva approfittare di quella situazione in qualche modo. Ma come?
Vincendo. Non vi era altro modo.

 
Vibrazione.
Led blu della notifica.
Schermo che si illumina.
“Missione compiuta, Iwa-chan! Domani mattina alle otto davanti la Karasuno, vieni con me? Kiss, Tooru”.
Iwaizumi non rispose subito, portò il telefonino al suo fianco e un braccio sulla fronte, come fosse sfinito.
Era sfinito!, quella situazione continuava a fargli tremare la terra sotto i piedi e cominciava a diventare insopportabile.
Avrebbe dovuto dare il meglio di sé in quell’amichevole mista, quantomeno per non dare soddisfazioni a Tooru.
Diamine. Se n’era accorto senz’altro, Tooru, non c’erano dubbi. Lo sapeva che il suo migliore amico era schifosamente geloso e giocarsi la sua ultima partita per far schiacciare Hinata gli dava un fastidio tremendo.
Si sentiva intimamente tradito.
Ma sapeva anche che Oikawa non avrebbe mai trattato qualcuno come lui, né gli avrebbe mai rivolto quei sorrisi sinceri.
Rari sorrisi sinceri. Rarissimi.
Hajime li aveva visti tutti nella sua vita ed erano davvero pochi. Come la prima volta, da bambini, in cui erano riusciti a fare la loro prima veloce.
Avevano portato le mani in aria continuando a ridere e saltare, Oikawa aveva sorriso così tanto che il viso sembrò trasformarsi, le guance diventarono rosate e gli occhi lucidi di gioia.
Iwaizumi avrebbe voluto avere su di lui lo stesso effetto di quella prima veloce invece, più crescevano, più Tooru si comportava da stronzo.
Soprattutto con lui, cercava evidentemente di infastidirlo in più modi.
Era sempre gentile con i suoi compagni, li ascoltava e li stimolava.
Spiegava alle matricole le basi della pallavolo, si rivolgeva ai senpai diplomati in caso di problemi, si allenava più di tutti per dare sempre il massimo.
Così - esternamente - sicuro di sé, sempre splendente con quella divisa color acqua che gli risaltava i lineamenti del volto.
Era frustrante, soprattutto perché Hajime conosceva il vero Tooru, quello insicuro che prendeva a pugni il muro dello spogliatoio fino a scorticarsi le nocche.
Quello che sentiva addosso l’inferiorità verso chi veniva acclamato come o più di lui.
Quello che aspirava alla perfezione e, quando falliva, usciva fuori di testa.
Iwaizumi lo conosceva bene e sapeva placarlo, sapeva fargli chiudere gli occhi e respirare. E Tooru tornava quello di sempre. Sorrideva senza farlo per davvero.
«Vai al diavolo, Oikawa Tooru!» Il ragazzo si alzò dal suo futon lasciando il telefono lì, fra le coperte, si infilò le scarpe e uscì per distrarsi.
Non sentì l’ultima notifica.
 
“P.s. Non vedo l’ora di potermi battere con te. Ti sconfiggerò e tu mi dovrai una crepes con doppio cioccolato!».


 
«No, Kageyama, questa ha fatto Ka-bum! E non Kata-bum!» Hinata saltellava su un piede, poi sull’altro.
Grazie a quella mattina particolarmente soleggiata, finalmente poteva scaldarsi le ossa. Partire alle sei e mezza del mattino, col buio e le strade ancora gelate, era un supplizio oltre ad essere pericoloso.
Daichi e Sugawara gli davano il tormento, si erano perfino proposti di ospitarlo a casa loro pur di non fargli fare quella strada ogni mattina.
Ma poco importava, Hinata l’avrebbe fatta cento volte al giorno pur di allenarsi alla Karasuno.
«Dobbiamo provare con un’angolazione diversa, prova a saltare da lì.» Kageyama gli indicò un punto del prato su cui si stavano allenando, Hinata si preparò ed effettuò una veloce senza la minima sbavatura.
«Questa ha fatto Kata-bum!» Esclamarono all’unisono battendosi il cinque, Tobio si sentì finalmente soddisfatto. Con quell’angolazione sarebbe stata molto difficile riceverla e senz’altro avrebbero potuto giocarsi la mossa alle nazionali.
Rabbrividì per l’emozione al solo pensiero.
«I marmocchi si sono ripresi dal grande scontro vedo!» Una voce interruppe l’allenamento diffondendosi per il cortile della Karasuno.
Oikawa sbadigliò vistosamente e lanciò un’occhiata all’orologio sulla parete anteriore dell’istituto.
«Sono appena le otto del mattino e già vi state scatenando. Non vi converrebbe risparmiare le energie per dopo? Sarà dura per voi due dovervi scontrare l’uno contro l’altro… Ops, ho detto qualcosa di sbagliato, Tobio-chan?» Oikawa portò su un angolo delle labbra in un piccolo ghigno.
Quanto adorava stuzzicarlo e vedere quei pugni chiudersi e il viso farsi scuro.
Tobio era senz’altro bravo - come o più di lui, difficile essere onesti con se stessi - ma chissà per quale motivo continuava a temerlo.
Tremava al suo cospetto e bastava leggergli gli occhi per capirlo.
Oikawa lo intimoriva.
«Non parlare come se avessi già vinto!» Hinata si avvicinò con aria tremendamente seria per il suo solito temperamento.
«Che hai da guardare, Chibi-chan? Molto probabilmente saremo in squadra insieme, non ti alletta l’idea di sconfiggere il Re?».
«Non ci sono dubbi sul fatto che io lo sconfiggerò, ma questo non significa che sarà facile, Oikawa. Kageyama è uno stupido, irritabile, dispotico Re, ma ti assicuro che è il Re più forte con cui potrai mai scontrarti».
Tooru indietreggiò davanti quelle parole, gli occhi di Shoyo erano così sinceri da far paura. Tutto, nella sua minuta postura, metteva i brividi.
«Vedo che non hai allacciato bene le scarpe, eh Tooru?» Iwaizumi se ne stava appoggiato al cancello alle sue spalle, si era goduto la scena a braccia conserte e con un sorriso vittorioso sul volto.
Hinata cominciava a stargli simpatico.
Capiva le intenzioni del suo amico, voleva far ingelosire Kageyama per spingerlo verso Shoyo - seppur fosse un insolito atto misericordioso da parte sua -, ma ciò poteva comportare anche dei problemi.
Soprattutto da parte di chi non si aspettava.
Un frastuono di voci e passi li ridestò da quel momento carico di tensione, il resto della Karasuno si riversò nel cortile e Daichi, con le chiavi in mano, passò avanti per aprire le porte della palestra.
 
Hinata si sciacquò il viso ancora arrossato dall’aria fredda e si specchiò nel bagno del piccolo spogliatoio. Si sentiva al massimo delle sue energie per quella partita così importante, anche se era combattuto.
Voleva sconfiggere Kageyama e dimostrargli quanto fosse cambiato dal loro primo incontro; d’altro canto, però, non voleva vederlo perdere contro Oikawa, soprattutto dopo la meravigliosa partita per la selezione della prefettura.
“Sarà una sfida tra me e lui, Oikawa non c’entra nulla in tutto ciò. Al posto suo poteva esserci chiunque!” Mentì a sé stesso mentre si colpiva le guance già rosse.
Uscì dallo spogliatoio a testa alta e raggiunse i suoi compagni che si erano radunati attorno al coach. Vi era un foglio con i nomi di chi avrebbe partecipato al primo e chi al secondo turno dell’allenamento.
Un set a testa al meglio di venticinque. Avrebbero dovuto approfittare di ogni attimo concesso.
Hinata tentò di mettersi sulle punte per guardare meglio il foglio ma, a causa dei ragazzi ammassati davanti a sé, non vi riuscì.
Inarcò le sopracciglia risentito e, dopo un attimo, qualcuno lo spinse in avanti.
«Fate largo, ragazzi. I marmocchi non riescono a vedere sennò.» Tsukki allungò un angolo delle labbra in un piccolo ghigno, Hinata avrebbe voluto restituirgli la pallonata del giorno prima.
«Che coooosa?!» Shoyo sbiancò tendendo il foglio in mano «Sarò contro Tsukishima?! Ma è ingiusto!».
In realtà non lo era. Aveva combattuto contro avversari più alti e temibili, ma ciò non gli permise di reprimere quel brivido lungo la schiena. Il suo nemico lo guardò con aria di sfida.
 Il coach Ukai battè le mani un paio di volte per richiamarli all’ordine, le due parti del campo avrebbero preso il nome della squadra appartenente al Capitano.
«La Karasuno sarà formata da Daichi, Tsukishima e Kageyama. Insieme a loro ci saranno Matsukawa, Iwaizumi e Hanamaki della Johsai. Anche il libero sarà loro, avrete Watari. Nella squadra avversaria ci saranno Asahi, Tanaka, Hinata e Nishinoya come libero. Insieme a loro, della Johsai, avrete Kindaichi, Kunimi e Oikawa. Mi raccomando, concentratevi e fate del vostro meglio! So che non è facile combattere contro i propri compagni, ma è un esercizio fondamentale per capire come sfruttarvi e proteggervi a vicenda quando sarete in campo.» Ukai battè ancora le mani per incentivarli a disporsi sul campo secondo il loro schema.
Hinata si avvicinò a Kageyama cercando i suoi occhi, portò il pugno di fronte al suo petto e aspettò che l’altro lo colpisse. Era il suo modo per incentivarlo a fare del suo meglio, era sicuro che Tobio patisse molto la presenza di Oikawa.
Lo conosceva fin troppo bene ormai, riconosceva quello sguardo irrequieto che a molti poteva sembrare il suo solito sguardo apatico.
«Metticela tutta, Tobio, perché io non sarò da meno».
Kageyama alzò lo sguardo verso il suo, era così raro sentire Shoyo chiamarlo per nome che riuscì, per un momento solo, a dimenticarsi della partita e dell’ansia che gli stava consumando lo stomaco.
Chiuse le palpebre ed espirò come faceva prima di concentrarsi.
Afferrò un pallone.
“Sono in forma”.
Il pallone colpì terra.
“La colazione mi darà l’energia necessaria”.
Rimbalzò tra le sue mani.
“Non ho nulla da temere”.
Si arrestò tra le sue dita morbide e calde. Sollevò gli occhi.
Oikawa si era avvicinato al suo amico e gli stava sussurrando qualcosa. Hinata aveva portato due dita sotto il mento e sembrava riflettere, poi aveva indicato oltre la rete e aveva preso a saltellare su un piede, come faceva sempre quando aveva voglia di schiacciare.
Se avesse potuto leggere il labiale, avrebbe potuto capire la conversazione.
«Quindi, Chibi-chan, sarò io il tuo setter per oggi! Come vuoi che ti passi la palla?» Chiese Oikawa con un sorrisetto malizioso.
«Esattamente come me la passa Kageyama, è perfetta in quel modo!» Hinata  aveva sorriso come sempre, era emozionato all’idea di giocare al suo fianco eppure, pensò, non avrebbe esitato a difendere il suo amico.
Kageyama era eccezionale e lui lo avrebbe urlato fino alla fine se necessario.
«Vuoi che te la alzi esattamente come Tobio-chan? Posso fare anche di meglio se lo desideri.» Sottolineò l’altro senza perdere il suo sorrisetto.
«Allora vedi di farlo, Oikawa».
Nello stesso momento Iwaizumi si avvicinò a Tobio mettendogli una mano sulla spalla.
«Possiamo togliergli quel sorrisetto dalla faccia per favore?» Gli chiese atono.
«Puoi contarci.» Fu la risposta dell’altro. Entrambi fulminarono gli avversari con i loro occhi.
Quella partita poteva essere giocata benissimo solo da quattro persone, probabilmente sarebbe finita con dei nasi sanguinanti.
E Shoyo doveva ancora riprendersi dall’ultima botta.
«Mi fido di voi ragazzi!» Urlò Oikawa ad entrambe le squadre, i suoi compagni sorrisero di rimando tranne Iwaizumi che preferì inumidirsi le labbra secche in vista dell’inizio partita.
L’arbitro fischiò.
Il servizio toccò alla squadra Karasuno con Hanamaki che sollevò il pallone in aria, Kunimi dall’altro riuscì a sollevarlo in aria con un bagher che finì dritto per dritto tra le mani di Oikawa.
“Vediamo se sei davvero capace di colpirla, Chibi-chan” pensò mentre alzava con una traiettoria ovale. A metà tragitto Hinata era già sollevato in aria e il pallone si scaraventò nel campo opposto con una violenza inaudita.
Lo stesso schiacciatore, dopo essere atterrato, si guardò le mani incredulo, poi sollevò lo sguardo verso il setter. Oikawa sorrideva verso il soffitto ma, era sicuro, i suoi occhi erano rivolti verso Tobio.
Non solo, Iwaizumi notò che per un secondo si era accertato della sua reazione. Lo voleva provocare.
“Allora è stronzo sul serio!” Pensò mentre ruotava passando in seconda linea. Non gli avrebbe permesso di fare neanche un altro punto.
L’arbitro fischiò.
Kunimi sollevò in aria la palla battendola con forza, Watari, il libero appena entrato, riuscì a mantenerla in gioco portandola tra le mani di Tobio che la sollevò verso l’alto senza guardare nessuno in particolare. Non aveva idea di come giocasse Hanamaki, tantomeno Iwaizumi e si chiese che razza di mostro dovesse essere Tooru per poter calibrare così bene già alla prima battuta.
Iwaizumi si sollevò in aria come per battere, catturando l’attenzione di Oikawa in prima linea. Tsukishima però salì più in alto colpendo la palla che atterrò tra le mani di Tanaka con una diagonale.
«Change ball!» Urlò esaltato mentre la palla tornava al setter, Oikawa diede uno sguardo ad Asahi che con una schiacciata riuscì a mandarla addirittura fuoricampo.
Punto pari.
Tutti gli sguardi si spostarono sulle mani di Oikawa che non poteva fare altro che bearsi di quella gloria che si meritava.
“Guardalo come sembra sicuro di se!” Iwaizumi avrebbe voluto prenderlo a calci, il suo amico aveva portato una mano sul risvolto della maglietta per non mostrare quanto gli tremassero le dita.
Aveva stranamente a cuore quella partita evidentemente.
Terzo fischio.
Daichi si preparò a colpire, fece rimbalzare un paio di volte la palla e poi la sollevò in aria per mandarla dritta per dritta tra le braccia di Asahi, stavolta in seconda linea, che la passò prima a Kunimi e poi finì tra le mani di Hinata che la rimandò pacatamente al mittente con un piccolo salto.
La palla stavolta finì in parte murata da Tsukki che chiamò il primo tocco. Kageyama, seppur in prima linea, riuscì a sollevarla in aria quel tanto che bastava per permettere a Iwaizumi di colpirla dalla seconda linea.
Il pallone colpì con finissima precisione il pavimento accanto ai piedi di Tooru.
Hajime toccò terra e sollevò lo sguardo verso Tobio regalandogli un sorriso e un pollice in su.
Oikawa sentì il sangue gelarsi nelle vene.
Il suo schiacciatore aveva dato il meglio di sé con quell’irritabile di Tobio ed era pure così contento da sorridere?
Tooru non lo aveva mai visto sorridere in quel modo per una schiacciata, di solito si portava davanti a lui con fierezza e reclamava un cinque con la mano.
Ma quel sorriso no.
Eh, no.
«Facciamogliela vedere noi, Oikawa. Non volevi dare il meglio di te?» Lo stuzzicò Hinata cominciando a saltellare. Voleva schiacciare.
Con la mano sinistra tamburellò sulla coscia. Cercava di concentrarsi.
Gli occhi saettarono a destra e a sinistra. Stava pensando a come fare una veloce.
«E’ chiassoso anche quando sta zitto, è incredibile.» Sussurrò tra sé Kageyama che riusciva a leggerne ogni singolo movimento. Hinata era un libro aperto per lui, prevederlo era fin troppo facile.
Ma con Oikawa al suo fianco anche le cose facili potevano diventare difficili. E così fu.
La squadra della Johsai si prese ben quattro punti consecutivi portando la squadra ad un sei contro tre. La distanza aumentava a vista d’occhio.
Tsukki ed Iwaizumi tornarono nuovamente in prima linea insieme al loro setter. Kunimi riprese nuovamente a servire, la traiettoria non riuscì ben dritta e la ricezione si sporcò costringendo Tsukishima a rimandare il pallone dietro al secondo tocco.
Nishinoya la tenne in gioco rimandandola tra le mani esperte di Tooru che, con uno sguardo solo, invitò Hinata ad effettuare una veloce.
Il ragazzo non se lo fece ripetere e , dalla prima linea, prese una rincorsa che lo portò ad almeno tre metri da terra. Vide perfettamente l’altro lato del campo, un fascio sulla sinistra lo convinse per una diagonale.
La palla urtò leggermente contro le dita di Tsukki che aveva tentato un muro a lettura, Iwaizumi si catapultò a terra colpendola con una mano e risollevandola. Entrambi i coach trattennero il fiato, la veloce era stata così potente che il solo salvataggio poteva essere considerato un miracolo. La palla finì nuovamente tra le mani di Tobio che la sollevò inaspettatamente ad Hanamaki, conquistando un punto.
Tooru si aggrappò alla rete come se avesse avuto un malore, Iwaizumi si stava risollevando con l’aiuto di Daichi che gli porse una mano ma sembrava tenersi un fianco con una smorfia di dolore appena percepibile.
«Iwa-chan, tutto bene?» Urlò con voce preoccupata, dal suo viso era scomparso ogni ghigno malvagio, ogni desiderio di sgambetto.
Quella partita che tanto agognava cominciava a ferirlo.
Il desiderio di sfottere Kageyama, di far risaltare Hinata per fargli un dispetto e farlo ingelosire, il desiderio stesso di assaporare con lentezza le espressioni turbate di un Iwaizumi geloso, non facevano altro che lasciare il posto ad un piccolo fastidio al centro del petto.
Hajime era così scatenato da far paura e quella scivolata per salvare la palla doveva come minimo avergli incrinato una costola. Si era però sollevato e aveva annuito nella sua direzione scontrando i suoi occhi piccoli con quelli grandi del suo setter.
“Ti avevo detto di stare attento ai tuoi lacci delle scarpe, Tooru” pensò mentre passava il pallone a Sugawara, entrato come pinch server.
Suga diede il meglio di sé puntando verso Noya con un servizio flottante che lo destabilizzò, il libero riuscì a saltare in tempo per sollevarla in aria dalla seconda linea e permettere a Oikawa di sollevare stavolta a Tanaka che effettuò una parallela priva di sbavature. Il libero della squadra Karasuno effettuò un bagher un po’ sporco riportando la palla tra le mani di Tsukki che si concesse un pallonetto.
Hinata, fino a quel momento rimasto col fiato sospeso, corse dall’altro lato del campo riuscendo a saltare abbastanza in alto da murarlo e rispedire la palla al mittente, acquistando pure un punto.
Il tabellone mostrava venti a diciotto per la Johsai. Anche se il distacco era minimo cominciava a farsi sentire. Il set point non era lontano.
«Okay, Chibi-chan, ora tocca a noi battere. Appena la palla passa da questo lato devi effettuare un primo tempo. D’accordo?» Oikawa cercò il suo sguardo che però era totalmente rapito dai movimenti di Kageyama.
Hinata era abituato a guardare le mani del suo setter, per capire da quale lato avrebbero alzato il pallone, aveva sempre osservato le sue dita che con dei gesti comunicavano quale mossa avrebbero effettuato e spesso indicavano il lato verso cui doveva correre.
Erano ormai quasi due anni che non osservava la sua intera figura volteggiare leggera all’interno del campo. Kageyama sembrava volare sul parquet tanto era leggero e preciso, senza movimenti inopportuni, mai una sbavatura o un’incertezza.
Era quasi rilassante vederlo giocare.
Tobio si scompigliò i capelli sudati scoprendo la fronte lucida ed espirando, il pallone passò tra le mani di Tanaka e l’arbitro fischiò nell’esatto momento in cui Hinata aveva cominciato a contare i respiri per tentare di calmarsi.
Anche se per pochi istanti, si era totalmente estraniato dalla partita e la cosa lo agitò non poco.
Vide il pallone salirgli sulla testa e raggiungere le mani di Daichi in difesa, finì tra le mani di Matsukawa che sollevò verso Hanamaki che fu malamente murato da Oikawa, Kunimi e Hinata. Il pallone tornò indietro ma fu salvato con una buona traiettoria che permise a Kageyama di sollevare per Iwaizumi che colpì violentemente, per l’ennesima volta, dalla seconda linea, spiazzando il resto della Johsai.
Il loro vice era veramente temibile, tutti sospirarono all’idea di non doverlo mai avere come nemico.
Quella appena effettuata era una veloce  talmente perfetta che fece ribollire il sangue sia a Hinata che a Tooru che si ritrovarono a fissare malamente il setter e lo schiacciatore che si davano il cinque.
Ruotarono di posizione senza smettere di fissarli con ghigno malefico.
Iwaizumi si preparò per servire, il pallone formò un arco perfetto che raggiunse le mani di Oikawa con precisione millimetrica, Kintaichi schiacciò venendo murato per vedersi ritornare la palla indietro, Oikawa stavolta preparò tutto per una veloce.
Hinata scese sulle ginocchia durante la rincorsa.
Non saltò, spiccò letteralmente il volo, superando le mani di Tobio, Hanamaki  e Matsukawa. Il pallone colpì il campo opposto con un boato spaventoso.
«Kata-bum!» Urlarono Oikawa e Shoyo e portando un pugno verso il soffitto. Stavolta il sangue ribollì al setter della Karasuno e al suo momentaneo alleato della Johsai.
Erano in set point.
Hinata era così felice che non riusciva a smettere di sorridere. Si sentiva sempre soddisfatto quando colpiva con quella veemenza un pallone e ancora di più se riusciva a fare punto.
Tanaka si preparò per servire, palleggiò un po’ prima di sollevare il pallone in aria e spedirlo alla parte avversaria.
Kageyama dalla seconda linea passò alla prima lasciando Tsukki ad occuparsi di una difesa che non sapeva trattare, il bagher che aveva tentato fece cambiare traiettoria al pallone che finì contro il muro opposto regalando il penultimo punto alla squadra avversaria.
Tanaka si preparò per servire di nuovo, sollevò il pallone in aria.
La Karasuno riuscì a raggiungere i ventitré punti contro i ventiquattro della Johsai. Il set point non accennava ad allontanarsi.
Hinata effettuò un servizio semplice  e pulito, con stupore generale dei presenti, che fu ben ripreso dalla difesa della Karasuno. Tobio riuscì a sollevare nuovamente stavolta per Daichi, il pallone tornò alla Johsai, tra le mani esperte di Oikawa che disegnò un arco perfetto.
Hinata partì dalla seconda linea, pronto a battere anche se dietro i tre metri.
Il pallone colpì le mani di Kunimi in prima linea che portò a casa l’ultimo punto della partita.
L’arbitro fischiò.
«Ma insomma! Mi avevi fatto cenno per una veloce!» Esclamò Hinata risentito verso Oikawa. Il Grande Re sorrise sornione mentre si avvicinava all’asciugamano e alla borraccia.
«E’ stato emozionante battere per me, Chibi-chan?».
Hinata avrebbe voluto urlare di gioia, quelle schiacciate erano state fenomenali.
«Sei appena sufficiente, Ousama. Però sono contento di aver battuto Kageyama, mi dovrà almeno un panino al curry.» Hinata si asciugò il viso e si scolò un’intera bottiglia d’acqua. Oikawa ci mise un po’ prima di distogliere lo sguardo dal suo ciuffetto brillante per il sudore.
Il campo fu invaso dal secondo turno dei giocatori, a loro era però concesso di poter continuare ad allenarsi all’esterno.
«Ragazzi, conto su di voi! Mi raccomando, insegnate qualcosa di buono alla Karasuno!» Tooru alzò le braccia nel tentativo di supportare tutti i suoi - ormai vecchi - compagni di squadra.
Gli sarebbe mancato da morire poter fare il capitano di quella squadra così pacata e forte, sognare di portarli alle nazionali.
Dei passi alle sue spalle richiamarono la sua attenzione, Kageyama cercò il suo sguardo prima di inchiodarlo. Aveva le labbra secche e il viso pallido più del solito.
Tooru provò come la sensazione di essere sbattuto a terra solo con il pensiero, per un attimo si aspettò che l’altro lo prendesse per il bavero della casacca per fiondarlo contro il muro della palestra, esattamente come un vecchio pallone.
«E’ stata una tua idea.» Asserì Tobio senza introdurre un tono interrogativo. Non staccò gli occhi dai suoi nemmeno per un momento.
«Sembra che Hinata si sia divertito, non credi?» Lo provocò l’altro senza farsi intimorire o, almeno, tentando di nasconderlo.
«Credo non sia stato l’unico a divertirsi, a quanto pare Iwaizumi ha provato il brivido del protagonista indiscusso. Credo gli sia piaciuto visto che sarà la sua ultima partita».
Oikawa provò una fitta al petto. Lo sapeva, aveva solo fatto finta di non prenderlo in considerazione quel fatto.
Se si fosse fermato a riflettere su come quella fosse anche l’ultima partita con Iwaizumi, probabilmente non avrebbe retto per il dolore.
«Devo andare, Tobio-chan, ma non temere. Ci rivedremo.» Sussurrò con aria saccente, l’altro ebbe la sensazione di intravedere una lingua biforcuta.
Hinata si avvicinò al suo setter per capire qualcosa sullo scambio che aveva appena avuto, ma si beccò solo un pugno in testa.
«Con te facciamo i conti dopo, boke!».
 
Oikawa entrò nello spogliatoio e chiuse la porta a doppia mandata, la luce appesa al soffitto era spenta e l’unico spiraglio di sole entrava dalla finestra.
«Fammi vedere.» La voce di Tooru era autoritaria, fredda e cinica come quando pretendeva da se stesso sempre di più. Hajime lo conosceva quel tono che non ammetteva repliche, era il preambolo di una sfuriata.
«Non c’è nulla da vedere, Tooru, ora che abbiamo finito possiamo anche tornare a casa.» Iwaizumi era seduto sulla panchina di legno, il busto piegato in avanti e il viso coperto dalle mani. Era stanco, era ferito esternamente e soprattutto …
«Ti ho detto di farmi vedere.» Oikawa lo afferrò per un polso, in modo anche stranamente gentile, e lo costrinse prima ad alzarsi in piedi e poi a portare la schiena contro il muro, non gli lasciò il polso.
«Si può sapere che intenzioni hai?» Iwaizumi vide solo una parte del corpo e del volto dell’altro, l’unico piccolo spiraglio di luce faceva risaltare la polvere presente nell’aria e le piccole gocce di sudore che ancora imperlavano la pelle del suo amico.
Oikawa non gli diede ascolto e con l’unica mano libera gli sollevò il lembo sinistro della maglietta. Tra le ultime coste spiccava un segno violaceo che andava via via a ingrossarsi sempre di più.
«Avranno un’infermeria in questa scuola, no?» Chiese con un tono leggermente più sereno, non aveva comunque staccato gli occhi dal petto del suo amico che intanto aveva ripreso a sudare. Quella situazione era parecchio fraintendibile e ringraziò il cielo che l’altro avesse fermato la porta.
«Non hai bisogno di preoccuparti, Tooru, lo sai.» Iwaizumi cercò di liberarsi dalla presa senza effettivamente riuscirci.
Oikawa lasciò andare il lembo della maglietta, ma non il suo polso. Cercò il suo sguardo e quando finalmente l’altro cedette e ricambiò potè riprendere a parlare.
«Mi preoccupo per te, Iwa-chan! Di ciò che pensi, di ciò che fai, di dove vai.» La sua voce si stava incrinando, aveva l’eco di un singhiozzo.
Iwaizumi aprì le labbra in un moto di sorpresa, aveva visto Tooru piangere parecchie volte per la frustrazione o per delle sconfitte, ma mai una volta gli aveva rivolto delle parole simili.
«Tu ti sei fatto male per prendere una palla che avevo lanciato io, hai permesso a me di scegliere come e con quale squadra giocare la tua ultima partita, mi hai dato corda anche quando ho preferito sprecare la mia ultima occasione per Tobio e non per te. Perché?» La presa sul polso si fece più salda e Iwaizumi provò una voglia incontenibile di consolarlo e prenderlo a calci nello stesso momento.
Era veramente un tonto su certi aspetti!
«E’ raro vederti compiere spassionati gesti di generosità, men che meno a Kageyama in persona. E poi, ti dirò, è stato bello schiacciare per lui per una volt-».
Iwaizumi non riuscì a terminare la frase, Oikawa gli aveva mollato il polso per portare i suoi avambracci ai lati della sua testa, fermandolo totalmente al muro.
«Non dirlo, Hajime non dirlo.» La voce era ancora strozzata in un singhiozzo che non voleva emergere.
«Che cavolo stai facendo, Tooru?».
«Cerco di trattenermi».
Oikawa portò la fronte sulla spalla dell’altro ragazzo sbattendo il pugno contro il muro, la frustrazione e il dolore cominciavano ad emergere.
Davanti Iwaizumi era impossibile non lasciarsi andare a ciò che avevi dentro, peggio di peggio per lui, così abituato a dipendere dalla sua presenza.
Da una vita.
Da quella prima veloce insieme in cui aveva sorriso e si era innamorato della pallavolo.
Iwaizumi portò una mano sulla sua testa e l’altra sulla schiena, in un abbraccio carico di emozioni. Oikawa trattenne il respiro prima di riprendere a parlare.
«Ho fatto finta che andasse tutto bene, che fosse un mese come tutti questi ma non lo è! Non voglio che tu vada via dalla mia vita, voglio rimanere qui a giocare nella Johsai con te e gli altri. Non voglio lasciare tutto!».
Hajime sentiva il cuore dell’altro contro il proprio petto, batteva come impazzito.
«Non sto andando da nessuna parte, idiota!».
«Sì invece, abbandonerai la mia squadra e prenderai un’altra strada e io dovrò scegliere cosa fare e…» Oikawa si ritrovò il volto tra le mani dell’altro, gli occhi piccoli di Iwaizumi dentro i suoi.
«Tooru, andremo insieme da qualunque parte se è quello che vuoi. Ma, diamine, devi arrivarci sano di mente e questo non mi sembra un buon inizio!» La voce ferma, autoritaria e allo stesso tempo carica di preoccupazione che sempre lo aveva distinto. Il suo schiacciatore. Il suo Hajime non sarebbe andato da nessuna parte.
«Non sarà la nostra ultima partita?» Chiese Tooru, incredulo.
«Forse lo sarà con la Johsai al completo ma no. Non sarà la nostra ultima partita. Ma guai a te se regali più la tua ultima occasione a Kageyama, sono stato chiaro?».
Tooru sorrise, non uno di quei sorrisi sornioni o cattivi. Neanche uno di quelli falsi.
Il volto si era contratto in un’espressione di gioia incontenibile tale da fargli brillare gli occhi.
Hajime sentì qualcosa pungolare al petto e non riuscì ad evitare di emozionarsi.
Lui, lui stesso, aveva avuto su Tooru lo stesso effetto della loro prima veloce.
Il raggio di sole si abbassò quel tanto che bastava per permettere a Iwaizumi di non vedere più le labbra ferite del suo setter.
Ma poco importava, le avrebbe scontrate di lì a poco con un soffio appena percettibile.

 
« Sei stato bravissimo, Hinata! Una vera scheggia!» Noya portò poi una polpetta di riso in bocca, Asahi tentò di rubargli l’ultima rimasta ma il libero riuscì ad infilarsi anche quella tra i denti appena in tempo.
«Niente da obiettare, quell’Oikawa è davvero capace. Peccato che sia simpatico come una pallonata in pieno viso!» Intervenne Daichi prendendo il suo panino dalle mani candide di Sugawara, glielo aveva preparato proprio come piaceva a lui!
Doppia razione di salsa yogurt.
«Quello che volevi dire forse è che Oikawa è capace, ma il miglior setter lo abbiamo comunque noi, non è così? Modestamente ho spianato bene la strada per il nostro prediletto!» Sugawara si sventolò con un fazzolettino mentre si beccava un’occhiata divertita da parte dei suoi kohai.
«Certo che anche tu Tsukki sei stato un portento a parare!» Yamaguchi portò una fetta di mela alla bocca ed un’altra sulla mano del suo amico biondo che, come sempre, aveva appena spizzicato qualcosa senza realmente riempirsi lo stomaco.
Il diretto interessato fece una smorfia di dissenso negando tutto e contribuendo alla conversazione con «Era solo un’amichevole piuttosto bislacca, Yamaguchi, non esaltarti troppo!».
Il suo amico non si stupì né si lasciò smontare da quella affermazione, si limitò semplicemente a tagliare un’altra fetta per l’altro. Era così raro vederlo accettare quelle premure.
Gli unici a non parlare erano proprio Hinata e Kageyama. Il primo troppo impegnato a messaggiare con qualcuno e il secondo intento a fissare il suo bento.
Era metodico anche quando pranzava, separava gli ingredienti e li mangiava uno per volta, secondo una legge che solo la sua mente conosceva.
L’unico che riusciva spesso a predire l’ordine del cibo era proprio Shoyo che, però, non aveva mai spiegato a nessuno come facesse.
«Siete stati tutti bravissimi in entrambi i turni, ragazzi. Sono davvero fiero di voi!» Esclamò Daichi mentre si ripuliva le labbra piene di briciole.
«I vostri senpai sono molto fieri, è vero, anche se evidentemente Daichi si sta rammollendo più del solito.» Sugawara non riuscì a finire il panino che il suo amico gli afferrò la testa portando un pugno su quei morbidi capelli bianchi, arruffandoli con veemenza.
«Chi è che si sta rammollendo, eh Suga? Ti faccio fare cento vasche di tuffi se ti azzardi a dire un’altra cosa simile!».
I ragazzi cominciarono a ridere a crepapelle e continuarono a scherzare mentre Hinata bloccava il suo telefonino e sollevava il viso per potersi unire alla conversazione.
Kageyama pensò a quello che era successo solo qualche ora prima in palestra, dopo la steccata che aveva voluto infliggere al suo acerrimo nemico, Hinata si era avvicinato e lui aveva sperato di potergli fare una bella strigliata.
Ma per cosa? Per essersi impegnato?
Per aver esultato insieme al suo temporaneo setter per una mossa che aveva sempre considerato una sua esclusiva e per cui era geloso?
Per averlo apertamente difeso davanti alla sua nemesi con tutta la naturalezza e la genuinità che lo contraddistingueva?
Esattamente per cosa avrebbe dovuto arrabbiarsi? Era la migliore esca e uno dei migliori schiacciatori che avesse mai visto, si impegnava in qualunque cosa e aveva una capacità di adattamento ed elaborazione non indifferente.
Certo, aveva qualche problema con le strategie e spiccavano profonde lacune sulle basi della pallavolo, ma erano cose su cui si poteva parzialmente sorvolare.
«Pomeriggio vado ad allenarmi con Kuroo, Kenma e gli altri. Qualcuno vuole venire?» Chiese Shoyo con tutta l’energia che aveva in corpo.
Tsukishima lo guardò come fosse un pazzo. Come poteva avere ancora le energie per altri allenamenti?! Reduce dalla finale del torneo, con due giorni di allenamento alle spalle e una partita mista con la Johsai.
Folle.
«Impegnarsi ed allenarsi è importante, Shoyo, ma ricordati di riposare!» Sugawara cercò di impegnarsi nel guardarlo in modo autoritario.
Asahi e Daichi però non riuscirono a reprimere un sorriso.
«Starò via al massimo un’ora, non faremo nulla di pesante! Ci alleniamo da loro se volete venire. Ehi, Kageyama, tu ci sei?».
Hinata si voltò in tempo per vedere il suo amico gettare nel cassonetto la sua confezione di latte e dirigersi verso l’uscita della scuola.

 
La pioggia scendeva lenta, sempre più spessa fino a condensarsi sul terreno già freddo e pronto ad accoglierla. Neve.
Finalmente si poggiava su quella spessa coltre di ghiaccio che già si era consolidata per le strade, lì dove ogni mattina gettavano il sale per renderle praticabili.
Tobio uscì una mano dalla finestra della sua camera e sentì i piccoli fiocchi scivolargli tra le dita e sciogliersi, la pelle infreddolita appariva lucida con quelle gocce lente che scorrevano sui polpastrelli e sul palmo fino a scendere per i polsi.
Il ragazzo rientrò in camera e richiuse la finestra, l’orologio segnava quasi l’ora di cena e, presto, anche l’ora di tornare a dormire.
Quella giornata gli si era posata come un macigno sullo stomaco, non riusciva ad identificare ciò che lo aveva infastidito e più ci pensava più trovava quei pensieri urtanti.
Hinata non si era nemmeno fatto sentire dopo quella proposta di andare con lui a giocare con i piccoli gattini del Nekoma. Non voleva ferirlo, ma solo il pensiero di vederlo accanto ad altra gente lo aveva infastidito al punto da scappare.
In realtà doveva essere felice, aveva trovato il coraggio di tornar pan per focaccia ad Oikawa e aveva potuto valorizzare Iwaizumi, che era davvero uno schiacciatore di talento.
Sì, aveva perso la sfida, ma nessuno l’aveva davvero considerata tale. Come dall’altro lato non l’avevano considerata una vittoria.
Nemmeno Hinata si era messo a sottolineare la situazione, limitandosi a dargli un colpo sulla spalla con un’esclamazione appena sottovoce.
«Ora siamo pari».
Kageyama sospirò e scese in cucina per cercare qualcosa di pronto da mettere sotto i denti, i suoi genitori anche quella notte lo avevano lasciato solo a casa, partendo per chissà quale regione di lavoro.
Trovò del manzo già cotto con del curry ancora caldo, pronto per essere infilato nel microonde ed essere mangiato. I suoi occhi brillarono.
Poggiò il piatto sul piano di cottura e, nell’attesa, il suo sguardo scese nuovamente verso la finestra dove, lenti, piccoli fiocchi di neve cominciavano ad accumularsi.
Ebbe un brivido di freddo e afferrò il telefono.
Non poteva più evitarlo, doveva saperlo ad ogni costo.
«Neh, Kageyama, cosa c’è?» Risposero dall’altro lato del telefono con tono decisamente scocciato.
«Sei arrivato a casa, boke?» Domandò senza troppa enfasi, anzi, quasi atono.
«Certo che sì».
«Sento rumore di vento e macchine, sicuro di essere arrivato?».
«Più o meno, Tobio, ma non preoccuparti».
L’altro sollevò un sopracciglio e spense il microonde.
«Che significa più o meno? Sei a casa sì o no? Sono quasi le otto e mezza, fino a che razza di ora ti sei allenato?» Gli urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Perfino la salsa al curry ne risentì delle onde d’urto.
«Sono partito dal Nekoma alle sei, okay? Ora devo staccare, ho il telefono scarico!».
«Hinata, boke, non provare a spegnermi in facc-».
Non arrivò a completare la frase. Se davvero Hinata aveva finito gli allenamenti alle sei, perché dopo quasi tre ore era ancora per strada?
Imprecò un paio di volte, se verso Hinata o verso se stesso non seppe dirlo, e corse a cambiarsi.
Violare le regole era una novità per lui e violarle per quell’idiota del suo migliore amico era anche peggio. Ma non poteva di certo andare a dormire con quella frase in testa.
Non preoccuparti”.
Semplice per la sua mente bacata.
Prese le chiavi della moto di suo padre e pregò di ricordarsi almeno come accenderla.
 
 
Hinata riuscì finalmente ad alzarsi da terra, aveva il fiato corto che creava piccole nuvole di condensa mentre espirava. Il cappuccio di lana che sua madre aveva lavorato su misura se ne stava ben adeso sui suoi capelli color carota e la sciarpa che aveva ormai da secoli era ben avvolta attorno al suo collo.
Perfino il paraorecchie tentava di scaldarlo in un qualche modo.
Prese in mano la bicicletta e tentò di trascinarla con sé anche se con scarsi risultati.
In qualche modo sarebbe dovuto arrivare a casa, tanto valeva armarsi di pazienza e tirare avanti passo dopo passo.
Si fermò nuovamente, non aveva fatto più di qualche metro ma dovette sedersi a terra: le gambe lo avevano totalmente abbandonato e continuavano a fargli un male incredibile, i piedi gonfi a stento rimanevano dentro quelle scarpe imbottite che spesso usava in inverno.
«Stupide gambe molli!» Urlò ormai senza voce, avrebbe voluto mettersi a piangere ma aveva la sensazione che avrebbe sentito ancora più freddo.
Una luce proveniente dal fondo della strada lo costrinse a pararsi gli occhi, era una moto che non riusciva a stare dritta, anzi, metro dopo metro sembrava sbandare malamente.
Si fermò davanti la sua bici ma, appena il conducente spense il motore, cominciò a scivolare sul terreno ghiacciato. L’uomo dovette puntare un piede a terra per non tornare indietro senza dover nemmeno accendere il mezzo.
«Si può sapere cosa ti è saltato in mente?»
Kageyama si alzò appena la visiera del casco e ne uscì un secondo pronto per essere utilizzato.
«Ma hai una moto? Che figata!» La voce stridula di Shoyo fece accapponare la pelle al povero setter.
«Ne parliamo dopo, lascia lì la tua bici e andiamo, idiota!».
«E se me la rubano? Come verrò a scuola?» Hinata non sembrava molto disponibile a lasciare il suo mezzo, si aggrappò al sellino di quest’ultima per rimettersi in piedi.
Sentiva le ginocchia cedere di nuovo.
«Lasciala dietro un albero! Chi vuoi che te la rubi di notte e con la neve?».
Shoyo, seppur controvoglia, obbedì e si posizionò alle spalle del suo amico, ancorando le braccia attorno al suo busto.
Kageyama notò come le sue piccole mani fossero state totalmente danneggiate da quella temperatura tanto ostile. I dorsi erano fortemente arrossati e presentavano piccole ferite. Tremavano.
Tobio aprì la giacca fino a metà torace e infilò le mani di Shoyo dentro di essa, ben a contatto con il suo maglione caldo.
«Tieniti forte e non fare storie!» Esclamò poi prima di ripartire, fece tutto di fretta come se qualcuno avrebbe potuto accorgersi delle sue guance rosse per l’imbarazzo.
Hinata si aggrappò con tutte le sue forze, sentiva il vento, la neve, sferzargli attorno e il mezzo sotto di sé ondeggiava insicuro tra il ghiaccio e l’inesperienza del suo amico.
Tobio, nonostante fosse concentrato sulla strada e tentasse di reprimere i brividi di freddo, si perse a guardare quei fiocchi di neve che scendevano veloci contro il suo volto, come piccoli, morbidi proiettili bianchi.
Aumentò di poco la velocità, il rischio di sbandare era alto ma dovevano sbrigarsi prima della tormenta in arrivo.
I fiocchi aumentarono sempre di più e il primo tuono in lontananza si udì appena fu visibile casa Hinata.
I due scesero rapidamente e si infilarono nell’atrio di casa, il vento sembrava finalmente avergli dato tregua.
Si slacciarono i caschi.
«Sho-niisan? Sei tu?» Natsu corse verso il fratello con le braccia aperte e lo avvolse come per scaldarlo. Lo schiacciatore gli arruffò i capelli in un gesto di inconsueta tenerezza.
«Ehi, piccolina, tutto bene?».
«Mamma era tanto preoccupata per te! Non rispondevi al telefono e Daichi-san ci ha detto che non sei stato a scuola pomeriggio.» La bambina lo portò fino alla cucina dove la madre, attratta dai rumori, si era affrettata a lavare le mani per raggiungere il figlio.
Kageyama scoprì che la madre di Hinata sapeva fare le lavate di capo meglio di chiunque altro. Si intimorì così tanto che sentì il bisogno di chiamare sua madre per scusarsi per tutte le malefatte, compreso il furto della moto di suo padre.
«Mangiate qualcosa di caldo e andate entrambi a fare una doccia e guai a voi se vi muovete da qui dentro fino a domattina! Sono stata chiara?».
«Signora Hinata, io dovrei torn-» Kageyama fu malamente fulminato.
«Fino a domani mattina».
Shoyo e Tobio annuirono con veemenza andando poi verso la cameretta, ad Hinata perfino le scale gli sembrarono una salita immane.
Tobio lo anticipò incoraggiandolo con un “Arrivo prima io, perdente” che esordì esattamente l’effetto sperato.
Il suo amico, una volta giunto in camera, ebbe difficoltà perfino a slacciare e togliere le scarpe, talmente erano gonfi i suoi piedi.
«Si può sapere cosa ti è successo, almeno?» Kageyama cominciò a togliere il cappuccio, i guanti e la sciarpa. La piccola casa era davvero calda.
«Le mie gambe hanno smesso di muoversi mentre ero in salita. Mi era già capitato durante la partita con la Shiratori, ma non in questo modo!» Shoyo si sdraiò nel letto senza nemmeno spogliarsi, aveva il respiro pesante per lo sforzo e il dolore ed improvvisamente si sentì terribilmente stanco.
«Così impari a voler strafare! Te lo avevano detto tutti di riposarti oggi, ma tu devi sempre fare il testone.» Kageyama portò una mano al volto, avrebbe voluto picchiarlo ma conciato in quel modo provava quasi pietà per la sua idiozia.
«Comunque grazie per essere venuto, non c’era bisogno …».
«Non c’era bisogno?».
«Okay, c’era bisogno. Ma non farlo più. Non lo sopporti nemmeno il freddo!» Shoyo era totalmente collassato tra la sciarpa, il paraorecchie e il cappuccio diventando praticamente invisibile.
Riuscì a sollevarsi solamente quando sua madre li chiamò per cena.
 
Shoyo fece la doccia per primo e si fiondò sul materasso senza riuscire più a muoversi, il sangue si era raffreddato e i muscoli avevano deciso di andare in ferie per qualche ora.
Tobio uscì dal bagno con un pigiama troppo grande per la sua stazza, il padre di Hinata ne aveva lasciato qualcuno in casa ma doveva avere una mole decisamente più ampia della sua.
«Sembri uno spaventapasseri.» Lo sfottè Shoyo da sotto le coperte, sua madre aveva srotolato un altro futon accanto al suo e Tobio ci si buttò sopra con poca grazia. Non lo avrebbe mai ammesso ma aveva davvero sentito freddo su quella dannata moto.
«Pensa per te, mandarino spelacchiato!» Si infilò sotto le coperte e notò come il viso dello schiacciatore avesse finalmente ripreso un colorito umano, nonostante ciò gli zigomi erano ancora screpolati e arrossati, così come gli occhi apparivano contornati di uno strano viola.
«Oggi sei stato fenomenale, Kageyama. Non lo ripeterò più, fattelo bastare.» Hinata socchiuse gli occhi, stanco, e aspettò una risposta che tardò ad arrivare.
Il suo amico aveva spinto il proprio futon unendolo al suo.
«Se Oikawa si azzarderà nuovamente a fondere le due squadre, finirà la mia carriera da setter e comincerà quella da schiacciatore provetto».
Shoyo sbuffò a ridere mentre immaginava un Tobio impegnato a schiacciare palloni sulla faccia del suo nemico giurato.
«Hai ragione, è stata proprio una pessima idea, però ho vinto comunque io.» Hinata sentì il sonno coglierlo, quella sensazione di calore e di protezione lo stavano facendo rilassare.
Raggiunse la mano di Kageyama con la sua, come facevano sempre sul bus, trovandola calda e morbida. Il setter accettò quell’invito con un filo di preoccupazione, le mani di Sho erano così maltrattate che temeva di ferirlo.
Si avvicinarono quel tanto che bastava per permettere a Shoyo di accucciarsi contro il petto caldo dell’altro.
«Ma io sono più bravo a farti fare le veloci!» Sbuffò il moro cercando di reprimere l’imbarazzo.
«Vero!» Affermò l’altro mentre passava un braccio sul fianco del suo amico.
Amico.
Seh.
«Giocheremo insieme ancora molto a lungo, vero?» Kageyama ripensò alla sua squadra delle medie, a quelle alzate mai schiacciate.
A quella crepa nel cuore che si era formata quando lo avevano sostituito.
«Sempre.» Shoyo non riuscì nemmeno ad articolare bene la parola che giunse ovattata e distante alle orecchie del setter.
Tobio abbassò lo sguardo, Shoyo dormiva beatamente contro il suo petto come avrebbe fatto un bambino, lo aveva avvolto con un braccio come per stringerlo a se ed impedirgli di scappare.
Sospirò.
Aveva cercato di non pensarci, di evitare quel desiderio di avere Hinata tutto per se e non cederlo a nessuno. Aveva provato con gli atteggiamenti distanti, ma sul bus continuavano a cercarsi.
Aveva provato a focalizzarsi sugli altri schiacciatori, ma sul campo sentiva il bisogno di vedere quella testolina rossa muoversi sotto di se.
E ora che giaceva tra le sue braccia, piccolo e indifeso, non riuscì a reprimere un sorriso e la voglia di poggiare le labbra su quei capelli profumati di shampoo per bambini.
Quel “sempre” appena sussurrato gli sembrò la promessa più forte che avesse mai sentito.
 
Dannato Oikawa che lo aveva portato a riflettere.
Dannato Oikawa che aveva rubato Hinata per un intero set facendolo brillare.
Dannato, dannato Oikawa.
«Strozzati!» pensò stringendo a se il suo schiacciatore di cui, ammise finalmente a se stesso, era tremendamente geloso.
Ed innamorato.
Shoyo, ancora leggermente cosciente, sembrò sentire tutto il turbinio di pensieri e il bacio schioccato sui capelli. Sorrise e giurò a se stesso che, la mattina seguente, sarebbe stato lui a schioccargli un bacio su quel ciuffo spelacchiato.
 
«Acciu! Qualcuno starà sicuramente parlando male di me!» Si lagnò Oikawa strofinandosi la punta del naso.
«Non sarebbe la prima volta, Tooru».
«Ma perché sei sempre così acido con me? Nemmeno la ferita ti ha addolcito un po’?».
«Ti ho già dovuto offrire una crepes al cioccolato per aver perso la sfida, mi sembra il massimo della dolcezza per oggi».
«Iwa-chan, non sei molto credibile se lo dici mentre ti rivesti».
   
 
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