Iniziativa: Looktober 2020 di LandeDiFandom
Prompt: 8. Rossetto
Note: Cambio di protagonista per una piccola incursione nell’organico dell’ufficio di Ade. Buona lettura :)
07. Il segno
Il Capo era sempre stato lontano dal tipo amichevole e confidenziale
che, a volte, si aveva la fortuna di incontrare in giro, né
poteva far parte della categoria del superiore irascibile e dittatore
– per fortuna. Thanatos non aveva nulla da criticare in Ade:
era severo ma giusto, instancabile e abbastanza flessibile, elargiva
complimenti, seppure abbastanza freddi, quando era necessario, faceva
notare gli errori quando si presentavano. Non l’avrebbe
definito perfetto, ma ci andava parecchio vicino – almeno,
questo era il suo giudizio. Gli piaceva lavorare per lui e da tanti
anni lo faceva, nel bene e nel male, da che era stato assunto come
tirocinante alla stretta collaborazione che avevano adesso. Era certo
di essere considerato da lui una persona di cui fidarsi. *** «Oh, mi scusi!»
E, proprio perché aveva imparato a conoscere Ade, a leggere
i suoi atteggiamenti e tra le sue parole centellinate, si era accorto
del cambiamento.
Già da qualche settimana aveva notato come lui, a volte, nei
tempi morti o durante le pause, si perdesse nei propri pensieri,
distaccandosi da quella realtà a cui era sempre ancorato.
Più di una volta l’aveva sorpreso a consultare il
cellulare personale, una rarità dal momento che chiunque
necessitasse di comunicare con lui – persino il Grande Capo
di tutta la baracca, Zeus, che era anche suo fratello – lo
faceva attraverso il suo numero da lavoro.
Per non parlare, poi, del venerdì pomeriggio.
Il venerdì pomeriggio, quando la gente normale
già fremeva per il finesettimana imminente e Ade era, come
sempre, l’ultimo ad uscire, accadeva il miracolo:
puntualissimo, alle sei, riponeva ogni cosa e andava via, lasciando il
compito a chi doveva recuperare ore o finire arretrati di chiudere gli
uffici.
Quella stranezza accese la metaforica lampadina dentro la testa di
Thanatos.
Una donna.
C’era di mezzo una donna. Ade aveva una donna, per forza.
Solo una donna poteva operare una tale magia, un incantesimo
così sottile da riuscire a passare inosservato agli occhi di
tutti.
Purtroppo, a Thanatos erano preclusi i suoi affari privati e, per
questo, non poteva supporre nulla al riguardo. Certamente, non era
Menta. Sebbene fosse plausibile un’evoluzione del loro
rapporto da solo sesso a vera e propria relazione sentimentale,
qualcuno molto bravo avrebbe dovuto spiegargli perché, da
qualche tempo, dal bel volto della segretaria fosse sparito il sorriso
vittorioso che sfoggiava continuamente.
No, non era lei, ne era più che sicuro.
Però, era una donna.
Per fortuna, la pazienza costituiva una delle sue molte
virtù, così attese e attese. Attese un indizio,
uno scivolone – anche piccolo – di Ade, un segno.
Un segno.
Arrivò, infatti, un segno. Non come se l’era
immaginato, ma pur sempre segno era. Come avesse fatto Ade a non
accorgersene era un mistero che trovava in sé stesso la
soluzione: semplicemente, l’amore l’aveva reso
anche cieco, oppure molto distratto – un aggettivo difficile
da attribuirgli.
Thanatos l’aveva visto poiché, a causa di un file
che Ade doveva mostrargli sul computer, gli si era avvicinato
abbastanza e gli occhi erano caduti proprio lì.
Così, quando poté congedarsi, pensò
bene di non lasciare l’occasione sfuggirgli di mano. Si
schiarì la gola per attirare la sua attenzione, ma lui parve
non sentirlo.
«Capo», riprovò più forte.
Ade alzò lo sguardo su di lui, una domanda inespressa a voce
dipinta in volto.
Thanatos si indicò l’interno del colletto della
camicia. «Qui» sillabò. «Hai
un po’ di rossetto».
E avrebbe tanto voluto immortalare la sua irripetibile espressione, ma
gli venne nascosta dalla mano che si portò davanti il viso
impallidito. Il grugnito che seguì confermò,
comunque, i propri sospetti.
«Potresti chiudere tutti i bottoni per nasconderlo»
gli suggerì. «Così non si vedrebbe
anche l’altro segno».
«Quale altro segno?!» saltò su Ade.
Thanatos tranne a fatica le risate. «Quello sul collo. Il
succhiotto».
L’imprecazione si perse tra di denti stretti, ma era facile
immaginarne il contenuto colorito.
«Thanatos!» abbaiò Ade, vedendolo andar
via. «Non una parola» sibilò, abbassando
il tono della voce.
Thanatos mimò l’atto di chiudere una cerniera
sulle labbra e lui approvò, più tranquillo.
«Deve essere una signorina molto importante»
commentò, non potendone fare a meno, e, senza aspettare la
sua reazione o replica, uscì.
Thanatos si fermò in tempo dallo scontrarsi contro la
poveretta che gli stava venendo incontro. Di riflesso e per buona
educazione, scosse la testa con un sorriso affabile. «No,
è colpa mia. Hai bisogno di qualcosa? Sei la nuova
tirocinante?» indagò.
La ragazza era giovane, dal viso fresco e l’espressione
entusiasta. Gli piacevano le persone che volevano darsi da fare sin da
subito.
Prima che lei potesse rispondergli, prima della voce che
arrivò alle proprie spalle, si accorse delle sue reazioni:
s’illuminò come avesse visto qualcosa di
meraviglioso, gli occhi si addolcirono e le labbra si curvarono in un
segreto sorriso. Proprio su di esse lui si soffermò: erano
truccate con un rossetto lucido che gli parve di conoscere –
anche se non era certo un esperto di cosmetici femminili –,
ma non fece in tempo a collegare i pezzi.
«Persefone?» Il tono di Ade era stupito, ma non
gelido come quando riceveva visite a sorpresa.
Ah.
Thanatos non ebbe bisogno di altro, né di voltarsi ad
osservare lo scambio di sguardi e saluti dei due, per capire chi fosse.