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Autore: Yuphie_96    08/10/2020    1 recensioni
Tratto dal Primo Capitolo:
L’ultima cosa che aveva colpito il biondo Kaiser era il nome.
Il nome del ristorante era Vienna.
Come la capitale austriaca… e servivano piatti bavaresi… non dovevano avere tanto le idee chiare, ma Karl ci aveva mangiato bene e quindi aveva continuato ad andarci, soprattutto quando il suo frigo era desolatamente vuoto, come quel mezzogiorno.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buonasera a tutti/e! ♥
Dunque... io lo so che per la maggior parte delle volte evitate questo mio angolino e non vi do torto perchè effettivamente faccio ogni volta un papirone che non invoglia per niente a leggere, ma stavolta fatelo perchè c'è un avvertimento importante! Mi raccomando! >.<
Allora, per non girarci troppo intorno, questo capitolo è triste... tanto triste... troppo triste forse... e lo sarà anche il prossimo ve lo dico già adesso, sinceramente non so perchè mi sono usciti così, di solito cerco di non scrivere mai cose tristi perchè sennò mi deprimo pure io che sto scrivendo, ma questa volta la storia me la sono immaginata così e così l'ho voluta lasciare, che vi devo dire... ero in una 'giornata no' quando ci pensavo >.>'''''.
Siccome avevo già lasciato qualche accenno di quello succederà in questo capitolo, credo che ormai abbiate capito cosa succederà... come avete visto però nei generi io non ho inserito quello 'triste', ho preso questa decisione perchè saranno solo questi due capitoli ad avere questo tono, e quindi non ho pensato fosse necessario metterlo ma se voi pensate il contrario fatemelo pure sapere tranquillamente e rimedierò ^^.
Spero che il capitolo possa piacere lo stesso e nel caso perdonatemi ç.ç, vi auguro buona lettura ♥.


Ps: Laura non so se stai leggendo, ma nel caso questo è il segnale che ti dicevo! Salta il capitolo! ç.ç




 

Sorrideva, il Kaiser, mentre parcheggiava la macchina vicino a casa sua.
Lasciò il borsone sui sedili posteriori e, invece che salire al suo appartamento, prese la strada che lo avrebbe condotto al Vienna, ormai la pausa pranzo la passava direttamente tutta lì, senza passare neanche un secondo da casa, tutto per stare dei minuti in più vicino a Saphira.
Si erano avvicinati di più, lui e la rossa, dopo la sua assenza di una settimana e questo gli aveva fatto immensamente piacere.
Gli piaceva poter entrare nella cucina e ricevere un sorriso dolce di benvenuto in cambio, gli piaceva mettersi tranquillo ad osservarla cucinare, gli piaceva guardarla accigliarsi mentre cercava di impiattare in maniera perfetta, gli piaceva far incrociare i loro occhi azzurri – limpidi i suoi, tempesta quelli di lei -, adorava vedere le sue gote prendere il colore dei suoi lunghi capelli rossi.
Gli piaceva Saph in pratica, e non vedeva l’ora di passare del tempo con lei ogni giorno.

Per quel pranzo, però, avrebbe dovuto farne a meno, a quanto pareva.

La cuoca non era presente né in cucina, né in sala e neanche nel piccolo studio.
“Ha ricevuto una chiamata improvvisa dalla dottoressa di Aimée poco prima di aprire, è dovuta correre lì, non so quanto ci metterà”
Lo informò Cordula, poggiandogli davanti la sua bottiglia d’acqua ordinata.
Gli faceva quasi strano, a Karl, tornare a pranzare al suo vecchio posto al bancone, ma se non c’era Saph era inutile andare in cucina, la vista di Axel gli avrebbe solo fatto perdere l’appetito.
Forse era antipatico da dire, ma dopo l’ultima volta meno lo vedeva o stava in contatto con lui, meglio stava.
“E’ successo qualcosa di grave ad Aimée?”
“Diciamo che non sta troppo bene”
Cercò di alleggerire la questione, la rosa, ma dall’espressione preoccupata che aveva in volto si poteva capire quanto in verità fosse grave.
A vederla, l’anziana cantante lirica sembrava sana come un pesce, Karl era andato parecchie volte a farle visita e non aveva mai visto in lei alcun cenno di nessuna malattia, eppure i suoi esami clinici continuavano ad andare male e a peggiorare di volta in volta.
Certe volte si chiedeva se per caso non si sforzasse, davanti a lui, di stare bene.
“Adesso però non pensiamoci, ti sgriderebbero entrambe se poi tu non riuscissi a concentrarti negli allenamenti pomeridiani a causa loro”
Sorrise piano Cordula, e Schneider concordò con lei.
“Allora mi affido a te per questo pranzo, cosa mi consigli Krüger?”
“Qualcosa di poco complicato e veloce, così posso stare in cucina con Axel mentre lo prepara e vedere se aggiunge del cianuro”

Finito di pranzare, al biondo non restava molto da fare al ristorante, ma decise di provare ad aspettare la rossa per il resto della sua pausa, se entro la fine di questa Saph non sarebbe tornata allora le avrebbe mandato un messaggio con il cellulare, prima di iniziare gli allenamenti.
Per scampare alla noia, si mise ad osservare le vecchie foto in bianco e nero di Aimée che riempivano le pareti del Vienna, era stata proprio l’anziana donna a rivelargli di essere lei quella cantante nelle foto la prima volta che era andata da lei con Saph, per il suo lavoro era stata quasi sempre in giro per il mondo e Derek aveva appeso tutte le sue foto per averla sempre sotto gli occhi e per sentirla più vicina, del vecchio proprietario – invece – c’era solo una foto vicino all’entrata, era sempre in bianco e nero, e lo mostrava sorridente davanti alle porte del suo piccolo ristorante, era stata Saphira ad appendere quella, appena diventata proprietaria.
Si chiese ancora una volta che tipo di uomo fosse Derek Heinrich.
Sicuramente era stato un gran lavoratore, su questo non aveva nessun dubbio dati i racconti della rossa, e di sicuro le aveva voluto un gran bene.
Sfogliando il ricettario, Karl una volta ci aveva trovato una dedica nascosta tra i consigli e le ricette  che Derek doveva averle scritto prima di morire, dove le diceva che era convinto che il suo ristorante sarebbe stato al sicuro nelle mani della sua ‘piccola pietra preziosa’- aveva chiesto informazioni ad Aimée riguardo quel soprannome, e la donna sorridendo malinconica gli aveva risposto che Derek chiamava così Saphira per i suoi capelli rossi che richiamavano alla mente le sfumature rosse di un rubino -, non aveva detto a Saph di averla letta, gli era sembrata una cosa troppo intima e  privata e si vergognato un poco di non aver rispettato la sua privacy, ma da allora quella domanda sul proprietario continuava a ronzargli in testa.
Gli sarebbe piaciuto conoscerlo…

Perso in quei pensieri, si accorse dell’arrivo della rossa solo quando questa gli poggiò la mano sulla spalla e lo scosse delicatamente.
“Saph!”
“Ehi, non eri costretto ad aspettarmi”
Il sorriso del Kaiser si spense, dopo aver osservato il viso stravolto e preoccupato della ragazza su cui spiccavano gli occhi rossi e gonfi.
“Saph… ma hai pianto?”
“Se ti dicessi di no non ci crederesti vero?”
Ridacchiò nervosamente la rossa, accarezzandosi un braccio.
“E’ stato solo un crollo per lo stress, tranquillo sto bene adesso, tornare in cucina mi aiuterà a migliorare l’umore”
“Ne sei sicura? Se c’è qualcosa che posso fa-“
“Beh sì, devi tornare agli allenamenti o mi sbaglio?”
Karl si girò verso l’orologio appeso sulla parete davanti al bancone e notò che, effettivamente, si era fatta l’ora di tornare al campo.
Quelli erano gli ultimi allenamenti prima della trasferta a Brema del giorno dopo, erano molto importanti e lui non poteva certo mancare in quanto regista della squadra… avrebbe voluto avere più tempo.
“Stasera ti chiamo, promesso”
Le disse serio, guardandola negli occhi.
Saphira gli sorrise un poco di più.

Sempre per via della trasferta, non avrebbe potuto andare al ristorante dopo l’orario di chiusura siccome doveva riposare bene per essere in forma per la partita del giorno dopo, ma nulla gli vietava di fare una chiamata e così mantenne la sua promessa non appena si mise comodo nel suo letto.
“Ehi”
Lo salutò Saph, rispondendo al telefono.
“Ehi, disturbo il servizio?”
Le chiese, sbirciando il comodino su cui teneva appoggiata la sveglia.
Il servizio serale doveva essere incominciato giusto da un paio di ore.
“Figurati, mi sono presa una piccola pausa e ho lasciato Axel in cucina, dovrebbe cavarsela ma preferisco non lasciarlo troppo da solo, da un paio di settimane mi sembra parecchio giù”
“Ah sì? Che strano”
Le disse, facendolo palesemente lo gnorri.
“Tu dove sei?”
Domandò la rossa, cercando di mascherare la risata che gli stava per sfuggire.
Erano comici quei due quando fingevano d’interessarsi a vicenda l’uno dell’altro, le rare poche eccezioni era sempre da parte di Werner ma solo se riguardavano tutta la squadra del Bayern Monaco.
“Spaparanzato sul letto in pigiama, pronto per una bella dormita”
“Ma non sono neanche le nove di sera!”
Si scandalizzò la rossa, insomma quando andava a trovarla stava alzato per molto più tempo.
“Che devo dirti, certi sacrifici bisogna farli per mantenere la prima posizione in classifica”
“Invece che krapfen, dovrebbero chiamarti gallina”
“E’ Kaiser, Saph, Kaiser”
“Quel che è”
Scoppiarono a ridere, godendosi uno il suono della risata dell’altra poi scese un leggero silenzio, interrotto solo dai loro respiri.
A spezzarlo del tutto fu Saphira.
“Karl?”
“Sì?”
“Ho un po’ paura di rimanere sola… a dire il vero ne ho tanta”
Confessò con la voce leggermente incrinata.
Aveva perso entrambi i genitori in un incidente automobilistico quando aveva a malapena due anni, da allora era stata affidata agli unici parenti ancora in vita che aveva ovvero i nonni paterni Aimée e Derek, quest’ultimo morì quando aveva 15 anni.
La nonna era l’ultima persona della sua famiglia rimastole, dopo la sua morte non avrebbe più avuto nessuno, sarebbe rimasta sola… la sola ipotesi di poter perdere anche Aimée e la paura di restare completamente sola l’avevano fatta crollare dopo l’incontro con la dottoressa.
“Vedrai che non succederà”
Cercò di rassicurarla Karl, stringendo la presa sul telefono.
Avrebbe voluto stringere lei, ma per il momento avrebbe dovuto aspettare e accontentarsi di poterla solamente rassicurare per telefono.
“Andrà tutto bene”
“Come fai a dirlo con certezza?”
“Perché ti starò vicino, qualunque cosa accada non rimarrai sola”
“…Karl?”
Chiamò – ancora – Saph, tirando su con il naso dopo qualche istante di silenzio.
“Dimmi”
“Grazie”
“Figurati bimba”
Sorrise rincuorato, quando la sentì ridacchiare al nomignolo con cui la chiamava sempre Cordula.
“Metticela tutta domani in campo, krapfen”
“Adesso mi spieghi come mai sei così ossessionata con i krapfen, e come fai a confondere il mio soprannome con questi”
“Perché caldi sono buonissimi e tu me li ricordi”
“… E’ un modo sottile per dirmi che sto ingrassando?”


Il Bayern Monaco sarebbe partito per la città di Brema nel primo pomeriggio ma per Saph quello era giorno di mercato, così Karl decise di sfruttare la mattinata libera che aveva per andare a fare una visita a sorpresa all’anziana cantante malata, che si lamentava sempre di non avere abbastanza visite dentro quella prigione, come continuava a chiamare la struttura che l’ospitava.
La trovò in piedi, davanti alla grande finestra vicino al letto, che guardava fuori con sguardo assorto, accarezzandosi leggermente le braccia che si stringeva intorno al corpo in un abbraccio solitario e malinconico.
Karl bussò piano alla porta aperta, manifestando la sua presenza per non spaventarla, ma Aimée non si mosse da quella posizione, l’unico cambiamento fu il leggero sorriso che comparve sul volto.
“Tu mi ricordi tanto Derek”
Iniziò a dire l’anziana, mentre il calciatore avanzava nella stanza.
“Anche lui aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, e quando ti vedo giocare in tv non riesco a non pensare ‘ecco, quella è la stessa passione che aveva Derek per il ristorante!’… la stessa che poi ha ereditato Saphira”
Si girò parzialmente verso di lui – ormai seduto sulla sedia – e lo guardò dolcemente.
“Anch’io l’ho incontrato grazie alla sua cucina, al suo ristorante, entrai attirata da quel nome così buffo da dare in terra tedesca, e da quel momento l’amore per me assunse il sapore di una fetta di torta Sacher… per te cos’è stato?”
“Un panino con carne e cavolo”
“Decisamente poco romantico, Karl caro”
Il Kaiser rise ed annuì  concorde, e anche Aimée accennò un risata rigirandosi completamente verso la finestra.
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi la donna sospirò piano ed iniziò a parlare con voce bassa ma abbastanza alta così che Karl potesse ascoltare.
“Sai, io non sono mai stata fatta per fare la madre, quando rimasi incinta di mio figlio avevo anche pensato di abortire ma… Derek lo voleva così tanto invece, decisi di accontentarlo visto che non mi aveva mai chiesto o imposto niente, glielo lasciai appena nato e continuai la mia carriera, girando il mondo con i concerti, lo vedevo solo quelle rare volte che tornavo a casa, ovviamente lui mi odiava per questo al contrario di suo padre ed io non potevo dargli torto, infatti non mi stupii quando non mi chiamò per il suo matrimonio o per la nascita di Saphira, fu Derek ad avvisarmi in entrambi in casi ma siccome sapevo di essere un’ospite sgradita non tornai nemmeno a casa, nonostante l’insistenza di mio marito… mi pentii di non averlo fatto proprio come la peggiore delle stupide quando morì insieme a sua moglie in un incidente, causato da un cretino ubriaco alla guida… al loro funerale vidi per la prima volta Saphira e decisi di fare nuovamente l’egoista, come sempre ero stata e come sono tutt’ora”
Le mani di Aimée tremarono, rafforzando la presa sulle sue braccia.
“La presi con me, gliela portai via, la strappai a Derek lasciandolo da solo a piangere la morte di nostro figlio mentre io e lei partivamo per un mio nuovo concerto… da quel momento iniziò il periodo più bello della mia vita, avevo Saphira accanto a me ma era come se avessi accanto anche mio figlio e mio marito, era magnifico abbassare lo sguardo mentre cantavo e trovarla lì, seduta in prima fila con indosso un bellissimo vestito simile al mio, a guardarmi ed ad ascoltarmi incantata, la sua espressione così presa mi faceva venire in mente ogni volta il viso di Derek, i suoi stupendi occhi azzurri che Saphira aveva ereditato… per la cronaca, i capelli rossi li ha presi da me”
Ridacchiò l’anziana, asciugandosi velocemente la lacrima che era riuscita a sfuggire dai suoi occhi viola.
Karl le sorrise piano.
“Ovviamente riuscii a farmi odiare anche da lei alla fine, vedevo come ogni volta che tornavamo a casa si buttasse tra le braccia di Derek, vedevo come si aggrappava quasi disperatamente a lui quando veniva l’ora di ripartire… ma io non la lasciai mai, e mi odiò… mi odia per questo, non le ho lasciato vivere il suo caro nonno che le preparava la torta Sacher più buona del mondo come avrebbe dovuto… non me lo perdonerà mai, me lo ha fatto intendere vendicandosi di quello che le avevo fatto partendo per Vienna subito dopo il funerale di Derek, aveva solo 15 anni ma prese comunque tutta la sua roba e partì, lasciandomi sola a piangere come io avevo lasciato solo mio marito… forse lui è stato l’unico della mia famiglia a non odiarmi mai”
“Saph non la o-“
“Oh, Karl caro”
Lo interruppe la cantante, girandosi verso di lui sorridendo ma con gli occhi pieni di lacrime a cui non permise di scendere.
“Grazie per aver ascoltato la storia di questa donna spregevole prossima alla morte, non so perché ma mi era venuta una gran voglia di parlare con qualcuno e menomale che sei arrivato tu, non mi sarebbe piaciuto confessarmi a una delle arpie, tu invece sei proprio un bravo ragazzo, sono contenta che Saphira ti abbia incontrato e sono sicura che riuscirai a prenderti cura di lei come si deve ora che io non ci sarò più, ci sono già Cordula ed Axel con lei ma quella ragazza ha tanto bisogno di quella famiglia che la sfortuna ed io non siamo riusciti a darle.. anche se ti consiglierei di cambiare il panino con carne e cavolo in qualcos’altro di più romantico quando racconterai ai vostri nipoti la storia di come vi siete conosciuti”
“Parla come se io e Saphira fossimo destinati a stare insieme fino ad avere dei nipoti”
“Non ti piacerebbe, forse?”
Sì, a Schneider sarebbe piaciuto eccome, il solo immaginarsi accanto alla rossa in modo romantico lo faceva sorridere e gli faceva battere un po’ più forte il cuore… ma per parlare di nipoti era comunque – e decisamente – troppo presto.
Adesso si doveva concentrare sulla nonna davanti a lui.
“Saphira non la odia, Aimée, ieri ha pianto per paura di perderla”
“Karl caro, credi davvero di riuscire a far cambiare idea a una testa dura come la mia? Nessuno ci riusciva quando ero giovane, con la vecchiaia non sono certo migliorata”
“Le partite più impegnative sono le mie preferite”
Rispose Karl, sorridendo furbo.
“Mi dispiace, credimi, ma questa partita sei destinato a perderla”
Gli sorrise bonariamente Aimée.
La donna si mosse dalla posizione da davanti alla finestra per andare a recuperare il piccolo baule posizionato sotto il letto, il biondo si alzò subito per aiutarla ma fu scacciato con una manata sul ginocchio.
“Non sono così anziana da non saper fare certe cose da sola”
Borbottò la cantante, posizionando il baule sul letto ed iniziando a frugarci dentro.
Tirò fuori il disco che cercava e lo andò posizionare sul suo grammofono, poco dopo della musica classica iniziò a risuonare nella stanza.
“Ho cantato talmente tanto su questo pezzo che ormai ho perso il conto delle volte, è stato quello con cui ho debuttato la prima volta su un palco”
Mormorò perdendosi nei ricordi, poi guardò Karl.
“Ti va di farmi ballare per l’ultima volta caro?”
“Sarebbe un onore se me lo concedesse”
Rispose Schneider, facendo un lieve inchino.
La prese tra le braccia dopo che Aimée fece una leggera riverenza, ed iniziarono a volteggiare lentamente per la piccola stanza.
La donna poggiò delicatamente la guancia contro la sua spalla e sospirò piano chiudendo gli occhi, immaginando  forse  di essere tra le braccia del marito, invece che in quelle dell’attaccante del Bayern.
“Sei proprio un pezzo di legno”
Lo riprese dopo un po’ ridendo.
“Non sono abituato a certi balli, lo ammetto, ma non potevo rifiutarmi quando mi è stato chiesto in modo così carino”
“Che ruffiano che sei… peccato non avere il tempo d’insegnarti qualche passo, a Saphira piacciono molto questi lenti, quando era piccola ballava sempre con Derek mentre io cantavo”
“Senta Aimée… è da quando sono arrivato che afferma che sta per… ma non può saperlo con certezza, quindi per favore la smetta di dirlo”
“Ho fatto tanti sbagli nella mia vita, Karl caro, ma difficilmente mi sbaglio quando sento che è arrivato il mio momento, che sia questo quello di salire su un palco, che quello della mia morte”
Dopo quelle parole ripresero a ballare in silenzio e lo fecero per tutto il resto dell’orario concesso per le visite, solo quando fu sulla porta  pronto per andarsene il Kaiser si azzardò a dirle che sperava di rivederla, una volta tornato dopo la partita.
Aimée gli rispose augurandogli buona fortuna per quest’ultima.


Un brivido freddo corse improvvisamente per la spina dorsale di Karl, facendolo deconcentrare all’ultimo secondo mentre stava per colpire la palla, e questa andò a finire contro la traversa.
Schneider sgranò leggermente gli occhi, ansimando.
Che diamine gli era successo, così all’improvviso?
“Non ci pensare dai, possiamo recuperare subito!”
Gli urlò Sho alla sua destra, correndo ad aiutare Levin che aveva recuperato la palla da un avversario.
“Sì… arrivo!”
Riprese a correre, di nuovo concentrato sulla partita.

La padella finì per terra con un tonfo e imbrattò tutto il pavimento con il suo contenuto.
“Saph…?”
Chiamò Axel sorpreso.
La rossa stette in silenzio con il cellulare ancora in chiamata appoggiato all’orecchio, per lei parlarono le lacrime che  veloci iniziarono a scorrerle sulle guance diventate pallide.
Il suo corpo iniziò a tremare incontrollato, le gambe le cedettero e il castano riuscì a prenderla al volo per chissà quale miracolo divino.
“Cordula!”
Urlò Werner, stringendo la cuoca contro il petto.
Quella sera, per la prima volta dalla sua apertura anni e anni prima, il ristorante fu costretto a chiudere prima.


“Frena, è qui! Frena!”
“Va bene, un attimo Karl, insomma figliolo calmati!”
Urlò Rudi, frenando la macchina – andavano sempre sul luogo d’incontro per la trasferta insieme, con una delle loro macchine – come gli diceva il figlio agitato.
Era dalla fine della partita della sera prima che suo figlio era nervoso, eppure la partita l’avevano vinta, nessuno aveva fatto degli errori particolari e lo schema che avevano provato negli allenamenti aveva funzionato alla perfezione, avrebbe dovuto essere felice e rilassato, lo era sempre dopo una vittoria… quella volta no.
Rudi pensò di non aver mai visto un’espressione del genere – terrorizzata e agitata insieme – sul volto di suo figlio quando lo vide scattare fuori dall’auto per raggiungere il ristorantino chiuso davanti a loro.
Non appena era finita la partita Karl aveva provato a chiamare Saph per sapere come stava andando il servizio quella sera ma il cellulare era squillato a vuoto, al momento non si era preoccupato troppo, dicendosi che doveva essere troppo occupata per rispondergli, così gli aveva lasciato un messaggio ed era andato a dormire un po’ nervoso, anche se non riusciva a spiegarsi il motivo.
La mattina dopo la rossa non gli aveva ancora risposto al messaggio, così riprovò a chiamarla sia prima di salire sull’aereo, sia dopo essere atterrato, sia in macchina con suo padre.
Niente, il cellulare di Saphira squillava a vuoto.
Da lì ebbe la certezza che doveva essere successo qualcosa, e quel qualcosa poteva essere…
Il Kaiser aveva pregato, sperato che non fosse davvero quello che pensava lui, insomma, chi poteva prevedere la sua morte? Non si poteva essere certi di una cosa del genere! Si poteva essere certi di tutto nella vita, tranne di poter sapere quando questa ti scivolerà via! Doveva essersi sbagliata, doveva!
… Invece no…
Il cartello appeso alle porte del ristorante fu come una pugnalata al cuore.
Chiuso per lutto, diceva.
Aimée non aveva sbagliato sul suo momento.
Si concesse qualche secondo per riprendersi dallo shock, poi corse sul retro dove trovò la porta stranamente chiusa ma quel particolare non lo fece arrendere, e prese a bussare impazzito con il pugno.
“Saph! Saph apri sono io, sono Karl! Apri!”
Non immaginava un altro posto dove la cuoca potesse sfogare il suo dolore, per lei il ristorante era tutto e lui gli aveva detto che non sarebbe stata da sola qualunque cosa fosse successa, non si sarebbe rimangiato la parola proprio in un momento del genere.
“Saphira o la apri da sola o giuro che la sfondo!”
Diede un calcio per dimostrare quanto fosse serio, e dopo poco la porta gli fu aperta.
Ma non da Saph, come immaginava lui.
Fu Cordula ad aprirgliela.
“Krüger”
Mormorò quasi incredulo di vedere quegli occhi azzurri sempre maliziosi, furbi e attenti, adesso rossi e gonfi a causa del pianto che la stava ancora scuotendo.
La rosa lo guardò tristemente, e scosse lentamente la testa.

Saph non si trovava stranamente al ristorante, la sua presenza era stata richiesta altrove per un ultimo saluto.





 

*
Giuro che è la prima volta che mi capita di far morire una oc... e prometto che dopo il prossimo capitolo torneranno i toni allegri! ç_ç

   
 
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