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Autore: Nike90Wyatt    09/10/2020    1 recensioni
Una lettera da Milano sconvolge la vita di Marinette Dupain-Cheng, paladina di Parigi nei panni di Ladybug e neo Guardiana della Miracle Box; una serie di circostanze, insieme ai suggerimenti dell’inseparabile Tikki e dei suoi genitori, la spingeranno a prendere una decisione che stravolgerà il suo futuro e le sue relazioni.
Intanto, Gabriel Agreste, ossessionato dalla vendetta nel nome di sua moglie Emilie, vola in Tibet, accompagnato dalla sua fedele assistente, nonché amica e complice, Nathalie Sancoeur, con un unico obiettivo: scoprire i segreti dei Miraculous che si celano tra le mura del Tempio dei Guardiani.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si era trattato di un collasso dovuto allo stress e alla stanchezza. Un paio di infermieri avevano soccorso Nathalie e l’avevano fatta stendere su un lettino in una stanza.

Adrien le era stato accanto tutto il tempo, preoccupato da quell’improvviso malessere. Gli era balenato nella testa il momento in cui aveva accusato il medesimo malore mesi prima al Louvre; in quell’occasione, il padre aveva minimizzato la cosa ma Adrien era tutt’altro che tranquillo. Anche la madre, prima di venire a mancare, aveva accusato gli stessi sintomi e lui temeva che la storia potesse ripetersi con Nathalie.

La flebo di sali minerali sortì l’effetto sperato dal dottor Hu e Nathalie si ristabilì nel giro di un’ora. Adrien insistette perché restasse a riposare lì per la notte, ma Nathalie non volle sentir ragioni. Firmato il modulo per le dimissioni dall’ospedale, si infilarono nell’automobile che aveva accompagnato Adrien e il Gorilla dall’aeroporto. Durante il tragitto, Nathalie si addormentò sotto lo sguardo vigile di Adrien, il quale fu sollevato che fosse riuscita a riposarsi.

L’hotel si trovava nel quartiere più lussuoso di Chengdu. Anche in quell’occasione Nathalie non aveva lesinato sulle spese, optando per avere il meglio nel tempo che avrebbero trascorso in Cina. Il personale dell’hotel offrì la totale disponibilità per qualsiasi richiesta, così Adrien ne approfittò per richiedere un pasto in camera che comprendesse un’abbondante porzione di formaggio di prima qualità. Stanca com’era, Nathalie non fece nemmeno caso alla richiesta bizzarra di Adrien, né fece cenni alla dieta rigida che il ragazzo doveva seguire affinché mantenesse una linea perfetta per il suo ruolo da modello.

La stanza di Adrien era dotata di tutti i comfort possibili. Comunicava con quella in cui avrebbe alloggiato Nathalie ed era sullo stesso piano di quella del Gorilla. Adrien sperò di restare lì il meno possibile, non tanto per il posto in sé quanto perché avrebbe significato che il padre si fosse rimesso del tutto.

Quando Nathalie lo lasciò solo per stendersi sul letto e recuperare le ore di sonno perse, era già sera. La città, se possibile, era più illuminata di notte che di giorno.

Adrien si accomodò su una poltrona color bordeaux, in mano aveva la scatolina con il Miraculous. La aprì.

Da un bagliore verde si manifestò Plagg, che salutò il suo amico con un lungo e rumoroso sbadiglio. «Hai qualcosa da darmi da mangiare? Sto morendo di fame.»

Adrien si portò un indice sulle labbra. «Parla piano. Nathalie sta dormendo nell’altra camera.»

«Sì, ma io ho fame.»

Adrien indicò il tavolino con la cena che aveva ordinato. C’era un piatto con una ruota composta da fettine di formaggio.

Plagg arricciò il muso. «Roquefort. Non è delizioso quanto il mio Camembert, ma andrà bene lo stesso.»

«Fattelo bastare per...»

Plagg l’aveva già divorato tutto in un solo boccone. «Niente male come spuntino.» Si massaggiò lo stomaco mentre si leccava i lunghi baffi neri con espressione soddisfatta.

«Sai che non ne ordinerò altro, almeno fino a domattina vero?» Adrien incrociò le braccia al petto, inarcando un sopracciglio. «Sei il solito ingordo.»

«Come sta tuo padre?» chiese Plagg, ignorando il rimprovero velato.

«Stabile.» Adrien ripensò a quanto aveva detto sulla madre, alla menzogna che era stato costretto a dire per evitare uno shock al padre. «Ha perso la memoria.»

Per la prima volta da quando si erano conosciuti, Plagg spalancò gli occhi con sincera sorpresa. «Di te si ricorda?»

Adrien annuì e gli raccontò nei minimi dettagli il breve dialogo che aveva avuto con Gabriel. Mentre parlava, gli occhi si velarono di lacrime, ma si costrinse a non piangere. Se anche Nathalie era crollata sotto forte sollecitazione emotiva, toccava a lui reggere il peso degli eventi. Si leccò il labbro superiore e disse: «Spero tanto che non torni ad essere un’ombra quando saprà della mamma. Il dolore della perdita è stato devastante la prima volta.» Si alzò dalla poltrona e camminò fino alla finestra a parete da cui si dominava l’intero quartiere turistico di Chengdu. «Chissà come starà» mormorò con la testa poggiata al vetro.

«Hai detto che stava bene quando l’hai salutato. Bene per quello che ha passato.»

«Io mi riferivo a Ladybug.» Adrien sollevò lo sguardo verso il cielo coperto da nubi purpuree. «Se dovesse avere bisogno di aiuto-»

«Chiamerà qualche alleato e risolveranno in fretta la situazione.» Lo sbuffo di Plagg risuonò per la stanza. «Ti fai troppi problemi, Adrien. Una pausa di tanto in tanto fa anche bene. E Papillon non si fa vedere da tre mesi a questa parte. Le possibilità che attacchi proprio ora che non ci sei sono molto basse.»

Ciò non fu di conforto ad Adrien. Prendeva molto sul serio il compito di proteggere Parigi dagli attacchi delle akuma, ma le sue parole celavano ciò che realmente sentiva. Gli mancava Ladybug. Lei di sicuro avrebbe trovato le parole adatte per sostenerlo in quel momento difficile, gli avrebbe offerto la sua spalla come aveva sempre fatto. Anche la sola presenza avrebbe fatto la differenza per lui.

«Hai ragione» disse infine. Se gli avesse detto la verità, Plagg di sicuro gli avrebbe ricordato i suoi doveri, i continui rifiuti di Ladybug e l’impossibilità di conoscere la sua vera identità. Tutto ciò di cui poteva fare benissimo a meno.

 

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Parigi, 2015

La sveglia suonò alle 7 del mattino. Marinette era già sveglia da un’ora, intenta a preparare con cura le valigie. Da tempo non avvertiva un’energia simile, l’entusiasmo di immergersi in una nuova avventura, in una nuova esperienza. Aveva contato i giorni che mancavano alla partenza e si era preparata due lunghe liste: una per le cose che doveva fare, l’altra per ciò che doveva portare.

Man mano che infilava gli oggetti nella valigia, spuntava la voce dalla lista. «Tablet… Messo. Diari… Messi. Quaderni da disegno…» Li trovò sulla scrivania e li gettò nella valigia aperta. «Messi.»

«Non dimenticare questo.» Tikki le lanciò un dizionario francese-italiano. «Credo lo userai spesso.»

Marinette lo afferrò al volo. «Grazie.» Spuntò dalla lista il dizionario. La ripercorse due volte in entrambi i sensi ed annuì soddisfatta. Chiuse la valigia ed appose un lucchetto dorato sulla cerniera. «Meglio essere prudenti. Lo zaino, invece», lo indicò, «Lo porterò sempre con me.» Come aveva fatto quando era partita per Montecarlo insieme ai genitori per le vacanze estive, aveva riposto lì la Miracle Box, stavolta ben chiusa nella scatola metallica. Nemmeno per un secondo lo avrebbe lasciato incustodito. «Ora è il momento di prepararmi.»

Dopo essersi lavata, pettinata e vestita – con un jeans e una t-shirt azzurra – spostò in un unico angolo le due valigie e lo zaino.

Si udirono due tocchi alla botola. Sabine fece capolino. «Quanto ti manca Marinette?»

«Sono pronta.» Marinette infilò le due fibbie dello zaino.

Tom si occupò di portare giù le due valigie della figlia ed il trolley di Sabine. Lei avrebbe soggiornato per il week-end a Milano, mentre lui sarebbe rimasto a Parigi a gestire la boulangerie.

Caricarono i bagagli nel taxi che li attendeva in strada.

«Chiamatemi appena arrivate.» Tom si strofinò un occhio, la voce tradiva la sua emozione. «Scusatemi, dev’essere un granello di polvere.»

«Ti chiamerò a tutte le ore, papà.» Marinette gli gettò le braccia al collo. Tom la chiuse in un abbraccio, rischiando a tratti di soffocarla. «Grazie» gli sussurrò all’orecchio.

«Baderò io alla mia Marinetta.» Nonna Gina diede una sonora pacca sulla spalla del figlio.

I coniugi Dupain-Cheng si salutarono con un bacio a fior di labbra.

Le tre donne salirono nel taxi e partirono per la Gare de Lyon.

 

Il cuore di Marinette accelerava ad ogni passo sul pavimento bianco della stazione. Il sogno di diventare una stilista di successo conosciuta in tutto il mondo iniziava lì, in quel momento.

Salirono sulle scale mobili che conduceva ai binari, la voce negli altoparlanti annunciò la partenza del treno per Milano, il rapidissimo StarTrain, entro quindici minuti.

Marinette trattenne il respiro quando giunse sulla banchina. Tutti i suoi amici erano lì per lei, per salutarla ed augurarle il meglio per il futuro.

«Va pure, Marinette.» Sabine si offrì di portare le due valigie e lo zaino. «Noi ti precediamo sul treno.»

Marinette prese a correre e li abbracciò uno ad uno. Lacrime di gioia le caddero sulle guance, quando ognuno di loro sfoggiò la maglietta con una lettera disegnata sopra con la vernice spray: formavano la frase We love Marinette.

Alya Cesaire si staccò a fatica dall’abbraccio con la sua migliore amica.

«Grazie, ragazzi.» La voce di Marinette era rotta dalla commozione. «Siete meravigliosi.»

Dal gruppo si alzò un applauso, seguito da un coro di sostegno.

«Salutatemi Adrien.» Non poté evitare la punta di delusione notando l’assenza del ragazzo. «Spero che suo padre si rimetta in fretta. Oh, e salutatemi anche Katami.» Immaginò che sua madre le avesse impedito di andare alla stazione per salutarla.

«Devo salutarti anche Lila?» Alya sollevò le sopracciglia e si sistemò gli occhiali sul naso.

Marinette fece una smorfia. «Spero di non rivederla mai più.»

Alya scosse la testa. «Non puoi avercela a vita con lei solo perché le piace Adrien. O starai col pensiero fisso che ora avrà campo libero?»

«Mi ha quasi fatta espellere.»

«Sai bene che lei soffre-»

«Basta, Alya» disse Marinette risoluta. «Non è mio desiderio parlare di quella vipera il giorno in cui sto per partire.»

Alya fece un passo indietro con le mani tese in avanti.

«Cancellerò la sua immagine dalla testa. Prima o poi le sue bugie, tiri mancini e manipolazioni le si ritorceranno contro.»

«Del tipo Non farla contro vento.» Kim sollevò indice e mento con fierezza. Si girò verso i compagni che lo osservavano con espressioni perplesse. «Che c’è? Lo dice spesso mio padre dei suoi colleghi.»

«Complimenti per l’eleganza, Kim.» Alix mise le mani sui fianchi.

«Dovrai fare solo pensieri felici.»

Marinette si voltò.

Luka Couffaine le passò un bracciò sulla spalla e la attirò a sé. «Stai per scalare la montagna che ti condurrà al tuo grande sogno. Non serve pensare alle persone che vogliono il tuo male.» La sua voce emanava grande serenità.

Le guance di Marinette si colorarono di un rosa acceso. «Grazie, Luka. So che posso contare sempre su di te.» Si alzò sulle punte e gli scoccò un bacio sulla guancia.

Il capotreno fischiò dal fondo della banchina. Il treno stava per partire.

Marinette salì i due scalini e si voltò un’ultima volta verso i suoi amici. La porta scorrevole si chiuse. Tutti i ragazzi gridarono un saluto e Marinette ricambiò agitando la mano. Anche stavolta non riuscì a trattenere le lacrime.

Quando scomparvero dalla visuale, si avviò ai posti. Si sedette accanto alla madre.

«Bel ragazzo.» Nonna Gina sedeva di fronte a loro. «È il tuo fidanzato, Marinetta?»

Marinette ebbe un sussulto ed avvampò. «Co… Come? Chi?»

«Quel bel giovane con capelli ed occhi azzurri ed il look da rockettaro. Come si chiama?»

«Luka» intervenne Sabine.

Marinette si sventolò il volto con una mano. L’aria condizionata era accesa, perché sentiva così caldo? «È… È solo un amico.» Si schiarì la voce. «Un grande amico.»

«Il ragazzo che fa battere forte il cuore di Marinette è un altro» disse Sabine.

«Mamma!»

«Oh, e chi è?» Nonna Gina si sporse in avanti e si levò gli occhiali da sole. «Lo conosco?»

«Credo proprio di sì» rispose Sabine. «Adrien Agreste.»

«Quello che fa la pubblicità a quel profumo per giovani?» Nonna Gina si passò una mano tra i capelli color perla con soddisfazione. «Mi pare ti abbia regalato un braccialetto al tuo compleanno, vero Marinetta?»

Marinette incassò la testa nelle spalle.

«Hai ottimi gusti in fatto di ragazzi. Approvo in pieno» concluse Nonna Gina.

Marinette si chiese se fosse possibile che il sedile la fagocitasse in quel momento o che lei fosse sbalzata all’istante fuori dal finestrino.

Il treno lasciò la stazione e prese velocità. Sembrava volasse sui binari.

«Non mi sembra di averlo visto tra i tuoi amici» insistette Gina.

Sabine sospirò. «Purtroppo il padre ha avuto un brutto incidente ed è dovuto volare in Cina. È lì da due settimane ormai.»

Il volto di Gina si incupì. «Mi dispiace. Dev’essere stato un colpo per lui. So che non ha la madre.» Passò qualche minuto di silenzio. «Immagino gli avrai rivelato i tuoi sentimenti.»

Marinette si arrese. La nonna sapeva essere peggio di un mastino quando voleva. «No, non l’ho mai fatto. Non ho mai trovato il coraggio.» Scrollò le spalle con amarezza. «In fondo credo sia meglio così. Avrei ricevuto senz’altro un rifiuto.»

«Perché dici così, Marinetta?»

«Ama un’altra.» Suonava anche peggio che nella sua mente. «Me l’ha rivelato lui stesso e ho visto anche che si baciavano.» Ripensò a quando li vide, Katami e Adrien, seduti sulla riva della Senna mentre si scambiavano un bacio da veri innamorati.

Gina fece un versaccio. «Chi non ti vuole non ti merita.» Sventolò una mano nell’aria come se volesse allontanare qualcuno. «Per citare una canzone che adoro: “Troverai un altro più bello che problemi non ha.”» Marinette ridacchiò. «E comunque io preferivo il ragazzo con i capelli blu.»

   
 
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