Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: Altair13Sirio    09/10/2020    1 recensioni
E'difficile dover dire addio alla vita felice che si è sempre condotta. Una bambina non capisce quanto sia fragile la vita finché qualcosa di terribile non le porta via tutto ciò che ha di più caro.
Nirihs'Oūm è una ragazza che ha dovuto saper crescere per affrontare il dolore della perdita. Strappata alla propria terra, allontanata dalla famiglia e costretta a vederli soffrire, si è chiusa in sé stessa fino a che i suoi aguzzini non hanno smesso di tormentarla, credendo di averla sottomessa. Ma lei non ha mai dimenticato, non ha mai smesso di meditare su ciò che veramente avrebbe meritato. E anni dopo il suo rapimento, ha deciso di ribellarsi.
Principessa in un castello senza uscite, Nirihs'Oūm lotterà con tutte le sue forze per realizzare il futuro che ha sempre sognato: un futuro di pace e tranquillità, dove niente più potrà farle del male.
Genere: Angst, Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blackfire, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Titans Legacy'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nirihs'Oūm si rigirò tra le coperte del letto. La grande camera da letto che le era stata preparata a palazzo era cambiata dall'ultima volta che era stata lì; adesso gli innumerevoli regali che aveva ricevuto dal popolo di Tamaran le facevano compagnia, rendendo quel luogo molto più accogliente e pieno di vita. Ma nella mente della giovane principessa c'erano ancora i dubbi che quello potesse essere un falso affetto; temeva di non meritare la fiducia che Galfore e gli altri avevano posto in lei, e quando pensava al futuro l'immagine della corona imperiale la paralizzava. Sua zia non aveva previsto altro tipo di futuro se non quello, e sembrava che tutti quanti non avrebbero immaginato altrimenti. Solo lei era stata talmente stupida da credere che ci sarebbe potuto essere qualcosa di diverso nella sua vita?
I raggi lunari filtravano tra le tende che coprivano la grande finestra della stanza, rendendo le pieghe del letto dei serpenti luminosi che sembravano stringere le proprie spire attorno al suo corpo inerme. Nirihs'Oūm avrebbe volentieri lasciato che quelle spire la stritolassero, se avesse avuto la conferma di non poter più uscire da quella gabbia. Eppure sembrava che quello fosse il suo destino; proprio come le visioni del futuro che aveva avuto nel corso degli anni si erano tutte realizzate come aveva previsto, non c’era niente che sembrasse cambiare il corso degli eventi. E tutti quanti sembravano spingerla verso quel destino che lei non voleva.
Potendo tornare indietro Nirihs'Oūm avrebbe provato a cambiarlo, il destino. Anche se ciò avesse annullato la more di sua zia, lei era così arrabbiata con l’universo che avrebbe fatto tutto quello solo per sfidare chiunque tirasse i fili di quell’immenso teatrino degli orrori di cui era stata la protagonista per troppo tempo.
Si alzò e volse lo sguardo alla finestra; la luce che passava dagli spazi tra le tende era intensa, ma non abbagliante. Ormai le era impossibile dormire, ogni secondo che passava le sembrava di essere sempre più vigile e quando si alzò dal letto non riuscì a costringersi a restare tra le coperte.
Dopo aver sentito per un attimo la luce lunare sul proprio viso, si voltò e avvicinò a grandi passi allo specchio appeso dall’altro lato della stanza. Era lusingata che Galfore e i Tamaraniani tenessero tanto a lei da riservarle tanto sfarzo e si concentrassero così sulla cura dei dettagli, ma guardando quella cornice dorata e ricoperta di pietre preziose che ricopriva un semplicissimo specchio, si chiese se tutto quello fosse necessario… E se lei lo meritasse.
Non le interessava della ricchezza, Galfore avrebbe potuto ospitarla in una stalla e gli sarebbe stata comunque grata; non sopportava che tutto quello che la gente portava a lei fosse stato, per ovvi motivi, tolto a qualcun altro. Padri di famiglia avevano rinunciato a giornate di prezioso lavoro, che nell’economia disastrata di Tamaran significavano molto, per presenziare ai banchetti in suo onore; i contadini avevano tolto dalle proprie bocche i frutti del proprio lavoro per donarli a lei, così come anche gli innumerevoli artisti che avevano passato tanto tempo, ignorando le proprie priorità e scadenze, per consegnarle il più presto possibile dei regali che l’avevano sicuramente fatta commuovere, ma anche preoccupare. E questo perché lei era qualcosa di diverso da quello che credevano: lei era un’assassina.
Vedeva il proprio riflesso su quello specchio appeso alla parete: lui non mentiva, il sangue di Komand’r era ancora fresco sulle sue mani, non lo avrebbe mai lavato via del tutto. Lei era questo sotto alla maschera di principessa amata e innocente, e nessun ricordo di un’infanzia traumatica avrebbe potuto giustificare quelle sue azioni.
Paradossalmente, le persone che la conoscevano di meno le riservavano anche un trattamento più adatto; avrebbe fatto volentieri a meno del rispetto che le rivolgevano, ma questo era solo causato da un profondo terrore di ciò che rappresentava. In fondo, per tutti lei era la figlia di Komand’r, Splinter l’aveva addirittura scambiata per lei, e così tante altre persone avrebbero fatto lo stesso se non se ne fosse occupata una volta per tutte; doveva cambiare. Doveva distruggere l’immagine di ciò che era stata e ricominciare con un volto nuovo, una vita nuova!
Aveva lasciato crescere i capelli per troppo tempo: prima della morte di Komand’r le ricadevano già sul volto, adesso avevano raggiunto le spalle; quella era la prima ragione per cui Splinter, vedendola, aveva creduto che si trattasse di Komand’r. Nell’ultimo periodo non aveva avuto costantemente davanti agli occhi il volto della zia a ricordarle quanto si somigliassero e aveva ignorato i suoi capelli, che così erano cresciuti troppo.
Allungò una mano sul ripiano accanto allo specchio e afferrò un paio di forbici. Non si soffermò molto ad osservarne il filo, aiutata dalla luce che filtrava dalle tende, e dopo averle impugnate saldamente cominciò a tagliarsi i capelli, una ciocca alla volta. Partì da quei ciuffi più lunghi che le circondavano le spalle e andò a salire sempre di più, fino a sopra la testa dove si ravvivò un po’ i capelli con le mani per spingerli indietro e fargli prendere il verso; lasciò solo un paio di ciocche che le ricadevano sulla fronte, mentre il suo nuovo taglio le regalava una maggiore mobilità e la faceva sudare di meno. Era un taglio ideale per qualcuno che avrebbe dovuto viaggiare e affrontare lunghe battaglie, ma per una principessa che sarebbe rimasta a marcire su un trono per il resto della vita? Un taglio come quello sarebbe stato molto più utile a qualcuno come Splinter, che a una persona come lei…
La soddisfazione che provava per il suo nuovo taglio di capelli scemò rapidamente non appena pensò a queste cose. Nirihs'Oūm lasciò cadere le forbici sul pavimento, in mezzo ai mucchi di capelli tagliati.; le sue gambe cominciarono a tremare e lei si gettò a peso morto sul bordo del letto, rimanendo a guardare il proprio riflesso come se non lo riuscisse più a riconoscere.
Non sarebbe mai diventata ciò che desiderava, tutta la sua vita era andata sprecata nella prigione che sua zia aveva creato e adesso si era condannata da sola a continuare a vivere in quello stato deplorevole; non avrebbe più osservato un tramonto diverso, non avrebbe più costruito legami profondi con altre persone e non si sarebbe mai più scrollata di dosso la presenza costante di Komand’r.
Iniziò a piangere, trattenendo i singhiozzi per non far sentire a nessuno tranne che a sé stessa le sue pene. Si era impegnata così tanto per non diventare come sua zia, che alla fine se ne era avvicinata senza nemmeno rendersene conto; solo un mostro avrebbe potuto fare le cose che aveva fatto lei. E perché si era spinta a tanto poi? Ormai era cresciuta e Komand’r le avrebbe permesso di viaggiare tra i mondi per conoscere l’universo, che importava se sarebbe sempre stata sotto il suo controllo! Non c’era bisogno che diventasse un’assassina per guadagnarsi una falsa libertà.
Eppure lei adesso era lì. Stava per compiere diciassette anni ed erano cambiate così tante cose da quando era stata strappata al proprio pianeta di nascita che le sembrava di aver vissuto mille vite. A quel punto non era più nemmeno sicura che quei ricordi di dieci anni prima fossero i suoi… Era cambiata e quel riflesso così sconsolato glielo confermava; non vedeva più nulla di quella bambina che voleva tanto aiutare la gente.
Si sentiva persa, priva di uno scopo. E senza sapere più che fare, avrebbe cercato aiuto dovunque. Aveva continuato con le sue sessioni di meditazione, sperando che potessero aiutarla a fare pace con sé stessa, ma dopo la prima volta non era più riuscita ad entrare in quel mondo misterioso che era all’interno del suo cuore e per quanto ci avesse provato, non sembrava che avrebbe trovato altre risposte lì; era una pratica rilassante che la aiutava a concentrarsi, ma lo sforzo era troppo grande e lei non sembrava riuscire ad ottenere altri risultati.
Quello che serviva a Nirihs'Oūm era qualcosa di più pragmatico, non una creazione della sua mente che le avrebbe detto solo cosa voleva sentire. Fu mentre pensava questo che si ricordò della lettera lasciatale da Komand’r alla sua morte; il notaio aveva detto che avrebbe dovuto leggerla quando si sarebbe sentita pronta. L’aveva portata sempre con sé nei suoi recenti viaggi nonostante non avesse mai voluto veramente aprirla, e forse era per questo che non riusciva a lasciarsi il passato del tutto alle spalle.
Perché non voleva aprire quella lettera? Che cosa poteva esserci di così doloroso che la sua perfida matrigna non le avesse già fatto? Doveva per forza trattarsi di un ultimo, meschino insulto alla sua persona, un modo di farle ancora del male, anche dopo la morte, giusto per avere la soddisfazione di avere avuto l’ultima parola.
Eppure, se odiava così tanto quella lettera, perché Nirihs'Oūm non se ne era liberata? Rimase a guardare la borsa dove la teneva tutto il tempo, lontana dagli sguardi; che cosa avrebbe pensato Galfore, se avesse scoperto che custodiva così gelosamente un messaggio di Komand’r?
Ma lei non lo custodiva con cura! Non le interessava niente di quella lettera, anche se gliel’avessero rubata non le sarebbe importato… Oppure sì? In fondo era curiosa di scoprire cosa ci fosse scritto su quella carta. Aveva quasi sperato che potesse esserci qualcosa di dolce, nonostante fosse arrivato da Komand’r; c’era una piccola speranza, in fondo al suo animo, che la donna che l’aveva portata via dalla sua terra non la avesse sempre odiata. Ma c’era anche il rischio che in quelle parole avrebbe trovato tutto il rancore e il disgusto della zia che non aveva potuto ancora riversarle addosso.
Sarebbe stato bello scoprire che, dopo tutto quel tempo, almeno un poco era stata apprezzata da qualcuno, ma allo stesso tempo pensava che sarebbe stato profondamente ingiusto se quella speranza si fosse rivelata reale; se, anche solo per poco, Komand’r le avesse mai voluto bene, perché sottoporla a tutte quelle umiliazioni e a tutto il dolore che aveva dovuto sopportare? A che pro crescere una bambina in questo modo? Per insegnarle una lezione? Era forse un modo per renderla più forte?
Nirihs'Oūm non lo sapeva e non lo avrebbe mai saputo, forse. Ma di una cosa era sicura: non sarebbe mai riuscita a crescere e lasciarsi indietro la parte peggiore della sua vita, se avesse continuato ad avere paura a quel modo. In quella lettera avrebbero potuto esserci parole cariche di odio nei suoi confronti, oppure si sarebbe potuto trattare di un messaggio consolatorio che non avrebbe di certo cambiato le cose tra lei e la sua matrigna. Nulla sarebbe cambiato in ogni caso e lei non avrebbe avuto motivo di sentirsi ferita; quindi c’era solo una cosa da fare.
Si alzò e andò a passi rapidi verso il ripiano dove era poggiata la borsa. La lasciava sempre in camera, non la apriva nemmeno perché l’unica cosa che custodiva era quella lettera, e fino a quel momento non aveva avuto alcun desiderio di provare ad aprirla, ma forse era meglio dire che non aveva mai avuto il coraggio di farlo…
Dopo aver sfilato velocemente la lettera richiusa con un sigillo con sopra stampato il simbolo imperiale, Nirihs'Oūm rimase a osservarla per un attimo incerta sul da farsi. La carta ruvida stretta tra le sue dita sembrava incredibilmente delicata, avrebbe potuto strapparla facilmente e lasciarsi alle spalle tutta quella storia, ma anche se in passato avrebbe tanto voluto farlo adesso non aveva alcun motivo per farlo. Staccò con delicatezza il sigillo e poi aprì la lettera usando le forbici con cui si era tagliata i capelli.
Fu colta da una profonda ansia quando la lettera si aprì, rivelando la carta al suo interno con stampate sopra le parole che sua zia in persona aveva voluto lasciarle. Prese un respiro profondo prima di afferrarla e tirarla fuori da lì, lasciando cadere l’involucro sul pavimento.

Mia cara Nirihs'Oūm
se stai leggendo questa lettera, probabilmente la mia vita è giunta al termine. Chiamami anche paranoica, ma ho come il sospetto che ci sia stato il tuo zampino in ciò; pensi che i miei sospetti siano ben fondati?
Avrei voluto che la nostra relazione andasse diversamente, ma in fondo è colpa mia se tu sei cresciuta in questo modo… Quando dieci anni fa ti portai via dalla Terra, pensavo che ti avrei fatto solo un favore a donarti una vita migliore, più agiata, rispetto a quella che conducevi allora. Non credevo che la mia debole sorella fosse in grado di crescere una guerriera come te, né che potesse far esprimere appieno il tuo potenziale; lo sai che mi è bastato uno sguardo per capire che eri destinata a qualcosa di grande, il giorno che ti incontrai? Il modo in cui lottasti fino alla fine e anche come hai continuato a opporre resistenza nel corso degli anni, nonostante non ci fosse più niente per cui lottare, mi ha colpita nell’animo. E nonostante ciò, mi ci è voluto molto tempo per comprenderti veramente e accettarti.
Ti ho odiata. Per un certo periodo della mia vita ho odiato quanto tu fossi talentuosa e ho cercato di piegarti in ogni modo, ma più forte ti colpivo e più velocemente ti rialzavi. La tua determinazione non è mai stata intaccata e alla fine ho capito che io e te eravamo uguali: io e te siamo due condottiere, naturalmente destinate a dominare. Eri solo una bambina allora, ma possedevi già una forza immensa, forse ne eri anche consapevole e per questo ne avevi paura… Ma io ho sempre visto il tuo grande potenziale come un’arma da imbrigliare, modellare, far crescere e sfruttare a mio piacimento… E poi questa visione che avevo di te è cambiata, è diventata qualcosa di più… Qualcosa di grandioso che non poteva essere contenuto, e a un certo punto ho capito: non potevo controllarti, non potevo impedirti di crescere e diventare più forte di me; non era compito mio distruggere ciò che saresti diventata soffocando la cosa che ti dava energie. E così ho cominciato ad aiutarti, invece: i nostri allenamenti smisero di essere mirati a farti del male e mi sforzai di insegnarti qualcosa per davvero. Se vuoi saperlo, non mi sono mai trattenuta con te. Inizialmente provavo piacere nel farti del male, ma dopo questa mia realizzazione ho solamente voluto dare il meglio di me così da prepararti il più possibile a quello che ti aspetta, perché avrai bisogno di tutta la forza disponibile, dopo che me ne sarò andata.
Ti dico queste cose perché il mondo, il nostro mondo, è pieno di serpi pronte a colpire a tradimento; devi essere forte per poterlo affrontare, e nessuno farà mai qualcosa per te senza aspettarsi qualcosa in cambio. Ovviamente il tuo ruolo ingigantirà tutto questo, costringendoti a fare una attenta selezione delle persone di cui fidarti, e anche con loro dovrai assicurarti di non mostrare mai alcuna debolezza.
Sei in una posizione difficile, mia cara, e mi duole ammettere che è tutta colpa mia; purtroppo la mia eredità è qualcosa di veramente pesante. Forse non te lo aspettavi, forse addirittura odierai questa mia decisione di consegnarti l’impero, ma ti voglio dire solo una cosa prima che tu faccia la tua scelta: pensa attentamente all’importanza del tuo ruolo. Ti è stato concesso un grande potere. Pensa in grande! Sii quello che più preferisci e fai dell’impero ciò che più ritieni giusto. Hai la forza per compiere grandi cose, e adesso possiedi anche le risorse per farlo!
Non sono stata una buona madre, non cercherò scuse. La vita non è stata gentile con me, e nella mia rabbia contro il mondo intero ho pensato che avrei trovato sollievo nel rovinare la vita di qualcun altro. Potrà sembrare un vuoto tentativo di giustificare le mie azioni, ma per parecchio tempo dei dieci anni in cui abbiamo vissuto assieme io ti ho veramente voluto bene. Tuttavia non sono stata in grado di mostrare il mio affetto, né penso che ne avrei avuto il diritto. Io ho rovinato tutto ciò che c’era di bello nella tua vita e ho fatto di tutto per rendere un inferno il tuo presente, guadagnandomi di diritto un posto all’inferno. Spero tuttavia che, magari con il tempo, tu possa riuscire quantomeno a comprendermi…
Voglio lasciarti con una delle cose che ho imparato nella vita; da bambina potresti aver imparato che “l’unione fa la forza” o che si ha bisogno di avere qualcuno al fianco per poter essere forti e felici. Credimi, si tratta solo delle scuse di chi non è in grado di prevalere con le proprie forze. Ricordati questo, invece: tu vali molto più di quanto credi, tanto da non avere bisogno di nessun altro per sentirti completa. Non lasciare mai che qualcuno ti faccia credere di avere bisogno di loro per sentirti degna di te stessa!
Vivi sempre seguendo le tue regole, Nirihs'Oūm, ma se puoi, non finire come me.
La tua zia, Komand’r.

A Nirihs'Oūm servì un po’ di tempo per leggere l’intero messaggio, e anche quando ebbe finito rimase a guardare l’inchiostro asciutto sulla carta come se non riuscisse a metterlo a fuoco. Su quel foglio non c’era odio o risentimento; Komand’r sembrava aspettarsi che un giorno la nipote la avrebbe uccisa, eppure parlava come se avesse già accettato il proprio destino e invece si era preoccupata di farle sapere coe, alla fine, le avesse voluto bene.
Non sapeva come reagire. Quale reazione era accettabile dopo aver scoperto che la persona che più si è odiata in realtà teneva a te come una figlia? Poteva anche solo prendere come veritiere quelle parole? A lei era sembrato un pietoso tentativo di salvare la propria memoria; Komand’r sapeva che Nirihs'Oūm avrebbe fatto di tutto per dimenticarla, e con quel messaggio aveva trovato il modo di redimersi in extremis e allo stesso tempo rimanere sempre presente nella sua vita, anche nella morte. Il dubbio di aver ucciso l’unica persona che la amava la avrebbe tormentata per sempre, incapace di poter appurare quanto di vero ci fosse in quelle affermazioni… Era diabolico, anche per una persona come Komand’r.
Però Nirihs'Oūm non riusciva a spiegarsi il perché di quell’ultimo messaggio: “vivi seguendo le tue regole, ma non finire come me.” Komand’r non la colpevolizzava per averle tolto la vita, aveva soprasseduto rapidamente su quel dettaglio e invece si era denigrata a quel modo, ammettendo di essere stata una pessima matrigna, quasi come se meritasse la morte che aveva avuto. Andava completamente in contrasto con l’immagine dell’imperatrice che aveva sempre ragione e che annientava tutti quelli che le andavano contro.
No, non doveva lasciarsi abbindolare da quelle parole così invitanti; lei stava cercando di indirizzarla verso la rovina, fingendo di lasciarle buoni consigli. Restare da sola, seguire le proprie regole, essere destinata a qualcosa di grande… Komand’r la riempiva di elogi e le diceva di non diventare “come lei”, ma Nirihs'Oūm sapeva bene che questo era proprio ciò a cui mirava: farla diventare una donna sola, cattiva, senza alcun affetto, proprio come era stata lei. E il modo migliore per far sì che ciò accadesse era di farle sapere quanto in realtà fosse migliore di lei, dandole indicazioni su come vivere la sua vita al meglio, così Nirihs'Oūm avrebbe creduto di non poter in alcun modo finire per diventare come la sua perfida matrigna, che avendo avuto una terribile infanzia aveva finito per diventare il mostro che tutti temevano e veneravano. Davvero una storia strappalacrime!
Eppure, dopo tutto questo, a che serviva lasciarle anche il trono? Se Komand’r aveva intenzione di torturare anche nella morte la sua giovane nipote, che senso aveva donarle le redini di un intero sistema a cui aveva dedicato anni e anni di lavoro, lotte e viaggi, con il rischio che rovinasse tutto? Non temeva per la preservazione del suo impero? Inizialmente Nirihs'Oūm aveva pensato che il testamento fosse un modo per costringerla a rimanere legata al suo nome anche dopo la morte, ma a quel punto la lettera non sarebbe stata necessaria.
Ma poi c’era il modo in cui le aveva detto addio.

La tua zia, Komand’r.

Non era “madre”, come per anni aveva voluto farsi chiamare. Non era nemmeno “signora” o “sovrana” come era conosciuta dagli altri.
Solo sua zia, come solo loro due sapevano. Nessuno l’aveva mai definita la nipote di Komand’r, anche le persone che sapevano bene che fosse stata portata via alla sorella dell’imperatrice continuavano a chiamarla “sua figlia”; era più semplice e Komand’r voleva che fosse così. E allora perché, in un messaggio destinato a lei soltanto, dove avrebbe potuto riderle ancora una volta in faccia sostituendosi alla sua vera madre, di cui aveva calpestato il ricordo così tante volte, Komand’r aveva menzionato la loro vera parentela?
Quella storia sembrava troppo contorta anche per una mente malata come quella di sua zia. Anni e anni passati a trattarla al pari di un verme, una figlia mai desiderata, quando era stata lei stessa a rapirla per poi lasciarle un messaggio in caso di sua morte prematura dove esprimeva di averle voluto bene, lasciando però intendere di non averla mai veramente amata, e costringendo Nirihs'Oūm a vivere con il senso di colpa di aver rovinato la sua ultima opportunità di poter avere di nuovo una famiglia normale, ma dandole allo stesso tempo dei consigli validi per il futuro, assieme alla libertà di fare come voleva con il suo impero. Perché non poteva semplicemente pensare che Komand’r avesse veramente cercato di essere gentile almeno una volta nella sua vita costellata di cattiverie?
Nirihs'Oūm lasciò cadere la lettera e si chiuse la testa tra le mani, mentre sentiva il cuore battere sempre più velocemente. Tornò a farti sentire quella orribile sensazione di non aver capito niente, di aver sbagliato tutto; magari Komand’r non sarebbe mai diventata la persona che avrebbe voluto, come diceva in quella sua lettera, ma forse se Nirihs'Oūm non avesse architettato il suo assassinio avrebbe potuto vedere con i propri occhi il cambiamento che professava di voler attraversare. Komand’r era una persona orribile, ma se fosse cambiata in meglio non sarebbe stato bello per lei avercela come alleata, piuttosto che non averla e basta?
Ma non era questo che diceva sua zia nella lettera, anzi Komand’r pensava di essersi meritata la morte; era quasi come se quel messaggio l’avesse scritto dopo essere stata uccisa, perché era tutto così incredibilmente preciso… Ma qualunque fosse la verità, una cosa giusta l’aveva detta: Nirihs'Oūm non aveva bisogno di nessuno a parte sé stessa, per essere felice, e nemmeno di lei. Che Komand’r le volesse bene o no, ormai non importava: lei era morta e tutti i ricordi che la ragazza aveva di lei erano pieni di odio e di dolore. Quindi avrebbe smesso di provare risentimento, non si sarebbe più sentita in colpa per quella donna, e non avrebbe permesso al suo ricordo di farla vacillare. Avrebbe accettato il consiglio della zia e avrebbe smesso di rimanere attaccata ai sentimenti anche quando la trascinavano a terra!
Forse il messaggio di Komand’r era stato veramente un modo per farle sapere come, molto in fondo, le avesse voluto bene in quegli anni, oppure era solo l’ultimo dei suoi trucchi per cercare di destabilizzarla; in ogni caso, l’unico effetto che era riuscita ad ottenere, era stato quello di renderla più forte!
Basta con le paure, basta con i ripensamenti e i ricordi tristi! Basta aggrapparsi al dolore! Come aveva detto Komand’r, da quel momento in poi avrebbe vissuto a modo suo. Non si sarebbe legata a nessuno, ma questo non significava che avrebbe totalmente chiuso il suo cuore come aveva fatto sua zia!
Allontanò lentamente le mani dalla testa e tirò un sospiro di sollievo. Era come se si fosse liberata di un grosso peso. Le aveva fatto un po’ male perché non avrebbe mai conosciuto veramente le intenzioni di sua zia, però finalmente poteva chiudere con il passato e diventare una nuova persona; era libera da eventuali rimpianti, mentre era inutile avere rimorsi dopo che il danno era stato già fatto. Adesso Nirihs'Oūm sapeva esattamente cosa fare.
 
*
 
La mattina dopo fu una serva a vedere per prima la principessa. Quando questa le aprì per lasciare che riassettasse la stanza, non solo la serva ebbe un piccolo spavento a vedere il cambiamento radicale nell’aspetto di Nirihs'Oūm, ma le sembrò quasi di trovarsi davanti una persona completamente diversa; fu una sensazione che avvertì parlandole, come se la principessa fosse cambiata più dentro che fuori.
Nonostante l’aspetto insolito, Nirihs'Oūm ricevette i suoi primi complimenti dalla serva che commentò come sembrasse aver fatto fare il taglio da un maestro. Per tutta risposta, la principessa disse:<< Grazie! Me lo sono fatto da sola. >> E quindi la lasciò da sola per andare a lavarsi.
La principessa aveva davanti a sé una lunga giornata: probabilmente i festeggiamenti per il suo compleanno si sarebbero protratti fino a tarda sera e doveva essere pronta a sostenerne il ritmo. Aveva pregato Galfore di non organizzare niente di troppo fastoso, ma era sicura che non le avrebbe dato ascolto. Doveva anche scegliere dei vestiti adatti alla giornata; il re di Tamaran le aveva fatto commissionare numerosi abiti da festa per l’occasione, ma lei avrebbe preferito indossare qualcosa di più semplice in modo da non risaltare troppo nella folla. Con questo però temeva di recare un dispiacere al suo amico e desiderava comunque indossare qualcosa che fosse “carino” in modo da non sfigurare di fronte al popolo di Tamaran e agli invitati; in fondo doveva anche dimostrare a tutta la gente che sarebbe venuta per lei, che ci teneva alla loro considerazione, e forse sistemarsi per bene era un altro modo per esprimere quel concetto. Inoltre, sperava di non dover indossare niente di troppo scomodo!
Era strano… Era la prima volta in tanto tempo che si sentiva eccitata per qualcosa. Non vedeva l’ora che cominciasse la festa, ma allo stesso tempo provava una grande vertigine nello stomaco e le tremavano le gambe al pensiero di dover passare in mezzo a tutti gli invitati. Si era sentita in modo simile quando aveva assassinato Komand’r, ma quel giorno non aveva provato felicità, bensì una forte rabbia che non vedeva l’ora di manifestarsi, e alla fine di tutto liberazione. Adesso Nirihs'Oūm provava una forte ansia, ma era contenta di sentirsi così; significava che era ancora in grado di provare eccitazione per qualcosa.
Quando raggiunse il bagno, Nirihs'Oūm cominciò a spogliarsi per entrare nella vasca mastodontica che occupava un terzo di quella che sembrava più una sala da ballo che un semplice bagno. Normalmente avrebbe usato la doccia che si trovava dall’altro lato della stanza, ma quella mattina aveva voglia di prendersela comoda e così lasciò riempire la grande vasca da bagno con acqua bollente mentre lei si dava una rinfrescata alla faccia davanti al grande lavandino in marmo e ceramica di Tamaran. Quella fu la prima volta che poté guardarsi bene allo specchio dopo aver tagliato i capelli: quella era la “nuova” Nirihs'Oūm, con quel taglio che aveva imparato a perfezionare negli anni e che, per la prima volta, le sembrava veramente diverso; negli anni passati, per quanto accorciasse i suoi capelli non era mai riuscita ad essere pienamente soddisfatta del risultato, sentendosi ancora troppo simile a Komand’r. Adesso però le era bastato poco per essere contenta del proprio aspetto: non aveva alcun motivo di voler apparire diversa dalla zia, perché sapeva che lei non era Komand’r.
Pochi istanti dopo essere entrata nella vasca, sprofondando nell’acqua che le pizzicava la pelle con la sua temperatura estrema, la porta del bagno si aprì quasi sbattendo e vi entrarono due persone immerse nelle chiacchiere. Nirihs'Oūm si voltò di scatto sporgendosi dal bordo per vedere chi fosse entrato e si fece piccolissima dentro la vasca; riconobbe due dei ragazzi che erano arrivati con Splinter il giorno prima, Barry e Kuala, e si accorsero della sua presenza solo dopo aver fatto qualche passo all’interno del bagno.
<< Oh, scusa per l’intrusione! >> Esclamò Barry notando Nirihs'Oūm con il naso poggiato al bordo della vasca e lo sguardo felino che andava da una parte all’altra della stanza. Il ragazzo si girò di colpo verso la sua amica e le sbatté in faccia la borsa che gli pendeva da una spalla. << Te lo avevo detto che non era questo il bagno… >> Mormorò seccato mentre lei si massaggiava una guancia sbuffando.
<< Sono sicura che non le darà fastidio se ci diamo una lavata anche noi, qui con lei! >> Rispose Kuala sbuffando e facendo qualche passo in direzione della vasca. Poi cambiò totalmente espressione e sorrise alla principessa nella vasca e disse:<< Vero? >>
Nirihs'Oūm si girò di nuovo dall’altra parte e arrossendo rispose che non c’era problema. Non l’avevano riconosciuta; non ne era completamente sicura, ma dal tono colloquiale che avevano assunto­ si poteva capire come non si aspettassero di essere in presenza di una persona di alto rango. Era sicuramente per via del nuovo taglio di capelli e del fatto che non avessero avuto modo di conoscerla meglio, ma invece che gettare la maschera e rivelare la propria identità Nirihs'Oūm lasciò andare avanti quella situazione, pensando che fosse una bella sensazione sentirsi alla pari di quella gente.
Barry guardò con aria perplessa la nuca della principessa, che adesso stava cercando di capire se avrebbe dovuto spostarsi per fare spazio nella vasca oppure se avrebbe dovuto restare lì dov’era, e disse girando la testa e dirigendosi verso uno dei lavandini all’angolo della stanza:<< Comunque io non ci entro nella vasca, mi farò una doccia veloce. >>
E borbottando qualcosa di incomprensibile, lasciò la borsa su una mensola per estrarne uno spazzolino. Kuala sorrise e si piegò un poco verso Nirihs'Oūm, sussurrandole:<< Sembra antipatico, ma è solo che si vergogna del suo gingillo… >>
<< Ti ho sentito, Zal! E sappi che il mio gingillo non ha niente di cui vergognarsi! >> Ribatté quello con la bocca già piena di schiuma del dentifricio.
La ragazza rise e con lei anche Nirihs'Oūm si concesse un leggero sorriso che non si preoccupò di nascondere. Poi Kuala tornò all’attacco:<< Smettila, Barry! Lo sanno tutti che ce l’hai piccolo! >>
Per tutta risposta, il mutaforma di Gremon si fermò a fissare con aria indispettita la sua amica, continuando a strofinare lentamente lo spazzolino dentro alla bocca chiusa. Poi si voltò a sputare il dentifricio e si ritirò nella doccia, dove poté cominciare a spogliarsi dietro ai vetri opacizzati senza farsi vedere. Kuala invece rimase al centro della stanza e cominciò a sfilarsi la maglietta. Mentre si spogliava non fece caso allo sguardo di Nirihs'Oūm fisso su di lei; fu quando fu rimasta a petto nudo ed ebbe notato l’espressione assente della principessa mentre la fissava che sorrise imbarazzata e si voltò, dicendo:<< Scusa! >> Non sembrava a disagio, solo un po’ sorpresa dal modo in cui la principessa era rimasta a guardarla; Nirihs'Oūm alla fine si girò rendendosi conto di essere stata un po’ invadente, ma in quel momento si rese conto di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva visto il corpo nudo di una donna, oltre al suo. Era da quando erano morti i suoi genitori che non aveva avuto contatti tanto intimi con una persona sconosciuta, e di sicuro non era successo con Komand’r. Sapeva che fosse una cosa sbagliata, ma la curiosità ebbe il sopravventò su di lei e la ragazza cominciò a sbirciare per vedere un po’ meglio il corpo di Kuala.
Il fisico di Kuala, esile e magra, era molto diverso sia da quello di Nirihs'Oūm  che da quello che ricordava di sua madre, entrambe cresciute allenandosi costantemente; la Pistiliana non sembrava particolarmente allenata, ma la sua altezza compensava nella sua mancanza di muscolatura, e ricordava a Nirihs'Oūm la statura della madre. Di lei ricordava la pelle dorata, che quasi splendeva come un sole; anche Kuala splendeva, ma di riflesso per il suo colorito pallido.
Poi una domanda si fece largo nella testa della principessa e Nirihs'Oūm non poté trattenersi dal girare lo sguardo per cercare di intravedere la carnagione del Gremoniano attraverso i vetri opacizzati della doccia: da lì riusciva solo a vedere a grandi linee il suo fisico, non troppo muscoloso e con una forma a rettangolo, mentre la sua carnagione rossastra non lasciava dubbi e rendeva molto facile distinguere le forme del suo corpo nonostante gli impedimenti.
Kuala entrò in acqua e fece sobbalzare Nirihs'Oūm, che fece finta di niente e le fece un po’ di spazio. La Pistiliana si bagnò subito la testa immergendosi completamente; quando tornò fuori dall’acqua il suo ciuffo le si era appiccicato alla faccia. Nirihs'Oūm sbuffò, trasformando una risata in qualcosa di più discreto per non farla sentire a disagio e la sua reazione sembrò divertire la stessa Kuala, che afferrò il ciuffo e lo ricacciò dietro la testa con uno strattone, poi si bagnò di nuovo la testa per spingere tutti i capelli indietro e poggiò la schiena al bordo della vasca, facendo un sospiro beato una volta accostatasi vicino a Nirihs'Oūm.
Rimasero in silenzio per qualche istante. Kuala sorrideva a Nirihs'Oūm come se sapesse perfettamente che cosa le passasse per la testa, ma la principessa Tamaraniana si sentiva un po’ troppo osservata in quel modo e continuava a distogliere lo sguardo per poter riprendere fiato di tanto in tanto. Alla fine Kuala chiuse gli occhi e sembrò mettersi più comoda nella vasca.
<< Anche tu sei invitata al banchetto di oggi? >> Chiese tenendo la nuca poggiata al bordo.
Nirihs'Oūm annuì e dopo un attimo aggiunse:<< Come tutti. >>
<< Già… Non credo di aver mai visto tutto questo fermento su questo pianeta. >> Commentò Kuala guardandosi intorno e osservando distrattamente gli interni del bagno. << La luce negli occhi dei Tamaraniani è veramente diversa quando c’è la principessa. Riesco a vederlo anche in te! >>
La principessa spalancò gli occhi confusa chiedendo che cosa volesse dire con quello. Kuala si girò verso di lei e si avvicinò lentamente per guardarla direttamente nello specchio della sua anima, mettendola in soggezione con quel solo sguardo.
<< Anche se cerchi di nasconderlo, sembri veramente emozionata. C’è qualcosa che ti rende euforica e questo si riflette nel tuo sguardo; non vedi l’ora che accada qualcosa , qualcosa che stavi aspettando da molto tempo… E’ per la festa? >>
Dopo una attenta analisi dello sguardo di Nirihs'Oūm, Kuala si fece un po’ indietro e cercò di indovinare chi potesse essere quella ragazza che stava condividendo la vasca da bagno con lei. I suoni della doccia alle sue spalle la aiutavano a riflettere e ricordare se avesse già visto il suo volto da qualche altra parte; una coreografa reale che aveva preparato uno spettacolo per la principessa? Un’ospite venuta da lontano che sperava che il suo regalo piacesse? O magari era solo una cameriera che si era infilata là dentro per godersi qualche minuto di tranquillità, prima di doversi mettere a lavoro in quella che sarebbe stata una giornata veramente impegnativa?
Kuala sbuffò. << Non ci riesco… Non riesco proprio a capire dove potrei averti già visto, eppure so che ci siamo già incontrate da qualche parte! >> Commentò frustrata picchiandosi un’unghia sulla tempia.
Nirihs'Oūm sorrise. << Vuoi un aiuto? >>
<< Allora non me lo sono immaginato! >> Commentò l’altra illuminandosi. << Avanti, sputa il rospo! Forse è stato ieri, durante il banchetto? Però in quella folla sarebbe stato difficile vederci… >>
<< Bé, tu eri sicuramente sotto gli occhi di tutti. >> Disse Nirihs'Oūm senza girare attorno all’argomento.
La voce di Barry sopraggiunse dal fondo della stanza. << Di’ pure che eravamo nel mirino di tutti! >>
Kuala scoppiò in una risata che soffocò in pochi secondi. << Effettivamente sarebbe stato difficile non notarci! >> Quando si voltò verso Nirihs'Oūm vide che anche lei stava ridendo; per quanto la osservasse però, non riusciva a capire dove l’avesse vista prima.
<< Oh, è facile! >> Esclamò la ragazza quando le ebbe chiesto nuovamente dove si trovasse al momento della loro scenata durante il banchetto. << Ero al centro della sala, sotto gli sguardi di tutti, come voi. >>
In un primo momento Kuala rise, interpretando nel modo errato le parole della principessa. Ma quando vide che l’espressione di Nirihs'Oūm rimaneva impassibile, il suo sorriso cominciò a svanire; in pochi attimi fu colta da un grande imbarazzo e un’ansia pazzesca, quindi perse il filo del discorso e si ritrovò a balbettare cose senza senso mentre Nirihs'Oūm continuava a sorriderle come se si stesse divertendo a vederla impazzire.
Alla fine, con la faccia completamente rossa, Kuala si scusò ed uscì dall’acqua. Raggiunse in fretta una asciugamano e se la arrotolò attorno alle spalle, poi andò da Barry e lo tirò fuori dalla doccia con uno strattone. Quello le chiese cosa stesse facendo, ma lei gli buttò un’altra asciugamano addosso e gli disse di darsi una mossa, poi mentre si avviava verso l’uscita disse tutto d’un fiato:<< Scusa tanto per l’invasione, è stato un piacere chiacchierare con te! >> E prima che Nirihs'Oūm potesse dire qualunque cosa, si chiuse dietro la porta lasciando il vuoto dietro di sé.
Nirihs'Oūm non aveva neanche fatto in tempo ad alzare una mano che era rimasta completamente sola, di nuovo. Alla fine l’aveva riconosciuta, anche se con qualche aiuto, e l’esito era stato proprio come lei aveva temuto; doveva accettarlo, la sua posizione e il suo nome avrebbero continuato a gettare ombra su di lei e niente avrebbe cambiato quella cosa.
<< Comunque mi piace tantissimo il nuovo taglio! >> Disse una voce alle sue spalle, facendola sobbalzare dopo aver creduto di essere rimasta da sola. Nirihs'Oūm si girò di scatto e vide di nuovo Kuala che si affacciava da dietro la porta e le sorrideva in modo affabile; la ragazza poi si scusò ancora per il disturbo e richiuse la porta definitivamente, lasciando la principessa senza parole, ma rincuorata da quello che era appena successo.
Certo, Kuala era rimasta spiazzata dalla scoperta di star conversando così tranquillamente con la principessa dell’impero ed era scappata, ma forse era solo troppo imbarazzata al pensiero di non averla riconosciuta, oltre al fatto di essersi infilata nel suo bagno senza nemmeno sapere chi fosse; invece il modo in cui era tornata per dirle che le piacessero i nuovi capelli dimostrava come, nonostante le differenze, l’avesse vista come una sua pari.
Il resto della mattinata passò senza altre sorprese. Alla fine Nirihs'Oūm decise di indossare un abito che era stato ricavato seguendo le linee di una antica armatura da guerra Tamaraniana: il top che le cingeva il busto era circondato da una gorgiera metallica con al centro una pietra preziosa e due spalline in acciaio nero che aderivano a parte del suo braccio in modo del tutto naturale; le bende originali che avrebbero dovuto ricoprire il suo corpo erano state sostituite da un corto velo che le pendeva dalle spalle e la gonna veniva retta da una cintura dall’aspetto semplice a cui erano state aggiunte degli scomparti che sarebbero stati molto utili in battaglia, ma che in quel caso avrebbero avuto solo un effetto estetico. Infine, gli stivali che superavano le ginocchia e delle semplici bande argentate che le aderivano ai polsi completavano quell’abbigliamento che avrebbe potuto essere un po’ troppo sobrio per la cerimonia, ma in cui la principessa riusciva a sentirsi sé stessa.
Al banchetto era invitata l’intera città. Nirihs'Oūm aveva espresso il desiderio che non solo le persone più ricche potessero partecipare ai festeggiamenti, ma anche coloro che non avevano da mangiare, quelli che erano da soli e quelli che volevano semplicemente passare una giornata diversa; forse era un pensiero troppo pretenzioso, volere che tutti quanti partecipassero alla sua festa, ma Nirihs'Oūm lo aveva espresso con le migliori intenzioni in mente.
Aveva anche chiesto ai servitori di preparare una grande tavola per lei; non si sarebbe distanziata dal popolo, come era successo in passato, sarebbe stata al loro fianco mentre festeggiavano, e ovviamente aveva voluto Galfore e i suoi graditi ospiti, Splinter e tutta la sua ciurma, accanto a sé, mentre Uktar avrebbe seduto un po’ più distante.
Quando entrò nella sala dei banchetti erano già tutti là ad attenderla; ebbe uno scorcio degli occhi lucidi del buon Galfore, che probabilmente rivedeva in lei la sua protetta Koriand’r, e avvistò vicino al proprio posto Splinter, che sorrideva con aria inebetita. A continuare la fila c’erano Barry, Kuala – che sembrava stare ancora ridendo per prima – e Variel; sembravano aver preso in prestito degli abiti da cerimonia Tamaraniani per non sfigurare.
Si erano preparati tutti al meglio: poteva notare ciò soprattutto in Kuala e Barry, che aveva visto quella mattina presto, che dovevano aver finito di lavarsi da qualche altra parte e che avevano un aspetto molto più sveglio e vivace di prima, ma anche Splinter e Variel avevano un aspetto più curato ed elegante. Re Galfore, poi, sembrava perfettamente a suo agio in quella situazione; probabilmente lui era abituato ai bagni di folla e doveva avere atteso a lungo per poter indossare quella vecchia armatura da cerimonia che portava quel giorno.
Nirihs'Oūm raggiunse il centro del tavolo dove Galfore la accolse con un sorriso commosso e le tenne la mano per qualche istante; le sussurrò qualcosa, di quanto fosse felice di poter essere presente a quel momento così importante per lei, in cui faceva il primo passo nel percorso per diventare una vera donna, e di quanto i suoi genitori sarebbero stati sicuramente fieri di vedere come era cresciuta. Nirihs'Oūm non lo sentì quasi per niente: non riuscì a sentire nulla da quando fece il suo ingresso nella sala, l’unico suono che riempiva la sua testa era il battito del suo cuore, così forte da farla tremare a ogni colpo. Anche quando si rivolse al popolo presente nella sala riuscì a udire a malapena le proprie parole, e quando diede ufficialmente inizio al banchetto credette di aver sbagliato qualcosa per via del silenzio che le rimbombava nelle orecchie.
<< Ehi! >> Udì una voce alla sua destra. Splinter era seduto proprio accanto a lei, le sorrideva con aria amichevole; dietro la sua testa spuntavano pure gli altri della sua squadra e Nirihs'Oūm poté scorgere Kuala e Barry che si sporgevano per mandarle un saluto imbarazzato con le mani.
Nirihs'Oūm riuscì a rispondere alla chiamata di Splinter con un debole mormorio, ma dopo di quello il vuoto nelle sue orecchie si dissipò.
<< Buon compleanno! >> Disse lui senza nemmeno pensare troppo alle parole, alzando un calice con un liquido azzurro al suo interno. Nirihs'Oūm sorrise automaticamente. Le sue labbra si mossero da sole come se fosse di fronte a una immagine che le trasmetteva una gioia incontenibile; non le aveva detto nient’altro, solo un semplice augurio, eppure Nirihs'Oūm si sentiva già un po’ più felice. Fece un piccolo cenno per ringraziare e tornò a guardare la sala, dove i Tamaraniani stavano già dando il meglio di sé nel banchetto.
Gli invitati al banchetto non volevano certo sfigurare nel mostrare le proprie usanze in un’occasione tanto importante, soprattutto ora che erano presenti degli invitati provenienti da altri pianeti, ma dall’arrivo di Nirihs'Oūm non era sempre stato così; la principessa era cresciuta seguendo delle “buone maniere” diverse da quelle del loro pianeta e la prima volta che aveva assistito a un banchetto su Tamaran si era sentita un po’ fuori posto, e di conseguenza il popolo aveva cercato di farla sentire più a proprio agio comportandosi in modo più “educato”, ma era bastato poco perché lei si abituasse a quelle usanze e le facesse sue, con grande felicità di Galfore. Anche Splinter e i suoi amici conoscevano le usanze tamaraniane e non avevano alcuna intenzione di sfigurare davanti alla principessa e a tutta quella gente, così si avventarono sul cibo allo stesso modo degli invitati.
Nella sala risuonava la musica delle gorkamuse; gli orchestranti che erano stati ingaggiati per suonare al compleanno della principessa stavano facendo del loro meglio per intrattenere gli ospiti, ma allo stesso tempo dovevano trattenersi per non stordire gli invitati con un udito più sensibile dei Tamaraniani, che avrebbero risentito dei suoni striduli dei loro strumenti. In alcuni momenti la foga dei commensali era tanta da sovrastare anche la musica e un paio di volte sembrò che dovesse scoppiare una rissa tra i tavoli; Nirihs'Oūm, ancora poco abituata ai modi rudi del suo popolo, temette che fosse andato storto qualcosa. Ma ogni volta si ristabiliva la calma e gli invitati tornavano alla loro allegria, permettendo a Nirihs'Oūm di tirare un sospiro di sollievo.
Una volta iniziato il banchetto, il tempo sembrò scorrere molto più in fretta e le ore passarono senza che gli invitati o la festeggiata se ne rendessero conto. Dopo diverse portate, durante una pausa il re Galfore annunciò che sarebbero stati recapitati i doni per la principessa lì nella sala, e che Nirihs'Oūm li avrebbe ricevuti direttamente di fronte a tutti.
<< Ma prima… >> Disse il vecchio Tamaraniano facendo un cenno a un angolo della sala, facendo arrivare una serva con tra le mani un cuscino rosso. << Permettetemi di essere il primo a fare il suo dono alla principessa. >>
Sopra al cuscino che aveva portato la serva c’era una piccola tiara scura su cui erano incastonate delle gemme blu e verdi; erano pietre caratteristiche di Tamaran, molto difficili da trovare e dal valore immenso. Somigliava vagamente alla stessa tiara che Uktar aveva fatto costruire per lei per portare la sua gemma di Charta, ma questa volta vedere quel regalo le fece avere un tuffo al cuore. Galfore non aveva fatto tutto quello per ingraziarsela o per donarle un’arma potentissima con cui terrorizzare la galassia: aveva voluto stupirla e lo aveva fatto molto probabilmente impiegando molte risorse del suo regno già esausto, una scelta stupida che avrebbe scatenato le ire della principessa, che considerava uno spreco un regalo così costoso solamente per lei, ma quando vide il sorriso di Galfore mentre le avvicinava la tiara e poi gli sguardi ansiosi degli invitati in sala, capì che per una volta poteva accettare un dono fatto col cuore, un dono che nella sua grandezza voleva esprimere tutto l’amore che Galfore e il popolo di Tamaran provavano nei suoi confronti.
<< E’ un onore per me poterti consegnare di persona questo regalo. >> Mormorò Galfore poggiando sulla testa di Nirihs'Oūm la tiara. << Neanche nei miei sogni più felici avrei potuto immaginare che, un giorno, avrei conosciuto la figlia di Koriand’r e che avrei potuto accompagnarla in un giorno così importante. >>
Nirihs'Oūm arrossì mentre la tiara sfilava sulle sue tempie e si fermava all’altezza della sua fronte, conferendole un aspetto ancora più regale. Il vecchio re indietreggiò e lasciò che gli invitati ammirassero lo splendore della loro principessa, e dopo qualche istante che questa si fu rivolta a loro, dalla folla cominciò a levarsi il battere di stivali caratteristico di quella gente. Era quasi come se Galfore, con l’approvazione del popolo di Tamaran, le stesse affidando non un regalo, ma le speranze e i sogni dell’intero regno, assieme al loro destino. Persino Splinter e i suoi amici cominciarono ad esultare e battere le mani.
In quell’atmosfera che fece commuovere Nirihs'Oūm, la ragazza trovò il coraggio di rivolgersi al proprio popolo senza più timori; inizialmente i Tamaraniani videro nel suo alzare le braccia un’incitazione a fare ancora più rumore, ma quando lei si sporse ancora di più per richiamare la loro attenzione gli invitati capirono che c’era qualcosa che voleva dire e cominciarono a fare silenzio. Ci volle un po’, ma alla fine i Tamaraniani si ammansirono come cuccioli di fronte alla madre. Una volta ottenuto il totale silenzio, Nirihs'Oūm attese ancora qualche istante per assicurarsi di essere ascoltata da tutti, quindi prese un bel respiro e cominciò a parlare.
<< Amici… Compagni. Per prima cosa voglio ringraziare Galfore per questo bellissimo dono che non mi sarei mai aspettata di ricevere, e voi per tutti quelli che verranno portati a breve. >> Iniziò soffermandosi un attimo sulla prima parola del suo discorso. << Ma vorrei cogliere questo momento di allegria per poter parlavi di un argomento che mi sta molto a cuore. A lungo mi sono interrogata su come avesse fatto mia zia, l’imperatrice, a unire un così vasto regno senza incontrare resistenze. Mi sono chiesta cosa abbia fatto per poter governare tanto a lungo su tutta questa gente, un popolo talmente diversificato che sarebbe impossibile tenere sotto controllo. Finalmente, grazie alle parole dei nostri amici del Falkor, oggi nostri graditi ospiti…>> E indicò con una mano Splinter e i suoi compagni, seduti vicino a lei a quella magnifica tavolata. << Sono riuscita a capire: niente. Non c’è niente che tenga unito questo impero, nessun collante universale per i suoi popoli. Mia zia ha creato tutto quello che ora è mio usando la forza e la paura, ma la gente non ha mai accettato la sua tirannia. I popoli schiavizzati e abbandonati a sé stessi come Tamaran sono molti, ma ancora di più sono quelli che vedono soffocare le proprie voci con le armi. Ebbene, non potendo più sopportare questo straziante coro di preghiere che ora è indirizzato a me, ho preso una decisione e vorrei che voi foste i primi a saperlo. >>
Nella sala non solo calò il silenzio ma scese il gelo sui commensali, che cominciarono a guardarsi tra loro con occhi sgranati, pieni di interrogativi ai quali la loro principessa avrebbe anche risposto, ma solo dopo aver finito di illustrare la propria scelta. Galfore, come tutti, era completamente all’oscuro di quello di cui parlava Nirihs'Oūm, e a nessuno sfuggì lo stupore di Uktar, che cominciò ad agitarsi quando la ragazza pronunciò la parola “decisione”. Tutti quanti, però, in fondo al proprio animo, avevano una piccola speranza, un’idea un po’ folle che quello che stesse per dire la principessa fosse qualcosa che avevano sempre desiderato di sentire.
<< Ho deciso di accettare l’eredità lasciatami da mia zia, l’investitura a imperatrice, ma solo per poter compiere un’unica azione che riporterà la pace per sempre nell’impero. >> Continuò Nirihs'Oūm guardando negli occhi alcune delle persone sedute alla tavola più vicina; per un attimo sembrarono rassegnarsi dopo la prima parte del suo annuncio, ma dopo aver lasciato intendere che ci fosse altro i loro occhi si riaccesero di speranza. Si soffermò poi a guardare i suoi nuovi amici, il cui arrivo l’aveva aiutata a prendere quella decisione, e notò anche in loro degli sguardi diversi; in particolare, furono gli occhi di ghiaccio del Vernathiano Variel a colpirla, che nonostante fosse sempre così scontroso, non solo adesso le concedeva tutta la sua attenzione, ma sembrava addirittura commosso da quelle parole.
Nirihs'Oūm avrebbe voluto mantenere uno sguardo deciso, concentrato, ma le sfuggì un sorriso nato dal cuore mentre passava in rassegna i volti dei ragazzi del Falkor e tornava a rivolgersi al popolo di fronte a sé. La sua espressione cambiò, assumendo l’aspetto di chi non vedeva l’ora di passare all’azione, orgogliosa della propria scelta, e con voce imperiosa decretò:<< E questa azione comporterà lo scioglimento dell’impero stesso e la libertà per voi, amici miei. >>
Inizialmente i Tamaraniani non compresero pienamente il significato di quelle parole: la notizia che Nirihs'Oūm volesse prendere il potere non aveva destato particolare scalpore, e anzi i Tamaraniani avrebbero anche sostenuto con orgoglio e affetto quella sua scelta; la seconda parte del suo annuncio, però, lasciò tutti i presenti pietrificati, come se nessuno volesse reagire in modo troppo vistoso, per paura di aver frainteso.
Sconcertata dal silenzio innaturale che era calato sulla sala dei banchetti, Nirihs'Oūm si schiarì la voce e cercò di sorridere nonostante nessuno più sembrasse voler sorridere lì dentro. << In poche parole… >> Mormorò credendo di aver detto qualcosa di sbagliato. << Voglio prendere il potere per riuscire finalmente a fare la differenza! Una volta al comando dell’impero, potrò liberare Tamaran dalle catene che la opprimono e scioglierò definitivamente questo regime del terrore che per decenni ha schiavizzato centinaia di civiltà! >>
Ancora silenzio, ma questa volta i Tamaraniani avevano inteso bene il messaggio. Nirihs'Oūm sorrise ancora, questa volta in modo più spontaneo, sapendo che le reazioni di stupore della folla erano tutti segni positivi.
<< Una volta finito tutto questo, voi sarete di nuovo liberi… E io lascerò definitivamente Kurand’r per passare una vita più felice qui, se voi me lo concederete. >> Disse infine la ragazza, e con un profondo inchino rimase in attesa che qualcuno le mandasse un segnale. Alla fine lo aveva fatto, aveva capito quale fosse il suo destino e si era incamminata per realizzarlo; ora sperava solo che i Tamaraniani la accogliessero ancora una volta come una di loro.
Ci volle del tempo perché i Tamaraniani reagissero alle sue parole. Nella sala volavano sguardi increduli e si sentivano pochi bisbigli incomprensibili tra i tavoli; la notizia era stata accolta con stupore, questo era evidente, ma questo era stato tale da lasciarli tutti destabilizzati. Nirihs'Oūm stava cominciando a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato, quando dal centro della sala si levò gradualmente un rumore di marcia. Gli stivali dei Tamaraniani battevano sempre più velocemente in un’unica grande orchestra rudimentale, poi aumentarono di intensità mentre si univano tutti gli altri nella sala a quello che nella cultura di Tamaran rappresentava un saluto rispettoso. Si aggiunsero poi urla, battiti di mani e fischi, tutti estasiati dalla notizia del ritorno della libertà, mentre alcune voci già proponevano dei brindisi in onore della principessa.
La adoravano. Sentiva acclamare il proprio nome e tutto ciò le provocava un forte imbarazzo, ma le scaldava il cuore; poteva vedere i sorrisi che aveva generato il suo annuncio, molto diversi da quelli che avevano mostrato gli invitati durante la festa. Galfore era commosso e anche Splinter e i suoi amici applaudivano con approvazione, mentre nel loro gruppo già alcuni elementi si agitavano e immaginavano cosa sarebbe potuto cambiare da quel momento. Solo una persona non si unì ai festeggiamenti e, anzi, si alzò di scatto dalla tavola e cercò di richiamare l’ordine. Era Uktar e ora stava pestando i piedi e sbracciandosi di fronte al posto di Nirihs'Oūm, frapponendosi tra lei e il popolo, urlando di fare silenzio.
Ebbe qualche difficoltà a sedare la felicità tamaraniana, a un certo punto decise di prendere una lancia da una delle guardie ai lati della sala e sbatterla con violenza sul pavimento per tranquillizzare i Tamaraniani, che alla fine lo notarono al centro della sala e ammutolirono.
L’atmosfera di allegria era stata rapidamente rovinata dalla presenza di Uktar, che sembrava fuori di sé; fissava i Tamaraniani con rabbia, come dei bambini indisciplinati che gli avevano fatto perdere la pazienza. Si voltò rapidamente verso la principessa, una volta ottenuto il silenzio, e cominciò a parlare trattenendo a stento il proprio fastidio.
<< Che bella idea! >> Commentò sfoderando un sorriso falsissimo. << Sono lieto di sapere che, alla fine, ha deciso di seguire il volere di sua madre e diventare imperatrice. Tuttavia è ancora molto inesperta su come si guidi un impero e perciò è naturale che architetti simili piani con tanta leggerezza… In fondo è per questo che ci sono io a consigliarle il meglio. >>
Nirihs'Oūm aggrottò la fronte, poi la distese come se non avesse niente di cui preoccuparsi e chiese:<< Che cosa c’è che non va nel mio piano, consigliere Uktar? >>
Uktar sembrò molto infastidito dal modo in cui Nirihs'Oūm pronunciò “consigliere”, e lei sapeva che avrebbe avuto un forte effetto su di lui. Per la prima volta lo stava trattando come qualcuno di inferiore, perché sapeva che lui non le avrebbe mai rivolto il rispetto dovuto, e perché ne aveva abbastanza del suo mettere il becco in ogni faccenda che la riguardava.
Il consigliere sembrò fare appello a tutto il suo autocontrollo per non reagire male. Nirihs'Oūm lo vide prendere un lungo respiro e sussurrare:<< Bene. >> Quindi, Uktar si avvicinò al tavolo. << Mi permetta innanzitutto di esprimere il mio pensiero in tutta franchezza, principessa. So quanto lei sia affezionata a Tamaran e al suo popolo, ma questa sua idea è una vera follia! >>
Uktar piantò i palmi sul tavolo senza curarsi di sembrare troppo brusco e guardò Nirihs'Oūm direttamente negli occhi, carico di sdegno. Lei sostenne quel suo sguardo irrispettoso e si mise comoda sulla sua sedia, mostrando di non essere toccata dalle sue argomentazioni.
<< Quello che pensi tu, Uktar, non ha alcuna rilevanza su questo argomento. >> Rispose lei con un tono che non ammetteva repliche. << E non vedo come potrebbe essere folle, voler liberare un popolo che non ha fatto niente di male. >>
Uktar indietreggiò un poco e guardò la principessa con aria incredula. Decise di girare attorno al tavolo per andare a parlarle faccia a faccia, continuando a parlare nel frattempo mentre si avvicinava. << Chiedo scusa, ma credo proprio che ce l’abbia in questo caso. Il mio compito è quello di aiutare l’imperatrice a seguire le scelte migliori per l’impero e indirizzarla quando essa non sappia che strada prendere. >>
L’uomo assunse un tono di chi sembrava trattenere a stento le risate, come se quella fosse una situazione al limite dell’assurdo e forse lo era; lo era per lui, che non voleva vedere il suo piccolo status crollare una volta sciolto l’impero. Nirihs'Oūm decise di mantenere un tono ingenuo e fargli perdere ancora di più la pazienza, continuando a non voler sentire ragione sulle sue motivazioni.
<< Ma io so perfettamente che strada prendere. >>
Uktar ignorò il sorrisetto beffardo della principessa e cominciò a spiegarsi mentre si avvicinava:<< Ha pensato all’impatto che questa decisione avrebbe sull’equilibrio cosmico? Una intricata rete di scambi commerciali come quella del nostro impero cadrebbe nel caos, l’economia finirebbe in pezzi e la gente non saprebbe più chi seguire. Ha pensato anche solo a quanti contatti verrebbero persi in questo modo? Quante persone saranno divise? >>
<< Ristabiliremo solo quello che c’era prima che noi depredassimo i mondi di altri popoli. >> Disse freddamente Nirihs'Oūm, provocando un moto di disgusto in Uktar che si fermò oltraggiato.
<< Quindi lasceremo che decine di mondi cadano di nuovo nel caos e nella barbarie? Impediremo al meglio dei mondi annessi di potersi espandere e raggiungere tutti gli altri, in modo da rendere più agiata la vita di tutti quanti nella galassia? Faremo scontrare i popoli per la supremazia in guerre sanguinose che non avranno nessun vincitore, solo perché è giusto che siano liberi? >> La voce del consigliere si alzò fino ad arrivare alla fine della grande sala del banchetto, provocando un eco quando questa tornò indietro; Uktar era ormai fuori di sé. Anche se ciò che diceva fosse sensato, Nirihs'Oūm sapeva che quelle erano tutte scuse per mantenere la propria posizione di potere e benessere.
<< C’è una ragione se Komand’r ha creato questo impero, tanti anni fa, ed è perché non tutti sono capaci di impiegare la propria libertà in maniera produttiva! >> Continuò abbassando per un attimo la voce, solamente per rialzarla poco dopo. << Non tutti meritano la cosiddetta libertà, e certi esseri inferiori dovrebbero imparare a stare al proprio posto! >>
Nirihs'Oūm avvertì dei movimenti accanto a sé: qualcuno del gruppo di Splinter sembrava aver reagito in modo scomposto alle ultime parole di Uktar, ma così come si era spinto per – forse – rispondere a Uktar, era stato fermato all’istante, probabilmente per evitare che si cacciasse nei guai intromettendosi in quella discussione. Era giusto che fosse così: Nirihs'Oūm aveva provocato Uktar e sarebbe stata lei a ribattere ai suoi commenti. In fondo cosa avrebbe potuto accaderle? Il suo consigliere era un vigliacco che non avrebbe mai potuto impensierirla e si trovava in una sala piena di Tamaraniani che non lo vedevano di buon occhio; sarebbe bastato un movimento appena accennato intento a farle del male e una buona fetta dei presenti si sarebbe scagliata su di lui per farlo a pezzi, sempre che ne avrebbero avuto il tempo con Nirihs'Oūm a un passo dal perdere la pazienza.
Proprio mentre pensava a queste cose e a come a nessuno sarebbe importato della scomparsa di Uktar, Galfore si alzò dalla propria sedia e si mise fra la principessa e il suo consigliere lanciandogli un’occhiata sdegnosa. Lui, la cui indole era molto più focosa della giovane figlia della sua protetta, aveva già esaurito la pazienza da molti anni.
<< Farebbe meglio a portare maggiore rispetto alla sua prossima imperatrice! >> Lo minacciò stringendo i pugni, sovrastandolo con la sua mole. << Se la principessa parla con così tanta sicurezza, vuol dire che ha già preso una decisione…! >>
Ma il re di Tamaran non fece in tempo a finire la frase. Uktar non lo degnò nemmeno di uno sguardo e semplicemente continuò a camminare verso Nirihs'Oūm, mentre con un movimento svogliato del braccio gli mozzava di netto l’avambraccio, mettendo in quel movimento una forza che apparentemente non poteva possedere.
Ci fu tanto sangue, più di quanto Nirihs'Oūm avrebbe mai potuto immaginare, mentre quella che sembrava una situazione perfettamente sotto controllo andava a rotoli in un istante e le scene che lei aveva previsto diverse settimane prima si svolgevano davanti ai suoi occhi esterrefatti. C’erano le urla di Galfore, la sua mano che volava per aria e ricadeva orribilmente a poca distanza, ancora scossa dagli spasmi che l’odio verso Uktar gli aveva provocato; fu la prima volta che provò orrore di fronte alla visione di una ferita tanto cruda, e il peggio fu rendersi conto che se non avesse cercato di far infastidire Uktar e fosse andata dritta al punto, probabilmente avrebbe potuto evitare tutto quello.
Ora quadrava tutto: la scena, il sangue, le urla di Galfore che le trapassavano i timpani e le davano un dolore inimmaginabile; tutto stava andando al proprio posto in quella visione, e l’unica cosa che non aveva visto, l’unico elemento che le era rimasto oscuro fino a quel momento, era proprio l’artefice di quello scempio, Uktar.
Nirihs'Oūm rimase pietrificata sulla propria sedia mentre Galfore si stringeva l’avambraccio sanguinante e urlava in preda al dolore. Molta della gente nella sala aveva cominciato a fuggire, ma alcuni guerrieri più valorosi erano rimasti e si stavano dirigendo verso Uktar per allontanarlo da lei; anche le guardie di Tamaran, armate delle loro lance, stavano scattando verso di lui. Ma Uktar non sembrava più sé stesso: non solo il suo sguardo era cambiato, ma i movimenti del suo corpo erano diventati quelli di un guerriero esperto. Nirihs'Oūm se ne rese conto quando lo vide deviare abilmente i raggi laser lanciatigli contro da alcuni guerrieri, per poi sbarazzarsi in poche mosse di quelli che lo assaltarono.
Quando l’ultimo Tamaraniano che lo aveva attaccato fu liquidato, Uktar rimase a guardare Nirihs'Oūm con aria di superiorità mentre questa si schiacciava sulla propria sedia impaurita.
Perché aveva tanta paura di lui? Perché sentiva che quell'aumento di potenza così esponenziale non poteva essere naturale, e aveva riconosciuto nella brutalità delle azioni di Uktar colei che per anni l'aveva tormentata.
<< Komand’r è stata anche troppo buona con dei troq come voi. Dovreste imparare a tenere a freno la lingua, se ci tenete alla vita! >> Disse sprezzante, rivolgendosi a un Galfore inginocchiato con gli occhi fissi sulla propria mano priva di vita, al centro di una pozza del proprio sangue. << Quanto a lei, principessa… >> E questa volta lo sguardo del consigliere si fece più vivo e perfido. << Vedo che gli sforzi di Komand’r di piegare il suo spirito non sono andati a buon fine, ma non sarà un problema d’ora in avanti, perché ho intenzione di finire questa storia una volta per tutte! >>
Uktar alzò una mano puntandola contro Nirihs'Oūm e la guardò impietoso. Prima che potesse fare qualcosa però, i ragazzi che erano seduti vicino a lei si alzarono e si frapposero tra loro; Splinter estrasse dei pugnali dai vestiti e li incrociò, bloccando la strada al consigliere, mentre Kuala e Barry si accostavano a lui e Variel si metteva al fianco della principessa, mostrando di avere nascosto un piccolo blaster dentro una manica.
Divertito dall’insubordinazione di quelle quattro nullità, Uktar ghignò. << Approfitterò dell’occasione per liberarmi di quattro seccature come voi. Vi ringrazio per avermi dato una motivazione per annientarvi… >>
Ma Splinter e gli altri non si lasciarono intimidire. Nirihs'Oūm poté avvertire la risposta di uno dei componenti del gruppo, ma non riuscì a sentire di che cosa si trattasse; era come se tutto quanto fosse scivolato via, lei era rimasta da sola in un mondo vuoto, dove un insensato terrore le attanagliava lo stomaco e la teneva incollata alla propria sedia, mentre Splinter davanti a lei la spingeva ancora più indietro per proteggerla, mozzandole il respiro e impedendole di reagire a tutto quello.
Ci fu un fascio di luce rossa e i ragazzi furono scaraventati dall’altra parte della sala; non Nirihs'Oūm, che rimase ben salda alla sedia, quasi come se fosse stata inchiodata al pavimento. Vide Uktar guardarla compiaciuto mentre la sua mano destra si muoveva in modo molto evidente, attirando l’attenzione su di sé e su di una piccola pietra rossa incastonata su uno dei suoi anelli.
<< Hai paura, principessa? >> Chiese Uktar mentre Nirihs'Oūm otteneva la conferma di non avere di fronte lo stesso Uktar di sempre, ma che quell’uomo totalmente incapace e pavido aveva ottenuto qualcosa che lo aveva reso incredibilmente potente. << Fai bene ad averne, perché presto sarò… >>
<< Hai preso tu la gemma di Charta di Komand’r! >> Lo interruppe lei spalancando gli occhi. Uktar si mostrò infastidito dall’intervento inatteso della ragazza, ma sorrise comunque e mise più in mostra l’anello con la pietra rossa incastonata.
<< Era l’unica cosa che potevo fare. Tu non volevi ascoltarmi, e per di più hai preso quella assurda decisione di interrompere la produzione di gemme di Charta. >> Rispose. << Io non ho mai avuto una gemma tutta mia, ma sapevo che a breve, per il bene dell’impero avrei dovuto unirmi ai giochi e sporcarmi un po’ le mani. >>
<< Sei solo un vigliacco, Uktar! >> Esclamò Nirihs'Oūm disgustata. Il pensiero di quell’uomo che depredava il corpo di sua zia la faceva nauseare. << Komand’r non avrebbe mai lasciato la gemma di Charta a un verme come te! >>
<< Silenzio! >> Esclamò lui puntandole un dito contro. Il suo sguardo adirato si fissò sugli occhi di Nirihs'Oūm per qualche istante e l’uomo sembrò fare fatica a smaltire la rabbia, prima di rispondere. << Io ero il collaboratore più fidato di Komand’r! Lei mi avrebbe affidato tutto il suo impero a occhi chiusi! >>
<< E perché non lo ha fatto, allora? >> Chiese Nirihs'Oūm con un leggero sorriso. Uktar qui rimase in silenzio, adesso era la principessa a prendere il controllo della conversazione.
Lei si alzò dalla propria sedia, riuscendo finalmente a staccarsi, e si portò a poca distanza dal viso di Uktar. << Komand’r ti conosceva troppo bene: sapeva che tu non sei mai stato altro che un vigliacco in attesa del prossimo che sia più forte di te per servirlo e guadagnarti una vita agiata! Non hai alcun pregio, nessuna qualità che possa riscattare il tuo essere così disgustoso! Quando è morta sapeva che tu non saresti mai diventato niente di più di un verme che lecca i piedi di chi è più forte di lui, per questo ha lasciato tutto a me! >>
Uktar adesso aveva finito di mostrare i suoi sorrisini e di parlare in modo tanto educato, non nascondeva più il proprio odio nei confronti della principessa; quelle ultime parole non avevano fatto che aumentare la rabbia e il disgusto per quella insolente, arrivata dal nulla pretendendo di poter comandare. Nonostante ciò le si rivolse ancora con calma, sguardo fisso e voce solida per lui, che fece un passo indietro e disse:<< Parole grosse, dette dalla persona che l’ha uccisa! >>
Nirihs'Oūm fu colta alla sprovvista da quello. Poté avvertire l’incredulità attorno a sé dei presenti in sala, soprattutto di Galfore che aveva smesso di lamentarsi e, accasciato per terra, aveva ascoltato l’intera conversazione. Non cercò di nasconderlo, sapeva quello che aveva fatto e sapeva perché lo aveva fatto; Nirihs'Oūm affrontò Uktar a testa alta.
<< Come lo hai scoperto? >> Chiese con tranquillità.
<< Era la spiegazione più logica. >> Disse lui. << Komand’r godeva di ottima salute ed era ancora giovane; sin da quando ha istituito l’impero sono stati innumerevoli i tentativi di assassinio, ma nessuno era stato mai attuato perché la lungimiranza di Komand’r è sempre stata perfetta. L’unica persona insospettabile era allo stesso tempo la più prevedibile: lei conosceva il tuo potere più di chiunque altro e sapeva che avresti potuto farle del male, ma credeva che avresti avuto più onore di così e l’avresti sfidata senza ricorrere a trucchi codardi per prenderla alla sprovvista!
<< Dopo la sua morte ho voluto indagare. Tu eri troppo concentrata sui tuoi libri e le tue storielle tamaraniane per accorgerti degli agenti sempre al tuo seguito che venivano poi a riferire a me ogni cosa, come per esempio della tua piccola cerimonia funebre per quel pezzente terrestre. >> Uktar mostrò un ghigno sadico alla principessa, che si rese conto di non aver fatto abbastanza attenzione.
<< Quindi mi hai pedinato? >> Chiese mettendosi sulla difensiva. Uktar sapeva di quello che aveva fatto per il signor Kovar, in qualche modo avrà anche scoperto di come aveva ucciso Komand’r. Si chiese se l’avesse fatta seguire anche su Tamaran…
<< Ho fatto quello che bisognava fare. Per colpa tua l’impero rischia di attraversare una crisi senza precedenti, dopo tutti gli sforzi di Komand'r per portarlo al suo splendore attuale! >> Spiegò Uktar stringendo i pugni. << Ma io rimedierò a ogni cosa prima che sia troppo tardi, e comincerò proprio da te! >>
<< No! >> La voce di Galfore tuonò alle spalle di Uktar e in un attimo la figura possente del re Tamaraniano lo sovrastò. Anche se ferito, Galfore avrebbe potuto combattere e sicuramente, se Uktar non avesse avuto la gemma di Charta, lo avrebbe potuto schiacciare senza problemi; ma in quel momento lui era indifeso di fronte alla potenza distruttiva della pietra che il consigliere aveva strappato dalle spoglie dell’imperatrice, e Uktar volle dimostrarlo assestandogli un pugno dritto nello stomaco che strappò una grossa porzione di carne dal ventre del re e che per poco non lo trapassò.
Galfore ricevette in pieno il colpo e si piegò sul corpo di Uktar senza più forze, sputando sangue ed emettendo versi pietosi che diedero una sensazione orribile a Nirihs'Oūm. Fu come ricevere un pugno in testa per lei, quella visione la svegliò completamente: per tutto il tempo del confronto con Uktar aveva avuto paura della potenza della gemma di Charta, ma aveva avuto paura per sé stessa; il fatto di dover rivedere in azione quell’arma terribile l’aveva riportata a quel giorno di dieci anni prima e l’aveva fatta sentire inerme di fronte a qualcosa di troppo grande. Ma adesso lei era diversa, era più forte; erano gli altri a dipendere da lei in quel momento e quando vide Galfore ferito che cercava comunque di lottare con Uktar, capì che restare bloccata lì non avrebbe aiutato nessuno.
Così si lanciò contro di lui, e lo fece urlando a pieni polmoni. Era arrabbiata con Uktar per tutto quello che rappresentava in quel mondo orribile in cui era stata trascinata con la forza e per quello che continuava a fare nonostante non ne avesse il motivo, né il diritto.
Nirihs'Oūm attaccò Uktar a testa alta, ma senza alcuna strategia in mente e lui reagì prontamente liberandosi di Galfore e respingendola con un solo braccio, spedendola dritta contro una parete della sala che crollò come se fosse fatta di sabbia.
Splinter, che si era rialzato ma non aveva fatto in tempo ad aiutare Nirihs'Oūm, vide Uktar saltare giù dal buco creato nel muro, gongolante per la forza ottenuta. Non capì cosa stesse succedendo, ma quando vide Galfore accasciato a un angolo della sala gli corse incontro per cercare di aiutarlo. Il vecchio re allora, stringendo i denti per il dolore, gli chiese di lasciarlo perdere e di inseguire Nirihs'Oūm e Uktar.
<< Andate… Dovete aiutare lei! E’ tutto ciò che mi resta, non potrei sopportare di perdere anche lei! >> Esclamò con le lacrime agli occhi. Lui era ferito, probabilmente in modo fatale, e non poteva rimettersi in piedi. Eppure non gli interessava nulla delle proprie condizioni; in quel momento la ragazza che avrebbe potuto cambiare per sempre le loro vite si ritrovava ad affrontare un nemico ben al di sopra delle sue capacità. Aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile!
Splinter annuì con decisione, sapendo di poter fare la cosa giusta, quindi chiamò a gran voce le guardie e i civili che erano rimasti nella sala dopo essere stati mandati a terra dal consigliere imperiale e gli disse di occuparsi del re mentre lui e la sua squadra sarebbero scesi sul campo di battaglia.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: Altair13Sirio