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Autore: Pandora_chan    09/10/2020    1 recensioni
{Questa storia partecipa al #Writober2020 indetto dal sito “Fanwriter.it”}
Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.
[Rainer Maria Rilke]
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Prompt:
Capitolo 1 - MARE
Capitolo 2 - CORDA
Capitolo 3 - BROMANCE
Capitolo 4 - OCCHIO + COINQUILIN
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ash Lynx, Eiji Okumura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al #writober2020 indetto da Fanwriter.it   
Prompt – Occhio + Coinquilin


If I Lay Here...
 
Partirono quella sera stessa verso Los Angeles. Come sempre alla guida c’era Max, accanto a lui sedeva Ash e dietro, persi nel sonno, Ibe, Shorter ed Eiji.
«Oh my darling, oh my darling, oh my darling clementine…»
Riecheggiava nel camion questo ritornello come se fosse infinito.
«Oh mio Dio Max! Basta! Ma non puoi cantare altro o andare avanti con la strofa?»
Ash non ne poteva più di ascoltare lo stesso pezzo all’infinito. Non capiva perché lo cantava e perché non andasse avanti.
«Non posso andare avanti piccolo Ash… Non conosco il resto il della canzone!» Si giustificò Max continuando a canticchiare quello stesso pezzo per altri minuti.
«E si può sapere, di grazia, dove hai imparato questa canzone e perché non ne hai memorizzato altri pezzi?» Gli chiese Ash con un tono sarcastico che gli si addiceva molto.
Max lo scrutò con i suoi occhi e cercò di capire se fosse il caso di dirglielo.
«Sei sicuro di volerlo sapere, Ash?»
Ash si voltò di colpo verso il guidatore e lo fissò per alcuni secondi. Con un cenno del capo fece capire a Max di voler ascoltare quella storia, di voler conoscere qualcosa in più.
«Eravamo in Vietnam e spesso ci radunavamo la sera intorno al fuoco a cercare di riposare un po’. Nessuno di noi conosceva grandi canzoni ma tra di noi c’era un militare che con la musica ci sapeva davvero fare. Gli bastava avere una ciotola ed un cucchiaio e tirava fuori delle piccole basi musicali. In una di quelle sere suonò “oh my darling”, il problema è che conoscevamo tutti solo il quel pezzo. È da quella sera che ho iniziato a canticchiarla.» Si stampò sul volto di Max un sorriso malinconico, fu in una di quelle sere, fu mentre tutti loro canticchiavano, che Griffin impugnò il fucile. Fu in una di quelle sere che vide il suo amico ferire mortalmente e non tanti loro colleghi. Fu in una di quelle sere che vide Griffin impazzire.
«Era Griffin vero? Il musicista del gruppo… Già. Amava scrivere e amava suonare. L’artista lo avevo soprannominato da piccolo. Lo ricordo sempre con una penna in mano e sulle sue labbra delle canzoni allegre, orecchiabili. Era sempre sorridente, sempre proprio a far battute. Sempre disponibile ad aiutare il prossimo. Griffin era Griffin. Era il mio pilastro, la mia ancora di salvataggio.»
Max restò in silenzio. Era Griffin, e lo ricorderà per tutta la vita. Lo ricorderà sorridente, e subito dopo con occhi impazziti. Lo ricorderà cantare con loro, e subito dopo sparargli addosso. Lo ricorderà intento a scrivere lettere, e subito dopo in mezzo al suo stesso sangue.
Da dietro, Eiji ascoltò tutta la loro conversazione. Non si intromise, li lasciò parlare. Aveva capito che Max non avrebbe mai abbandonato Ash e che aveva bisogno di essere protetto, sorretto ed aiutato. Aprì piano i suoi occhi e intravide, riflesso nel finestrino del camion, lo sguardo spento di Ash. Amava suo fratello, lo ama più di stesso. Se ne prese cura, nonostante la sua giovane età. Non per riconoscenza, non per pena. Ma perché gli voleva bene. Cercò tanto una cura a quella malattia, a quella droga. La cercò tanto da perdersi per strada i pezzi di sé stesso. Da non avere più un’anima sulla quale pregare. Da annullare il suo essere uomo per il suo bene.
Inconsciamente allungò una mano, fino a trovare quella di Ash. Gli sfiorò un dito e l’americano trasalì a quel tocco. Non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi fosse, avrebbe riconosciuto quel tocco tra miliardi di persone. Prese la sua mano e la strinse e si addormentarono così.

 
***
 
Arrivarono a Los Angeles il mattino seguente. Fecero solo un paio di soste durante la notte, giusto per far sgranchire le gambe a Max e svegliarsi un po’ durante la guida notturna.
Decisero di dividersi, Ibe-san e Max andarono a trovare alcuni loro amici di vecchia data stanziati da anni nella città degli angeli. Ash, Eiji e Shorter si imbarcarono nella ricerca di un posto dove stare in quel periodo. Trovarono poco dopo una piccola palazzina con sei appartamenti in tutto. Presero il più grande. Aveva due grandi stanze con quattro letti, due bagni, un piccolo angolo cottura e una sala con divano, tv e altri mobili. Venne quasi naturale in quel contesto la divisione delle stanze. Ne avrebbero occupata una, e fatto dei turni di guardia nella sala per prudenza. Qualora qualcuno li avessi seguiti o visti girare per Los Angeles.
La prima notte fu Shorter a farsi carico del turno serale. Ash ed Eiji condivisero quella stanza grande, la cui vetrata donava loro uno scorcio particolare della città. Al tramonto tutto si colorava di rosso vivo, sembrava tutto fermarsi per poi riprendere vita con il tepore della luce della luna.
«Ehi Ash, dormi?» Eiji spezzò quella scia di pensieri che entrambi li teneva impegnati quella notte.
«No, sono sveglio. Pensavo. Poi lo sai che dormo poco… e questo letto è troppo scomodo!»
Sentì nel suono delle sue parole una leggera risata. Capì che era nervoso. Rifletté diversi minuti su cosa dire e come dirlo. Qualsiasi cosa avrebbe potuto far scattare in Ash rabbia e frustrazione per come le cose erano andate.
«Perché non…» fu interrotto dal suono di una voce a lui familiare.
«Perché Eiji non mi racconti di com’è il Giappone in questo periodo?»
Si capirono entrambi, Ash capì cosa Eiji volesse dirgli ed Eiji capì cosa Ash cercò di dirgli con quella domanda.
«Vuoi sapere del Giappone. Fammi pensare… Posso dirti che nel periodo primaverile i ciliegi sono in fiore, e che restano in fiore per poche settimane. Tutto si colora delle sfumature del rosa e prende vita. Gli alberi, le strade, i laghi ed i fiumi. Posso dirti che non festeggiamo come voi il Natale, ma che se scende la neve quel periodo diventa magico. Posso dirti che, quando entriamo in casa, abbiamo l’usanza di toglierci le scarpe e indossare delle pantofole. E poi… poi posso dirti che la nostra musica tradizionale non è orecchiabile per niente, fidati!»

Sorrise, nel dire l’ultima frase restando a fissare il soffitto. È vero, il Giappone era bella per tante cose, ma la musica tradizionale giapponese non rientrava tra queste.

«Deve essere bello… Il Giappone. Deve essere bello poter vivere lì… Godere di questi spettacoli della natura.»

«Vieni via con me… Viani con me in Giappone Ash. Io non so cosa potremo fare una volta lì… ma vieni via con me. Non hai più nulla che ti trattiene in America… Potresti ricominciare. Potremmo cominciare insieme…qualcosa.»

Quel sussurro di Eiji, detto di getto, raggiunse le orecchie di Ash, ogni singola parola la percepì benissimo.
Quando desiderò sentirsi dire quelle parole? Quanto desiderò che potesse andare così la sua inutile vita? Scegliere lui. Aveva il diritto di scegliere lui come gli aveva detto Shorter?
Cadde in un sonno profondo, quella notte, sognando sentieri di ciliegio in fiore.
“I need your grace
To remind me
To find my own”
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NdA: non sono riuscita a scrivere ieri, perciò eccomi qui con due prompt uniti in un solo pezzo di storia. Qui c’è tanto di Ash e tanto di Eiji. Hanno lasciato Cape Cod e sono andati a Los Angeles.
Hanno preso un appartamento insieme, nel quale c’è anche Shorter.
La strofa finale è sempre presa da “Chasing Cars” di Snow Patrol.
 
Ringrazio chi passerà di qui e mi scuso per eventuali “orrori” che possiate trovare nel testo ^_^
Buona lettura!
   
 
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