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Autore: Kaiyoko Hyorin    11/10/2020    4 recensioni
Quando Kat si sveglia in mezzo a un boschetto rigoglioso, preda della nausea e di un forte mal di testa, non ha idea di ciò che l'aspetta.
Come questa ce ne sono altre di storie, imprese memorabili capitate per fortuna o per volere del destino a persone apparentemente ordinarie. Eppure ve ne propongo un'altra, sperando possiate trovarla una lettura piacevole.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lo Hobbit'
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“Blessings divine,
moonlight saints upon us.
Blind faith we own,
sweeps away fears for all.”
[ Led by Light, Wind Rose ]




– Quindi ti sei infine decisa.. – commentò il barista, mentre finiva di lucidare i bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie.
– Sì – Kat annuì, cercando di apparire entusiasta più di quanto non fosse nervosa in realtà, mentre guardava lo schermo del proprio piccolo netbook di seconda mano – ..è il momento buono. Non ho più un lavoro fisso dopo la chiusura del negozietto di articoli fantasy all'angolo e la padrona di casa mi ha detto che vuole vendere, così ho preso il tutto come un segno del destino.
– E dove andrai, come prima tappa?
– Canada! – annunciò con un ampio sorriso, sollevando finalmente il capo dal monitor per rivolgerlo all'uomo dietro al banco – Ho sempre voluto vedere un alce dal vivo! E i lupi, gli orsi, i castori..
Il barista scoppiò a ridere.
– Ma se lo sciroppo d'acero neanche ti piace!
Kat arricciò il naso e gonfiò le gote in un'espressione offesa.
– Non è una cosa rilevante – bofonchiò, tornando ad esaminare la mappa virtuale sul suo portatile.
Sotto il tavolino da caffé che da tre anni era divenuto il suo posto fisso, ottimo per scroccare il wifi e scambiare quattro chiacchiere con il proprietario del locale, vi era il grosso zaino coi pochi averi che si sarebbe portata dietro in quell'avventura; per lo più vestiti, documenti e qualcosa da mangiare.
Aveva lasciato i libri, i giochi ed i pochi altri elettrodomestici che si era comprata nel corso degli anni al  convento, con la promessa di tornare a riprenderseli quando avesse rimesso piede in città, ma era stata una scusa per permettere ai ragazzini di usare quegli oggetti che, nel corso del suo viaggio, sarebbero stati solo un peso. È bene che le cose continuino a venire usate da chi viene dopo di noi, piuttosto che abbandonarle su uno scaffale polveroso o uno scatolone in un magazzino, o persino in un cassonetto. Era il suo regalo personale a tutti loro ed un tentativo di farsi perdonare per il suo andarsene lontano con la scusa di voler vedere il mondo.
Aveva messo abbastanza soldi da parte per sostentarsi per un bel po' e quelli che le mancavano li avrebbe guadagnati qua e là, perciò era fiduciosa. Doveva solo trovare il coraggio di alzarsi da quella sedia di metallo ed uscire dalla porta del bar.
– Be' – la voce del barista tornò a farsi sentire – se sei davvero decisa, ti conviene avviarti verso la stazione: il tuo treno parte fra mezz'ora e con questo tempo non credo ne passerà un altro a breve.
Sollevando il capo di scatto dal computer, Kat scoccò un'occhiata all'orologio appeso al muro e convenne che aveva ragione, così richiuse il netbook e lo infilò nel suo bagaglio. Quindi indossò il giubotto e si alzò in piedi, assumendo un cipiglio fiero e deciso.
– Mi farò viva di tanto in tanto – affermò con un nuovo sorriso sornione – e ti bombarderò di foto mozzafiato. Vedrai, ti farò morire d'invidia.
L'altro accolse quella promessa con un sorriso altrettanto ampio ed un cenno del capo.
– Fatti viva sul serio ogni tanto, scroccona – la sbeffeggiò quello, ironico, in quel suo solito modo di scherzare abituale che si permettevano fra loro, prima di tornare ad un tono più serio – Ed abbi cura di te.
– Lo farò – gli assicurò lei, caricandosi lo zaino in spalla.
Uscì dal bar senza voltarsi indietro e s’incamminò sotto la neve verso la sua meta, il cuore che le batteva rapido in petto al pensiero di ciò che l'attendeva nel suo prossimo futuro. Era come aveva detto: non ci sarebbe stato momento migliore di quello per intraprendere quel suo viaggio verso l'ignoto e, se non l'avesse fatto ora, sapeva non avrebbe più avuto il coraggio di provarci. I trenta si avvicinavano in fretta, troppo in fretta, ed era determinata ad arrivarci con un bagaglio di conoscenze ed esperienze che un giorno l'avrebbero accompagnata con orgoglio e nostalgia verso la vecchiaia.
E poi, voleva assolutamente vivere un'avventura simile a quelle che aveva letto nei suoi libri almeno una volta nella vita. Una di quelle avventure che ti fanno stringere legami di amicizia che durano una vita o che, magari, ti fanno trovare il vero amore ed un luogo in cui restare e poterlo finalmente chiamare casa.
Era questo il sogno che le si agitava nell'animo.
Era questo che sperava di ottenere, intraprendendo quel suo viaggio in solitaria.
Stava attraversando con passo spedito le strisce pedonali quando venne urtata da un ragazzino intento a ridere e giocare sotto i fiocchi di neve della sera. Meccanicamente rallentò il passo per guardarlo e quella vista le suscitò un mezzo sorriso nostalgico, soprattutto al sentire la voce della madre che lo richiamava arrabbiata. Poi, lo stridio metallico dei freni di una vettura infranse l'atmosfera ed una luce abbagliante l’accecò.


Quando Kat rinvenne, l'indolenzimento delle membra era appena accennato e la sua mente era cullata da una dolce melodia. La voce profonda che la intonava era bassa e musicale e le sfiorò il petto con una sensazione struggente, la quale l'accompagnò nel risveglio.
Fu così che, dopo un leggero sospiro, con la fatica tipica di chi ha dormito a lungo, schiuse le palpebre e la prima cosa su cui le sue iridi grigio-verdi si posarono fu l'assito di legno del basso soffitto. Fasci di luce si infiltravano dorati fra esse, rendendo visibile il pulviscolo che per lei danzava nell'aria. Si trovava su qualcosa di morbido... un giaciglio di fieno; ed era coperta con qualcosa di spesso e caldo.
Quando mosse leggermente il capo con l'intento di guardarsi attorno, la pezza umida che aveva sulla fronte scivolò giù e la nenia che le aveva sfiorato rassicurante le orecchie sino a quel momento cessò. Incrociando due occhi di un azzurro talmente chiaro da apparire due gemme di ghiaccio, la ragazza socchiuse le labbra, confusa e sorpresa. 
Thorin le sorrise, un sorriso morbido, che tradiva il sollievo che gli traspariva dallo sguardo limpido.
– Finalmente sei sveglia – le disse, e la sua voce profonda non le era mai parsa tanto bella come in quel momento.
Kat lo ricambiò automaticamente, ancora intontita, troppo per esserne sorpresa.
Una parte di lei si chiese cosa ci facesse proprio quel nano al suo fianco, mentre l'altra si beò della momentanea serenità che quel semplice fatto le infondeva.
– Dove..? – tentò, riconoscendo a stento la propria voce, prima di venir anticipata sul nascere.
– Nella casa di Beorn. Hai dormito un giorno intero – le annunciò, pur senza far trapelare alcun disappunto, l’erede al trono di Erebor.
– Oh.. – si lasciò sfuggire lei, sorpresa e sollevata al contempo, la voce ancora pregna di quella nota indolente del primo risveglio – ..ce l'abbiamo fatta, allora.
– Sì – le confermò Thorin, e per un attimo il leggero sorriso sulle sue labbra si allargò – Ce l'abbiamo fatta.
Kat si ritrovò ancora una volta a ricambiarlo ed avvertì i profondi sentimenti che provava per il nano al suo fianco ridestarsi in lei, sovrastando e mischiandosi ad ogni altra emozione provata sin dal suo risveglio.
– Grazie al cielo – mormorò.
Il silenzio che si protrasse fra loro durò una manciata di secondi, durante i quali entrambi non fecero altro che guardarsi reciprocamente negli occhi e, per una frazione di tempo incalcolato, soltanto il pulviscolo danzante nell'aria intorno a loro fu complice e spettatore di quel momento unico.
Poi esso passò ed un rumore di passi pesanti, passi di Nano, distolse l'attenzione di Thorin da lei, inducendolo ad alzarsi dallo sgabello sul quale era stato seduto appena in tempo per accogliere l'affacciarsi del nipote.
– Zio, dovresti venire a mangiare qualcosa.. – era Kili, il quale un attimo dopo si accorse di lei – Kat, finalmente! Eravamo tutti così in pena.
Il giovane nano fece qualche passo avanti, affiancandosi al suo giaciglio, e Thorin dopo un istante di insolito tentennamento in cui le scoccò un'ultima occhiata, si rivolse al nuovo arrivato con il suo solito modo di fare pragmatico e pacato.
– Resta tu con lei allora e, se se la sente, raggiungeteci – si risolse, posando una mano sulla spalla del nipote.
Quello annuì con un sorriso, prima di prender posto ove suo zio era stato sino a pochi istanti prima.
Una volta seduto il franco sorriso che le rivolse la rallegrò, ritrovando in esso tutta la vitalità del ragazzo nano che aveva conosciuto a Casa Baggins e che sembrava come sfumata via durante la scalata delle montagne.
– Che buon profumo – commentò Katla, cogliendo nell'aria odore di miele e pane appena sfornato.
– Avevi ragione: il mutatore di pelle ci ha dato asilo, nonostante i dubbi di Gandalf e la fuga a rotta di collo fra gli alberi dall'orso. Ed un po' è anche merito tuo, se si è convinto ad accettare la nostra presenza: ha cambiato atteggiamento quando Gandalf gli ha parlato di te – le rivelò con un palese divertimento il suo amico, con un sorriso sornione che la diceva lunga – Ora gli altri sono di là ad ingozzarsi mentre lo stregone parla con il nostro anfitrione.. ed è grazie a Thorin se ce l'abbiamo fatta: ci ha pensato lui a portarti fin qui in braccio durante la tua incoscienza; non ti ha lasciata a nessuno di noi, nemmeno per un secondo.
Kat spalancò gli occhi chiari di rimando, avvertendo il sangue tornare ad accenderle il volto al dettaglio così incurantemente rivelatole di lei in braccio al capo della Compagnia. 
Cioè, ma davvero? 
Tipo, principessa delle fiabe?
Il cuore prese a pomparle più rapido in petto e l'adrenalina che le si riversò in circolo ebbe il potere di destarla del tutto. Allora si rese effettivamente conto di essere affamata e, pur con una piccola smorfia incerta, tentò di alzarsi. Come iniziò a sollevare il busto, ciò che la copriva scivolò giù e la ragazza si ritrovò a sgranare lo sguardo nel riconoscere la pelliccia dell'erede di Durin.
Si bloccò puntellandosi su un gomito, mentre Kili si sporgeva verso di lei per aiutarla.
– Aspetta, ti aiuto – le disse, ignorando la sua reazione e ciò che in aggiunta alle coperte si trovava lì davanti ai loro occhi. Come se il fatto che fosse stata avvolta dalla pelliccia del nano suo zio non fosse stato un fatto insolito o rilevante.
Cosa stava succedendo? Stava sognando?
Sì, era l'unica spiegazione, seppur quella teoria non stava in piedi al confronto delle sensazioni vivide che le giungevano dal suo stesso corpo. La spalla le era stata fasciata a dovere e la febbre doveva esser già scesa del tutto, lasciandole in cambio un senso di sete pungente e fastidioso.
– Ce la fai ad alzarti? – le chiese il giovane nano al suo fianco, traendola dal momentaneo stato di trance in cui era precipitata.
Voltandosi a guardarlo Kat annuì con un cenno del capo, optando per evitare di soffermarsi su certi pensieri. Ora doveva solo pensare a rimettersi in forze il più in fretta possibile per riprendere il cammino verso la Montagna Solitaria con gli altri, e la via più rapida per raggiungere quello scopo era dare nutrimento al suo corpo. Lo stomaco le borbottò in maniera eloquente, facendo ridere l'amico lì con lei.
– Sì, direi che è il caso che tu venga a mangiare qualcosa – le disse bonario il nano, suscitando in lei una nuova ondata di buon umore.
Aveva una fame spaventosa, in effetti.
Quando varcò la soglia della sala adiacente, tutti i presenti intorno al grosso tavolo posizionato al centro di questa si voltarono verso lei e Kili, accogliendoli con calore ed allegria, riservandole commenti positivi sulla sua tempra e bonari rimproveri sulla necessità di non farli più stare in ansia a quel modo.
Bilbo le fece subito posto e lei si accomodò sulla panca, non senza prima aver cercato e trovato la figura di Thorin ferma, in piedi, appresso ad una delle travi di legno intagliato che sostenevano il tetto.
Beorn, il mutatore di pelle, spiccava nella sala da pranzo spartana ancor più gigantesco di quanto si sarebbe attesa, pur tenendo conto della propria statura. Quando le avvicinò una tazza vuota davanti e la colmò di latte, senza una parola, sondandola semplicemente con quel suo sguardo nocciola, in esso ella non scorse ostilità, ma neanche interesse ed una parte di lei dubitò delle precedenti parole di Kili. Era come se le emozioni del mutatore di pelle fossero ben racchiuse all'interno di lui stesso, e lei si arrese ben presto dal cercarne, ringraziandolo con un cenno del capo prima di bere.
Alla pari di lei, l'attenzione del grosso uomo si spostò altrove, mentre camminava intorno al tavolo a cui aveva fatto accomodare i suoi ospiti inattesi.
– E così tu sei quello che chiamano Scudodiquercia – commentò con voce bassa e roca, graffiata, verso il capo della loro Compagnia.
Il diretto interessato gli riservò un'occhiata in tralice, senza rispondere nulla al riguardo, mantenendosi saldo in quella posa a braccia incrociate che tradiva tutto il suo scarso desiderio di socializzare.
– Dimmi: perché Azog il Profanatore ti sta dando la caccia?
Le sopracciglia scure e folte del nano fremettero e lui tornò a voltare la sua attenzione su Beorn.
– Tu sai di Azog..? – mormorò.
Il popolo di Beorn era stato il primo ad abitare le montagne, prima dell'arrivo degli orchi da Nord.
Mentre il mutatore di pelle parlava, la giovane donna rimase in ascolto pur dedicandosi al proprio piatto. La fasciatura le tirava leggermente quando provava a muovere il braccio ed il dolore era ancora persistente, ma non tanto da impedirle di farlo, così usò entrambe le mani per farcire la pagnotta fragrante a lei destinata e staccarne un morso. La camicia elfica che la vestiva recava ancora tracce del sangue e delle zanne del mannaro che l'avevano ferita, seppur superficialmente. Per la prima volta dopo non sapeva nemmeno lei quanti giorni, aveva i capelli castani sciolti sulle spalle, in una piega che era pronta a scommettere fosse piuttosto buffa ed inusuale a causa della tendenza della sua chioma ad arricciarsi in ampi boccoli ribelli.
Finì per arrossire, non tanto al pensiero che Thorin l'avesse vista in quello stato, ma per ciò che era accaduto fra loro poco prima e per lo sguardo che s'erano scambiati. Era letteralmente andata alla deriva in quei suoi straordinari occhi azzurro-ghiaccio ed anche ora il desiderio di riprovare quell'esperienza la stava dilaniando dentro, costringendola a lottare contro l'impulso di cercarlo nuovamente con lo sguardo.
Ormai ne era certa: quella non era solo una cotta nata da una suggestione che si era trascinata dal suo mondo; si era davvero innamorata di Thorin Scudodiquercia. 
Automaticamente, dopo tale considerazione, si chiese cosa lui pensasse di lei, come lui la vedesse arrivati a quel punto della vicenda: se come una buffa ragazzina umana ridicolmente bassa e goffa o se, magari, l'apprezzasse anche soltanto un poco. A giudicare da come si era comportato sulle Montagne Nebbiose, forse non era così sbagliato sperare nella seconda opzione.
Ricordò il terrore che le aveva attanagliato il petto quando aveva scorto Thorin riverso a terra, lo schiacciante senso di soffocamento che le aveva causato il pensiero che alla fine le cose fossero andate in un modo diverso da quelle del racconto che lei conosceva, e si ritrovò a riflettere su tutte le volte in cui era già capitato sino a quel momento.
Tale imprevedibilità l'inquietava e la preoccupava, ma in un certo senso le fece supporre che, a parte alcuni punti chiave, il destino della Compagnia di Thorin Scudodiquercia forse non era stato del tutto deciso... che forse, se era stata mandata lì, era proprio per cambiarne o plasmarne l'epilogo, in qualche modo a lei ancora sconosciuto.
Forse, si disse, poteva persino influenzare il futuro degli eredi di Durin.
Scoccando uno sguardo da dietro la fetta di pane che stava masticando, Kat si chiese se poteva davvero essere così egoista.
Poteva davvero cedere ai propri sentimenti e provare a salvare le vite di Thorin e dei suoi parenti?
Quando Beorn annunciò che avrebbe fornito loro tutto l'aiuto di cui avevano bisogno per raggiungere incolumi il limitare di Bosco Atro, Kat incrociò lo sguardo limpido del nano che così prepotentemente le era entrato nel cuore ed annuì impercettibilmente. Quindi Thorin mosse il capo allo stesso modo.
– Ripartiremo domani mattina allora, col tuo permesso ed il tuo aiuto – affermò il futuro Re sotto la Montagna, tornando a rivolgersi al mutatore di pelle.
E, dopo quel fugace momento di condivisione, con altrettanta fermezza ella cedette al proprio tormento interiore. Avrebbe cercato di impedire la morte dei Durin con tutta sé stessa, perché il pensiero di perderli tutti le straziava il cuore ancor più di quanto avrebbe fatto una lama incandescente.


La cena così generosamente offerta da Beorn era sul fuoco ed il mutatore di pelle era uscito di guardia, o per lo meno così credevano loro, giacché non si era certo premurato di dare ai suoi ospiti spiegazioni o delucidazioni sulle sue intenzioni. Si era dimostrato gentile però e Thorin si era sorpreso e ricreduto sul suo conto, soprattutto da quando aveva scoperto che quell'omone era un amante dei racconti che gli facevano dono i viaggiatori di passaggio. Così i nani avevano trascorso gran parte della giornata, chi più e chi meno, a narrare delle loro peripezie affrontate in quello ed in altri viaggi passati, e Beorn li aveva ricompensati con rinnovata ospitalità e benevolenza.
Persino Gandalf aveva fatto la sua parte, seppur per la maggior parte del tempo si fosse raccolto in disparte a rimuginare sulle sue cose da stregone e avesse scambiato qualche parola con Oin riguardo quella che era la condizione fisica di Katla.
La giovane, dal canto suo, se n'era rimasta a riposare nel fienile per un paio d'ore e Thorin non era riuscito a non passare con qualche scusa nei pressi del suo giaciglio per verificare coi propri occhi che stesse bene. La febbre però, a discapito dei timori del loro stesso nano guaritore, non si era ripresentata e Katla, dopo essersi svegliata nuovamente, aveva chiesto a Beorn il permesso di fare un bagno, necessità di cui allora si erano resi conto anche gli altri membri della Compagnia.
Così, mentre la ragazza si era lavata in una tinozza d'acqua tiepida che il loro anfitrione le aveva messo a disposizione nel sottotetto, i nani a turno si erano dati una ripulita con l'acqua del pozzo sul prato dietro casa, riempiendo coi loro schiamazzi l'aria calda del pomeriggio.
Ora, la maggior parte dei nani stava ronfando nella paglia del fienile in attesa dell'ora di cena e soltanto pochi, fra cui lo stesso Thorin, erano rimasti nella sala da pranzo di Beorn per scambiare fra loro qualche parola sul da farsi e su ciò che li attendeva nel loro viaggio. Seduto su una delle panche dell'ampio ed alto tavolo che riempiva quasi interamente la stanza, il capo della Compagnia stava confrontandosi con Balin per quanto riguardava il tempo a loro disposizione per giungere entro il Dì di Durin alla Montagna Solitaria, quando con la coda dell'occhio colse un movimento appresso al camino acceso.
Volgendo lo sguardo di ghiaccio in quella direzione, già sapeva istintivamente che quella che s'era appena accomodata su un alto sgabello appresso al focolare era Katla, ma si soffermò comunque ad osservarla mentre si tamponava i capelli color castagna con un panno e prendeva a districarne le ciocche ondulate con le dita. Indossava una camiciola di stoffa bianca dallo scollo a barca che le fasciava largamente le forme ed in vita s'era avvolta una semplice coperta, i cui lembi li aveva legati in un nodo ad altezza dei fianchi. Un lato di questa era sollevato a seguire gli arti inferiori di lei e ne lasciava intravedere la pelle chiara della gamba sinistra, il ginocchio piegato a puntellare, scalza, il piolo del suo seggio.
– Thorin?
Il nano tornò a voltarsi verso il suo amico e compagno di battaglie come se niente fosse, sopprimendo la sensazione di essere stato colto in flagrante.
– Scusami, amico mio.. stavi dicendo? – gli domandò, pacatamente.
Balin gli riservò un'occhiata velata di sottintesi, che Thorin accolse inarcando un sopracciglio ed esponendo uno dei suoi proverbiali cipigli.
– Io credo – esordì allora l'altro, per nulla impressionato – che sarebbe meglio se per oggi la finissimo qui. Parlarne ancora non renderà il resto del viaggio meno pericoloso o più rapido – affermò, abbozzando un vago sorrisetto sotto la barba folta e candida, prima di sollevarsi in piedi – Inoltre, credo ci sia qualcuno che ha bisogno di una mano fidata.
Thorin lo fissò come si guarda una persona che da' segni di follia, ma l'attimo seguente quello gli indicò con un discreto cenno del capo il caminetto in muratura e la ragazza lì seduta e lui, per contro, altalenando un paio di volte lo sguardo fra ella ed il nano, s'incupì. La parte più testarda e razionale di lui gli diceva che era una pessima idea, che non avrebbe più dovuto avvicinarsi a lei, ma l'altra, quella che risiedeva nel suo cuore, scalpitava per cogliere al volo la scusa che gli aveva offerto Balin ed andare da lei.
Con uno sbuffo scocciato, l'erede di Durin stava per ribattere al compagno che era un'assurdità bella e buona, quando la voce gioviale di suo nipote Kili raggiunse le sue orecchie e lo fece voltare nuovamente verso il focolare dall'altro lato della stanza.
– Ehi Kat, ti serve aiuto coi capelli?
Thorin vide la ragazza quasi sussultare nel sollevare lo sguardo sul più giovane dei nani.
– Ehm... ecco, io... – tentennò incerta Katla, abbozzando una smorfia piatta e scettica delle labbra.
Ma poi, l'attimo seguente, sorprendentemente lei si voltò a cercarlo ed i loro occhi si incrociarono, ed il capo della Compagnia si ritrovò ad attraversare la stanza ancor prima di aver realizzato d'essersi sollevato in piedi. Con pochi e cadenzati passi sul legno del pavimento, Thorin raggiunse i pressi del camino proprio mentre Kili, ridendo, tentava di rassicurare la ragazza sulle sue buone intenzioni.
– Non puoi biasimarla se, dopo l'ultima volta, non si fida più di voi, nipote – gli si rivolse con un'occhiata ed un mezzo sorriso bonario Thorin, interrompendo la scena ed entrando così a farne parte.
Kili, che di spalle non si era accorto di lui, nel voltarsi spalancò sorpreso gli occhi scuri, ma dopo un rapido alternare di sguardi dallo zio alla giovane donna seduta lì accanto, sollevò una mano a grattarsi la nuca con un ché di imbarazzato, ridacchiando.
– Hai ragione tu, zio – ammise, spensierato come al solito, facendo un passo indietro e rivolgendo poi a Kat un inchino formale e scherzoso al contempo – Vi lascio in mani più che capaci, mia signora, e tolgo lesto il disturbo. Vado a vedere dov'è quel pigrone di mio fratello.
E, scambiando con lei un sorriso complice, si allontanò con passo affrettato, lasciando i due in un'atmosfera che venne rapidamente pervasa da una tensione imbarazzata. La stessa tensione che si fece strada nel discendente di Durin e che lo portò a deviare lo sguardo da lei, facendogli sperimentare una strana sensazione di deja-vù. Quel disagio però non perdurò a lungo, ci pensò Katla ad infrangere il silenzio calato fra loro e ad attirarne nuovamente l’attenzione.
– Non devi farlo, se non vuoi – esordì lei di punto in bianco, la sua voce che tradiva la stessa tensione che permeava ogni suo muscolo – Sono certa che tu abbia ben altro da fare che rifarmi l'acconciatura, quindi...
Sbattendo le palpebre sorpreso, Thorin ne osservò il profilo giacché ella s'era voltata verso le fiamme e la luce danzante di queste si rifletteva sulla sua pelle del volto, sempre più arrossata.
– No – la interruppe, ancora una volta prima di rendersi conto del proprio stesso pensiero, sorprendendo sé stesso almeno quanto lei, pur conservando il proprio modo di fare pacato – Non ho altro da fare... e non è un disturbo.
I loro occhi tornarono ad incrociarsi e nell'iridi grigio-verdi d'ella egli colse un riverbero più lucido del solito, che gliele fece brillare di un'emozione profonda e senza nome, rendendogliele più belle di quanto ricordasse.
– ...allora... – mormorò Kat, abbassando nuovamente lo sguardo e lasciando incompiuto l'invito.
Ruotò un poco sullo sgabello, abbastanza da porsi frontalmente alle fiamme, e lui si spostò dietro di lei, sostando in piedi alle sue spalle ed abbassando lo sguardo sulla sua nuca. I suoi capelli erano ancora lucidi ed appesantiti dall'acqua del bagno, ma i nodi erano stati quasi del tutto districati e le onde in cui di solito essi tendevano ad arricciarsi iniziavano già a prender forma al calore del focolare. Quando, con delicatezza ed una prima titubanza, infilò le dita in quella massa setosa, la ritrovò fresca e liscia e ben presto l'odore di sapone che ne venne sprigionato risalì sino a lui, contribuendo ad infondergli una sensazione di calore al centro dello stomaco. 
Iniziando la propria opera, col crepitare del fuoco a riempire il silenzio che era calato fra loro e che era soltanto marginalmente disturbato dal ronzio delle enormi api che svolazzavano pigramente subito all'esterno della capanna, Thorin lasciò libera la mente di svuotarsi dei crucci e delle ansie che ultimamente andavano addensandosi sempre più, accantonandoli e dedicandosi soltanto a quel preciso istante della sua lunga vita. Una vita piena di ansie, doveri, peripezie e sofferenze, seppur alternate a momenti di vera felicità e spensieratezza e soddisfazioni personali, ma del tutto estranea a momenti di delicata e pacifica serenità come quello che si stava ora concedendo. Perché per una volta lasciò che il peso della propria identità quale figlio di Thrain, figlio di Thror e Re sotto la Montagna, gli scivolasse dalle spalle, lasciandolo libero di sentirsi un nano come tanti altri intento a condividere un momento di intimità con la donna che, in punta di piedi, si era insinuata prepotentemente nel suo cuore un giorno alla volta, uno sguardo alla volta.
No, non poteva più negare a sé stesso di tenere a lei, non dopo aver cantato per lei o averla tenuta stretta a sé per una notte intera, men che meno dopo aver acconsentito ancora una volta ad acconciarle i capelli. Perché, per un Nano della sua Stirpe, non era cosa di poco conto prendersi cura della chioma di qualcun altro, ed il significato profondo racchiuso in quel gesto apparentemente banale era noto soltanto al Popolo di Durin, e così sarebbe stato per i lunghi tempi a venire. Nessuno dei suoi compagni avrebbe parlato in vece sua, di questo poteva star tranquillo, giacché era suo pieno diritto tenere i propri affari per sé, specialmente quel genere di affari.
Così il silenzio fra loro si protrasse e nessuno dei due, per i minuti a seguire, lo infranse in alcun modo o diede segno di volerlo fare, giacché in esso erano racchiusi sentimenti che non avrebbero altrimenti trovato voce e di cui erano loro stessi ignari.
Quando il tempo a loro disposizione giunse al termine e Thorin, terminato il suo operato, abbassò le braccia e fece un passo indietro, una solida morsa si serrò nel mezzo del suo ventre, ma lui la ignorò con la tipica e stoica caparbietà nanica di cui era dotato sin dalla nascita.
– Finito – annunciò solamente, con voce bassa e pacata, non desideroso di turbare la quiete dell'atmosfera che s’era creata fra loro – Questa volta si scioglierà anche meno facilmente della precedente.
Katla, ancora appollaiata sullo sgabello, ruotò leggermente per scoccargli un'occhiata da sopra la spalle ed i suoi occhi brillarono del riflesso delle fiamme, il cui calore le aveva tinto le gote di un tipico e vivace rossore.
– Ti ringrazio, Thorin – gli rispose, con lo stesso tono basso e confidenziale, accompagnandolo ad un timido mezzo sorriso.
Il nano dal canto suo le riservò un ultimo cenno del capo mentre, distanziatosi di un passo dal camino, lasciava che la temperatura più bassa dell'aria circostante lo avvolgesse, riportando il fardello di cui si era momentaneamente liberato a gravargli sull'animo. Tornò ad essere il Principe Ereditario al trono di Erebor nel tempo di un respiro e, non senza un enorme sforzo, rivestì quella maschera di impassibilità e solenne distacco che, non visto, aveva lasciato cadere sino a un attimo prima.
Le volse le spalle, a lei ed al caminetto acceso dietro di lei, e senza un'altra parola tornò ad attraversare la sala. Quando passò accanto a Balin, con uno sbuffo scocciato ed un'espressione corrucciata ne sviò lo sguardo, superandolo con l'intento di uscire a prendere una boccata d'aria. Non era in grado di sostenerne l'occhiata eloquente che sapeva l’altro gli avrebbe rivolto, non in quel momento.
Così raggiunse la porta che dava sul cortile immerso nella luce del tramonto della casa di Beorn, ma posata la mano sulla maniglia non poté evitare di voltarsi a scoccare un'ultima occhiata in direzione di Katla. Si attardò un solo istante, osservando come con cautela andava tastandosi il capo e le treccine di cui era adorna la coda alta in cui egli le aveva fissato i capelli, mentre le labbra le si tendevano di un grazioso sorriso che sapeva di intima gioia e che ne abbellì il profilo in un modo a lui nuovo ed irresistibile. Sarebbe tornato sui propri passi se soltanto fosse stato meno consapevole di sé e del proprio ruolo, o dell'importanza che aveva l'impresa che andavano a compiere, ma l'accostarsi di Bilbo alla ragazza fu per lui un deterrente sufficiente a non rinnegare ogni suo proposito per un mero impulso del momento.
Così, ricacciando qualunque cosa stesse provando in un luogo oscuro e profondo di sé stesso, uscì nell'aria fresca e profumata del tramonto, richiudendosi la spessa anta lignea alle spalle con un tonfo attutito.


– Non sforzarla per una settimana almeno e vedrai che sarai come nuova – le stava dicendo Oin, mentre Kat si sistemava la fasciatura, osservandola con occhi scintillanti ed un sorriso schietto – Parola mia, è la prima volta che assisto ad un miglioramento tanto netto: il tuo corpo ci tiene proprio a guarire, ragazza!
Katla gli rivolse un sorrisetto incerto, prendendo per buone quelle parole, perplessa giacché non si era mai ritenuta così diversa da qualsiasi altro del proprio mondo, ma scelse di non commentare e prendere le parole del fratello di Gloin come un mero complimento. Quindi si ricoprì la spalla, sistemandosi la camicia bianca e tirandosi su la spallina del corpetto. Aveva dovuto, suo malgrado, rinunciare alle vesti elfiche donatele a Gran Burrone per tornare all’abbigliamento adottato all’inizio di quel loro viaggio, giacché la stoffa della camiciola degli Elfi, per quanto resistente e nuovamente pulita del sangue, era irrimediabilmente lacera e neanche Dori, il più abile fra i suoi compagni con ago e filo, aveva potuto salvarla.
Una volta ultimato di rivestirsi, ringraziò ancora una volta il nano ed imboccò la porta del fienile, uscendo all'esterno.
Una piacevole brezza le sfiorò la pelle appena mise piede sul prato, investendola degli odori della natura, insolitamente forti nella luce del crepuscolo. Il cielo, delle tinte dell'indaco e del blu, era già punteggiato di stelle ed il paesaggio intorno a lei iniziava a perdere molti dei suoi colori vivaci in favore di tonalità più cupe, pur restando vivido nei dettagli ai suoi occhi.
Puntando lo sguardo in avanti, raggiunse la staccionata che delimitava la proprietà di Beorn ed il prato in cui i suoi pony dal manto pezzato trottavano tranquilli, mentre i suoi occhi si fissarono sulla fascia d'alberi che segnava il confine della radura.
Allora, nella quiete della sera, la giovane donna inspirò a pieni polmoni, prima di emulare un lungo sospiro e godersi la pace che la natura e la consapevolezza di essere al sicuro le infondevano. Le sue labbra si delinearono di un morbido sorriso fine a sé stesso, mentre la mente tornava indietro a ciò che era gelosamente custodito nel suo cuore. Ripensò a Thorin, non poté proprio farne a meno, il quale era nella sala di Beorn a bere e rilassarsi coi suoi compagni, concedendosi uno di quei sempre più rari momenti di svago che andavano diminuendo giorno dopo giorno.
Aveva riflettuto più volte sulla propria decisione di fare tutto il possibile per cambiarne il destino ed ogni volta ne era uscita più convinta di prima, sull'andare fino in fondo. Quando aveva visto coi propri stessi occhi il Principe di Erebor in pericolo, la sua mente si era ribellata ed il suo corpo si era mosso da solo. Si era frapposta fra lui ed il nemico con una veemenza che, ripensandoci ora a mente fredda, non aveva mai sospettato di possedere e che la sbalordiva tutt’ora. Era stato come se una forza estranea si fosse impossessata di lei, acuendo ogni emozione ed annullando ogni timore per farla agire come aveva fatto. Era bastato un attimo, l’intuizione che Bilbo non sarebbe riuscito a muoversi per tempo come invece avrebbe dovuto fare, ed il suo istinto aveva preso il sopravvento.
Se non era riuscita a trattenersi in quella situazione, dubitava sarebbe riuscita a sopportare la consapevolezza della morte certa dei figli di Dìs e del loro zio, men che meno avrebbe potuto rimanere a guardare senza fare niente.
No, si ripeté per l’ennesima volta, non l’avrebbe fatto.
Sarebbe stata egoista e avrebbe agito secondo il proprio cuore.
Doveva solo trovare il modo per raggiungere i propri scopi e salvarli tutti.
Sospirò nuovamente, mentre l'ombra dell'incertezza tornava ad oscurarle l'animo, non avendo ancora idea di come avrebbe potuto fare per raggiungere un tale onirico traguardo. Neanche i suoi stessi ricordi le erano d’aiuto al riguardo, giacché la maggior parte aveva preso la forma di fotogrammi annebbiati nella sua mente, come se la trama stessa dell’opera a lei nota non fosse più la stessa… come se il tempo passato in quel mondo avesse in qualche modo influito sulla sua mente, alterando le informazioni immagazzinate all’interno della sua stessa memoria.
Era così presa dai propri pensieri che non si accorse della presenza del nano alle sue spalle finché non le comparve accanto, appoggiandosi al suo stesso modo all'asse di legno del recinto.
– La notte domina tutto il cielo ormai. Come mai te ne stai ancora qui fuori?
L'allegra voce di Kili la fece voltare di scatto a guardarlo sorpresa, ma appena ne incrociò lo sguardo birbone e distinse sul suo volto uno dei suoi soliti mezzi sorrisi, Kat non poté non ricambiarlo automaticamente, rilassandosi in pochi istanti.
– E tu? – ribatté allo stesso modo, prendendolo in giro – Dove hai lasciato il tuo inseparabile fratellone?
– Non mi dirai che è lui il tuo preferito! – esclamò Kili di rimando, con una finta espressione offesa ed esterrefatta sul volto. Una finta che non perdurò, giacché subito le sue labbra tornarono ad allargarsi ed il riso ne minò la credibilità, nonostante i suoi tentativi di sostenere il proprio gioco.
Kat ridacchiò a propria volta, prima che un colpetto di tosse esternato a modo attirasse l’attenzione di entrambi verso il suo autore: Fili si appoggiò alla staccionata dall’altro lato rispetto a suo fratello, le gote arrossate e l’aria di chi stava cercando di darsi un contegno.
– Mi pare scontato, fratellino – rispose per lei, stando al gioco e scoccando un’occhiata divertita ad entrambi – È risaputo che, dei figli di Dìs, il più avvenente e prestante sono io. Se non ci fossi io a tirarti sempre fuori dai guai, non saresti nemmeno più qui.
A quel punto il diretto interessato protestò e Katla scoppiò in una franca ed aperta risata, anticipando di poco gli altri due nani lì con lei. Quando l'ilarità generale tornò a placarsi, pur non portandosi via anche il loro rinnovato buon umore, la giovane tornò a soffermare lo sguardo verso il bosco, non riuscendo a fare a meno di scrutare fra i tronchi degli alberi che lo delimitavano.
– Sei stata pensierosa tutto il giorno – osservò il nano biondo, interrompendo per primo il nuovo silenzio, facendola voltare di nuovo a guardarlo: aveva ancora un accenno di sorriso ma i suoi occhi tradivano una certa preoccupazione – ..assente, quasi. 
– Sì – rincarò la dose Kili, sporgendosi sulla trave per attirare la sua attenzione – puoi affidarti a noi per qualunque cosa! Siamo a tua disposizione! – e l'espressione del nano più giovane acquistò una nota furbesca – Certo, sempre che ciò che ti tormenta non riguardi nostro zio.
A quell'ultima affermazione Kat, che dapprima stava iniziando ad intenerirsi, si irrigidì e spalancò gli occhi, arrossendo di botto.
– Cos..?
Kili scoppiò nuovamente a ridere e Fili scosse il capo, facendo ondeggiare la lunga chioma cosparsa di treccine, ma anche nella penombra Kat riuscì a distinguere il sorrisetto che celava sotto i baffi.
Non sapendo bene come reagire, la ragazza alternò un paio di volte lo sguardo ancora sgranato sui due discendenti della stirpe di Durin, finché non decise di averne abbastanza delle loro arbitrarie canzonature e diede una pacca sul braccio ad ognuno di loro, ridacchiando d'imbarazzo e divertimento al tempo stesso.
– Siete due disgraziati! – li redarguì, pur senza alcun tono di rimprovero.
Perché, malgrado l'imbarazzo che le suscitava l'argomento, specialmente con i due nupoti del nano che le faceva battere il cuore, Kat si sentiva quasi sollevata di affrontare l'argomento con loro. Nel corso di quel viaggio si era instaurato fra loro tre un bel rapporto d'amicizia e complicità, e lei non voleva che quell'omissione avesse la possibilità di incrinare il legame che condividevano.
Andò meccanicamente a scostarsi una cioccha dietro un orecchio prima di prendere a giocherellare con la punta, arricciandosela fra le dita.
– Chi è stato dei due a capirlo? – li interrogò, con un'occhiata di sottecchi.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo e Fili sorrise sornione.
– Io, ovviamente. A me non sfugge mai nulla – asserì Kili, sfoggiando un'aria compiaciuta.
Suo fratello però, ovviamente, non era dello stesso avviso.
– Che razza di bugiardo! Sono stato io il primo a notare il modo in cui lei lo guardava a Gran Burrone – sbottò, contrariato, indicandosi.
Il piccolo diverbio non fece altro che accentuare il disagio che la ragazza covava nel petto, ma era anche una scena così familiare che la spinse a rasserenarsi, pur senza mitigare il suo imbarazzo.
– Va bene ragazzi, ho capito, smettetela adesso – li interruppe Kat dopo un poco di tempo, sorridendo rassegnata – ..era solo per avere una conferma.
– Comunque – esordì Fili, prendendo di nuovo la parola – volevamo farti sapere che a noi non dispiacerebbe se entrassi a far parte della nostra famiglia.
– Esatto – confermò Kili, annuendo con un ampio sorriso – ..anche se, devo ammetterlo, per noi sei quasi come una sorellina e l'idea di te e nostro zio è un po'... strana.
Sbattendo le palpebre un paio di volte Kat tornò ad alternare lo sguardo dall'uno all'altro e quando anche Fili annuì per dar man forte a suo fratello, la ragazza finì per abbozzare un nuovo mezzo sorrisetto, le gote ormai in fiamme.
– Qualcuno qui sta correndo un po' troppo – commentò, ironica, prima di lasciar spazio ad un più ampio sorriso rivolto ad entrambi – ..ma grazie. È bello che la pensiate così. Anche io tengo molto a voi.
I sorrisi dei due nani in risposta le scaldarono il cuore, così come l'abbraccio col quale la cinsero all'improvviso, stringendola in una morsa che, pur salda, non le andò a pesare sulla spalla fasciata. Come oggetto di simili attenzioni da parte dei figli di Dìs, Kat avvertì il proprio coraggio ed il proprio ottimismo rifiorire e d'improvviso il pensiero del futuro non le parve più tanto oscuro ed ineluttabile. Perché poteva davvero contare su di loro, per qualunque cosa, anche solo per un semplice abbraccio di conforto nei momenti più bui.
Restarono così per meno di un minuto e quando si sciolsero Kat avvertì l'aria fresca della sera tornare a raggiungerla, in netto contrasto con il calore che le avevano trasmesso i due nani.
– Fili, Kili – chiamò d'improvviso la voce di Gandalf, traendo il terzetto da quel momento di condivisione – ..vostro zio vi sta cercando.
I tre si voltarono ad osservare l'Istar che, con passo quieto ed il suo inseparabile bastone ad accompagnarlo, attraversava il prato per avvicinarsi a loro e Kat, dietro la sua veste grigia, notò la sagoma di un nano stagliarsi fiera sulla porta della casa. E, nonostante fosse in controluce, ella non tardò un solo istante nel riconoscere proprio il capo della Compagnia.
Sentendosi arrossire ancora una volta, mentre il cuore nel suo petto reagiva autonomamente dalla sua volontà, Kat cercò di mantenere una parvenza di naturalezza mentre salutava brevemente i due fratelli e spostava l'attenzione sullo stregone grigio, il quale non mancò di fermarsi con lei.
– Kat, vorrei parlarti un minuto, se non ti spiace – le disse Gandalf, distogliendola del tutto dalla presenza di Thorin ad una decina di metri da lei.
Sorpresa eppur ancora un poco incerta, ella annuì all'Istar, tornando a dare le spalle alla casa di Beorn. Le sembrava di avvertire ancora il peso degli occhi di diamante di Thorin su di sé e la cosa non riusciva a non metterla intimamente in agitazione, ma sapeva che non sarebbe durato a lungo e si impose l'autocontrollo.
Così decise di rivolgere tutta la propria attenzione a Gandalf, il quale le si era fermato accanto e la guardava con sguardo attento e bonario al contempo.
– È sorprendente come tu sia già così in forze: solitamente la ferita causata da un Warg[1] è quantomai problematica – commentò laconico Gandalf, deviando lo sguardo verso il bosco con noncuranza, prima che sul suo viso comparisse una nota più spensierata – ma ormai è certo che in te vi sia più di quanto non si veda dall'esterno.
Katla accolse quel complimento con un nuovo mezzo sorriso velato di gratitudine, prima di deviare a propria volta lo sguardo alla linea d'alberi oltre il prato della radura. C’era qualcosa che continuava ad attrarre inconsapevolmente i suoi occhi, che la chiamava ad un livello totalmente inconscio. La notte ormai era calata del tutto ed il cielo s'era nuovamente adornato della sua veste di stelle, avvolgendo l'oscurità d'una preziosa cornice scintillante.
– Non mi hai mai rivelato cosa ti aspetti da me, Gandalf – disse di punto in bianco Kat, interrompendo sul nascere lo stregone e scoccandogli un'occhiata in tralice dal basso della sua statura – Perché sono qui? Qual è il vero scopo della mia presenza in questa Compagnia?
L'Istar si accigliò, ricambiando il suo sguardo ed assumendo una smorfia d'insoddisfazione per la schiettezza dell'approccio della ragazza, ma lei insistette, senza farsi scoraggiare dal cipiglio altrui. Così Gandalf, dopo un momento in cui strinse le labbra sotto la folta barba, tornò a volgersi completamente verso di lei, affrontandola senza più convenevoli.
– Vi sono forze a questo mondo che esulano dalla comprensione di molti – esordì – forze invisibli, che contribuiscono a ristabilire l’equilibrio fra Luce ed Oscurità. Tempo fa, una parte di queste è venuta a mancare e si è creato uno squarcio della tela di Eru – le diede un poco di tempo per assimilare quanto dettole, prima di proseguire con cipiglio severo – ..è stato il capo del mio Ordine il primo ad accorgersene, e da allora molte cose funeste sono accadute, fra le quali, ho ragione di credere, il ritorno dell'Orco Pallido.
La ragazza inarcò un sopracciglio, incerta e confusa al riguardo, giacché non aveva mai pensato alle difficoltà cui erano andati incontro in quel modo. L’eventualità che i pericoli vissuti non fossero opera sua, ma di una sorta di equilibrio cosmico incrinato, la lasciarono interdetta per un lungo momento e Gandalf, di fronte al suo silenzio, proseguì con rinnovata bonarietà.
– Ma tu puoi porvi rimedio.
– Cosa? – Kat sussultò, sgranando lo sguardo – Come?!
– Nemmeno il più saggio dei saggi ha tutte le risposte, mia giovane amica – la appellò, assumendo quel suo tono da anziano stregone vissuto che tanto poteva impressionare chi non vi era abituato – ma c'è una cosa che credo sia giunto il momento di dirti chiaramente, ed è che hai un potere nascosto dentro di te, Katla... e temo che, prima della fine, sarai costretta a servirtene.
La giovane donna aprì la bocca in un perfetto stile a pesce lesso, presa del tutto in contropiede dall’ultima rivelazione fattale dallo stregone. Tutto ciò le suonava talmente assurdo che fu quasi sul punto di scoppiare a ridergli in faccia, ma la confusione nella sua mente era troppa perché facesse qualunque altra cosa non fosse fissarlo con occhi fuori dalle orbite.
– Potere? – ripeté meccanicamente – Quale potere? Non so di cosa tu stia parlando.
Gandalf alla sua reazione mantenne quell'aria greve assunta di proposito, ma ella distinse comunque nei suoi occhi azzurri uno scintillio di divertimento.
– Immaginavo avresti detto una cosa del genere. – affermò, prima di risponderle – Rammenti il giorno in cui ti chiesi di far sentire a Re Elrond una delle tue canzoni? – le chiese, attendendo che lei annuisse, prima di continuare – Quando l'hai fatto, per una manciata di secondi sei stata in grado di evocare una magia la cui natura si è mostrata sotto forma di una rapida folata di vento.
– Aspetta – lo interruppe a quel punto ponendo una mano avanti, talmente allibita da farsi sfuggire un mezzo sorrisetto di nervoso divertimento, giacché per lei la cosa stava rasentando l’inverosimile – ..stai dicendo che io posso usare la magia? Che ho una canzone magica o una cosa simile?!
Lo stregone grigio parve infastidito, ma pur corrucciandosi lievemente mantenne la sua aria composta e seria mentre annuiva, accogliendo lo scetticismo d'ella senza batter ciglio.
– Dopo averti osservata ed aver parlato con Re Elrond e Saruman il Bianco, ritengo non sia la canzone ad esser magica ma che tu riesca, in qualche modo, ad incanalare la tua magia attraverso la tua voce, grazie a qualche forte emozione o alla tua forza di volontà. Sospetto sia un potere legato agli elementi naturali, ma non so dirti altro, perché non se ne son mai veduti di simili nella Terra di Mezzo prima di te.
Colpita da tanta serietà, Kat richiuse la bocca e serrò le labbra in una smorfia piatta, cancellando ogni traccia di quel sorriso incredulo che s'era fatta sfuggire poco prima, mentre fissava con attenzione lo stregone di fronte a lei. La cosa migliore da fare per la sua sanità mentale era aspettare e star a sentire quanto l’Istar le stava dicendo fino in fondo e, soltanto poi, tentar di elaborare il tutto.
– Una cosa forse l'ho capita e spero ti sia di qualche aiuto, dato che non hai alcun controllo su di essa – continuò imperterrito il Grigio – ed è che, così come noi stregoni diamo forma alla nostra magia attraverso antiche formule, anche tu sei in grado di modellarla attraverso le parole.
Lei si corrucciò e la confusione che le trapelò ancora una volta dallo sguardo non passò inosservata all'occhio dell'anziano guardiano della Terra di Mezzo.
– Ad ogni modo, – aggiunse difatti, richiamando la sua attenzione e rivolgendole un nuovo sorriso incoraggiante – non è l'unica dote in tuo possesso e fin'ora te la sei cavata egregiamente, perciò ti consiglio di non darti troppo pensiero. Sono certo che, quando sarà il momento, saprai cosa fare.
Kat, pur per nulla convinta, annuì con un cenno del capo, prima di tornare a giocherellare con una ciocca di capelli che le pendeva su una spalla e deviare lo sguardo verso l'oscurità del sottobosco diversi metri più avanti.
Una sensazione di soffocamento le strinse il petto in una morsa, mentre il peso delle aspettative e delle rivelazioni dello stregone le opprimeva lo stomaco e le teneva curve le spalle.
Avvertiva il vociare allegro dei nani provenire dall'interno della casa dietro le sue spalle, mentre la distesa degli alberi racchiudeva un mondo del tutto diverso, più quieto e misterioso ai suoi sensi.
Un mondo insolitamente attraente ai suoi occhi, seppur fosse perfettamente consapevole dei pericoli celati in esso, giacché rappresentava la libertà e la leggerezza che in quel momento mancavano al suo animo in subbuglio. Un luogo appartato e silenzioso, in cui poter sbrogliare la matassa dei suoi caotici pensieri e ritrovare sé stessa.
E Gandalf parve intuire quel suo bisogno, giacché di lì a poco si congedò, non mancando di raccomandarle di andare a riposare, dato lo stato in cui verteva ancora il suo corpo. Lei annuì, ringraziandolo della premura e della compagnia, e lo seguì con lo sguardo mentre rientrava in casa, quindi con un nuovo sospiro tornò a rivolgere la sua attenzione alla selva.
Rimase lì fuori a riflettere per un tempo che non seppe mai calcolare con certezza, decidendo di rientrare soltanto quando le palpebre iniziarono a pesarle ed ella si ritrovò a combattere per tenere gli occhi aperti. Allora, seppur controvoglia, rientrò per andare a coricarsi, del tutto inconsapevole del paio d'occhi che vigili la seguirono dalle profondità della boscaglia. 


continua...




~ LEGENDA ~

Grassetto = titoli.
Corsivo = evocativo (flashback, canzoni, citazioni, parole in altra lingua o toni dal timbro particolare).
MAIUSCOLO = toni alti.
[1, 2, 3..] = si tratta di annotazioni e/o traduzioni che aiutano il lettore a comprendere al meglio il testo. Basta sostarvi sopra con il mouse perché compaia la nota cui fanno riferimento.
[*] = facendovi click con il mouse aprono il link al video cui il testo fa riferimento (musiche, canzoni, ecc).

   
 
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