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Autore: ChrisAndreini    12/10/2020    3 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Invito a cena con probabile delitto

 

Giovedì 16 Maggio 

La situazione era davvero fredda a lezione di Sociologia della comunicazione.

A dire il vero la situazione era fredda da lunedì sera, ma solo ora, a Sociologia della comunicazione, era diventata decisamente evidente.

Almeno per Mathi, che aveva passato l’intera prima parte della lezione a lanciare occhiate preoccupate in direzione di Denny, che prendeva appunti quasi con violenza, e aveva bucato la carta del quaderno in tre punti diversi.

Fu solo durante la pausa che si decise a provare a parlargli.

-Allora, Dan…- iniziò, senza sapere minimamente cosa dirgli.

Denny si girò verso di lui e lo guardò con freddezza, facendolo ritirare leggermente. Non disse una parola, e rimase a fissarlo in attesa.

-Uh… volevo chiederti…- Mathi cercò di trovare un argomento di conversazione, ma da qualche giorno la situazione tra di loro si era fatta decisamente imbarazzante e distante.

Denny scosse leggermente la testa e tornò ai suoi appunti, capendo che probabilmente Mathi non aveva nulla da dire, ma lui non si diede per vinto.

-Ah, il laboratorio!- trovò infine l’argomento, soddisfatto.

-Mh- Denny alzò le spalle, incoraggiandolo a continuare.

-Allora… hai qualche idea?- chiese, sperando che gli parlasse.

Denny si limitò a passargli una pagina di appunti, sempre senza guardarlo.

Mathi aprì la bocca per obiettare e cercare di parlare per davvero, ma cambiò idea a metà e diede un’occhiata alle proposte.

-Wow…- commentò tra sé dopo averne viste distrattamente un paio.

-Wow!- esclamò poi, controllando meglio gli appunti e dimenticandosi per un attimo di essere in una situazione tesa con il suo migliore amico per il quale aveva una grandissima cotta che non sarebbe mai stata ricambiata.

Suddetto amico gli lanciò un’occhiata incuriosita e arrossì appena.

-Dan, sei fantastico! Non so decidermi, sono tutte idee stupende. Saremo i migliori alla presentazione- Mathi gli fece un enorme sorriso incoraggiante, e Denny arrossì molto più visibilmente, accennando un timido sorriso soddisfatto.

-Grazie. Niente di che, sono solo le prime idee che mi sono venute in mente- alzò le spalle, cercando di fare l’indifferente, ma Mathi scosse la testa.

-Ti conosco, Dan. Sono certo che ti sei impegnato un sacco per trovare queste idee. Adoro che tra le proposte sei riuscito ad infilare Chiamami con il tuo nome- Mathi sorrise tra sé e controllò meglio.

-Oh, no! Quello no! Ho cambiato idea su quello- Denny arrossì ancora di più e riprese di scatto i suoi appunti, che strinse al petto con fare protettivo.

-Perché? Se affrontiamo la dinamica gender può essere una bella idea citare questo bellissimo film. Alla fine è un prodotto che cerca di immortalare la vita vera, e…- Mathi iniziò a riflettere sulla questione. Era l’idea che gli era piaciuta di più, e avrebbe voluto tantissimo portarla a compimento.

-No! Non mi va di affrontare la dinamica gender, preferirei occuparmi del saggio sullo straniero, o sui malati di mente. O anche l’etnometodologia sarebbe meglio del gender- insistette Denny, stringendo più forte il blocco per appunti.

-Addirittura? L’etnometodologia è incomprensibile- Mathi fece una smorfia, ma Denny era sul pezzo.

-Appunto portarla potrebbe essere una buona idea, dato che è probabile che saremmo gli unici- gli fece notare.

Mathi sorrise leggermente tra sé nel notare la scintilla negli occhi dell’amico mentre il suo lato competitivo emergeva, poi finalmente si rese conto che quella era la prima conversazione che avevano da lunedì sera, e non riuscì a trattenere le parole che pronunciò in seguito, anche se non avevano niente a che fare con l’argomento corrente.

-Mi dispiace di averti baciato!- 

Denny sbiancò, gli mise di istinto la mano sulla bocca e si guardò intorno per controllare se qualcuno avesse sentito.

-Non mi hai baciato! Perché dici queste cose in giro a caso?!- si lamentò, irritato.

Mathi provò a parlare, ma aveva ancora la mano di Denny sulla sua bocca, ed era così soffice e calda che avrebbe voluto tenerla lì per il resto della sua vita.

Forse rendendosi conto dei pensieri poco platonici dell’amico, Denny tolse in fretta la mano, permettendo al suddetto amico poco platonico di parlare.

-Intendevo il bacio sul naso. Non mi sarei dovuto spingere a tanto, lo sapevo che eri a disagio, non so che mi sia preso e prometto che non lo farò mai più!- si spiegò, a voce bassa ma cercando comunque di metterci il maggiore sentimento possibile, per far capire a Denny che era davvero davvero dispiaciuto di quel gesto che sicuramente era la causa di tutto l’imbarazzo che si era creato tra di loro.

-Non è questo il problema- borbottò Denny tra sé, ritirandosi a disagio sulla sedia e non guardando l’amico negli occhi.

Mathi cadde dalle nuvole, e fissò Denny per qualche secondo senza sapere cosa dire, e chiedendosi cosa mai potesse aver fatto di male, oltre al bacio.

-Oh… allora qual è il problema?- provò a chiedere, un po’ timoroso di cosa avrebbe potuto rispondere.

Denny però non sembrava proprio intenzionato a rispondere.

-Nessuno- mentì, evitando accuratamente il suo sguardo e torturandosi le dita.

Mathi non sapeva se fosse una buona idea insistere, ma prima che potesse decidere se farlo o no, la professoressa ricominciò a spiegare, e Denny tornò concentrato sui propri appunti.

Mathi non riuscì a stare attento nemmeno per un minuto.

Quando la lezione finì, fu l’ultimo ad accorgersene, e solo perché Denny, già pronto ad uscire dall’aula, gli tirò un colpetto sulla spalla.

-Mathi, che hai?- chiese piegando la testa confuso.

-Mi dispiace- si lasciò sfuggire lui, prendendogli il polso di scatto.

-Cosa?- Denny si ritirò leggermente, guardandosi intorno preoccupato per l’eventuale reazione del resto degli studenti, ma la sala era ormai vuota, e i pochi che ancora restavano erano troppo concentrati sui propri appunti e amici per badare a loro.

-Qualsiasi cosa abbia fatto, o non fatto, se ti ho ferito, se ti ho deluso, mi dispiace tantissimo- Mathi sapeva, in cuor suo, che stava esagerando, ma aveva troppa paura. Paura che la serenità che aveva provato in quei mesi sparisse da un giorno all’altro, paura che Denny smettesse di parlargli prima di quanto pensasse. Paura di perdere la migliore amicizia che avesse mai avuto in vita sua. Paura, una paura agghiacciante, di restare di nuovo solo.

Sapeva che sarebbe accaduto, prima o poi. Sapeva che doveva necessariamente accadere, un giorno. Ma non riusciva ad accettare che quel giorno sarebbe stato a metà anno.

Anche se probabilmente, nell’insistere così, stava irrimediabilmente allontanando Denny da lui, come faceva sempre con tutti.

Denny lo guardava allertato, e quasi spaventato a sua volta. Si guardò intorno per qualche istante, poi lo prese per mano, e lo incoraggiò a seguirlo.

Mathi eseguì come un cagnolino fedele, senza badare minimamente a dove lo avrebbe portato, ma godendosi quelli che probabilmente sarebbero stati gli ultimi momenti in cui avrebbe tenuto la mano di Denny.

Diamine, la sua cotta stava seriamente per raggiungere il punto di non ritorno.

Fu solo quando Denny lo lasciò andare, che Mathi si rese conto che erano in bagno. 

E sorprendentemente, non c’era nessuno. Probabilmente perché era il bagno rotto del secondo piano, quello che molti studenti avevano soprannominato il “bagno di Mirtilla Malcontenta”, dato che era sempre vuoto.

Un ottimo luogo per ricevere una sfuriata senza che il resto dell’università badasse a loro. Mathi chiuse gli occhi, preparandosi psicologicamente a sentire Denny perdere la pazienza, ma li riaprì di scatto quando le mani dell’amico si posarono sulle sue spalle.

-Mathi, stai bene?- chiese infatti, nel tono più gentile che il ragazzo gli avesse mai sentito usare.

Tono che ovviamente lo portò alle lacrime, non c’è neanche bisogno di dirlo.

-Mathi! Cinque cose che puoi vedere…- Denny provò a usare il metodo della fiera, massaggiandogli dolcemente le spalle, ma Mathi non stava avendo un attacco di panico, tutt’altro. Era così pronto ad essere nuovamente abbandonato, che la preoccupazione dell’amico non riuscì a procurargli altro che immenso sollievo.

Si scansò dalla presa del ragazzo e lo abbracciò di scatto, facendolo ammutolire.

-Pensavo mi odiassi- borbottò poi, stringendolo forte.

Con un po’ di esitazione, Denny ricambiò.

-Non potrei mai odiarti- lo assicurò, con voce leggermente tremante, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Promesso?- Mathi sapeva di essere ingiusto a chiedergli questo. Denny avrebbe dovuto odiarlo, Mathi lo avrebbe meritato, ma non riuscì a mettere da parte il suo egoismo.

-Promesso- rispose immediatamente Denny, facendogli tirare un sospiro di sollievo.

Mathi si costrinse ad allontanarsi, per evitare di soffocarlo, ma rimasero a pochi centimetri di distanza.

E in silenzio per qualche secondo, cercando qualcosa da dire, dato che c’era ancora parecchio in sospeso nell’aria tra di loro.

-Dan…-

-Mathi…- 

Si chiamarono insieme, per poi interrompersi in modo da lasciar parlare l’altro.

Alla fine fu Mathi a prendere il coraggio.

-Cosa ti ha dato fastidio del mio comportamento lunedì? Se me lo dici poi non lo farò più- cercò di mettere le mani avanti. Aveva qualche teoria su cosa potesse essere, ma la più probabile era stata scartata durante la pausa, quindi brancolava un po’ nel buio, dato che un’altra era che Denny fosse deluso che non considerasse i baci degni di importanza (ma era decisamente improbabile), o che si fosse infastidito che Mathi avesse fatto uno scherzo ad Amabelle a metà serata (ma a quel punto Denny aveva già messo il muso quindi non credeva fosse quello).

-Tu non hai fatto niente di male- lo rassicurò Denny, scuotendo la testa e arrossendo leggermente.

-Ma?- lo incoraggiò Mathi, che non pensava fosse così semplice.

-Nessun ma! Non hai fatto niente di male. Punto. Tu non c’entri con questo- Denny distolse lo sguardo. Sembrava a disagio, ma Mathi non riuscì a lasciargli spazio. Sapeva che c’era un ma, se lo sentiva. Denny era diverso dal solito.

-Ma…- lo incoraggiò avvicinandosi per cercare di leggere nel suo sguardo cosa si stesse trattenendo dal dire, e non accorgendosi di averlo quasi spinto al muro, e che i loro volti erano così vicini che i respiri iniziavano a mescolarsi.

-Nessun ma…- insistette Denny, evitando i suoi occhi, ma portando inconsciamente il proprio sguardo sulle labbra dell’amico, a pochissimi centimetri dalle proprie -solo…- la sua voce, già un sussurro, si spense completamente.

-Dan…- così come il tentativo di insistere di Mathi, appena si rese conto di quanto fosse effettivamente vicino all’amico, e di come questi avesse inconsciamente portato la mano sul suo petto, e sembrasse in procinto di avvicinarsi, ed eliminare le distanze tra loro.

Ma prima che questo potesse accadere, la porta si aprì, accompagnata da un vociare divertito. E prima che Mathi potesse tornare in sé, girarsi e scoprire chi erano i nuovi venuti, fu preso in contropiede quando Denny lo spinse via con una certa violenza, facendolo cadere a terra nonostante fosse il triplo di lui.

-Ah, Mathi!- rendendosi conto della cosa, Denny si precipitò ad aiutarlo, così come i due nuovi venuti, che si rivelarono essere Max e Manny.

-Tutto bene?- chiese Max, preoccupato, affrettandosi ad offrire assistenza al fratello.

Mathi si alzò senza troppe difficoltà, ridacchiando un po’ tra sé e tornando il solito ragazzo sorridente. Un conto era mostrare la sua vulnerabilità a Dan, un conto era farlo con Max e Manny.

-Tutto bene, mi ha solo preso alla sprovvista, e sono scivolato sul pavimento bagnato- spiegò, massaggiandosi il fondoschiena dolorante.

-Abbiamo interrotto qualcosa? Ci dispiace. Max stava soltanto mostrandomi il famoso bagno di Mirtilla Malcontenta- Manny sembrava dispiaciuto e anche piuttosto imbarazzato.

-Non avete interrotto nulla di niente. Stavamo solo parlando!- si affrettò a negare Denny, diventando così rosso, e mentendo così palesemente che se Clover fosse passata da quelle parti il suo rilevatore naturale per le bugie sarebbe esploso con lei.

Per fortuna Max e Manny erano discreti e rispettosi.

-Beh, eh, questo è il famoso bagno di Mirtilla Malcontenta. Non è infestato ma è rotto e inutilizzabile quindi non ci viene mai nessuno- Max cercò di cambiare argomento e illustrò il bagno a Manny, con guance leggermente rosse.

Denny lanciò un’occhiata sospettosa verso il fratello, poi sgranò gli occhi e indietreggiò così in fretta da scivolare sul pavimento bagnato e rischiare di cadere a sua volta.

Per sua fortuna Mathi fu abbastanza rapido da afferrarlo al volo.

-Dan, tutto be…?- iniziò a chiedere, ma Denny era troppo occupato a fissare il fratello maggiore.

-Non ti facevo uno da nascondersi nei bagni!- accusò, disgustato.

Sia Max che Manny assunsero una quasi identica espressione colpevole, e solo allora Mathi si rese conto di cosa probabilmente erano venuti a fare.

Si sentì ancora di più in imbarazzo, e cercò di allontanarsi fisicamente  dalla situazione per non essere chiamato in causa.

-Sei tu il primo ad esserti nascosto in bagno- si giustificò Max, alzando le mani ed evitando il suo sguardo.

-Ma non per il tuo stesso motivo. Io volevo soltanto parlare- Denny si mise sulla difensiva. Max non replicò, e dal suo sguardo si capì chiaramente che gli intenti dei fratelli erano effettivamente molto diversi.

Oh, beh… buon per lui e Manny.

Auguri e figli adottati ma cresciuti con amore.

Solo che Mathi non voleva assistere a scene intime, o discussioni tra fratelli.

-Io andrei, devo dare da mangiare al mio coniglio- cercò di tirarsi fuori.

-Sì, ti accompagno. Lasciamoli fare le loro cose- Denny, coprendosi gli occhi e riprendendo con difficoltà la borsa che in qualche momento era caduta a terra, lo precedette fuori dalla porta.

-Denny…- provò a lamentarsi Max, ma il fratello era già fuori dalla porta.

Manny era così imbarazzato che non riusciva a dire nulla, e si limitò a salutare con la mano i due ragazzi.

-Congratulazioni- borbottò Mathi, salutando a sua volta prima di seguire l’amico che, oh santo cielo, era stato a pochi istanti da baciare. Solo il pensiero aizzava violentemente le sue ormai onnipresenti farfalle nello stomaco.

-Imbarazzante- commentò con Denny, cercando di distrarre i suoi pensieri.

-Non riesco a immaginarmi Max che bacia un ragazzo- Denny rabbrividiva al solo pensiero -Cioè, non per il baciare un ragazzo, per il baciare in generale. È mio fratello!- aggiunse poi, per rassicurare Mathi.

-Sì, ti capisco. Se vedessi Aggie con qualcuno, chiunque, maschio o femmina…- Mathi non riuscì a concludere il pensiero, e si limitò a scuotere la testa per eliminarlo dalla sua mente. Anche se forse avrebbe anche accettato di vederla sbaciucchiare qualcuno. Almeno l’avrebbe vista. In circostante migliori dell’ultima volta, di certo.

-Non mi hai ancora risposto alla domanda. Qual è il problema di lunedì?- Mathi cercò di cambiare completamente argomento, ma non ne tirò fuori uno granché migliore.

-Perché insisti tanto?- Denny tornò ad evitare il suo sguardo.

-Perché voglio aiutarti. Mi sembri nervoso, e se io ne sono la causa…- Denny non lo lasciò finire.

-Non ne sei la causa… cioè, non credo. Senti, è complicato. Il problema è mio, solo mio, e più tu cerchi di aiutarmi, più peggiora. Vorrei… potresti lasciarmi un po’ di tempo per pensare, e nel frattempo essere solo amici come sempre?- lo supplicò, guardandolo con occhi da cucciolo.

Mathi annuì, anche se era più confuso di prima.

-Tutto, per te- borbottò, accennando un sorrisino, e facendolo arrossire un po’ di più.

Denny annuì, rassicurato, e controllò le condizioni della sua borsa, bagnata per essere caduta sul pavimento.

-Ho scelto il luogo peggiore per parlare- borbottò, tirando fuori i quaderni per assicurarsi che non fossero bagnati a sua volta.

-Se vuoi puoi passare a casa mia e asciugare tutto con il phon. Apollo sente la tua mancanza- propose Mathi, tornando rilassato ma ancora un po’ teso per la situazione.

-Sicuro che non disturbo? So di non piacere molto a Duke- Denny era un po’ a disagio.

-È il mio coinquilino, non il mio capo. È solo invidioso perché io ho amici sinceri e lui no- lo rassicurò Mathi, con una pacca sulla spalla.

-Se lo dici tu. A volte mi guarda come se essere tuo amico fosse qualcosa di illegale- Denny ridacchiò, un po’ a disagio.

Mathi perse un battito, ma cercò di ridere a sua volta.

-Perché mai un’amicizia dovrebbe essere illegale?-

-Già, lo so. Accetto il tuo invito. Mi manca Apollo. E poi possiamo iniziare a lavorare sul laboratorio- alla fine Denny acconsentì, e finalmente sorrise, abbastanza rilassato.

Mathi si sentiva la persona più egoista del mondo.

 

Sabato 18 Maggio

Sebbene Clover avesse tentato in tutti i modi di rassicurare Diego sulla cena con la sua famiglia, quella sera Diego era all’apice del nervosismo.

Probabilmente perché il succo delle rassicurazioni di Clover era stato “A prescindere da ciò che farai, passerai una serata orribile e tutta la mia famiglia ti odierà” quindi diciamo che più che una rassicurazione era stato un modo per innervosirlo ulteriormente.

Pertanto, sebbene fosse in anticipo di venti minuti, non riusciva a trovare la forza di suonare il citofono per farsi aprire ed entrare nella tana del lupo.

Era stato in casa di Clover solo in un paio di occasioni, quando erano piccoli e suo padre era in viaggio per lavoro. Ricordava solo vagamente com’erano fatte sua madre e le sue sorelle, perché anche allora Clover le aveva allontanate da lui, o loro stesse lo avevano evitato come la peste. Iniziava a non sapere quale fosse l’opzione più probabile.

Alla fine, dopo un profondo sospiro preparatorio, premette il citofono, e si preparò a rispondere alla probabile domanda “Chi è?”.

-Non pensavo arrivassi in anticipo, ti apro- arrivò la voce impaziente di Clover.

-Sono Die… oh, non mi aspettavo che ci fossi tu al citofono- borbottò, sorpreso. Non avevano un maggiordomo o qualche domestico che rispondeva al citofono per loro?.

-Entra e ti spiego- disse Clover criptica, prima di chiudere il citofono e aprire il cancello.

Dopo un altro profondo respiro preparatorio, Diego entrò nel gigantesco e ben tenuto giardino della ancora più gigantesca e ben tenuta dimora dei Paik. La villa più imponente e famosa della città, di una delle famiglie più potenti dello stato.

Lui era praticamente una formica al confronto.

Parcheggiò il più lontano possibile dalle altre auto di famiglia, sistemò i capelli e valutò se portare effettivamente i fiori che aveva preso o no. Avrebbe voluto chiedere molte più istruzioni a Clover, ma la risposta della ragazza a ogni domanda era stata “Fai come vuoi, non cambia molto”. 

Scosse la testa, e decise di prenderli.

Era un bel mazzo di fiori per la padrona di casa, un regalo per l’ospitalità e per fare colpo, era un’abitudine dei Flores. Poteva quasi sentire su di sé lo sguardo di sua nonna che gli imponeva di portarli.

Valutò i luoghi migliori per scappare nel caso le cose si fossero messe male, e fece la breve passeggiata che l’avrebbe portato davanti alla porta.

Prima che potesse suonare il campanello o bussare, Clover gli aprì, e per un attimo lui rimase abbagliato, e si sentì ancora di più una formica.

Clover era mozzafiato. L’aveva vista in ghingheri un sacco di volte. Anche quando era vestita casual era in ghingheri, per i suoi standard, ma in quel momento era più bella, curata ed elegante che mai. Persino più che alla cena di fidanzamento di Miguel e Paola. E lì era fuori da ogni pianeta.

-Wow- si lasciò sfuggire, guardandola a bocca aperta.

-Attento che non ti entrino le mosche in bocca. Benvenuto nella nostra umile magione. Ti ho visto esitare per venti minuti davanti al cancello, per questo ti ho risposto io. Ovviamente abbiamo telecamere in ogni luogo della casa, soprattutto nel giardino. Ma non preoccuparti, non ci sono microfoni se non in pochi punti specifici- Clover gli fece cenno di entrare e mentre il suo volto e i suoi gesti erano quelli della fidanzatina perfetta, le sue parole avevano lo stesso tono irritato di sempre.

Diego era troppo intento a fissarla in modo imbarazzante per notare troppo questo dualismo.

Clover non sembrò accorgersene, troppo occupata a controllare i suoi vestiti e sistemarglieli un po’, in maniera parecchio domestica.

-Aloe non è ancora arrivata, papà e in studio e mamma in cucina, quindi inizierai le presentazioni da Blossom, che è la migliore quindi ti va alla grande, hai fatto bene a venire in anticipo- lo incoraggiò Clover, dandogli una pacca sulla spalla e facendogli strada nella sala da pranzo.

-Casa tua è meglio di come la ricordassi- commentò Diego, distogliendo con difficoltà lo sguardo da Clover e guardandosi intorno.

Capiva perché Clover fosse così diffidente nei confronti del mondo. Se Diego avesse avuto quello che aveva lei, e che solo adesso si rendeva conto di quanto fosse sconfinato, anche lui sarebbe stato davvero attento a chi frequentare.

-Grazie. La mia parte preferita è il giardino. Viene curato quasi giornalmente da Rich, il padre di Max e Denny. Mamma adora passeggiare in mezzo alle sue piante e dipingerlo dal balcone- a Clover si illuminarono gli occhi pensando al meraviglioso sebbene impegnato padre di Max.

Quando arrivarono alla sala da pranzo, era già perfettamente apparecchiata a festa, e l’unica presente, seduta al tavolo e immobile come una statua, era quella che in un primo momento era sembrata davvero una statua iper realistica, ma poi Diego si rese conto fosse una delle sorelle maggiori di Clover. Si somigliavano davvero molto.

Sembrò illuminarsi quando li vide, e si alzò di scatto per accoglierli.

Diego non riuscì a non rabbrividire leggermente. Era magra come uno stecco.

Lui non era tipo da fare bodyshaming, ma era davvero difficile per lui non preoccuparsi della salute che alcuni tipi di corporatura denotavano, in qualità di futuro medico e di ragazzo che aveva avuto problemi alimentari e con il proprio corpo.

Cercò però di non soffermarcisi. Non era proprio il momento di una conferenza sull’anoressia.

Mise su il proprio miglior sorriso e si preparò a presentarsi, quando venne interrotto da una voce proveniente dalla cucina.

-Clover, tesoro, tuo padre vuole parlarti- una donna ben vestita e dagli occhi gentili, praticamente identica a Clover, fece il suo ingresso timidamente, e si rivolse alla figlia con eleganza e misurata preoccupazione.

Sobbalzò leggermente quando notò Diego.

-Ben arrivato, caro. Oh, hai portato dei fiori. Sono stupendi, che gesto gentile- la signora Paik gli si avvicinò con un sorriso rassicurante, che funzionò parecchio su Diego, che le porse i fiori e si sentì molto più tranquillo.

Certo che Clover aveva esagerato. Sua madre sembrava dolcissima, e la sorella maggiore non sembrava tanto male, sebbene troppo magra.

Anche la signora Paik era magrissima, anche se si notava meno visto che il suo abito lungo non lasciava vedere nulla del suo corpo.

-Tesoro, puoi andare da tuo padre?- la signora si rivolse a Clover quasi supplicandola.

-Non sarebbe molto gentile da parte mia lasciare Diego a sé stesso, mamma. È una faccenda tanto urgente?- Clover gli afferrò un braccio e cercò di fare la tenera, anche se dalla forte stretta Diego intuì che era davvero irritata dal richiamo del padre.

-Mi ha detto che è della massima urgenza. Può fare amicizia con Blossom, nel frattempo. Sono sicura che si troverà benissimo- la madre, annusò i fiori, e non guardò la figlia negli occhi. Sembrava molto in difficoltà

-Non preoccuparti per me, Clover. Starò bene- Diego cercò di aiutarla, incoraggiando la finta fidanzata ad andare e lasciarlo lì. Non credeva fosse l’idea del secolo, ma non voleva davvero essere usato come scusa e farsi odiare ancora di più dai suoi finti suoceri.

-Va bene. Ci metterò cinque minuti. Blos, prenditi cura di lui, va bene?- Clover fece un occhiolino complice alla sorella, che annuì un po’ timidamente, e continuò a fissare Diego. Non lo perdeva di vista da quando era entrato nella stanza. 

La signora Paik seguì Clover fuori dalla stanza, e rimasero solo loro due.

Per qualche secondo, ci fu un silenzio di tomba.

E lo sguardo di Blossom iniziò a farsi davvero pesante.

-Hey, Blossom, è un piacere per me incontrarti- alla fine Diego ruppe il silenzio, e si avvicinò alla finta cognata pronto a stringerle la mano.

La ragazza sobbalzò, e arrossì.

-Ti ricordi il mio nome?- chiese, sorpresa -È un piacere anche per me rivederti- aggiunse poi, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, imbarazzata.

Diego piegò la testa confuso.

-Ti ricordi di me?- chiese. L’aveva vista forse due volte nell’arco della sua intera vita, e non erano stati incontri granché significativi. Diego era convinto che lei e il resto della sua famiglia non avessero alcuna memoria di lui. Lui stesso, esclusa Clover, ricordava solo vagamente gli altri.

-Come avrei mai potuto dimenticarti? Eri…-Blossom si interruppe, leggermente imbarazzata, distogliendo lo sguardo.

-Sono onorato- provò a dire Diego, iniziando a sentirsi alquanto a disagio in presenza di Blossom. Era semplicemente timida, giusto? Perché il suo comportamento era strano per una ragazza che incontrava il fidanzato della sorella.

-Allora… stai con Clover, quindi?- chiese Blossom in un sussurro, sempre senza guardarlo, e continuando a torturarsi la ciocca di capelli.

Finalmente un argomento su cui era preparato. Anche se non si aspettava che sarebbe partito da Blossom. Da quello che Clover gli aveva detto, Blossom era l’unica, cito testualmente “sorella decente, non ti darà problemi. È simpatica”. 

-Sì, stiamo insieme da un paio di mesi. Sembra ieri. È fantastica- commentò in modo generico, cercando di sembrare più innamorato possibile. In realtà gli uscì relativamente facile, per qualche motivo. Beh, non stava neanche del tutto mentendo. Stavano insieme da un paio di mesi, sembrava effettivamente ieri, e Clover, nonostante tutto, era fantastica. Diego iniziava a rendersene sempre più conto. Un po’ violenta, okay, ma anche matura, e divertente.

-Sei… sicuro?- chiese Blossom in tono così sottile che Diego non era certo di aver sentito bene.

-Come?- indagò, avvicinandosi alla ragazza.

-Insomma, Clover è bella, e interessante, sicuramente. Forse dovrebbe perdere qualche chilo, ma…- iniziò a riflettere Blossom, rigirandosi la ciocca tra le dita con tale violenza da rischiare di staccarsela.

-Cosa? Ma se ha un fisico stupendo!- Diego non aveva intenzione di alzare la voce, ma fu più forte di lui. Come poteva dire una cosa del genere di sua sorella. Una sorella, oltretutto, che aveva evidenti problemi di alimentazione. Diego iniziava a capire meglio la situazione, e non gli piaceva per niente.

Blossom sobbalzò leggermente, e sollevò lo sguardo su di lui.

-Sì, certo- gli diede spago, senza grande convinzione -Ma devi sapere che… lo dico per te… Clover è problematica. Molto- continuò però a mettere una cattiva parola.

Diego non riusciva a credere alle sue orecchie.

Si era preparato ad essere insultato e corrotto. O ignorato e guardato dall’alto in basso con aria di superiorità. Era addirittura pronto a ricevere una fustigazione, ma mai si sarebbe aspettato che la strategia della sorella preferita di Clover sarebbe stata di parlare male di Clover alle sue spalle.

Quando Diego aveva presentato Clover ai suoi parenti, anche loro avevano iniziato a commentare che Clover fosse troppo per lui. Ma era soltanto uno scherzo per farla sentire più a suo agio, era chiaro che non lo intendessero davvero.

Blossom… Blossom era mortalmente seria.

Diego avrebbe voluto difendere la finta ragazza, ma era a corto di parole.

Si limitò a fissare Blossom con un’evidente espressione sbigottita, e la ragazza la prese come invito a continuare.

-Non sto dicendo che Clover sia cattiva, ma non credo che sia la persona giusta per te. È violenta, ed egoista. E probabilmente sta solo fingendo che tu gli piaccia per dare fastidio a nostro padre. Lo fa sempre. Tu meriti una ragazza che ti ascolti, che ti apprezzi per davvero. Non una mina vagante come Clover- Blossom accennò qualche passo nella sua direzione, e provò a mettere la mano sul braccio di Diego.

Il ragazzo si ritirò come scottato, e indietreggiò di qualche passo.

-Stai scherzando, vero?- chiese, sconvolto, facendola ritirare e sbiancare -Come puoi parlare così di tua sorella? Soprattutto davanti al suo ragazzo?!- esclamò, alzando i toni.

Blossom aveva le lacrime agli occhi.

-Sto solo cercando di farti aprire gli occhi su Clover. Per te!- provò ad insistere la ragazza, abbracciandosi un po’ a disagio.

Diego cercò di calmarsi. Era evidente che quella ragazza avesse qualche problema non meglio identificato.

-Non devi aprirmi gli occhi su nulla. Io amo Clover, e niente di quello che mi dirai potrà mai farmi smettere di amare Clover, mi dispiace- mise le carte in tavola, in tono più calmo possibile.

Era il turno di Blossom di alzare la voce. Ma aveva un tono così basso a prescindere che non cambiò poi molto.

-Ma perché?! Perché stai con lei?! Non ha mai risposto alle tue lettere!- esclamò di getto, portandosi poi la mano alla bocca, come se avesse detto troppo.

Diego rimase congelato sul posto. Il cuore iniziò a battergli furiosamente nel petto. E squadrò la ragazza davanti a lui con uno sguardo così duro da farla inconsciamente indietreggiare.

-Che ne sai tu delle lettere?- le chiese dopo qualche secondo, a denti stretti, iniziando ad avvicinarsi minaccioso.

Blossom impallidì, ma fu salvata dall’arrivo repentino di Clover, tornata estremamente irritata e leggermente meno perfetta rispetto a prima.

-La buona notizia è che Jerome non viene, quindi una persona in meno che ti guarderà storto. La cattiva notizia è che Aloe senza Jerome avrà più libertà di guardare storto te quindi alla fine non ti cambia poi molto- esordì entrando nella stanza sbuffando.

Si fermò quando sembrò notare la tensione nella stanza. 

-Tutto bene? Diego, che hai fatto a mia sorella?- Clover fulminò il finto ragazzo con lo sguardo, e lui alzò le mani e indietreggiò di un passo.

-Niente, stavamo solo parlando- la rassicurò, provando a sorridere.

Ma era troppo turbato per fare una buona recita, e Clover troppo abile a notare le menzogne per crederci. Lo squadrò con attenzione e sospetto, per poi rivolgersi alla sorella.

-Blos, tutto bene, è successo qualcosa?- le chiese con tono molto più gentile.

-Non è successo nulla- borbottò a bassa voce. Sembrava quasi delusa -Perdonatemi, vado un secondo ad incipriarmi il naso- si congedò poi, con un cenno del capo verso Diego prima di uscire dalla sala da pranzo.

-Cosa le hai detto?- chiese Clover una volta rimasti soli nella stanza.

-Io non ho fatto niente. Posso assicurartelo- insistette Diego, non trattenendo l’irritazione nella voce.

-Io ti do la mia benedizione, ma se proprio vuoi uscire con Blossom aspetta almeno che il nostro contratto finisca- commentò Clover, evitando il suo sguardo e mettendogli il muso.

Si perse l’espressione a tratti disgustata di Diego.

-Fidati, non ho alcun interesse per Blossom- le assicurò, rabbrividendo al solo pensiero. 

Clover alzò gli occhi al cielo e decise di non insistere.

-Aloe dovrebbe essere qui a momenti. Se vuoi puoi intanto sederti e aspettare la morte comodamente- lo incoraggiò a prendere posto nell’enorme tavolo.

Diego fu felice di cambiare argomento -Chi è Jerome?- chiese poi, curioso. Clover non lo aveva mai citato.

-Il marito di Aloe- rispose lei con nonchalance.

Diego la guardò incredula.

-Aloe è sposata?- chiese, sconvolto.

-Da anni! Un matrimonio combinato orribile dove entrambi si odiano caldamente e passano pochissimo tempo insieme. Almeno hanno lo stesso disinteresse reciproco quindi la storia va a gonfie vele- spiegò la ragazza, prendendo posto accanto a lui e versandosi un bicchiere d’acqua, che iniziò a sorseggiare come fosse un vino pregiato.

-E volevo anche chiederti… cosa voleva tuo padre?- provò ad indagare Diego, anche se non era del tutto certo di volerlo sapere.

Clover gli lanciò uno sguardo eloquente.

-Secondo te che voleva?- chiese, ovvia.

-Ti ha chiesto di lasciarmi?- indovinò Diego.

-Mi ha detto che posso ancora ritirarmi da questa farsa, sbatterti fuori dalla casa e non sprecare il suo prezioso tempo. Ho provato a dirgli che non sono stata io a richiedere la cena, ma lui è sordo quando si tratta di ascoltare me- Clover sbuffò, e adocchiò la bottiglia di vino, senza però aprirla.

-Mi dispiace, Clover- provò a confortarla Diego, dandole un’imbarazzata pacca sulla spalla.

Era chiaro che fosse davvero toccata dalla situazione, per quanto cercasse di fingere nonchalance. Accennò un sorriso grato.

Era il primo gesto autentico ripreso dalle telecamere.

Poi Clover distolse lo sguardo.

-Meh- alzò le spalle, scansando la mano di Diego -È sempre così- provò a far finta di niente, e Diego decise di lasciar cadere l’argomento.

-Spero davvero che il tuo finto ragazzo sia già qui perché non ho davvero voglia di aspettarlo- una voce seccata e fastidiosa precedette l’entrata nella stanza di una giovane donna di ventotto anni che ne dimostrava trentacinque. Anche lei somigliava parecchio a Clover, ma aveva un volto più austero e un’espressione snob. Come la sorella di mezzo, era magra da far spavento, ma il suo atteggiamento la faceva sembrare meno fragile.

Diego si sentì subito in soggezione.

Si alzò e si affrettò a porgerle la mano.

-Tu devi essere Aloe, è un grande piacere. Io sono…- provò a presentarsi.

Aloe gli rivolse lo stesso sguardo che avrebbe potuto riservare a una gomma da masticare che le si era attaccata sotto la scarpa, e dopo aver storto il naso, si rivolse direttamente a Clover, ignorandolo completamente.

-Non riesco a credere che hai portato una persona del genere in casa. Non ti sei stancata di questa recita da ragazzina ribelle? Non ne posso più di questo atteggiamento infantile e irritante. Potevi almeno sceglierne uno realistico- commentò, alzando gli occhi al cielo.

Diego ritirò lentamente la mano, e si girò verso Clover in cerca di aiuto.

La ragazza sospirò, si alzò e gli si mise accanto, prendendolo per il braccio.

-Nessuno ti ha obbligato a venire a questa cena organizzata da nostro padre. E se ti sei sentita obbligata, di certo non sono io la responsabile, ma appunto nostro padre. Fosse per me io mi godrei felicemente la mia meravigliosa relazione lontana da tutti voi che non volete fare altro che rovinarmela- rispose per le rime alla sorella, che scosse la testa e si girò verso Diego.

-Quanto ti ha pagato? Posso offrirti il doppio se finisci questa sceneggiata ed esci da casa nostra- gli propose, in tono d’affari. 

-Non mi ha pagato, io sono…- Diego si preparò ad elogiare la sua finta ragazza, ma Aloe non lo fece finire.

-Allora ti offro soldi per lasciarla e andare via da questa casa, a prescindere. Si vede lontano un miglio che ne hai urgente bisogno, almeno per comprarti un vestito decente- offrì, storcendo il naso alle pieghe della sua camicia.

Diego arrossì appena, un po’ colpito dal commento.

La presa di Clover sul suo braccio si strinse.

-A differenza tua, io non esco con qualcuno solo per soldi. Diego è un ragazzo fantastico! Non ti permetto di insultarlo solo perché si veste male!- lo difese… ammettendo tra le righe che anche per lei lui si vestiva male.

Ma insomma, era il suo miglior completo.

Uff, Diego non avrebbe mai capito i ricchi.

-Ha il taglio di capelli di un criminale, i buchi alle orecchie, e un evidente piercing sul sopracciglio, anche se ha tentato con ingenuità di nasconderlo. Sul serio, Clover, sei ridicola. Uno così non merita neanche di pulire le scarpe alle persone come noi- Aloe continuò con gli insulti degradanti, tornando a rivolgersi a Clover.

Diego si era preparato a questo tipo di commenti. Clover non aveva fatto altro che metterlo in guardia, ma non significava certo che era indifferente al riguardo.

Provò a sistemarsi discretamente i capelli, cercando di non far vedere quanto iniziasse a sentirsi inferiore a quella altolocata e ricca famiglia.

Clover, ovviamente, si rese immediatamente conto del suo disagio, e gli lasciò il braccio per mettergli un braccio intorno alle spalle.

-Hai ragione, Aloe. Uno come Diego merita molto meglio che pulire le tue insulse scarpette firmate. Prima di tutto, le caratteristiche che hai accennato lo rendono un figo pazzesco. Secondo, è un genio che diventerà un grandissimo medico. Terzo, è ventimila volte meglio di quanto tuo marito non sarà mai, e almeno io lo amo. Quindi incolla la tua boccaccia, perché non mi interessa quello che tu e papà pensate. Diego e io siamo felici insieme, continueremo ad essere felici insieme, e se c’è qualcuno che non merita l’altro, quella sono io. Perché Diego è fantastico!- Clover lo difese a spada tratta, stringendolo a sé con fare protettivo, e guadagnandosi dal ragazzo un forte batticuore e un’espressione sorpresa e piena di gratitudine.

Non si aspettava che prendesse una tale posizione nei suoi confronti.

Si sentì decisamente meglio.

-Se lui merita meglio di te è solo perché tu vali così poco che meriteresti di essere diseredata, buttata per strada e uccisa in modo violento, magari investita da qualche automobile, che dici?- la provocò Aloe, decisa ad avere l’ultima parola.

Sembrò colpire Clover nel segno, perché la ragazza si irrigidì, e strinse i denti.

Diego impallidì.

-Come puoi dire una cosa del genere a tua sorella?- chiese, sconvolto, ritrovandosi a stringere inconsapevolmente Clover per rassicurarla.

-La tratto come merita. Ovvero come spazzatura. Spero che papà ci raggiunga presto. Prima iniziamo a mangiare, prima finiremo e potrò tornare a casa- Aloe li superò e si sedette al tavolo, senza permettere a nessuno dei due di replicare.

-Stai bene?- chiese Diego a Clover, preoccupato per la sua serenità mentale.

-Benvenuto nella famiglia Paik- si limitò a commentare Clover, in tono acido.

-Posso essere onesto, Clover?- Diego abbassò la voce, rivolgendosi solo a lei e sperando che Aloe non sentisse.

Clover gli si avvicinò, curiosa, incoraggiandolo a parlare.

-Hai una famiglia davvero terribile- ammise il ragazzo, riflettendo sui due confronti con le sorelle.

Clover scoppiò a ridere.

-Aspetta di conoscere mio padre. Nella migliore delle ipotesi ti ignorerà per tutta la cena come se non esistessi- lo mise in guardia, tirandogli un’amichevole pacca sulla spalla.

 

La cena stava andando molto meglio di quanto Clover si sarebbe aspettata, dato che era andata proprio come nella migliore delle ipotesi.

Ovvero suo padre si era semplicemente presentato a Diego guardandolo male e poi aveva finto che non esistesse, limitandosi ad osservare i due finti amanti come se cercasse di carpire i loro segreti.

E Clover doveva ammettere, che se si concentrava abbastanza da ignorare i commenti sgradevoli di Aloe e le occhiate penetranti di suo padre, poteva anche quasi godersi la serata.

Diego, dopo un iniziale tentennamento e un’evidente tristezza alla vista dei piatti decisamente poveri di cibo vero e proprio, era stato messo a proprio agio da sua madre, che continuava a chiedergli informazioni sulla sua vita, sulla famiglia, e la scuola. 

Blossom pendeva dalle sue labbra e gli dava un’attenzione positiva.

E Clover si vantava di lui quando cercava di fare il modesto.

Se fossero stati solo in quattro a quella cena, Clover si sarebbe quasi divertita.

Diego era davvero brillante. Probabilmente se qualunque altra delle sue sorelle l’avesse portato a cena, avrebbe conquistato senza problemi suo padre.

Probabilmente avrebbe dovuto consigliargli di vestirsi peggio, tenere i piercing e mostrare i tatuaggi, perché rischiava di ricevere la benedizione di entrambi i suoi genitori a fine serata.

Ma probabilmente Clover era troppo ottimista, e sottovalutava la perfidia e la discriminazione verso i poveri di suo padre.

Circa a metà serata, quando erano al secondo e di lì a poco avrebbero portato il dolce, Clover sentì indistintamente il suono del citofono.

E dopo una iniziale confusione, nel mentre che una domestica andava a rispondere, la realtà la colpì come un pugno nello stomaco.

Osservò meglio il tavolo e si rese conto che c’era un posto in più.

Aveva dato per scontato, all’inizio, che fosse stato messo per Jerome, ma non era stato ancora rimosso nonostante il marito di Aloe non fosse venuto.

E c’era solo una persona che suo padre avrebbe potuto chiamare per rovinare la cena con il nuovo ragazzo di Clover: il vecchio ragazzo di Clover.

-Papà, dimmi che non l’hai fatto- sospirò, scuotendo la testa incredula.

-Fatto cosa?- chiese Diego, confuso, interrompendo un discorso molto interessante su un caso che aveva avuto in tirocinio.

-Ho solo invitato un gradito ospite a farci compagnia- rispose suo padre, con uno sguardo di sfida.

Diego lanciò un’occhiata interrogativa a Clover, che ricambiò con un “Dick” che fece leggere dal labiale.

Riuscì quasi a sentire le parolacce che Diego stava sicuramente pensando, come la sua espressione faceva ben intuire.

-Oh, Richard? Lui sì che è un piacere averlo a cena- commentò Aloe, annuendo appena soddisfatta e prendendo un sorso di vino.

Clover trangugiò tutto quello rimastole nel bicchiere.

Non ne aveva bevuto abbastanza da ubriacarsi, ma aveva seriamente bisogno di dimenticare la serata che di lì a pochi minuti sarebbe stata la più orribile della sua vita.

-Perché lo hai invitato se sapevi che portavo il mio ragazzo?- chiese al padre, approfittando del coraggio datole dall’alcool. Non che il coraggio le mancasse, in genere, ma era così arrabbiata che temeva di non riuscire a parlare.

E sapeva già la risposta a quella domanda, in realtà, ma voleva che lui la dicesse a voce alta, davanti a Diego, per dimostrargli di essere davvero il padre peggiore del mondo.

-Andiamo, signorina…- Clover rabbrividì al nomignolo -…non insultare la mia intelligenza. Sappiamo entrambi che con… questo tipo… la tua relazione è solo una finta per tentare invano di infastidirmi- esordì lui, degnando Diego di una velocissima occhiata indifferente.

-Ah, lo dicevo io. La solita ribelle infantile- commentò Aloe gongolante.

Clover era troppo impegnata a fissare male suo padre, ma se avesse notato Blossom, si sarebbe accolta che sul suo volto era comparsa un’espressione di pura speranza rivolta verso Diego.

Clover aprì la bocca per replicare, ma suo padre non aveva finito.

-E dato che spero davvero che dopo questa disastrosa sceneggiata lascerai finalmente il parassita, mi sembrava giusto non sprecarla e prendere due piccioni con una fava invitando anche il tuo vero fidanzato, e futuro marito- concluse infine, sicuro di sé, e fissando Clover con il suo sguardo più duro e penetrante.

Uno sguardo che Clover non aveva ancora imparato a ricambiare.

Si alzò di scatto, con i pugni chiusi, e si girò verso Diego.

-Accompagnami in bagno- gli ordinò, decisa.

Lui si alzò lentamente e guardò prima lei poi le sue mani come se temesse che l’avrebbe picchiato. Decise comunque di assecondarla.

Era davvero un angelo che non meritava di essere coinvolto in quella faida familiare.

-Dove credete di andare voi due?- chiese suo padre, aggrottando un sopracciglio e già pronto a chiamare qualche cameriere per fermarli e obbligarli a sedersi.

-Devo prepararmi per l’arrivo di Dick, e porto Diego con me per scusarmi formalmente della pessima accoglienza e perché non lascerei mai il mio vero e amatissimo ragazzo in compagnia della famiglia peggiore del mondo!- spiegò Clover, alzando i toni, prendendo Diego per il polso e trascinandolo fuori dalla sala da pranzo.

-Clover, cosa…?- iniziò a chiedere Diego, preoccupato.

Clover gli fece cenno di non parlare, e lo trascinò su per le scale, e poi in un bagno isolato vicino a camera sua. Era uno dei pochi posti privi di telecamere o microfoni.

Una volta chiusa la porta a chiave, la ragazza si abbandonò sulla vasca, borbottando insulti a mezza voce rivolti verso suo padre, Dick, Aloe e tutte le persone della sua vita che detestava e includeva sempre in mezzo agli insulti.

Di solito Diego faceva parte di quel gruppetto, ma era da un po’ che l’aveva tolto.

Sebbene la storia delle lettere le fosse rimasta sullo stomaco, non lo incolpava più di non essersi fatto sentire, e il fatto che ora ci fosse, nonostante tutto, rimediava a tutti gli anni passati senza farsi sentire.

Al momento le stava dando qualche pacca rassicurante sulla spalla, aspettando che si calmasse e gli spiegasse.

Clover non sapeva da dove cominciare.

-Allora, io propongo di scappare dalla finestra, salire sulla tua macchina e scappare di casa per sempre. Mi dai il tempo di prendere qualche vestito e il portatile?- chiese Clover, con il suo sorriso più falso.

-Dai, dai, è solo il tuo ex invitato da tuo padre alla cena dove mi presentavi ufficialmente alla tua famiglia e tutti non fanno altro che insultarmi e credere che stiamo insieme per finta- riassunse Diego.

Clover lo guardò con espressione eloquente.

Dopo qualche secondo di contemplazione, Diego le si sedette accanto sul bordo della vasca.

-Effettivamente è una situazione alquanto pesante, ma se permettiamo a tuo padre, Aloe e Dick di rovinarci la serata li faremo vincere- provò a farla ragionare.

Clover doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Ma non conosceva neanche tutta la storia.

Non c’era bisogno che la conoscesse, però.

-Hai ragione. andiamo a mostrare a tutti il nostro amore!- cercò di farsi forza, alzandosi decisa.

Diego ridacchiò.

Prima di uscire, però, Clover ci tenne a mettere in chiaro una cosa.

-Diego…- esitò, un po’ imbarazzata. Su, Clover, non è difficile, puoi farcela -…grazie di non essere ancora scappato. Devi tenere davvero tanto alla casetta- maledizione, Clover! Riuscirai mai a ringraziare qualcuno senza mettere in ballo un secondo fine o una frase sarcastica?!

Diego sorrise, si alzò e le si avvicinò.

-Non lo sto facendo per la casetta, Clover. Siamo una squadra, no? E poi devo ammettere che mi piace questa sensazione che vede noi due contro il mondo. Mi sembra di essere tornato bambino- ammise, arrossendo leggermente.

Clover si impose di non fare commenti strani. Doveva essere seria, gentile, e grata.

-Io ero più alta di te quando eravamo piccoli- le uscì invece.

Maledizione, Clover! Puoi non essere tsundere per cinque minuti?!

Per sua fortuna Diego ridacchiò.

-Lo sei ancora con quei trampoli che indossi- ricambiò lo scherzo, indicando i tacchi alti che portava ai piedi.

-Sarà meglio tornare a cena e sperare di riuscire a mangiare almeno in dolce- Clover interruppe il momento nella speranza di non rovinarlo ulteriormente con i suoi commenti, e incoraggiò Diego a seguirla fuori dal bagno.

La cena con Dick presente durò meno di cinque minuti. Diego fece in tempo solo ad assaggiare la millefoglie al limone che un cuoco stellato aveva preparato apposta per loro.

Clover si segnò mentalmente di portargliene una porzione il giorno successivo, mentre lo trascinava per il polso in giardino nella speranza che allontanandosi da Dick avrebbe evitato di picchiarlo.Evito di nominare il genere di commenti che Dick, Aloe e il signor Paik avevano prodotto in quei cinque minuti perché è già un capitolo abbastanza irritante. Vi basti sapere che erano davvero pesanti.

Clover riuscì con una certa difficoltà ad evitare tutte le telecamere e trovare un posto tranquillo in giardino dove nascondersi qualche minuto, farsi convincere da Diego a non fare una strage a mani nude in casa, e poi accompagnarlo alla macchina, salutarlo con affetto e arrampicarsi in camera dalla finestra per evitare qualsiasi confronto con la famiglia.

Si sedettero entrambi sotto un bellissimo salice piangente.

-Diego, convincimi, nella tua bontà eterna, a non picchiare Aloe, papà e Dick- la ragazza si rivolse al finto fidanzato in cerca di una guida nell’oscurità, ma lui sembrava più fumante di rabbia di lei.

-Non ho argomenti convincenti. Forse non dovresti picchiare Aloe e tuo padre perché sono parte della tua famiglia. Ma ti prego, uccidi Dick- borbottò, sbattendo i pugni tra loro, furente.

Clover non trattenne una risatina.

-Come cavolo hai fatto a starci insieme due anni?!- esclamò Diego, sorpreso. 

La risata le si strozzò in cola e Clover sospirò.

-Vuoi davvero saperlo?- chiese. Non aveva molta voglia di condividere la storia, ma probabilmente Diego, in fin dei conti, meritava una spiegazione.

-Sì. Non ti obbligherei mai a dirmi qualcosa che non ti senti di dire, ma la curiosità e l’incredulità mi sta uccidendo- ammise, fissando Clover carico di aspettativa.

-È stato il mio periodo più oscuro. Ho avuto dei problemi che non conoscerai mai, e credevo fossero tutti colpa mia. Così ho provato a fare la brava figlia, e uscire con chi voleva mio padre. Dick non sembrava tanto male, all’inizio. Mi lasciava la mia libertà, non era geloso di Max, e pensavo che potevo anche amarlo, se mi impegnavo un po’. Poi l’ho beccato in camera mia, sul mio letto, con Aloe e una prostituta, e sono rinsavita- spiegò in breve.

Diego era senza parole. Fissò Clover a bocca aperta.

-Ehi, non giudicarmi! A volte l’attrazione rende ciechi. L’ho studiato a psicologia clinica- provò a giustificarsi Clover, un po’ imbarazzata.

-Io non ho parole. È peggio di quanto pensassi. E anche Aloe. E tuo padre lo sa?- chiese Diego, con voce fredda.

-Certo che lo sa. È stato lui ad aprire la porta per loro. È l’unico con tutte le chiavi- rispose Clover, alzando le spalle.

Diego la fissò qualche secondo, poi respirò profondamente.

Poi si alzò di scatto.

-Vado ad ucciderli tutti!- esclamò con ben poca calma, e sguardo assassino. 

Clover non riuscì a non arrossire per questa comprensione e difesa.

Era cresciuta pensando che gli errori degli uomini fossero sempre colpa sua, e sebbene sapesse che non fosse così, a volte le serviva qualcuno dalla sua parte che la rassicurasse.

Fermò Diego prima che potesse andare dentro e farsi ammazzare.

-Calma, tigre. Non eri pacifico?- lo fermò, divertita, facendolo risedere.

-E tu non eri violenta? Queste cose meritano un pugno di ferro. E che cavolo! Non riesco neanche a credere che qualcuno possa essere così crudele! È inconcepibile!- Diego stava quasi letteralmente fumando di rabbia.

-Ormai… ci sono abituata- ammise Clover, abbassando lo sguardo.

Diego si voltò verso di lei, e le prese le mani tra le proprie, girandola poi in modo da guardarla negli occhi.

-Non è normale. Non dovresti abituartici. Se vuoi ti adottiamo noi. Mia madre non vedrebbe l’ora- le propose, in tono mortalmente serio.

Clover si impose di non farsi venire i lucciconi per la commozione, e si limitò a sorridergli con gratitudine.

-Terrò presente i piani di adozione per quando ci lasceremo ufficialmente- gli assicurò, dandosi uno schiaffo mentale per finire sempre a fare commenti del genere. Doveva essere più grata a Diego. Stava davvero facendo dei sacrifici enormi per lei, e la difendeva sempre, e anche quando lei si comportava male, perché Clover sapeva di avere un carattere difficile, preferiva cercare di capirla e la lasciava spiegare.

Doveva essergli grata, diamine!

-Diego…- lo chiamò, cercando di mettere da parte ogni sua maschera -… grazie. Davvero. Per oggi. So che è stato difficile, e ti sono davvero grata per come ti sei comportato- non riusciva a guardarlo negli occhi ed era più rossa delle rose nel cespuglio accanto, ma Diego le strinse le mani, confortante.

-Siamo amici, è normale. Anzi, dovrei fare di più. Perché meriti davvero di meglio- ammise, un po’ imbarazzato.

Clover fu sul punto di baciarlo, ma si fermò in tempo.

Regola numero 5.

E poi… perché mai avrebbe voluto baciarlo?!

Tutta quella situazione iniziava a confonderla.

Ritirò le mani e si guardò intorno.

-Sarà il caso di andare alla macchina e farti fuggire finalmente da questo casino- suggerì, spezzando di nuovo il momento.

Diego annuì.

-Vuoi venire con me? Una finta fuga d’amore potrebbe aiutare il nostro caso- le propose, un po’ incerto.

Clover ci rifletté seriamente, mentre lo accompagnava alla macchina.

Sicuramente avrebbe aiutato molto a far credere che stessero insieme. Di certo Clover preferiva di gran lunga accompagnare Diego piuttosto che restare lì.

Ma non poteva chiedergli anche questo.

Si stavano avvicinando fin troppo.

-Nah, mi chiuderò in camera e litigherò un po’ con mio padre dalle telecamere- scosse la testa, raggiungendo il viale d’ingresso.

-Allora, ci siamo. Mettiamo fine alla serata più stressante della nostra vita- diede una pacca sulla macchina d’epoca di Diego, e gli sorrise incoraggiante.

-Non direi la serata peggiore. Tua madre è molto gentile- Diego provò a metterci una pezza sopra.

-E Blossom- aggiunse Clover, provando a vedere i lati positivi.

-Eh… sì- annuì Diego, senza particolare convinzione.

Clover avrebbe indagato al riguardo, ma fu distratta da un movimento sospetto della telecamere dell’ingresso.

Suo padre li stava palesemente spiando.

-Diego…- lo richiamò, incoraggiandolo ad avvicinarsi per essere perfettamente ripreso.

-Sì?- lui eseguì, probabilmente pronto ad un’altra confessione di qualche genere.

-Mio padre ci sta guardando dalle telecamere- gli riferì lei, molto sottovoce per non farsi sentire dal microfono lì vicino -Non ti voltare!- lo anticipò poi notando che stava per girarsi.

-Che vuoi fare?- chiese quindi lui, incerto.

Clover lo guardò negli occhi, e sentì un’aspettativa crescere dalla bocca dello stomaco. Le sue mani erano tremanti, il suo cuore batteva forte.

-Posso infrangere la regola numero 5?- chiese per sicurezza, mentre l’idea più stupida e autosabotatrice che aveva avuto fino a quel momento le veniva in testa.

Diego annuì.

-Va bene- acconsentì, con la solita gentilezza.

Clover gli si avvicinò.

-Aspetta, qual era la regola numero…?- la domanda di Diego fu interrotta quando Clover eliminò con decisione le distanze tra loro e lo baciò, cingendogli il collo con le braccia.

Sapeva di aver appena commesso un errore fatale, e che c’era una probabilità molto alta che Diego la scansasse preso in contropiede e rovinasse tutta la sceneggiata che suo padre stava osservando con attenzione.

Sapeva che Diego dava molto valore ai baci.

Sapeva che quello era solo l’inizio della fine.

Ma Diego la sorprese, ricambiando il bacio e stringendola a sé.

Per la prima volta da anni, a Clover non diede fastidio che qualcuno la prendesse per i fianchi. Era troppo impegnata a sciogliersi quasi letteralmente tra le braccia del suo finto ragazzo.

Aveva baciato numerosi ragazzi nella sua vita, e nonostante la sua famiglia credesse che avesse avuto molte relazioni finte, quasi tutti i baci che aveva dato erano stati conferiti a persone che credeva di amare davvero.

Ma questa era la primissima volta che si sentiva così bene con qualcuno. Avrebbe voluto continuare per sempre. Non avrebbe mai più voluto fermarsi.

Il fastidio allo stomaco aumentò d’intensità trasformandosi però in una piacevole sensazione di benessere e anticipazione.

Poi Diego la scansò.

Dolcemente, certo, ma con fermezza.

E Clover si ricordò che era tutta una finta.

-Ci vediamo domani, splendore- la salutò a voce alta, ricordandosi che lì vicino la telecamera aveva un microfono.

-A domani, fiorellino- lo prese un po’ in giro lei, cercando di tornare quella di sempre e non dare a vedere quanto l’avesse scombussolata quel bacio.

Diego le diede un velocissimo bacio sulla fronte e salì in macchina, mantenendo una recita impeccabile.

Clover lo salutò dal vialetto finché non andò via.

E rimase immobile a rimuginare, mandando all’aria i piani di fuga, finché sua madre non venne a chiamarla.

-Clover, tesoro. Tuo padre vuole parlarti. Non sembra molto contento- la chiamò, preoccupata.

-Digli di richiedere un appuntamento. Non ho la minima intenzione di parlare con lui- Clover si riscosse, superò sua madre, e si diresse in camera, per chiudersi dentro e gridare contro il cuscino.

Maledizione, Clover! Dovevi proprio prenderti di nuovo una cotta per Diego?! Il tuo finto fidanzato?! 

La cena era andata molto peggio di quanto si sarebbe aspettata.

Molto, molto peggio.

 

Martedì 28 Maggio

Max era davvero felice in quel periodo. 

Era riuscito a superare l’imbarazzo causato dall’essere stato beccato da Denny con l’intento di andare nel bagno di Mirtilla con Manny per rubargli un momento di privacy. Ed era anche riuscito a superare l’imbarazzo di aver colto Denny nel bagno di Mirtilla in un evidente momento di privacy con Mathi.

Ed era anche venuto a patti con la consapevolezza che Clover, la sua migliore amica, gli stesse nascondendo qualcosa.

In effetti non era proprio il periodo migliore del mondo, se lo analizzava con obiettività.

Ma era in una relazione esclusiva (e segreta, al momento, ma dettagli) con il ragazzo più fantastico del mondo! Solo questo rendeva il periodo il migliore in assoluto!

Si trovava davvero benissimo con Manny. Era gentile, divertente, e avevano tantissime cose in comune. Si vedevano sempre nei weekend, e tornavano a casa insieme dall’università quasi ogni giorno.

Beh, più che altro Manny accompagnava Max e poi tornava a casa sua, che era un po’ più distante.

Max aveva provato ad accompagnarlo fino a lì, ma Manny aveva sempre rifiutato.

Proprio per questo appuntamento quotidiano, per la prima volta da parecchio tempo, Max controllava ogni cinque minuti l’orologio sperando che la fine del suo turno arrivasse il prima possibile. Purtroppo mancava ancora più di un’ora.

-Yo, Mad Max!- una voce che aveva imparato a riconoscere attirò la sua attenzione, e le si avvicinò con il blocco per appunti in mano.

-Buon pomeriggio, Gerda. Che ti porto oggi?- chiese all’amica di penna di Manny. Non le avevano ancora detto che avevano iniziato a vedersi, ma cercava di farsela amica nell’attesa della rivelazione.

E poi era una donna parecchio simpatica.

-Una torta di mele e un milkshake al caramello- rispose lei, soddisfatta dall’accoglienza immediata.

-Perfetto, arrivano subito- le assicurò lui, andando in cucina a consegnare l’ordinazione.

Quasi si scontrò con Sonja che fissava l’orologio mentre camminava con un vassoio carico di portate per la Corona Crew, che si era radunata lì dopo le lezioni.

Dato che Mirren era libero solo martedì pomeriggio, era diventato un momento di raduno per tutti.

Anche se l’atmosfera era un po’ strana, negli ultimi tempi.

Clover e Diego erano la solita coppia affiatata, se si poteva considerare affiatato il non riuscire a guardarsi negli occhi.

Mirren e Felix passavano la maggior parte del loro tempo insieme a parlare della tesi di quest’ultimo e delle lezioni di scuola guida, come se non riuscissero a discutere di faccende più personali. Mathi e Denny erano sempre più imbarazzati l’uno con l’altro (e Max onestamente non voleva immischiarsi). Gli unici che sembravano invariati erano Norman e Petra, o forse erano solo i più bravi a nascondere i propri problemi.

Amabelle, invece, era la più strana di tutti.

O almeno era strana per Max che la conosceva fin da quando era piccola.

Perché nei fatti non era cambiata molto. Era solo molto più decisa a far mettere insieme le coppie, era fonte maggiore di battutine e insinuazioni, e aveva tentato di spingere Sonja tra le braccia di Max così tanto nelle ultime settimane che Max aveva deciso di affidare alla ragazza il tavolo e allontanarsi più possibile dal gruppo di amici ogni volta che Amabelle era presente.

Neanche la sua pazienza, sebbene sconfinata, era infinita.

-Scusa, Max. Ero un po’ sovrappensiero- Sonja gli sorrise un po’ imbarazzata, tenendo in equilibrio il vassoio.

Max si affrettò ad aiutarla. 

-Tranquilla, anche io. Ma non è successo niente- la rassicurò, superandola per andare in cucina.

Gli ci volle tutta la sua forza di volontà per non girarsi a guardarla, ma doveva lasciarsela alle spalle.

Era impegnato, con un ragazzo fantastico. E anche Sonja era impegnata. E non doveva più pensare a lei.

…gli risultava molto più difficile di quanto avrebbe voluto.

Maledizione!

Mise da parte i pensieri infedeli e si concentrò sul lavoro.

Ultimamente il ristorante era davvero pieno, gli affari andavano davvero a gonfie vele.

Tra un ordine e l’altro, purtroppo incappò nel tavolo accanto a quello della Corona Crew per pulire, e colse un guizzo di conversazione tra Amabelle e Sonja.

-Ti vedo raggiante, ultimamente. È successo qualcosa di bello?- indagò con ben poca discrezione, fissandola e sporgendosi verso di lei.

Sonja esitò, arrossendo appena. 

-Niente di particolare. È un periodo molto pieno, tutto qui- cercò di tirarsi fuori Sonja, pulendo più in fretta.

-Sicura? Mi sembri troppo felice perché il motivo sia lavorativo. Puoi dirci se ha a che fare con un ragazzo- la incoraggiò Amabelle, sempre più insistente, facendola quasi spaventare.

-Nessun ragazzo- Sonja scosse la testa, arrossendo appena.

-Faccia colpevole! Su, sputa il rospo. Chi è? Lo conosciamo. È Max, vero?- Amabelle era senza vergogna alcuna, e Sonja era sempre più rossa e a disagio.

-Amabelle, piantala. Non c’è nessun ragazzo e se ci fosse non sarei io- cercò di fermarla, facendo cenno alla collega di andare via.

-Cosa aspettate a mettervi insieme! Uffa, Max, eri quello che stava facendo più progressi. Perché ti sei tirato indietro?! Lei è single, tu sei single, fate uno più uno!- lo incoraggiò Amabelle, con occhi sempre meno sani di mente.

Max non sapeva cosa fosse successo ad Amabelle per renderla così, ma voleva porre fine alla questione una volta per tutte.

Non poteva certo dirle che Sonja non era single.

Quindi decise di rivelare il proprio piccolo segreto, sperando che Manny non se la prendesse.

Finché non andava nel dettaglio, poteva essere onesto con il suo gruppo.

-Qui ti sbagli, Amabelle, perché io non sono single- ammise quindi, rendendolo per la prima volta ufficiale, e sentendosi davvero felice nel confessarlo al mondo.

Clover, ovviamente, lo sapeva già, e sicuramente Denny e Mathi lo avevano perlomeno intuito.

Oltre a loro tre, il resto della Corona Crew, più Sonja, lo guardarono a bocca spalancata.

Max fece finta di niente, prese il vassoio dalle mani di Sonja e la incoraggiò a seguirlo fuori da quella situazione approfittando che Amabelle fosse troppo sconvolta per continuare a torchiarli.

Una volta in cucina, sospirò per calmarsi, e prese il telefono per scrivere un messaggio a Manny.

Si interruppe quando venne richiamato all’ordine.

-Eh… Max. Posso parlarti un momento?- chiese Sonja, un po’ incerta, avvicinandosi a lui e mettendo i piatti nella lavastoviglie.

-Certo. Mi dispiace molto per quello che Amabelle…- lui iniziò a scusarsi al posto dell’amica, ma Sonja lo interruppe, scuotendo la testa.

-Ormai mi sto abituando ad Amabelle. Volevo ringraziarti per avermi aiutata, ed esserti esposto così. E soprattutto non aver rivelato la mia situazione- Sonja si rigirò una delle due trecce tra le mani, arrossendo appena.

-Te l’ho detto. Il tuo segreto è al sicuro con me. Spero solo che il mio ragazzo non se la prenda, avevamo concordato di tenere la faccenda segreta per un po’- Max cercò di chiudere la questione prendendo i successivi piatti da portare ai tavoli.

-Sono sicura che capirà. Volevi solo aiutarmi- lo rassicurò Sonja, facendo altrettanto. Sembrava cercare una scusa per seguirlo.

Max le lanciò una discreta occhiata per controllare come avesse preso la rivelazione. Oltre allo sbigottimento iniziale, sembrava molto tranquilla, come se lo sospettasse e avesse solo ricevuto conferma. Anzi, sembrava quasi sollevata. Probabilmente Max era molto meno discreto di quanto avrebbe voluto dare a vedere quando aveva una cotta.

-Lo spero. Almeno nessuno sa la sua identi…- Max cercò di trarre conforto dal segreto che era riuscito a mantenere, ma appena fuori dalla cucina, per poco lui e Sonja non andarono a sbattere contro Amabelle e Gerda, che si erano appostate in loro attesa.

Amabelle afferrò Max, mentre Gerda, per qualche motivo, prese da parte Sonja.

Prima che Max potesse obiettare o chiedere chiarimenti, venne trascinato con forza al tavolo della Corona Crew.

-Amabelle, sto lavorando!- provò a farle notare, tenendo i piatti in equilibrio precario.

-Chi è questo Manny?!- chiese Amabelle senza giri di parole.

Max si ritrovò di scatto a girarsi verso Denny.

Non che non si fidasse del fratello, ma tra i tre che conoscevano il suo segreto era il più chiacchierone, e quello che cedeva con maggiore velocità all’insistenza di Amabelle.

-Non sono stato io!- si affrettò a giustificarsi, alzando le mani.

-È stata l’amica di Sonja. Borbottava qualcosa su un suo amico di nome Manny e diceva “Non può averlo fatto, vero?”. La reazione di Denny ha solo confermato i miei sospetti. Chi diamine è?! Come puoi tradire così Sonja?! Era la ragazza perfetta!- Amabelle era furiosa, e Max si irritò parecchio.

Si liberò dalla presa della ragazza con uno strattone.

-Sono affari miei con chi esco. E Manny è un ragazzo meraviglioso- mise le cose in chiaro, riprendendo il vassoio e cercando di fare il suo lavoro.

-Lo devo decidere io se è un ragazzo meraviglioso, e dato che Sonja è la tua anima gemella non può di certo essere meglio di lei!- Amabelle quel giorno era decisamente fuori di sé, e Max ne aveva abbastanza.

Sbatté il pugno sul tavolo, e l’intero bar si fece silenzioso.

Erano quasi tutti clienti abituali, e nessuno di loro aveva mai visto Max arrabbiato.

Amabelle sembrò rendersi conto di aver superato il limite.

E superare il limite di Max significava averla fatta davvero grossa.

-Pensa alla tua vita. E non interferire con la mia!- le ordinò Max in tono freddo, prima di andarsene.

Consegnò gli ordini scusandosi per l’attesa e cercò di ritornare tranquillo e professionale.

La sua calma ritrovata però non durò a lungo, perché dopo qualche minuto, Roelke lo raggiunse con decisione.

Ecco, questa era la volta buona che lo licenziava. Grazie mille Amabelle.

-Va tutto bene, capo?- chiese preoccupato.

Lei gli sorrise gentilmente, e l’ansia del ragazzo  si abbassò.

-Sì, questi giorni siamo davvero pieni. Sia benedetta l’università- commentò la donna, soddisfatta -Volevo chiederti un piccolo favore- aggiunse poi, diventando più seria.

Max tirò un sospiro di sollievo. Almeno non lo voleva licenziare.

-Qualsiasi cosa- acconsentì, servile.

-Venerdì sera potresti sostituire Sonja? E potresti non dirle che la sostituirai?- chiese Roelke, in tono confidenziale.

Max fu molto sorpreso dalla richiesta.

-Certo. Con piacere. Ma perché?- provò ad indagare, a bassa voce.

-Io e Kodie le organizziamo una festa a sorpresa per il suo compleanno- rivelò Roelke, con un sorriso eccitato -Beh, dato che ha pochissimi amici sarà più una cena carina con torta con i pochi conoscenti che ha. Ma almeno eviterò di farla lavorare- spiegò.

Max era a bocca aperta.

-Venerdì è il compleanno di Sonja?- chiese sorpreso.

-Sì. 31 Maggio. Ho provato ad invitare mio fratello ma si rifiuta categoricamente di lasciare il paese. Meglio così. Non mi andava di rivederlo- commentò Roelke, roteando gli occhi.

Chissà se avrebbe invitato il ragazzo di Sonja. Dalla Germania fino a lì era un lungo viaggio. Ma per la propria dolce metà Max lo avrebbe fatto senza pensarci due volte… se avesse avuto i soldi per farlo. Ma in qualche modo li avrebbe trovati. Dai, era il compleanno.

Era in procinto di chiederle se l’avesse invitato, ma si interruppe appena in tempo. 

Chissà, magari Roelke non era neanche a conoscenza che Sonja avesse un ragazzo. Era un segreto dopotutto.

Decise di lasciar perdere e tornare a lavoro, ma il capo lo interruppe.

-Finché ho voce in capitolo il fidanzato di Sonja non entrerà mai nel bar, quindi no. Non l’ho invitato, se te lo stai chiedendo- Roelke gli fece un occhiolino e lo lasciò andare.

Max si sentì leggermente sollevato, ma poi scosse la testa, cercando di eliminare quella sensazione.

Non gli doveva importare se Sonja avesse visto il suo ragazzo al suo compleanno. Ormai era impegnato anche lui, e fare il geloso non era un comportamento da persona impegnata.

Sperava che Amabelle non venisse a conoscenza del compleanno e non cercasse di rovinarlo.

Purtroppo gli era sfuggito di mente che venerdì c’era la serata cinema, e non poteva assolutamente disdire senza offrire un motivo valido.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È un po’ breve considerato quanto ci abbia messo a tirarlo fuori, ma queste ultime settimane sono state impegnatissime! E poi mi ero resa conto che il progetto generale di alcuni capitoli dava problemi o tirava la storia troppo per le lunghe e ho dovuto modificare qualcosa.

Passando al capitolo…

Denny è confuso, e Mathi non aiuta di certo, confuso quanto lui.

Il bagno di Mirtilla Malcontenta è un buon luogo per pomiciare.

Ma sono felice che il primo bacio di Mathi e Denny non sia stato in un bagno rotto, voi che dite al riguardo?

Poi casa Paik è peggio di quanto Diego si aspettasse. Chissà cosa nasconde Blossom (mi sembra abbastanza palese ma shh, i nostri eroi sono stupidi, dopotutto). 

Aloe è la sorella peggiore del mondo, e il signor Paik si rivela sempre di più un padre terribile.

Se Maria lo sapesse avrebbe già adottato Clover senza se e senza ma.

E a proposito di Clover… ha baciato Diego, andando oltre la regola numero 5. Chissà che conseguenze ci saranno.

Ed infine devo ammettere che il punto di vista di Max è stato difficile da scrivere e molto di passaggio, ma ora Amabelle sa che Max è impegnato, Sonja sa che Max e impegnato e il prossimo capitolo c’è un compleanno. Chissà che piani ha in mente Amabelle.

E chissà perché è così esagitata.

Vi avverto che il prossimo capitolo avrà molti momenti emotivi e introspettivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Al Corona si festeggia il compleanno di Sonja, e Amabelle non ha preso affatto bene che Max sia impegnato con qualcun altro. Felix e Mirren parlano

 

 

 

   
 
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