Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: Crudelia 2_0    12/10/2020    1 recensioni
Raccolta di flashfic partecipante alla challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di EFP.
Coppia Anna/Antonio.
I- Le cose che hai detto quando avevi paura
II- Le cose che hai detto dopo avermi baciato
III- Le cose che hai detto mentre stavi guidando (il calesse)
IV- Le cose che hai detto sotto le stelle, disteso sull'erba
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi, Emilia Radicati, Martino Ristori
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Le cose che hai detto sotto le stelle, disteso sull'erba
 
 
Faceva freddo sull’erba già bagnata di rugiada, ma era del tutto secondario. Un aspetto di poco conto, i brividi sulla colonna vertebrale, quando il braccio di suo cugino le cingeva le spalle per scaldarla. Ed era comodo, il suo petto, così tanto che quasi si sentiva in colpa.
 
Ma cos’era più grave, poi? Stare sdraiata sull’erba abbracciata ad un uomo, essere scappata dalla sua stanza in piena notte o rovinarsi con macchie d’erba la vestaglia di seta che aveva portato nuova da Parigi?
 
Per lei nulla di tutto questo. Ci avrebbe pensato la mattina dopo, quando un raffreddore avrebbe fatto preoccupare Antonio e sua madre l’avrebbe guardata con disapprovazione e sospetto. Perché avrebbe saputo, poco ma certo. Non c’era modo di nascondere qualcosa ad Anna Ristori.
Non che avesse qualcosa di cui vergognarsi. Stava solo guardando le stelle.
Di nascosto. In camicia da notte. Con suo cugino.
 
Un sorriso le nacque sulla bocca e voltò la testa per nasconderlo tra la spalla e il collo di Martino. Era così caldo, quell’angolo di pelle che aveva così vicino da potervi poggiare le labbra.
«Stai bene?», e per riflesso condizionato posò le sua labbra sulla fronte.
Emilia si sentì arrossire, le guance bollenti contro il resto del corpo gelido.
«Ho solo un po’ freddo», mormorò.
Martino si mosse fino a farla sedere, sorreggendola con le mani sulle sue spalle delicate. Emilia sentì i calli delle sue mani attraverso la stoffa sottile e rabbrividì ancora. Avrebbe desiderato quelle mani dappertutto, ma era troppo ben ammaestrata dalle regole del collegio francese per ammetterlo, perfino a se stessa.
«Perdonami, non ci avevo pensato», disse tenendo la voce bassa. Si sfilò la giacca e la posò sulle sue spalle, fermandosi con le mani sul colletto, chiudendo i lembi con delicatezza.
Emilia si sentì avvolgere dal suo profumo, dal suo calore. Quando era avvenuto quel cambiamento, quando suo cugino si era trasformato da adolescente troppo magro ad adulto responsabile ed affascinante?
Perché Emilia se n’era accorta di come lo guardavano le altre nobili quando l’accompagnava alla corte a Torino.
«Forse dovremmo rientrare», sussurrò. Prima che facciamo qualche sciocchezza, prima che io ti baci, fu quello che tacque.
«Vuoi rientrare?». Il lampo malizioso che gli attraversò lo sguardo lo rese quanto mai simile a suo padre, ed Emilia rivide davanti agli occhi gli incontri fra suo zio ed Elisa, quando entrambi fingevano, fallendo, di non voler sparire fra le braccia dell’atro.
«Dovere e volere sono due cose diverse», disse a fior di labbra, parlando fra sé. Lei avrebbe voluto rimanere, ma sapeva di dover rientrare.
Martino la guardò con un sorriso sbieco sulle labbra. Mosse i pollici sfiorandole la pelle del collo in lente carezze che la fecero sciogliere. Chiuse gli occhi, per imprimersi la sensazione addosso, stringendo la camicia sottile tra le mani.
Alcune cose non le dicevano, i libri.
«Sono al tuo servizio», ma la voce era troppo vicina, adesso. Emilia non osò aprire gli occhi, sentendo il fiato del cugino sulla bocca. Quanto era vicino, per sentirlo con tale intensità?
Ansimò, i pollici di lui si muovevano lenti. Dal mento alle clavicole, su e giù.
Emilia deglutì, cercando contegno.
Era sconveniente. Ogni gesto, ogni respiro, ogni pensiero era sconveniente.
«Non scherzare», esalò, ma fu quasi un gemito strozzato. Era fin troppo consapevole, a quel punto, quanto aperta fosse la vestaglia e quanto trasparente fosse la seta bianca che la copriva.
 
Una brezza fresca soffiò spostandole alcune ciocche di capelli davanti al viso, i grilli frinivano nei campi attorno alla tenuta. Ma c’erano solo loro due, nel prato, solo loro due nel mondo intero.
 
«Non scherzo. Farei qualsiasi cosa per te, Emilia»
Le scosto i capelli dietro l’orecchio, soffermandosi con la mano in una lunga carezza che trovò la sua fine sulla nuca della ragazza, immersa nei suoi ricci.
Emilia aprì gli occhi, trovando quelli dolorosamente azzurri del cugino troppo vicini.
L’aria le mancava e il cuore correva come impazzito, ma sapeva che non era uno degli attacchi che tanto spesso la coglievano da bambina.
Era Martino, erano i suoi capelli quasi argentei sotto la luce della luna, erano i suoi occhi simili a pozze d’acqua cristallina che invitavano ad immergersi, ad annegarci dentro.
 
Reclinò la testa indietro, appoggiandosi a quella mano solida e forte che la stava avvicinando ancora, come se i pochi centimetri che li separavano fossero in realtà infiniti.
«Dimmi che non lo vuoi e io mi fermerò».
Emilia gemette, un morbido gemito di gola che si perse nel vento d’estate. L’ultima possibilità per tirarsi indietro, per non compiere quella pazzia che il destino sembrava spingerli a compiere a forza.
«Una tua parola e mi fermerò». Lo disse sussurrando sulla sua pelle, Emilia sentì le labbra muoversi, soffici, tra il mento e la bocca. Una tentazione tanto forte che poteva essere un sogno.
 
Si sentì mancare il fiato e lo stomaco fare una capriola. Aveva gli occhi socchiusi, non riusciva ad abbandonarsi al piacere che avrebbe provato, alla mano che la sorreggeva, alle labbra che la torturavano con lievi baci fatti cadere sempre più vicini alle labbra.
Una dolce tortura che avrebbe voluto non finisse mai e al contempo non fosse mai iniziata. Come avrebbe fatto a vivere dopo aver conosciuto il sapore della sua bocca?
«Martino», esalò. Preghiera e supplica.
«Emilia», rispose lui, la voce deliziosamente roca vicino all'orecchio le mandò brividi di piacere lungo la schiena, una bolla calda e liquida cresceva nelle sue membra. «Amore mio», ancora un sussurro, ancora labbra trascinate verso la bocca.
Ma Emilia era capitolata al suono del suo nome, si era arresa di fronte a quel sussurro così carico di desiderio. Schiuse le labbra protendendosi in avanti, e la stoffa della camicia di Martino era ruvida sotto le sue dita fredde e tremanti.
La bocca di Martino trovò piano la sua, incontrandola con delicatezza. Le succhiò brevemente il labbro inferiore, ad occhi chiusi, gemendo nel fondo della gola per la difficoltà a trattenersi.
Si staccò poggiando la fronte sulla sua. I respiri si incontravano, i cuori battevano allo stesso ritmo.
Ma era troppo rimanere separati. Le mani si fecero più audaci, scendendo ad accarezzarle la vita e i fianchi sopra quella camiciola troppo sottile che lo faceva tremare se solo compiva lo sbaglio di far vagare gli occhi troppo in basso. Emilia rispose aggrappandosi alle sue spalle, schiacciando il petto contro il suo alla ricerca del suo calore e troppo innocente per accorgersi dell'effetto che i suoi seni, premuti contro la sua camicia, producevano.
«Emilia», gemette sul suo collo. Ed era lui a supplicare, ora. A supplicarla di smettere di far  vagare le mani sul suo petto, sul suo addome, sulla sua schiena.
Le baciò il collo ancora e ancora, sospingendola all'indietro con tutta la delicatezza di cui era capace. Sentiva il desiderio di lei pulsare vivo tra le gambe, ma non l'avrebbe mai violata, mai profanata per soddisfare l'istinto di un momento.
Trovò ancora la sua bocca e si perse in lei, respirando come se fosse la prima volta. Non erano importanti i pantaloni bagnati di rugiada, probabilmente irrimediabilmente macchiati, il mondo si era fermato nel momento in cui il suo palmo segnato da anni di allenamento impugnando una spada aveva incontrato la pelle morbida e soffice delle cosce di sua cugina.
Aveva già toccato fugacemente una donna, ma Emilia – oh, Emilia era il miele più dolce che avesse mai assaggiato.
Emilia sospirò, una mano persa tra i capelli della sua nuca. Martino si fermò all'altezza del suo sterno, poteva sentire il cuore battere furioso sotto le sue labbra.
Chiuse gli occhi, poggiandole la fronte sul petto. Cercò di riprendere fiato, ma era difficile, così avvolto dal suo profumo. Come aveva fatto a non accorgersi che sua cugina non era più l'adolescente presa dai libri ma una donna dagli occhi troppo profondi?
Fece leva con gli avambracci per terra per poter osservarla in viso. Era così bella, con le labbra gonfie di baci e le guance arrossate dall'imbarazzo. E cos'era quel sentimento che brillava nei suoi occhi?
«Perdonami», si costrinse a dire, la voce che grattava le corde vocali asciutte. Ma di cosa di stava scusando?
Per essersi fermato?
Per non essersi fermato?
Per aver iniziato o non aver mai iniziato prima?
La mano di Emilia lasciò la sua schiena per portarla alla sua guancia, e Martino non poté fermarsi dal baciarle il palmo, dita calde e morbide contro la ruvidezza della sua barba fatta con disattenzione. La guardò dall'alto mentre il suo pollice continuava la lenta carezza soffermandosi sulle sue labbra per poi fermarsi sul collo.
«Dobbiamo rientrare», disse con voce tremante. Anche se le sue mani dicevano altro, anche se i suoi occhi sognavano di non dover mai tornare indietro, che quella notte fosse infinita.
Si alzò senza indugiare oltre, perché sapeva che se avesse esitato non avrebbe mai più smesso di accarezzarla e baciarla e stringerla. Le porse una mano per aiutarla e le baciò il dorso quando fu davanti. La guardò negli occhi mentre la sua bocca si soffermava sulla pelle quasi trasparente, cogliendo l'amore che aleggiava nelle sue iridi e il modo in cui si morse il labbro inferiore.
Si chinò a raccogliere la giacca e la poggiò di nuovo sulle sue spalle, indugiando più del dovuto sul suo collo. E lei lo guardava con i grandi occhi tondi, colmi d'emozione, in attesa di un suo gesto.
Martino sospirò e chiuse gli occhi chiari per obbligarsi a non annegare nelle onde di alabastro dei suoi capelli.
 
Le baciò le mani ancora una volta, davanti alla porta della sua camera.
Erano risaliti in silenzio, attraversando gli spazi non illuminati dalle candele senza paura, con la disinvoltura di chi compie quella piccola ribellione da anni. E traevano forza dalle mani intrecciate, strette come se fosse l'ultima volta.
Avevano riso, altre volte, quando rientrare la notte era un'avventura, il non essere scoperti li faceva ridere e soffocare i sorrisi sotto le mani a coprire la bocca.
Ma non c'erano sorrisi, quella sera. Solo quella stretta di mano angosciante, tanto forte da premere le ossa, tanto intensa da trasformarsi in un peso allo stomaco.
E le baciava le mani, Martino, nel tentativo di rimandare i loro saluti, nel tentativo di essere più veloce delle ore, più veloce della notte che si trascinava stanca verso il giorno.
Emilia aveva le mani fredde e le dita tremavano. Martino non si era mai accorto della forma perfetta delle sue unghie.
Non avrebbe mai voluto lasciarla andare, e forse era stato uno stupido, ad aspettare tanto a lungo. Ma una carezza con le labbra sulle sue nocche bianche non avrebbe supplito a tutte le attenzioni che non le aveva rivolto.
O che le aveva rivolto, sì, ma mai in modo tanto esplicito da rendere chiara la sua posizione, i suoi sentimenti.
«Buonanotte, Emilia», sussurrò ancora contro le sue mani, incapace di lasciarla andare.
Lei si liberò con grazia, scivolando via come acqua fra le mani. Non rispose, e Martino non vide mai la consapevolezza nascere nei suoi occhi.
Fra i due, era sempre stata lei la più adulta.
 
 
 
Ancora un'altra notte, ancora una luna piena.
Nella campagna piemontese sembrava sempre così grossa, così vicina.
L'avrebbe vista allo stesso modo anche dalla caserma francese?
Impossibile, non ci sarebbe stata lei.
E quella domanda fatta con tristezza, quasi disperazione — ma non rabbia, non poteva mai essere arrabbiata, lei — faceva male.
«Perché aspettare, perché non ora?»*
Era sciocco e masochista farla aspettare, soprattutto dopo il bacio della notte prima. Aveva sentito tutto il suo amore sulla pelle, tutto il desiderio dei suoi baci, era impossibile che gli credesse.
Eppure era stata lei, anni prima, ad incoraggiarlo.
Se Rivombrosa è il tuo sogno lotta per lei.*
Ed era quello che stava facendo, arruolandosi come soldato.
Non aveva messo in conto di sentirsi così diviso, devastato.
Perché se era vero che il suo sogno era la tenuta per la quale suo padre aveva dato la vita, era altrettanto vero che sognava di baciare sua cugina alla luce del sole, ogni volta che lo desiderasse, senza remore.
Magari con un anello al dito.
Come spiegarle, quindi, che se le avesse — se si fosse — concesso quella promessa non sarebbe più stato in grado di lasciarla? Come avrebbe potuto superare le lunghe notti invernali sapendola ad uno stato di distanza, separati da giorni di viaggio?
Era egoista, ma l'unico modo per sopravvivere.
Era passato solo un giorno, dal loro bacio, e non aveva fatto altro che pensare alle sue labbra. Era meglio così, dunque, rinunciare prima di iniziare.
Egoista, appunto, di nuovo. Ma era meglio saperla lì, al sicuro da se stesso e da quell'amore che gli corrodeva lo stomaco e il cuore.
Un bacio in fronte fu tutto ciò che si concesse. Perché era chiaro, a quel punto, che fosse lui ad essere in completa balia degli occhi di lei.
 
 
 
 
*frasi riprese dalla serie, potrebbero essere sbagliate, è da un po’ che non la riguardo.
 
NdA: ed ecco questa nuova storia! Emilia e Martino sono una coppia che doro alla follia, ho dovuto interrompere il capitolo perché mi stava prendendo troppo la mano e rischiava di diventare una storia a parte, troppo lunga.
 Mi sono resa conto che i miei aggiornamenti sono lunghissimi, ma ditemi voi: se vi fa piacere sarò più veloce (in soldoni, recensite per favoreee).
Un abbraccio e alla prossima,
Crudelia
 
 
 
 
   
 
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