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Autore: Felpie    13/10/2020    4 recensioni
In un tempo di università, amicizie, amori ed esperienze nessun giovane può conoscere il proprio destino. E Merlino non sa proprio cosa lo aspetta, quando sceglie di prendersi in casa un viziato figlio di papà - che poi così tanto viziato e tanto figlio di papà non è - che diventerà ben presto molto di più di un semplice conquilino.
Tra litigi, lotte per la supremazia, risate e malintesi la vita in quel semplice, piccolo appartamento turberà la quiete che Merlino ha costruito intorno a sé e lo porterà nella più magica avventura della sua vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Gwen, Lancillotto, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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No, non disturbatevi, restate sulla sedia,
Signori, mi presento, sono la commedia.
Non son fatto di ossa ma di atti,
che vi lascino rimborsati o soddisfatti,
il mio cuore è chiamato trama,
gente che si odia e che si ama,
il mio sangue è tutto ciò che accade
dal bacio, al duello con le spade,
il mio cibo è il vostro battimani,
il veleno, per gli attori cani.
Io sono la commedia e mi divido in atti
per raccontare a voi gli straordinari fatti
di questi cavalieri e della loro dama
di chi crede di amar
e di chi invece ama.
Si narrerà del poeta Cyrano e del suo naso
che pare modellato con lo stucco;
(ma non ditelo all'attore, non è il caso, perché ce l'ha davvero,
mica è un trucco)
e di Cristiano, giovane cadetto, che si esprime poco meglio di un gibbone
ma ha fascino ed è di bell'aspetto.
Un pò di fantasia questa è finzione
entrambi ardon d'amore, questo è il bello
per Rossana, cugina di Cyrano
di quest'ultimo adora anima e cervello
ma ama corpo e viso di Cristiano.
Ma l'ora dei preamboli è finita,
è ora che si vada ad incominciare
a tessere la trama e poi l'ordito
a svolgere, cucire e ricamare;
che squillino le trombe signori spettatori
inizia la commedia, che parlino gli attori.
(dal film "Chiedimi se sono felice")






Merlino si sente felice. Ha quasi voglia di andare da Gwen e urlargli “chiedimi se sono felice” come quel vecchio film di tre comici italiani, ma si trattiene, perché è davvero un pensiero ridicolo e senza senso. Non sa nemmeno perché è così felice, in realtà, ma si immagina che c’entri Artù, il coinquilino più fastidioso, petulante e prepotente che abbia mai conosciuto. Ma è il suo coinquilino e a lui va bene così.

Hanno giocato a minigolf, hanno preso la moto – con somma gioia del moro – e sono andati al mare. E poi al locale di Parsifal, al museo di Storia Naturale – com’è esattamente che sono finiti lì dentro? – e hanno mangiato delle patatine fritte seduti in una panchina del parco. Le giornate non sono mai noiose ed è triste quando pensa che l’università ricomincerà a breve e potrà dire addio, almeno per un po', a quelle giornate decise all’ultimo ma comunque sempre ricche di risate. Come se tra loro ci fosse qualcosa in più.

E poi ovviamente vedrà di meno Artù. Cioè, vedrà di meno Alator, il suo quasi ragazzo che gli ha portato i fiori il giorno dopo il suo compleanno e che lo ha invitato a mangiare del pesce in un ristorante pieno di luci e gente vestita elegantemente. E gli ha anche offerto la cena, da bravo gentleman. Con Artù è già tanto se si ricordano di preparare la cena: ci sono volte che inizia a bere la birra un’ora prima di cena e lo coinvolge sempre, finendo così entrambi a mangiare patatine dal sacchetto e caramelle gommose – che è comunque una gran cena, dal punto di vista di Merlino.

Deve smettere di pensare ad Artù, o finirà male. Se lo sente.

Ma, diamine, si diverte davvero troppo con lui: si può ridere per dieci minuti di fila perché qualcuno ha messo il sale al posto dello zucchero nella zuccheriera e si è poi bevuto un caffè salato? Merlino non riusciva più a prendere fiato e quando si era poi guardato allo specchio aveva scoperto di essere ancora tutto rosso, oltre che accaldato.

Però Alator è gentile, sempre disponibile e con moltissime proposte per passare la serata, che non implicano mai solo alcol, sesso o partite di football. Ed è gay ed è interessato a lui, caratteristiche che non sono proprio da buttare via.

E allora perché non è per nulla contento, quando gli ha proposto di passare una notte fuori, facendo un giro in moto per le campagne? Certo, la colpa è ovviamente del fatto che non si sente tranquillo ad andare in moto con lui – anche se con Artù ci va sempre – e non perché lascerà Artù a casa da solo e già si immagina il broncio colossale che gli metterà su. Sì, dai, il broncio non c’entra nulla, anche perché per farglielo passare bastano dei pancakes al mattino – che ovviamente Merlino gli ha preparato un paio di giorni prima perché non si sa mai.

Ma è troppo carino quel broncio.

Merlino, basta. Torna sul pianeta Terra. Come direbbe Jack Sparrow: “hai perso il cervello” (mentre tutto il resto del mondo gli direbbe più semplicemente che ha perso letteralmente la testa).

Forse sarebbe effettivamente ora che iniziassi a preparare lo zaino perché anche se stai via una notte sola bisogna che delle mutande di ricambio e una felpa li prendi. Così inizia a lanciare cose a caso dal suo armadio al letto, cercando di non pensare al fatto che andrà in moto, che starà via una notte e che non ne ha la minima voglia. E quasi non si accorge del telefono che vibra sul comodino, forse immaginando che sia Alator o qualsiasi altra persona che in quel momento potrebbe distrarlo dall’arduo compito di preparare dei semplici vestiti, o forse perché è distratto e pensa ad altro.

Poi però nota la spia blu del telefono, che lo avvisa di un messaggio e si siede, stanco, sul letto, afferrando il cellulare ed aprendo il messaggio.

Merlino, ho bisogno di te. Sono davanti alle porte dell’ospedale.

Il moro sgrana gli occhi davanti al testo totalmente inatteso e deve controllare almeno due volte il mittente per essere sicuro che sia proprio il suo coinquilino ad averlo mandato. Che cosa ci fa Artù in ospedale? Soprattutto visto e considerato che lui gli ospedali li odia. Si è forse fatto male? Merlino lo sapeva che la moto è un pessimo modo di girare per le strade.

Stai bene?

Digita in fretta e furia e deve ringraziare il correttore automatico per la scrittura di un messaggio comprensibile perché fosse stato per le sue dita avrebbe scritto un codice agli alieni.

Io sì… puoi venire qui?

Arrivo.

E senza dare nemmeno una spiegazione, né mandando un messaggio ad Alator, Merlino non ci pensa due volte, salta sulla bici e si precipita verso Artù.

Quando il moro arriva all’ospedale, trova il coinquilino esattamente dove aveva detto: davanti alle porte scorrevoli dell’edificio, mentre gioca nervosamente con le dita delle mani.

Lega rapidamente la bicicletta e gli si avvicina “Che cos’è successo?”

“È mio padre… ero nel suo ufficio, mi stava urlando contro e… non lo so, all’improvviso si è alzato e dopo un secondo era steso a terra…” balbetta Artù “Morgana è dentro con i medici, ma io… non ce la faccio… è tutta colpa mia…”

Merlino prova a rassicurarlo, appoggiandogli le mani sulle spalle “Artù, va tutto bene…”

“Non va tutto bene!” lo interrompe bruscamente il biondo “Tu non capisci, è già successo… non posso riviverlo di nuovo… chi entra qui dentro non esce…”

Il moro non capisce molto bene ciò che l’amico gli sta dicendo, ma non gli sembra il caso di domandare altro, quindi pensa più a rassicurarlo “Tu puoi fare tutto, Artù. Ricordi? Tu sei uno che lotta”

“Non posso entrare in questo ospedale”

“Uther è tuo padre, devi andare a trovarlo. Devi affrontare la tua paura… lo so che è difficile…”

“Non ce la faccio…” inizia a dire il biondo, ma viene subito bloccato da Merlino.

“Certo che ce la fai”

Artù lo guarda, gli occhi un po' lucidi e i capelli in disordine, prima di sussurrare “Puoi… puoi accompagnarmi dentro?”

In quel momento, Artù gli fa così tanta tenerezza che si chiede se qualcuno avrebbe mai il coraggio di dire di no ad una richiesta del genere. Non che lui ne abbia l’intenzione, è ovvio. Così annuisce.

“Certo che ti accompagno”

E il grazie che legge nei suoi occhi è la cosa più bella del mondo.

Ci mettono un po' a trovare Uther, ma alla fine riescono a raggiungere la stanza grazie anche alle urla di Morgana, che ha preteso una stanza privata e che ora sta facendo di tutto per farsi ascoltare e soddisfare con le ultime richieste.

Merlino la guarda ammirato, mentre è vestita di tutto punto con un tailleur nero e ha il fuoco negli occhi; la ragazza getta loro un’occhiata giusto per un attimo, prima di seguire un’infermiera per compilare gli ultimi documenti burocratici. Artù si siede su una sedia fuori dalla stanza, facendo dei respiri profondi, e il moro pensa che sia un buon momento per andare a cercare un medico e farsi spiegare cosa sia successo.

Così vaga per qualche minuto e parla con un paio di dottori, prima di tornare dall’amico che non si è mosso di un centimetro e che continua a fissare la porta.

“I medici dicono che ha avuto un calo di pressione dovuto allo stress” commenta, sedendosi accanto a lui “A quanto pare il mancamento è stato un segnale del corpo affaticato e stanco. Probabilmente al lavoro ha avuto delle giornate intense ed impegnative e, anche se non è più estate piena e l’aria ha rinfrescato, il clima non ha aiutato, facendogli abbassare drasticamente la pressione quando si è alzato in piedi di scatto”

“E ora… che deve fare? Che succederà? Quando uscirà?” domanda agitato il biondo.

“Il dottore che lo ha seguito è abbastanza tranquillo, ma lo terrà comunque sotto osservazione per la notte per ulteriori accertamenti”

“Starà bene?”

“Starà bene” risponde sicuro Merlino, guardandolo negli occhi e facendogli un piccolo sorriso “Vedrai che già domani lo rimanderanno a casa”

“Vorrei vederlo” commenta il coinquilino, guardando la porta.

“Credo che ora stia dormendo, gli hanno dato un tranquillante”

“Possiamo rimanere comunque un po' qui?”

Il moro esita un attimo, indeciso se rivelargli che dubita che Uther si risveglierà prima di cena visto che gli hanno somministrato un farmaco, ma poi annuisce.

“Vado a prendere dei crackers e un po' d’acqua alle macchinette”

Artù non fa commenti e non sposta lo sguardo e quando l’amico torna dopo qualche minuto lo vede ancora lì; così si siede accanto a lui, gli passa delle schiacciatine e rimane in silenzio a guardare la porta insieme a lui.

Stanno lì tutto il pomeriggio e non vengono degnati di alcuna attenzione: Uther sta semplicemente riposando, quindi i medici, oltre a controllare qualche valore dalle macchine a cui è attaccato, passano poco spesso da quelle parti e non dicono nulla; Morgana, dopo aver svolto tutta la burocrazia ospedaliera, con una precisione ed un rigore di cui il padre sarebbe fiero, siede per un’oretta accanto ai due ragazzi, mantenendo il loro silenzio, prima di alzarsi e dichiarare che ha delle faccende da sbrigare e che Uther non vorrebbe che stesse lì senza fare nulla, quando non è di alcuna utilità. Così li saluta, spiegando che andrà a controllare le pratiche sul tavolo dello studio, nella speranza di capirci qualcosa, e che avviserà i collaboratori più stretti del padre di ciò che è appena successo. Inoltre, prima di andar via, conferma anche lei ai due che il medico gli ha riferito che Uther verrà dimesso il pomeriggio seguente, se la notte procede tranquilla.

Merlino sente Artù sospirare accanto a sé e, finalmente, appoggiare la schiena e la testa contro il muro, chiudendo gli occhi; non parla, ma ha un’espressione più distesa e meno corrucciata.

Come previsto Uther non si sveglia prima di sera e così i due ragazzi sono costretti ad allontanarsi, accompagnati da un’infermiera alle porte dell’ospedale; il moro ferma un taxi, afferrando dolcemente l’amico per la manica e trascinandolo leggermente. Artù, dal canto suo, sembra totalmente in un altro mondo e segue l’altro senza dire una parola.

Merlino non sa se il suo coinquilino si ricordi qualcosa di quel viaggio in taxi dall’ospedale a casa, che è sembrato così infinitamente lungo e silenzioso, nonostante il tragitto relativamente breve. Non sa cosa stia pensando Artù in questo momento, mentre con le mani leggermente tremanti cerca di aprire il portone, e non sa cosa dire. Non lo sa ma vuole disperatamente dirgli qualcosa. Non lo sa, ma è perfettamente consapevole che tirare fuori le sue chiavi e aprire lui farebbero solo infuriare l’amico. Non lo sa e quindi sceglie di non fare niente, limitandosi a seguirlo su per le scale, una volta che è riuscito ad aprire la porta, e dentro casa, dove Artù si appoggia con un braccio alla sedia della cucina, guardando il vuoto.

È a quel punto che il moro interviene, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla “Andiamo, Artù, ti accompagno in camera”

Non accende la luce, non si toglie le scarpe, non si toglie la giacca. Si limita a prendere il braccio dell’amico e a condurlo lentamente verso la sua camera, come poco prima lo aveva preso e portato al taxi; lo fa sedere sul letto e fa per premere l’interruttore della luce, quando la voce del biondo lo ferma.

“Aspetta, non farlo”

Il moro blocca il braccio a metà altezza e lo guarda confuso.

“Non accendere la luce. Non…” Artù abbassa lo sguardo “Voglio rimanere un attimo al buio”

Merlino annuisce impercettibilmente, prima di uscire dalla camera, interpretando quel “voglio rimanere un attimo al buio” come un “voglio rimanere un attimo da solo”.

Va nella sua stanza, si toglie i vestiti sporchi e sudati e si sciacqua la faccia in bagno, prima di mettersi una tuta e preparare l’acqua per il tè. Quando il bollitore fischia, aggiunge l’infuso e dopo pochi minuti lo trasferisce nella tazza, dirigendosi poi verso la camera dell’amico.

Artù è ancora lì, fermo ed immobile al buio, con la giacca ancora addosso e le scarpe ai piedi.

“Ti ho portato un po' di tè, credo che tu ne abbia bisogno”

Il biondo annuisce, mentre Merlino appoggia la tazza sul comodino, e si inizia a slacciare le scarpe, dopo essersi sfilato la giacca. Il moro si appoggia allo stipite della porta con le braccia incrociate, mentre osserva i movimenti lenti del coinquilino, che ora è rimasto in boxer e maglietta.

“Ti serve qualcosa?”

Artù scuote la testa, mentre si infila un paio di calzoncini da basket.

“Vuoi rimanere solo?” chiede di nuovo Merlino, che si sente leggermente a disagio: vorrebbe sul serio aiutare il coinquilino, sia perché pensa che sia un suo dovere ma anche – e soprattutto – perché vuole farlo, vuole aiutarlo. Vuole rivedere quel sorriso capace di sciogliere un ghiacciaio brillare sul viso dell’amico e strappargli via quell’ombra di tristezza che lo sta avvolgendo, riuscirci almeno per qualche secondo.

“No” risponde finalmente il biondo, alzando lo sguardo ed incontrando quello di Merlino “Puoi rimanere qui?”

“Devo accendere la luce?”

“No. Preferisco restare al buio”

Il biondo si risiede sul letto, accanto al comodino e alla tazza di tè fumante, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendosi la testa tra le mani. Merlino, invece, esita un attimo, prima di andarsi a sedere accanto a lui, ma mantenendo comunque una piccola distanza per dargli il suo spazio.

“Tuo padre starà bene”

“Lo dici come medico o come mio amico?” sospira Artù, senza spostarsi di un centimetro dalla posizione assunta.

“Lo dico perché lo penso sul serio” dichiara Merlino “Sia in qualità di medico che in qualità di tuo amico”

“Io li odio gli ospedali” commenta il biondo “Quando uno ci entra… Lo so, è già successo… e non posso riviverlo… mia madre…”

“Andrà bene, Artù” ribatte l’altro, con più sicurezza, ed interrompendolo perché non sembra davvero un discorso facile per Artù, non uno che può affrontare in quel momento “Devi essere il primo a tenere alto l’umore o tuo padre lo sentirà”

“Mio padre ha sempre fatto qualsiasi cosa per andare contro di me”

“Guarda che sei tu che hai fatto sempre tutto per andare contro di lui” gli fa notare, divertito, Merlino, ma l’altro non mostra cenni di aver sentito ciò che ha detto, così aggiunge “I pazienti hanno bisogno di pensieri positivi intorno a loro”

“Questo te lo sei appena inventato” esclama Artù, facendo ricadere le braccia.

“È vero, ma sono sicuro ci sia del fondamento scientifico dietro. La malattia lo sente se il paziente si sta lasciando andare e il primo passo per non farlo è avere speranza intorno”

“Un medico deve essere freddo e razionale”

“Non sono ancora un medico”

“Sarai un pessimo medico se dispenserai questo tipo di cure ai tuoi pazienti” sottolinea Artù.

“Io in questo momento voglio essere un buon amico. Ad essere un pessimo medico ci penserò quando prenderò la laurea” risponde Merlino, sorridendo.

“Tu sei sempre un buon amico…” sussurra Artù. Poi, come accortosi di ciò che ha appena detto, afferra con forza e rapidità la tazza sul comodino e ne beve un sorso lungo, sotto lo sguardo stupito del coinquilino.

Il biondo appoggia la tazza dove l’ha presa, si asciuga la bocca con il braccio e si limita a commentare “Anche questo tè fa davvero schifo. Dovresti fare un corso di cucina”

In quel momento qualcuno suona alla porta; il moro si chiede, stupito, chi possa essere e va a controllare: si ritrova davanti Alator. Merlino trattiene il respiro, mentre sente i passi di Artù alle sue spalle.

“Artù, è per me, torna pure in camera” mormora e non sente la risposta, ma i passi si allontanano. Guarda l’uomo sulla porta “Alator…”

“Alla buon’ora, Merlino”

In quel momento – e solo in quel momento – al moro torna in mente l’impegno “Il nostro appuntamento… scusa me ne sono totalmente dimenticato…”

“Ho visto” risponde bruscamente l’altro “Potevi almeno mandare un messaggio”

“Ho avuto da fare… siamo dovuti andare in ospedale” spiega brevemente Merlino, senza troppa voglia né intenzione di approfondire.

Alator sospira “Potevi avvisare. Credevo ti fosse successo qualcosa”

“Mi dispiace” si scusa l’aspirante medico, abbassando un attimo lo sguardo “E mi dispiace anche per il nostro appuntamento”

“Non importa” taglia corto l’altro “Rimandiamo, direi. Domani?”

“Credo che dovrò ancora per un po' occuparmi di alcune faccende…” mormora Merlino, facendo un cenno con la testa in direzione della casa silenziosa. Alator lo guarda per qualche secondo senza dire nulla, osserva la parte di casa che riesce a vedere e dopo un po' annuisce.

“Come vuoi. Fammi sapere quando sei più libero, allora”

Merlino sa di essersi – e di continuare ancora a – comportato male, sa che Alator non se lo merita e sa che avrebbe dovuto avvisare, non sparire così come se nulla fosse. È perfettamente consapevole di tutto ciò, ma nonostante questa certezza non si sente in colpa minimamente a tagliar corto la discussione con lui.

“Buonanotte, Alator”

“Buonanotte, Merlino”

E si richiude la porta alle spalle. Per tornare da lui.

Il moro sospira, dirigendosi di nuovo verso la camera di Artù, che ora ha la piccola lucina del comodino acceso; Merlino lo guarda, come accorgendosi solo ora che si è spogliato dei vestiti tenuti tutto il giorno e si è messo più comodo con dei pantaloncini sportivi ed una maglietta bianca pulita, nonostante sia così da parecchio. Ha i capelli in disordine, un po' spenti, e il viso pallido e lui vorrebbe davvero fare qualcosa per risollevargli il morale, almeno un minimo.

“Avevi un appuntamento con Alator?” gli domanda Artù, seduto sul letto, e Merlino annuisce.

“Lo hai saltato per venire da me?”

Il ragazzo annuisce ancora.

“Non avresti dovuto”

“Non ha importanza, Artù. Sei mio amico e ho scelto di starti vicino”

“Lui è il tuo ragazzo”

“Lui non è il mio ragazzo” ribatte Merlino, sedendosi accanto a lui “Forse lo diventerà, ma non ne abbiamo mai… parlato ufficialmente”

“Avevi un impegno”

“Tu avevi bisogno di me. Ed io volevo esserci per te”

Il biondo lo guarda, gli occhi stanchi ma comunque azzurri e profondi, mentre annuisce piano e sussurra “Sei un vero amico. Grazie… è stato… mi è servito averti accanto a me… ha significato tanto…”


 
Avete presente la teoria del piano inclinato? No? Ve la spiego.
Se mettete una pallina su un piano inclinato la pallina comincia a scendere
e per quanto impercettibile sia l'inclinazione, inizia a correre e correre sempre più veloce.
Fermala, è impossibile.
Ma per fortuna gli uomini non sono palline:
basta un gesto, un'occhiata, una frase qualsiasi per fermare il corso delle cose.



E Merlino, senza nemmeno accorgersene, si avvicina a lui e lo bacia dolcemente. Il busto ruota verso il suo coinquilino, le labbra sfiorano quelle di Artù e ne avvertono tutta la morbidezza: sono un po' salate, come se qualche lacrima solitaria ci si fosse depositata, ma a parte questo sono esattamente come il moro le ricordava – e come le aveva sognate.

Non sa da dove sia uscita tutta questa determinazione – che sicuramente non ha mai avuto – e soprattutto non sta considerando minimamente Alator, nonostante la situazione con lui non sia ancora né chiara né definita, ma sente che è la cosa giusta da fare, in quel momento. Potrebbe sembrare strano, ma come Artù c’è stato per lui a Capodanno, lui ora deve esserci per l’amico e se il suo coinquilino è così convinto che un bacio possa aiutare a sistemare le cose lui deve almeno provarci. Anche se non è una bella ragazza, di quelle che piacciono ad Artù.

Gli passa una mano tra i capelli in disordine, senza accennare a staccarsi dalla sua bocca, mentre sente la mano di Artù posarsi sulla sua coscia e stringere piano, tra le mani, il tessuto dei jeans. È Merlino il primo a scansarsi e coglie subito l’occasione per guardare negli occhi il suo coinquilino; anche Artù lo fissa, gli occhi incatenati a quelli chiari del moro, l’espressione incredula e due dita che si sfiorano le labbra, come a rendersi conto di ciò che è appena successo.

Improvvisamente Merlino sente caldo: ma come gli è saltato in mente di fare una cosa del genere? Lui non è una ragazza, perché un bacio del genere ad Artù dovrebbe fare piacere? Ed ora il biondo lo sta guardando con gli occhi sgranati e sbafati da delle leggere occhiaie e lui non sa minimamente cosa dire per rendere la situazione meno imbarazzante.

“Hai detto tu che un bacio può essere consolatorio” si giustifica il moro, sorpreso di non balbettare a quelle parole “Ho solo rifatto ciò che tu hai fatto per me”

“Sei davvero un idiota, Merlino” risponde Artù, avvicinandosi a lui e baciandolo nuovamente.

Artù bacia bene. Questa è un’altra delle cose che Merlino ha appurato in poco più di un anno di convivenza e dopo due baci e mezzo e non può fare a meno di pensarci mentre le labbra del biondo sono sulle sue a completare l’altra metà di quel terzo bacio.

Dura poco il momento, in realtà, perché dopo qualche secondo Artù si allontana.

“Anche questo lo considereremo un abbraccio, vero? Non faremo apparire nessun altro stupido elefante”

“Tu abbracci le persone in maniera davvero strana, ma chi sono io per giudicare?” Merlino sorride, prima di appoggiargli una mano sulla spalla “Volevo solo che ti tranquillizzassi e se ha funzionato sono felice. Come hai fatto tu per me”

“Sei davvero un buon amico, Merlino” mormora Artù, stendendosi sul letto a fissare il soffitto; il moro si sente un po' di troppo, quindi si alza in piedi, ma viene subito fermato.

“Aspetta!” Artù stacca gli occhi dal soffitto, per puntarli nello spazio accanto a lui “Ti andrebbe di rimanere un po' qui? Anche in silenzio, va bene. Non voglio rimanere da solo”

Il moro annuisce e fa il giro del letto, mentre l’altro si infila sotto le coperte; si stende vicino ad Artù, che si raggomitola e si nasconde, mantenendo fuori il naso, gli occhi chiusi e i capelli in disordine, e spegne la luce. Nell’oscurità Merlino si sfila le pantofole gettandole via malamente e si sdraia su un fianco, guardando la schiena di Artù che gli sta vicino; è stata una giornata strana ma, per qualche strano motivo, essere lì con lui, a dividere un letto da una piazza e mezzo, gli sembra la cosa più normale del mondo.

Gli dispiace per ciò che è successo ad Uther e per ciò che Artù ha passato quel pomeriggio, ma è fiero di lui per essere entrato in ospedale e per aver combattuto contro la sua paura. E più guarda la schiena del coinquilino, immaginandosi perfettamente il suo viso disteso in un sorriso e più non può fare a meno di pensare a quanto diverso sia Artù rispetto alla facciata che vuole dare a vedere. Lo guarda e vede un ragazzo che vuole piacere, un ragazzo insicuro, un ragazzo educato ed un ragazzo gentile. Vede un coinquilino fantastico nonostante i suoi molti difetti. Vede colui che, in meno di un anno, è riuscito a diventare il suo migliore amico e a stravolgergli la vita senza fare nulla. Vede Artù Pendragon in tutte le sue sfaccettature e gli sembrano tutte bellissime ed uniche.

Rimane a guardarlo per parecchi minuti, così tanti che si accorge pian piano che il respiro di Artù si va regolarizzando, fino a diventare profondo; quando Merlino si rende conto che l’amico accanto a lui si è addormentato si sfila piano dal suo letto, riacchiappando le pantofole alla cieca e si alza, cercando di fare il minimo rumore possibile. Gira intorno al letto per recuperare la tazza di Artù rimasta semivuota sul comodino e coglie l’occasione per guardare il coinquilino assopito: è da malati e forse un po' da maniaci, lo sa benissimo, eppure non riesce a non guardare l’espressione distesa e rilassata di Artù e non può fare a meno che sorridere.

Distoglie lo sguardo un attimo dopo, portando con sé l’immagine di Artù rannicchiato sotto le coperte ed esce dalla sua camera, chiudendosi la porta alle spalle. Solo quando ha lavato la tazza, chiuso a chiave il portone, spento le luci e si è rintanato nella sua stanza si lascia andare ad un sospiro, appoggiato alla porta chiusa e con il cuore che batte furiosamente nel petto.






Spazio autrice persona che cambia costantemente idea comunque frana non è che fria
Volevo aggiornare domenica 11 Ottobre perché era il compleanno di Bradley James, ma non ho avuto tempo (e poi ho pensato che il suo compleanno lo festeggeremo adeguatamente - ops, piccolo spoiler). Volevo aggiornare domani che di tempo ne ho parecchio, ma alla fine lo faccio oggi (perché fare le cose con calma quando si può correre?). Meglio che non faccia troppi ragionamenti, tanto cambio sempre idea.
Ma a voi non interessano queste cose, quindi passiamo alla storia (non so se vi interessano nemmeno queste, sinceramente, ma almeno sono più attinenti).
Non so quanto Aldo, Giovanni e Giacomo siano famosi all’estero, ma visto che non ho mai specificato dove effettivamente vivano Artù e Merlino ho pensato di inserirci anche loro, anche perché mi fanno sempre ridere quei tre. E un po' di risate in questo capitolo così pesante forse ci stanno bene.
Non ho voluto fare diagnosi o specificare eccessivamente cosa sia successo ad Uther volontariamente perché non mi piace non essere precisa e non è un campo in cui mi muovo con esperienza, quindi ho preferito mantenermi sul vago invece di inserire strafalcioni.
Uuuh c'è stato un altro bacio. Ops. E Alator? Quale Alator?
Non so se è una cosa sciocca e totalmente priva di senso, ma ho voluto che Merlino fosse “cattivo” in un certo senso, come nella quinta stagione in cui fa di tutto per proteggere Artù. Anche in questo caso sta facendo di tutto per lui, arrivando a baciarlo per cercare di distrarlo, per farlo stare meglio, nonostante Alator (di cui Merlino non si riesce a definire il fidanzato). Non so se il parallelismo sia riuscito però, ecco, volevo far capire che Merlino è cambiato dall’inizio della storia – dove non avrebbe mai tradito Will, né fatto qualcosa di così leggero – per Artù. Spero di non aver reso il tutto troppo superficiale e frivolo, perché nella mia mente filava alla perfezione (e perché qui prima o poi qualcosa deve succedere, altrimenti la storia non finirà mai).
Però è assolutamente vero che Merlino con questo bacio non ha scopi romantici e che punta proprio a distrarre il coinquilino e a non farlo pensare per quei due minuti.
Voglio assolutamente sapere le vostre opinioni perché ero davvero indecisa di questo passaggio.
Ringrazio tanto Koa__ per aver recensito lo scorso capitolo con una recensione meravigliosa e voi che avete aggiunto la storia alle preferite/ ricordate/ seguite. Non disperate, ci sarà questa love story, ve lo assicuro.
Ed io aggiorno, prima o poi, non disperate nemmeno su questo. Ma come ormai spero abbiate capito la puntualità (così come le cose poco cliché e troppo particolari) non mi piacciono granché.
A presto,
Felpie

 
   
 
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