Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! 5D's
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Autore: Aki_chan_97    14/10/2020    2 recensioni
Il regno di Domino era straordinariamente cambiato nel corso di un solo decennio. Da quando era finita la guerra, persino i draghi erano diventati più pacifici nei confronti degli umani, e le due specie coesistevano in pace. La magia permeava il mondo condiviso da uomini, maghi, streghe, e creature magiche; essa è un prezioso nettare prodotto da qualunque essere magico, nonché dalla terra stessa. I draghi ne rappresentano la massima fonte nota. Tuttavia, uomini avidi avevano scoperto che la magia fosse estraibile. C’erano due possibilità: raccoglierne in esigue quantità dalla terra, o rubarla a creature viventi, spesso uccidendole. Però nelle terre del re questo era illegale. E poi, gli umani interessati alla magia erano pochissimi, e spesso lo erano per losche intenzioni. Ad ogni modo, il vero problema non era la ovvia criminalità. Il dramma era che il leggendario Libro dei Draghi era sparito, e nessuno se n’era accorto...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Sorpresa, Yusei Fudo
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2: …e il sogno diverrà realtà, per sfortuna
 
“Il dolore alimenta il coraggio. Non puoi essere coraggioso se ti sono successe solo cose meravigliose.”
Mary Tyler Moore
 
La giornata era cominciata malissimo. Sembrava essere proseguita con quasi accettabile, per poi precipitare a catastrofica. Aki non avrebbe mai voluto scavarsi una fossa come in quel momento. Ecco che succedeva a dare retta ai sogni e a lanciarsi in avventure fuori dalla propria portata. Così imparava a fare sciocchezze quando Sayer non era in casa. Era arrivata verso il tramonto di nuovo nel suo giardino dopo aver fatto raccolta di qualche provvista, ma non alzava mai gli occhi nemmeno agli animali che le passavano accanto. Si era infinitamente vergognata di tutto il disastro causato, per giunta in mezzo a gente a cui non stava di certo molto simpatica.
Ma quel cavaliere, doveva ammetterlo, era stato coraggioso, forte e tanto gentile nonostante tutto. Forse aveva sul serio qualcosa di speciale, forse qualche pericolo lo correva davvero, ma a lei non era dato saperlo, nemmeno dopo averlo incontrato. Alla fine l’unica cosa a cui aveva giovato la sua presenza era l’arresto di due criminali e una manciata di scaglie di drago ritrovate. Ma tanto, lei che c’entrava? Per quanto fosse orribile che qualcuno si arricchisse ancora sulla pelle di creature così rare, lei non capiva cosa c’entrasse con quel sogno angosciante.
Si sedette sul letto abbracciando il cuscino. Quasi quasi se ne tornava subito a dormire, magari sognava qualche altra cosa più veritiera di quel dragone spaventoso. Si mise una mano fra i capelli magenta. Una sola cosa le impediva di chiudere quel capitolo una volta per tutte: il cavaliere. Il cavaliere corrispondeva a quello del sogno. Magari esisteva una connessione fra il drago e le scaglie trovate, ma la scenografia di quell’incubo era troppo apocalittica per tirarne fuori un senso plausibile.
Si buttò di schiena sul letto, fissando il tetto di paglia e legno. Le Moire dovevano smetterla di giocare con lei. Ecco tutto. Si sarebbe addormentata e tutto sarebbe stato solo un triste ricordo di una pessima giornata. Tirò su il lembo della coperta, ma un ruggito di drago in lontananza la buttò giù all’istante.
Si precipitò fuori nel giardino, scrutando il cielo in cerca della creatura che aveva lanciato quel verso draconico. No, questa non poteva essere una coincidenza.
Sopra le cime degli alberi del bosco nero volavano ben due draghi. Uno era piumato e nero come la notte, munito di artigli e becco ricurvo, l’altro pallido come la luna. Anzi, dalle lunghe e setose ali pareva cadere polvere luminosa… come polvere di stelle. Scrutò meglio il drago nero nel tentativo di trovare somiglianze con la bestia del suo sogno, ma sembrava trattarsi di due creature differenti. I draghi avevano ingaggiato una battaglia feroce, scagliando raggi di energia magica dalla bocca l’uno contro l’altro, e tentarono più volte di azzannarsi o artigliarsi a vicenda. Era già raro vedere draghi, ancor più raro vederli azzuffarsi. Ma se gli occhi non la tradivano, sulla schiena di entrambi i draghi si intravedevano, in totale, ben due persone. Da quando gli indomabili draghi… si lasciavano cavalcare dagli umani?
Non distaccò gli occhi dal cielo nemmeno per un istante. L’estenuante lotta continuava, per un momento i due draghi sorvolarono pericolosamente anche la sua casetta e il suo giardino, ma poi salirono in alto, continuando il combattimento quasi fra le nuvole, finché dal buio della notte non eruppe un’esplosione di energia cosmica, e il drago bianco precipitò verso il suolo, nel profondo del fitto bosco. Quello piumato sembrò mantenere più controllo nella perdita di quota, ma solo per volare più lontano, visibilmente ferito a un’ala, dichiarando resa, o magari vittoria, non ne era sicura.
L’impatto al suolo del drago bianco fu tale da sollevare enormi ondate di polvere e foglie che tempestarono l’aria di detriti, costringendo Aki ad appiattirsi a terra. Quando le onde d’urto esaurirono la loro energia e non v’erano più detriti in volo, lei si rimise lentamente in piedi. Qualcosa di tremendo si era appena verificato nel bosco, e doveva scoprire assolutamente cosa fosse accaduto al drago e all’umano che gli era sul dorso. Era possibile che non fossero sopravvissuti all’impatto. Ma doveva vederlo con i suoi occhi.
Si fece strada fra i rami rotti e le foglie che coprivano il terreno umido, correndo col cuore in gola: dopo aver percorso alcune centinaia di metri, trovò quell’immensa creatura bianca come l’alabastro adagiata in una fossa nel terreno, avvolta protettivamente dalle sue grandi ali luminose. Gli alberi attorno ad essa erano strappati o abbattuti come fuscelli secchi.  La pelle liscia del rettile era tutta lacerata e insanguinata, ma miracolosamente, si stava rimarginando tutta. Pezzo dopo pezzo, brandello per brandello, le vele delle ali si ricucivano da sole, e lei osservava rapita. Mai nulla che avesse riaggiustato lei in quella maniera era guarito in modo così perfetto e rapido. I draghi erano davvero ad un altro livello. Ma fu allora che si rammentò dell’umano. Chissà che non fosse finito spappolato sotto il corpo del drago. Ma come cercò di sporgersi per guardare meglio, si accorse che un occhio giallo del dragone la fissava nonostante l’ombra del fitto bosco. Aki si nascose dietro un grosso tronco sperando di essersi sbagliata.
“Tu, lì dietro. Sento la tua magia. Fatti vedere!” ringhiò il drago. Aki capì che quella creatura non aveva parlato con la bocca: comunicava con la telepatia. Sembrava una voce maschile. E da buon drago aveva percepito la sua aura magica, come aveva fatto a non pensarci? Diamine, non aveva preso la mantella!
Aki si maledisse per l’ennesima volta in quella giornata. Era vero che non poteva più nascondersi, ma non si mosse comunque di un centimetro. E se il drago l’avesse attaccata? Per quanto ferito, sembrava rimettersi in forze molto facilmente… invece la creatura continuò a parlare.
“Se sei un nemico, fuggi adesso. Se non lo sei, esci da lì. Conto fino a tre, e se non ti decidi, ti arrostisco per bene. Uno…”
Non c’era altro da aggiungere. Fu abbastanza per convincere Aki a emergere dal fitto bosco mostrando rapidamente i palmi delle mani. Il drago si zittì, scrutando quella personcina tanto minuta. “Scusami, non voglio farvi del male. Vi ho visti precipitare… cos’è successo?”
Il drago abbassò il muso, afflitto. “Non lo so per certo. Ci hanno presi alla sprovvista. Ma…” Il drago si interruppe come distratto da qualcosa, piegando il sinuoso collo verso un punto impreciso del suo ventre, nascosto dalle grandi ali. “Ti prego, aiutalo…” bisbigliò con voce rotta, aprendo una fessura fra le ali. Aki si coprì la bocca in un sussulto d’angoscia.
Era proprio lui, era il cavaliere. Il drago lo teneva adagiato delicatamente fra le zampe, ma il giovane aveva un fianco trafitto da un ramo molto affilato, se si volevano ignorare il resto dei suoi tagli sanguinanti. Tutto il bordo della sua armatura si era aperto sulle giunture, piegato dalla forza tremenda di quell’impatto fra gli alberi. E se aveva un elmo, ormai era perduto. A giudicare dalla pozza di sangue sotto di lui, se nessuno interveniva alla svelta, quel ragazzo sarebbe morto di lì a poco. Fine della storia. Aki deglutì. Forse ora sapeva qualcosa in più sul perché di quel sogno e sul perché quel ragazzo fosse tanto speciale. Ma ora doveva agire, e alla svelta. 
“Drago, forse posso salvarlo con la mia magia. Ma devi togliere quella scheggia per me quando te lo dico io, altrimenti non potrò far nulla. Puoi farlo?”
Il drago annuì. Aki si inginocchiò affianco a Yusei e cercò di rimuovere il resto dell’armatura che copriva l’addome, sganciandola dai sostegni. Spostò i lembi di tessuto zuppi di sangue. Alla delicata luce delle ali del drago, la strega rimosse con cura tutte le piccole schegge che contornavano la ferita più grande. Tutto quel sangue sotto le dita e quella carne lacerata erano da far venir la nausea, ma in un modo o nell’altro, Aki pattuì di mantenersi concentrata almeno finché non avesse finito. Non era il momento di essere schizzinosi. Rimandò a dopo le lamentele. Poi fece segno alla creatura di afferrare la scheggia più grande.
Il drago accostò delicatamente il lungo muso sul ventre del ragazzo, stringendo il ramo fra due file di denti aguzzi, come quelli di un coccodrillo. Il ragazzo fece una smorfia, stringendo i denti per il dolore. Forse sapeva cosa stava per succedere. Aki lo carezzò sulla frangia con le dita ancora sporche di sangue. Poi premette le mani attorno al ramo spezzato, mentre con uno strattone secco il drago tirò fuori la scheggia. Il ragazzo rovesciò il capo all’indietro, lanciando un grido di dolore. Aki coprì alla svelta il suo ventre con le mani, cercando di tenerlo fermo e di restare concentrata sul lavoro di ricucitura, ma se avesse avuto le mani libere, probabilmente si sarebbe coperta le orecchie. Faceva male anche solo a sentirlo gridare così, non osava immaginare cosa stesse passando. Ma non poteva badargli adesso, il sanguinamento si era moltiplicato, doveva essere veloce. Aki premette i palmi delle mani sul ventre insanguinato del ragazzo. Chiuse gli occhi, chiamando a raccolta tutte le sue facoltà intellettive e magiche. Quando si immergeva in quello stato, vedere con le pupille era superfluo. La magia le diceva tutto. Qualunque intreccio venoso, qualunque fibra nervosa era visibile con la mente. Aki percepiva perfettamente il pulsare del suo cuore, il respiro affannoso, il sangue che scorreva incontrollato fuori dalla ferita, il prezioso calore che si disperdeva, ma anche la magia che fluiva nel terreno, dentro di lei e fra le sue dita.
Le sue mani si illuminarono. La luce era pura, calda, e si espandeva sul busto del giovane. Aki si concentrò sul respiro del ragazzo, sulla linfa vitale che ancora ostinatamente circolava nel suo corpo, e Yusei si riempì di quel tepore, di quell’energia che era vita distillata, creativa, che pezzo dopo pezzo rimetteva in piedi le trabecole spezzate, ricuciva quello che era stato strappato, riportava i liquidi verso la fonte da cui erano sgorgati, scacciava le impurità e rimetteva in moto ogni micro sistema vitale autosufficiente. Un poco alla volta anche il dolore scemava, e Yusei sprofondò in un sonno più sereno, cullato da un dolcissimo calore che aveva profumo di rose.
Dopo qualche minuto, Aki lasciò l’addome del ragazzo, sudando freddo, respirando a fatica. Ce l’aveva fatta, ogni ferita era chiusa e il cavaliere era salvo. La ragazza fece un respiro profondo, cercando di riprendere le forze. La vittoria era sua. Sorprendente come una giornata tanto catastrofica potesse rimettersi in piedi giusto nel finale, pensò. Magari ci si poteva abituare a epiloghi così eroici. Avrebbero dato un senso alla sua vita piena di errori, alle giornate senza scopo, alle mattine in cui non aveva nemmeno il coraggio di guardarsi allo specchio. Una strega come lei aveva appena salvato una vita, la stessa strega che in passato se n’era portata via altre due a lei tanto care… un capogiro improvviso la colse, e Aki cadde in avanti. Una zampa del drago le impedì di accasciarsi sul cavaliere. Ci mise un po’ a capire che aveva il viso appoggiato a un liscissimo artiglio. Aprì a malapena un occhio, trovandosi davanti quello ambrato della creatura mitica.
“Non conosco il tuo nome,” udì nella sua mente, “ma credo ti abbia mandato il cielo. Sono pochi i maghi viventi con una magia come la tua. Grazie per aver salvato il mio amico”. Dal tono, era come se sorridesse. Aki era sorpresa dai modi di quella creatura. Era gentile, proprio come il cavaliere. Non solo era la prima volta che incontrava un drago e che scambiava due parole con la suddetta creatura, ma anche che le mostrasse una gentilezza senza precedenti. Doveva essere un drago piuttosto sui generis. Insomma, i draghi erano risaputamene feroci, forti e nobili, pieni di conoscenze e risorse magiche, ma amichevoli? Questa era proprio da vedere. Di norma, erano diffidenti con gli uomini. Per un drago leggere le intenzioni di un uomo era un gioco da ragazzi, e solo le anime più candide potevano vincere la loro fiducia. Che un drago considerasse un giovane come Yusei addirittura un amico, indicava che non solo il drago fosse abbastanza generoso da dare a un essere umano una possibilità, ma anche che quell’umano ne fosse più che degno. Mentre meditava ciò, sentì la punta del suo muso carezzarle gentilmente i capelli. “Affettuoso” era da aggiungere alla lista delle stranezze di questo rettile. Se Aki avesse avuto più forze, magari avrebbe riso.
 
***
 
“Sei sicura di riuscire a camminare?”
“Tranquillo, sto bene adesso. È il tuo cavaliere che deve riposare. Gli ci vorrà tempo con tutto il sangue che ha perso. Ho ripulito la ferita e ricucito i tessuti critici, ma il resto dovrà farlo il suo corpo.”
“Non preoccuparti, Yusei è una roccia. Tornerà in piedi in men che non si dica.”
“Non ne dubito, ma lo stress di un viaggio di ritorno potrebbe peggiorare la sua situazione. È fragile in questo momento. Rimanete da me per un po', nel bosco c’è spazio anche per te.”
“Sei generosa. Perché ci stai ancora aiutando?”
“Perché devo un favore al tuo cavaliere.”
“Davvero?”
Forse non era necessario menzionare il fatto che una notte prima avesse avuto un sogno premonitore devastante, e che insomma, si sentiva più sicura se si accertava che quel cavaliere campasse. Suonava piuttosto scortese in effetti. Però che gli dovesse un favore era vero. Quel ragazzo che ora riposava assicurato da qualche laccio sul dorso del drago era riuscito a risparmiarle un sacco di guai a Neo Domino. Fu così che mentre si dirigevano verso suo boschetto della strega, lei raccontò alla magnifica creatura del disastro della mattinata. Bastò poco perché il drago facesse due più due con quanto Yusei gli avesse già riferito a proposito delle scaglie di drago. Curioso quanto facilmente certe persone potessero incrociarsi.
“Aspetta, quindi Yusei ti ha parlato di me?” domandò la ragazza, arrossendo.
“Ha solo detto di aver incontrato una ragazza con i capelli rossi, e che per qualche motivo profumava di rose. Era ovvio che non fossi di Neo Domino.” riferì con candore Stardust, mentre Aki si teneva il viso paonazzo. Era così caldo che quasi sospettò di essersi beccata una febbre improvvisa. Non aveva realizzato che il suo giardino le avesse lasciato una tale fragranza addosso...
“P-perché era ovvio che non fossi del regno?” chiese lei con malcelato imbarazzo.
“Semplice, perché a Neo Domino non ci sono rose. E poi si sarebbe ricordato di una come te, non ho dubbi.” spiegò il drago, con apparente indifferenza.
Il viso di Aki era ormai un tutt’uno con i suoi capelli bordeaux. Cercò di nasconderlo fra le spalle, sperando che il drago non ci avesse fatto caso. Ma era vero che a Neo Domino non ci fossero molti fiori. Anzi, di verde ce n’era proprio poco. Immaginò per un momento la sua vita nelle aride mura di Neo Domino, passeggiando in mezzo a comari squittenti, chiassosi bambini lanciati all’inseguimento di galline sfuggite da sporchissimi pollai, mercati cacofonici che si davano cordiale battaglia per attirar la miglior clientela, soffocata dalla polvere di una terra arida, senza poter rimirare nemmeno una fogliolina di cedro. Che visione repellente. Un mondo senza fiori era una delle cose più tristi che si potessero concepire. Ma che quel ragazzo si fosse accorto del suo profumo senza dire niente, aveva un che di imbarazzante. Semplicemente, non era andata lì per farsi notare in quel senso, ecco.
“È quella la tua casa?” chiese il drago, riportando la strega nel mondo reale.
Aki alzò gli occhi. Davanti a loro si estendeva un giardino pieno di fiori, rose e frutti maturi appesi ai rami di zuccherosi alberelli circostanti. In fondo alla radura, all’ombra di una quercia immensa, si ergeva una semplice casetta di legno e mattoni, nascosta abilmente dalla vegetazione. E forse anche da un velo di magia.
“Sì, siamo arrivati.”
 
***
 
Gli alberi erano in fiamme. Le case erano in fiamme. Persino gli animali erano in fiamme. Fuggivano verso la periferia erbosa, sperando di trovare rifugio, sperando di scampare alla morte atroce che li stava divorando, ma non c’era via d'uscita, non c’era modo di sottrarsi a quell’aria pestilenziale, a quel fumo asfissiante che soffocava tutti quelli che non erano ancora caduti per colpi di spada. Il regno di Domino non era stato costruito esattamente su pilastri di pace, e i primi a farne le spese erano tutti coloro che pur tassati dalla corona, vivevano ai confini del regno, nelle periferie più estreme di Domino. Uno di questi villaggi dimenticati da Dio ma non dagli sceriffi, né dai banditi, era il Satellite. Non era troppo diverso dagli altri villaggi centrali di Domino, era solo più piccolo, più grigio, più povero, più sudicio, e più affollato.
Per questo era spesso luogo di zuffe, faide fra gruppi di banditi, alle volte anche per un ufficiale dell’esercito era rischioso andarci. Se avevi qualcosa da nascondere, il Satellite era il posto perfetto. Ma i pericoli erano all’ordine del giorno. Vivevano stabilmente lì solo tre tipi di persone: i poveri, i violenti, e chi faceva finta di essere uno dei primi due.
Ma quella notte qualcosa di terribile era accaduto. Mai le lotte intestine erano state così accese, soprattutto con tutta la tensione che si era accumulata fra i due regni confinanti, e al culmine delle violenze le bande più efferate del Satellite uccisero anche una bambina, figlia di uno dei capibranco avversari. La vendetta dei criminali fu terribile. E a farne le spese fu tutto il villaggio. Uomini, vedove, orfani, il fuoco appiccato alle case e trasportato dal vento non lasciò scampo nemmeno ai polli. E chi cercava di fuggire, incontrava le spade di chi li aspettava alle uscite del villaggio.
Yusei aveva solo dieci anni quando vide la sua casa bruciare, e suo padre morire trafitto per difendere la sua famiglia.
Correva disperatamente per il bosco trascinato da sua madre, come in trance, finché non inciampò in una radice troppo alta per le sue piccole gambe. La madre tornò indietro cercando di rimetterlo in piedi, ma non fu abbastanza veloce. Uno di quei banditi li aveva raggiunti.
Lei sfilò un coltello da cucina dalle pieghe della veste, tenendolo alto per minacciare l’uomo che li aveva trovati. Fu abbastanza per farlo fermare, anche lui sfiancato dal fumo penetrato nei polmoni. Ma sapevano bene tutti e due che lei poteva essere qualunque cosa, meno che una minaccia.
“Yusei, scappa! Vattene via!”
“Ma madre-!”
Vattene! Devi andare da Martha, hai capito?!”
“Ma tu-“
“Obbedisci! La mamma verrà, tu vai, ora!” gridò la donna, tenendo il coltello con due mani, e puntando gli occhi sul guerriero di fronte a lei.
Yusei chinò il capo, voltandosi e correndo via. Aveva gli occhi troppo seccati dal calore del fuoco per poter piangere. La mamma era sempre stata fiera del bambino ubbidiente che aveva, e lui non voleva tradire le sue aspettative proprio adesso, non quando le loro vite erano in gioco, non quando quegli orchi avevano scritto in faccia che non si sarebbero fermati davanti a niente, nemmeno ai bambini. Così corse via come lei gli aveva detto. La sua mamma era forte, gli aveva insegnato ad essere altrettanto forte di spirito prima che nel corpo, quell’uomo non aveva davanti una donna indifesa, prima o poi si sarebbero ritrovati. Non sapeva che sua madre gli avesse mentito.
 
***
 
Yusei aprì lentamente gli occhi. Ci mise un po’ a mettere a fuoco i dintorni. Una luce vivida filtrava timidamente dalla finestra accanto al letto a cui era disteso, proiettando silhouettes di rami e foglie per tutte le pareti. Ora che le guardava meglio, quelle pareti rossicce erano coperte dalle foglie di una verdissima edera che disegnava onde e ghirigori lungo tutto il muro. Non sapeva che un giardiniere potesse ottenere un effetto del genere da una pianta così ribelle. C’erano alti scaffali pieni di libri, un po’ polverosi, e vasetti ricchi di fiori colorati e profumati un po’ ovunque. Doveva essere pieno giorno. Udiva uccellini cinguettare allegramente dall'esterno. Ma quella casa non la conosceva. Che ci faceva lì? Come ci era finito?
Cercò di richiamare alla mente gli ultimi eventi di cui era memore. Escluse l’incubo che si era presentato nel suo sonno per l’ennesima volta. Erano passati più di dieci anni ormai. Improvvisamente balenò davanti ai suoi occhi quell’esplosione terribile, la caduta libera e poi il brusco atterraggio. E poi? Era convinto che ormai fosse giunta la sua ora, eppure era tornato indietro di nuovo. Ma come?
Yusei cercò di tirarsi su per controllare i dintorni, ma uno stordimento improvviso lo costrinse a ricadere sul materasso. Si tenne il cranio pulsante fra le dita. Si sentiva debole, senza forze, la testa troppo leggera e un senso di nausea gli attanagliava lo stomaco. Anzi, aveva tutto l’addome piuttosto indolenzito, la gola secca e una gran voglia di tornare a riposare. Ma no, non sapeva ancora se quel posto fosse sicuro, se gli conveniva sloggiare alla svelta, o se ci fosse qualcuno nei dintorni… Prima o poi avrebbe dovuto alzarsi in ogni caso, aveva sete, fame e una vescica troppo piena. Cercò di scivolare giù dal letto, aggrappandosi alla testiera in legno cigolante per rimettersi molto lentamente in piedi. La testa girava ancora, ma poteva mantenere l’equilibrio. Notò come non indossasse più l’armatura, e come la sua maglia fosse stata rimpiazzata da una camicia che non gli apparteneva. Chi mai poteva essere stato?
“Ehi, ti sei svegliato!”
Yusei si voltò allarmato, non aveva udito passi, ma qualcuno era entrato e… ed era quella ragazza piombata dal nulla a Neo Domino. Era lei, senza dubbio. Stringeva fra le mani un cespuglio d'erbe, ed era scalza, il che spiegava il suo passo felpato. Non poteva crederci. Forse stava ancora sognando. Continuò a fissarla come fosse stata un fantasma. Ora sì che era confuso, al punto che dovette sedersi di nuovo sul letto per non cadere malamente sul pavimento. La ragazza posò le piante su un tavolino e si precipitò da lui, invitandolo a non fare sforzi. Ma Yusei aveva bisogno di risposte, subito.
“Cosa ci faccio qui? E perché voi siete qui? Io non ricordo nulla.”
“Lascia stare le formalità, dammi del tu. Quello che importa è che ora stai bene. Ti ho trovato con un ramo che ti trapassava la pancia, la tua è stata una fortuna sfacciata.”
Yusei la fissò interrogativo. Poi sollevò un lembo della maglia per controllare che fine avesse fatto quel pezzo di legno. Ma sulla sua pelle liscia e compatta non trovò nemmeno una cicatrice. Era tale e quale a come l’aveva lasciata. Tanto che quasi pensò che la ragazza, anzi Aki, gli stesse mentendo.
“Non troverai niente perché ti ho ricucito con la magia, genio. Neanche se fossi stata un dottore tu saresti qui. Ma hai perso molto sangue, per quello non c’è niente da fare. Puoi solo riposarti.” lo informò, mentre si alzava per prendergli un po’ d'acqua.
Yusei faticava a credere alle sue orecchie. Forse stava ancora dormendo. Si passò una mano sul ventre. Ora che guardava meglio, i suoi pantaloni neri conservavano sotto la cinta delle macchie scure, forse si trattava del suo stesso sangue. In effetti, che fosse precipitato se lo ricordava, e anche il mal di testa gli pulsava ancora nelle tempie non lo aveva abbandonato, il che combaciava con una mancanza di sangue nelle vene. Ma questo voleva dire che quella ragazza era sul serio una strega, anche molto abile, e che per qualche motivo non gli aveva recato danno. Anzi, gli aveva salvato la vita. Strega che casualmente aveva incontrato quella mattina, e che gli aveva svoltato la giornata con estrema facilità. Non poteva essere un caso. Lei si avvicinò di nuovo, porgendogli l’acqua. Ma davvero, chi era questa ragazza?
“Yusei, ti sei ripreso!”
Un’ombra imponente oscurò la luce che filtrava dalla finestra. Un grosso occhio giallo sbirciava attraverso il vetro, quella fila di denti acuminati faceva ancora più paura vista da così vicino.
“Stardust, sei qui! Tu stai bene, vero?”
“Ovviamente. Pensavo che stavolta mi avresti detto addio sul serio.”
“Non ti libererai così facilmente di me.” ribatté il cavaliere sorridendo.
“Peccato, eh?”
Il ragazzo non riuscì a trattenere una risata. Quello scambio di battute era surreale per Aki. Era come assistere a una scena unica al mondo e irripetibile. Non c’era calcolo o fervida immaginazione che poteva pianificare una scena del genere. Figurarsi vederla accadere. Aki aveva molti pregiudizi da rivalutare, sia sui draghi che sui cavalieri. Che razza di legame c’era fra questi due?
Yusei cercò di scendere dal letto con le sue sole forze. Aki lo sostenne ugualmente per un braccio. Le sue gambe funzionavano abbastanza da tenerlo in piedi, ma per camminare speditamente era decisamente presto. La rassicurò che per un po’ ce l’avrebbe fatta da solo appoggiandosi al muro, giusto il tempo di uscire, prendere un po’ d’aria fresca, magari svuotarsi un po’ e se c’era dell’acqua, darsi una sommaria ripulita. Aki lo lasciò andare in un misto di cortesia e imbarazzo, indicandogli dove potesse trovare dell’acqua. In fin dei conti nel giardino c’era Stardust, poteva badargli tranquillamente lui da lì in poi.
Lei preferì restare in casa, dirigendo la sua attenzione a qualche banale faccenda, il letto sfatto, l’armatura rotta del cavaliere ammucchiata in un angolo, o i vasetti di gerani selvatici lasciati in giro. Giusto per tenersi occupata, in effetti. Meglio lasciare il cavaliere alle sue faccende e pensare alle proprie. Di ospiti lei non ne aveva mai, e il terriccio caduto in più punti del pavimento, le scartoffie abbandonate qua e là e tutti gli aggeggi magici del suo mentore sparsi in giro come i giocattoli di un bambino non davano esattamente un’aria di casa ben tenuta. Era ancora impegnata ad ammucchiarne un po’ sugli scaffali quando il cavaliere rientrò, attirando il suo sguardo. Benché sembrasse finalmente più a suo agio, l’andatura testimoniava una mancanza di forze evidente. Era pallido, più pallido di quando non si fosse svegliato, barcollante e sembrava dirigersi con urgenza al materasso. Una volta che riuscì a sedersi, o meglio a caderci sopra, piegò il capo in avanti tenendosi le tempie. Aki tornò da lui per sincerarsi che fosse tutto a posto.
“Tranquilla, sto bene… è solo un giramento di testa, mi passerà...” la rassicurò, senza staccare le mani dal cranio.
“Mi dispiace, non so fare di più. La mia magia ha ancora molti limiti.” Tentò di scusarsi lei.
“No, non dispiacerti” ribatté il cavaliere, cercando di raddrizzarsi, “al contrario, non ti ho ancora nemmeno ringraziata. Ti devo la vita, Aki… per sempre te ne sarò debitore.”
“No, tu avevi aiutato me per primo. Ti ho restituito il favore e adesso siamo pari, d’accordo?”
“No, tu hai fatto molto di più… ti prometto che mi riprenderò presto e che toglieremo il disturbo il prima possibile. Ti ho già causato così tanti guai…”
“Ssh, taci adesso e riposa. Non vanificare i miei sforzi.”
Yusei sorrise appena, un po' riluttante. Si stese con cautela su un fianco, mentre Aki gli tirava sulle spalle un lembo di coperta. Doveva ammettere che per quanto strana la situazione nel suo insieme, Aki ci stava prendendo gusto. Era riuscita a prendersi cura di una persona -che era in fin di vita solo la notte prima- con successo, e la cosa la riempiva di segreto orgoglio. Di solito nessuno valeva tutte quelle cure, ma questa persona in particolare sì. Notò che Yusei stesse già dormendo. Non aveva fatto in tempo nemmeno a mangiare che era già crollato di nuovo, esausto. Aki si ripromise di fargli trovare qualcosa da mettere sotto i denti almeno per quando non si fosse svegliato, non poteva riprendersi senza cibo nello stomaco, no?
La strega percepì vibrazioni attraverso il terreno. Stardust doveva essere atterrato da quelle parti. Non si era accorta di quando fosse volato via, forse era decollato dopo essersi allontanato. Uscì nel giardino, non curante della fresca rugiada che le bagnava i piedi, mentre la creatura rinfoderava le ali sulla schiena.
“Non ho trovato fonti magiche particolarmente rilevanti nei dintorni. Per il momento siamo al sicuro. Ma devi rispondere a una mia domanda, Aki.”
La ragazza era incuriosita. Un po’ intimidita, anche. “Cosa vuoi sapere da me?”
“Il vero motivo per cui hai aiutato Yusei.”
Aki fece un passo indietro, non sapendo bene cosa rispondere. La perspicacia di quel drago era temibile. “Ecco, io…”
“Raccontami tutta la storia, adesso. Nessun umano fa nulla per nulla.”
“In realtà… non c’è molto da dire. Ho solo un brutto presentimento.”
“Spiegati.”
“Due notti fa, ho avuto un incubo terribile. Ho capito subito che fosse una premonizione.”
“Che c’entra con Yusei?”
Anche se un po’ controvoglia, Aki prese a narrare quell'apocalittico sogno, senza tralasciare alcun dettaglio, né di come tale visione l’avesse spinta fra le mura della città a cercare quel fantomatico ragazzo, e di come avesse invece individuato tutta quella magia inscatolata in segreto. Il resto Stardust lo conosceva già. Il drago ripiegò le zampe stendendo più comodamente il ventre a terra, girando la coda attorno a sé, pensoso. Aki continuò.
“Ho solo avuto paura che se non avessi fatto nulla, sarebbe avvenuta qualche catastrofe. Non mi aspettavo tutto questo. Aggiunge per caso tasselli alla vostra ricerca?”
“No, in realtà non fa che aumentare le preoccupazioni. Ultimamente hanno cominciato ad accadere cose strane nelle terre di Neo Domino, i flussi di magia diventano sempre più torbidi e non riesco a rintracciarne la fonte. Se davvero il dragone che hai visto in sogno ha niente a che fare col commercio illegale e tutto questo miasma in giro, allora il pericolo è peggiore del previsto. Non dimenticare che siamo stati attaccati da un altro uomo sul dorso di un drago. Chiunque sia il nostro nemico, sta tramando qualcosa di grosso, e ha mezzi potenti. Ho protetto questa terra una volta, non permetterò che sanguini ancora.”
“Tu hai protetto Neo Domino? Quando?”
“Dieci anni fa. Dopo che Yusei mi salvò la vita.”
  
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