Appena il mio turno finì andai immediatamente alle spalle dell'edificio per aprire la porta del magazzino e far uscire il mio amico. 
Cercai le chiavi all'interno della mia borsa ma fui distratta da una chioma arancione all'angolo della strada. Mi avvicinai lentamente e toccai la spalla del ragazzo.

"Jimin?" lo chiamai 

"Yon, evidentemente non sai proprio chiudere una porta" si girò e sorrise 

Mi sentii un po' stupida e le mie guance si tinsero di un leggero rosso. Jimin mi stava osservando da testa a piedi, sorrise e prese il suo telefono dallo zaino.

"Che fai?" chiesi

"Una foto, per ricordarmi di te" mi fece l'occhiolino "Che ne dici di andare a prendere un caffè?"

"Certo" sorrisi "Conosco un bar carinissimo"

Camminavano uno accanto all'altro e Jimin parlava del suo viaggio. Per il primo mese era stato in una cittadina sul mare, poi si era spostato in una zona più rurale. Diceva che la solitudine non lo aveva fatto star male, anzi. Affermò che si sentiva diverso, più vero. Mi disse che aveva iniziato a vedere il mondo con occhi diversi. Inoltre rivelò che mi trovava più affascinante in quanto sembravo una donna.

"Sí, hai il viso da bambina ma sei una donna"

"Tu sei sempre il solito" scherzai

Entrammo nel bar e l'aroma del caffè mi circondò. 
Presi il mio solito caffè al caramello, Jimin  un cappuccino. Continuammo a parlare del suo viaggio e di quanto gli fosse piaciuto visitare tanti piccoli centri abitati.

"E adesso?" misi una mano sotto il mento "Tornerai a casa?"

"Pensavo di dormire in hotel. Non mi va di rivedere la mia famiglia"

"Ma avranno sicuramente sentito la tua mancanza" gli presi le mani "Ti prego"

"Yon" sorrise "Va bene. Farò una telefonata"

"Grazie" sorseggiai la mia bevanda 

"Già, come pensavo. Mi sento a casa qui con te" 

Avvampai. Si sentiva a casa e io avrei fatto di tutto per far rimanere la porta chiusa. Non lo avrei fatto scappare. 
E la mia mente si abbandonò a questo pensiero alquanto egoista. 

Jimin continuava a guardarmi sorridente. Ero davvero io la sua casa?

                                                                                 ❁❁❁

Jimin ormai era tornato in città da più di due settimane e ci incontravamo quasi ogni giorno. Andavamo al parco oppure in libreria e passavamo momenti bellissimi insieme, con lui al mio fianco mi sentivo protetta e ogni volta che arrivava la sera e ci dovevamo lasciare lo guardavo fisso negli occhi e gli promettevo che ci saremmo rivisti ad ogni costo.
Avevo rivelato a Taehyung la grande notizia, nonostante Jimin mi chiese di non dirlo a nessuno perché la sua scelta di tornare qui era legata solo al vedermi, ma non sembrava molto interessato, mi aveva detto che voleva vedere l'amico con i suoi occhi. Non mi credeva. Perché? Rimasi molto delusa dall'atteggiamento di Taehyung ma cercavo di pensarci il meno possibile fin quando non ricevetti una sua telefonata.

"Yon? Pronto?"

"Ciao"

"Sei arrabbiata?" chiese piano

"No"

"So che lo sei. Ti prego Yon non esserlo, ti voglio bene" si fermò "Davvero"

"Mi hai ferita, lo sai vero?"

"Yon... non volevo. Pensavo fossimo passati oltre, insieme"

"Oltre cosa? Non credi a quello che dico Tae! Perché? Io mi sento finalmente a casa, io..." le mie guance iniziarono ad inumidirsi 

"Yon non piangere, sto solo cercando di farti ragionare lo sai beniss-"

Riagganciai. Il mio migliore amico non credeva alle mie parole. Mi sentivo sola, persa. Mi sedetti sul letto e continuai a piangere in silenzio. 

Jimin, andiamo a casa.