Serie TV > Star Trek
Segui la storia  |       
Autore: Parmandil    15/10/2020    1 recensioni
Sono tempi bui, la prima Guerra Civile della storia federale. Scacciati dalla Terra, ora in mano ai Voth, gli Umani subiscono deportazioni e angherie di ogni sorta. Alla Flotta Stellare non resta che proteggere i pianeti ribelli dai Pacificatori, decisi a epurare ogni dissenso, in nome del “bene superiore”.
Ancora una volta il fulcro del conflitto è la stazione Deep Space Nine, nel sistema bajoriano. Qui i Pacificatori e i Breen sono decisi a schiacciare ciò che resta dei ribelli; né intendono lasciarsi sfuggire i preziosi Cristalli di Bajor. Ma i Cristalli hanno una volontà loro: specialmente il nuovo Cristallo di Fuoco, in cui si annida un’antica entità demoniaca. Solo un leggendario Capitano del passato potrebbe arginarla. I nostri eroi dovranno affrontare le fiamme e sacrificare ciò che più amano, solo per scoprire che una possessione demoniaca è cosa da nulla, in confronto alla possessione ideologica.
Intanto lo Spettro e la Banshee scoprono un piano diabolico che coinvolge le specie rettili dell’Unione. Teatro dell’intrigo è Cestus III, dove li attende una vecchia conoscenza. In questa guerra che incrudelisce sempre più, c’è una sola certezza: nessun vincolo d’amicizia, d’amore o di parentela può salvare chi si oppone ai Pacificatori.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benjamin Sisko, Cardassiani, I Profeti, Nuovo Personaggio, Odo
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Capitolo 6: Scaglie e zanne

 

   La Avalon uscì dalla cavitazione e si avvicinò al globo verdastro di Cestus III. Era una nave di classe Retribution, che riprendeva le linee dell’antica classe Crossfield: la sezione a disco era traforata, così da somigliare a un grande anello. Al suo interno si trovava un disco più piccolo, ospitante il modulo della plancia e unito posteriormente al corpo dell’astronave. La sezione motori era ampia e piatta; le gondole quantiche si prolungavano di molto all’indietro. Nel complesso era una delle classi più grandi e meglio armate a disposizione della Flotta Stellare, sebbene non ne fossero stati costruiti molti esemplari. Allo scoppio della Guerra Civile, l’equipaggio della Avalon si era schierato coi ribelli, e da allora era in prima linea contro i Pacificatori. O così credevano tutti. Solo Jaylah e Raav sapevano che la nave era ormai caduta in mano ai Voth; ma non potevano diffondere la notizia senza essere smascherati.

   L’arrivo dell’astronave stupì i corsari, ancora occultati nei pressi del pianeta. «È la Avalon» disse Siall, l’addetto ai sensori. Inquadrò il nome e il numero di registro, dipinti a caratteri cubitali sullo scafo. Come per tutte le navi della Flotta Stellare, erano ancora scritti in lettere e cifre terrestri. Sui vascelli dei Pacificatori, invece, nome e registro erano stati tradotti in Zakdorn, la lingua di Rangda.

   «Sarebbero quelli, i rinforzi federali che aspettavamo? Una sola nave, che non si prende neanche la briga di occultarsi!» si stupì l’Ufficiale Tattico, un Nausicaano di nome Skal’nak.

   «Uhm... siamo sicuri che sia proprio la Avalon?» s’insospettì lo Spettro. «Forse è una nave gemella, controllata dai Pacificatori. Potrebbero aver ridipinto il nome per infiltrarsi nello spazio federale».

   «Non credo, capo» disse Siall. «La Avalon ha alcune modifiche all’apparato propulsivo che la rendono unica. È proprio quella, non c’è margine d’errore».

   «Devono essere impazziti per venire da soli» borbottò Skal’nak, con la sua voce gutturale.

   «Sempre che non sia un attacco lampo» si allarmò Jack, vedendo la nave avvicinarsi al pianeta. «Lo Scudo Cittadino è sempre attivo?».

   «Certo... ehi!» fece il Nausicaano, vedendo le nuove letture. Eseguì una rapida analisi, per accertarsi della situazione.

   «Allora?!» fece Jack, impaziente.

   «Lo Scudo è calato pochi attimi fa. Cestus City è indifesa» rispose Skal’nak.

   «I federali la bombarderanno!» si allarmò Siall. «Magari non tutta la città, ma almeno la sede del summit».

   «Jaylah!» si disperò lo Spettro. Era pronto a scommettere che la sua amata fosse proprio lì, intenta a spiare il nemico. Avrebbero dovuto coordinarsi con la Flotta Stellare, prima di lanciarsi in quella rischiosa missione. A causa della loro fretta, Jaylah rischiava di cadere sotto il fuoco amico. «Tiratela fuori da lì!» ordinò l’Umano.

   L’addetto al teletrasporto trafficò con i comandi, sotto lo sguardo impaziente del superiore. «Niente da fare, è ancora occultata» disse.

   «Frell!» imprecò Jack. Finché la mezza Andoriana restava nell’Occultamento Sfasato, non potevano nemmeno contattarla. L’Umano osservò la Avalon, corrucciato. «Non può essere un caso che lo Scudo sia stato abbassato proprio adesso» ragionò. «È come se i Voth volessero essere distrutti. Qualcosa non va... che sta facendo la Avalon?».

   «Rilevo dei teletrasporti in corso» si stupì Siall. «Decine... centinaia di teletrasporti. Quasi tutti dall’Istituto, dal palazzo governativo e dalla caserma dei Pacificatori».

   «Stanno evacuando la città, come se fossero d’accordo» notò Skal’nak. «Ma se prelevano i Voth e i Pacificatori...».

   «Restano i civili» completò Jack. «E gli ambasciatori alieni».

   «Perché i federali dovrebbero fare una cosa del genere? E com’è possibile che i Voth glielo permettano?!» esclamò il timoniere.

   «Non credo che ci siano i federali, su quella nave» disse lo Spettro, scrutando cupamente la Avalon.

 

   L’Osservatorio Shackleford era uno degli edifici più alti di Cestus City. Sorgeva alla periferia della città ed era equipaggiato con i più moderni sensori elettromagnetici, gravitazionali e subspaziali. Come accadeva solitamente sui mondi dell’Unione, era aperto al pubblico. I visitatori potevano prenotare uno dei numerosi telescopi minori che facevano corona all’edificio e dedicarsi personalmente alle osservazioni. Solo il telescopio principale era interdetto al pubblico, essendo destinato agli astronomi professionisti. Ma per individuare un’astronave in orbita, le lenti minori andavano più che bene.

   Presentatosi all’Osservatorio, Raav prenotò un telescopio per tutto il pomeriggio. Si aspettava che la Avalon arrivasse a breve, ma non voleva correre rischi.

   «Che succede, ha nostalgia dello spazio?» chiese l’addetto alla reception, sapendo che il Gorn era stato a lungo sull’Enterprise.

   «Eh, diciamo così» fece Raav. «Sono qui da cinque anni, e ancora non ho approfittato del vostro magnifico osservatorio».

   «È il più moderno del pianeta» gongolò l’altro. «Certo che è strano venirci in pieno giorno» notò.

   «Non mi va di fare il nottambulo. Userò le lunghezze d’onda più adatte alle osservazioni diurne» si giustificò il Gorn.

   «Come preferisce. Se le interessa, Cestus IV e V sono in congiunzione» suggerì l’addetto. «Se usa i sensori subspaziali, potrà anche osservare una tempesta ionica vicino a Bellatrix».

   «Lo terrò a mente, grazie. A dopo» disse Raav, e infilò la scaletta che portava alla postazione assegnatagli. Si trovò in un abitacolo sferico, parzialmente sporgente dal corpo dell’Osservatorio. Il globo di trasparacciaio gli dava un’ampia panoramica della città. Il Gorn vide la sagoma imponente dell’Istituto, dove in quel momento si teneva la riunione decisiva. Il cielo era pattugliato dalle navette, mentre quei puntini più piccoli dovevano essere i droni accalappiatori, pronti a ghermire ogni sospetto. Raav digrignò i denti, pensando che da un momento all’altro poteva diventare il loro bersaglio.

   Il Gorn si accomodò alla bell’è meglio sulla seggiola, troppo piccola per lui, e attivò il telescopio. Impostò il computer sulla ricerca automatica di astronavi nell’orbita e restò in attesa. Non dovette aspettare a lungo. Era lì sì e no da venti minuti, quando un segnale audio lo avvisò che c’era qualcosa.

   «Ci siamo» si disse Raav, sentendo quel misto di entusiasmo e timore che lo accompagnava ogniqualvolta si lasciava coinvolgere in faccende pericolose. Visualizzò il vascello in orbita: era di classe Retribution. Doveva essere la Avalon... sì, il nome era ben leggibile sullo scafo. Era il momento.

   Il Gorn sgusciò via dalla postazione, scese la scaletta e raggiunse la balconata che girava intorno all’osservatorio. Guardando il cielo, notò che lo Scudo Cittadino non era più attivo. Un pessimo segnale. Trasse di tasca il comunicatore a lungo raggio che si era portato dietro quando aveva lasciato l’Enterprise. Era un dispositivo palmare, che una volta attivato proiettava un oloschermo dal quale si potevano gestire le numerose funzioni. Con l’aiuto di Jaylah, Raav lo aveva già impostato per trasmettere un messaggio criptato, con la cifratura usata dalla banda dello Spettro. Sulla Stella l’avrebbero decrittato subito, mentre si sperava che i Voth e i Pacificatori ci avrebbero messo un po’ di più.

   «Mi sentite? Sono il vecchio amico di Jaylah» disse Raav, augurandosi di ultimare la trasmissione prima che la Sicurezza gli fosse addosso.

 

   Invisibile come al solito, la Banshee seguì il Legato Azel nella sala riunioni dell’Istituto. Corythos e i suoi collaboratori erano già lì, come la maggior parte degli ambasciatori. C’era tensione nell’aria, perché il Colonnello doveva rispondere all’ultimatum dei Gorn. Se non avesse accolto le loro richieste i lucertoloni se ne sarebbero andati, e almeno un paio di altre specie li avrebbero seguiti. Per la Lega dei Rettili sarebbe stato un duro colpo.

   La Banshee si mise in un angolo e attese, mentre i Cardassiani sedevano al tavolo. Notò che Corythos e gli altri Voth apparivano calmi. Le loro pose erano rilassate, la parlantina sciolta. Persino le loro scaglie erano di un verde lucente, per nulla offuscato dall’ansia. Conoscendo il loro piano, quella tranquillità acquisiva una connotazione sinistra.

   Poco alla volta la tavola si riempì, finché anche i Gorn entrarono in sala. Gli occhi gialli del Predatore Raugh si fissarono su Corythos, ostili.

   «Ben arrivato, eccellenza; ora siamo al completo» lo accolse il Colonnello.

   «Sssshhht!» sibilò Raugh, alla maniera dei Gorn. «Sono qui solo perché ieri ha promesso di darmi una risposta chiara. Quindi lo faccia! Accoglie le mie richieste, o no?». Invece di sedersi come tutti gli altri, i Gorn rimasero in piedi, in atteggiamento di sfida. I loro occhi gialli dardeggiavano nella penombra.

   «L’Ammiraglio Hadron è disposto a consegnarvi questi pianeti» disse Corythos, attivando un oloschermo. Apparve una mappa della regione, con evidenziati i mondi in questione. L’elenco era scritto a fianco, in ordine alfabetico. I Gorn si avvicinarono per leggere, mentre il Voth tornò al tavolo. Si accostò a una lampada a forma di uovo che spandeva una calda luce dorata, tanto più evidente nella penombra. Alcuni insetti simili a falene vi svolazzavano attorno, attirati dalla luce. Corythos osservò brevemente le loro evoluzioni. D’un tratto buttò fuori la lingua da camaleonte e ne acciuffò uno, ingoiandolo. Il gesto inaspettato fece sussultare Azel, che sedeva lì accanto. Il Cardassiano distolse lo sguardo, schifato dalle abitudini alimentari dei Voth.

   «Questo è intollerabile!» ringhiò Raugh, al termine della lettura. «Ci avete attribuito solo metà di quanto avevamo chiesto!».

   «Se ha letto fino in fondo, Predatore, avrà visto che avrete un terzo del territorio degli altri mondi» corresse Corythos. «Considerando la vostra popolazione e le stime demografiche, è più di quanto colonizzerete nei prossimi cinquecento anni».

   «Noi non vogliamo riempire quei mondi come formicai» obiettò il Gorn.

   «No, infatti. Voi volete installare degli avamposti militari, oltre a miniere e fabbriche per sfruttare le risorse» convenne il Voth. «Dunque non vi servono i pianeti interi; un terzo è più che sufficiente. Sarà un’apposita commissione congiunta a stabilire i confini...».

   «Non ci siamo capiti, sssshhht!» sibilò Raugh. «Vogliamo i pianeti, tutti interi. Nessuna spartizione territoriale! Al massimo potremmo lasciarvi i satelliti, quando ci sono».

   «Mio stimato ospite, temo che la risposta sia no» disse il Colonnello, garbato ma deciso.

   «Allora non abbiamo più nulla da dirci» ribatté il Predatore. «Voi continuate pure a discutere, se vi aggrada. Noi abbiamo finito. Torniamo sulla nostra nave seduta stante».

   «Suvvia, non guastate tutto sul più bello!» intervenne Azel. «Forse possiamo offrirvi qualcos’altro, in luogo di quei mondi».

   «Ma certo!» fece Raugh, con un ghigno sarcastico. «Per ogni mondo in meno che abbiamo ottenuto dai Voth, voi ce ne darete uno dei vostri. Le piace l’idea? È pronto a questo sacrificio, per il bene della Lega?».

   Il Cardassiano s’irrigidì e distolse lo sguardo. Non era autorizzato a giocarsi interi mondi a quel modo.

   «Lo considero un no» ironizzò il Gorn. «Il Legato Azel si tira indietro... qualcun altro si offre di risarcirci al suo posto?» chiese, passando in rassegna gli ambasciatori.

   Il silenzio cadde sulla tavola. Tutti fissavano la superficie metallica, senza fiatare.

   «Bene, bene... vedo che non siamo gli unici a fare i propri interessi!» rise il Gorn. «Buona fortuna a tutti voi, con la Lega dei Rettili. Sempre che ci crediate ancora».

   «Contavamo sul vostro supporto» disse l’ambasciatore Selay. «Se ve ne andate, saremo troppo esposti alla rappresaglia federale. A questo punto devo tirarmi indietro». Lasciò il tavolo e venne a fianco dei Gorn, sia pur mantenendo una rispettosa distanza.

   Fu la volta dell’ambasciatrice Sauriana, che si schiarì la gola e volse intorno gli enormi occhi sporgenti. «La mia gente è stata nella Federazione per secoli» disse. «Ora che tutto crolla, speravamo di formare una nuova alleanza. Ma è chiaro che qui non si riesce a trovare un equilibrio. Non ci sono le condizioni per continuare». Si alzò dal seggio e andò verso l’uscita, pur tenendosi ancora più lontana dai Gorn.

   Vedendo sfilarsi tre specie in una volta, gli ambasciatori rumoreggiarono. Nessun altro, tuttavia, si unì agli insoddisfatti. Goriar, il rappresentante degli Xindi Rettili, li fissò con disprezzo. Il Legato Azel scosse la testa e si versò da bere.

   «Beh, ve ne andate così?» chiese Goriar. «E noi dovremmo continuare a discutere, sapendo che potreste tradirci?».

   «Non informeremo i federali di ciò che accade qui, se è questo che teme» promise Raugh. «Suppongo di parlare anche a nome dei miei colleghi».

   «Manterremo il segreto» promise il Selay.

   «Nessuno lo saprà mai» confermò la Sauriana.

   «Parole! Solo parole!» sbottò Goriar. «Se costoro se ne vanno, esigo che i negoziati proseguano altrove».

   «Mi unisco alla richiesta» disse Azel, quasi di malavoglia. «Non possiamo correre rischi».

   «Mettete forse in dubbio il mio onore?» chiese Raugh, avvicinandosi con fare minaccioso.

   «Se avesse l’onore di cui si vanta, non se ne andrebbe alla prima difficoltà!» ribatté Goriar, scattando in piedi. Di tutti i presenti, era l’unico che potesse competere fisicamente con il Gorn, anche se non aveva fauci paragonabili alle sue. I due rettili si fronteggiarono, ringhiando.

   «Calmi, signori!» intervenne Corythos, frapponendosi. «L’onorevole Raugh ha fatto la sua scelta, e così gli altri delegati. È nel loro diritto. Siamo tutti qui su base volontaria, e se la loro volontà è di ritirarsi, dobbiamo rispettarla». Ciò detto si rivolse in particolare ai Gorn. «Tuttavia ritengo che questo sia un errore dettato dalla fretta. Se ve ne andate ora, danneggerete più i vostri interessi che i nostri. Dico davvero... farete più male a voi stessi che a noi» ribadì.

   Per la Banshee, che ascoltava tutto, queste parole furono un campanello d’allarme. Il Voth non stava parlando in astratto; sapeva che la scelta di andarsene li condannava a morte.

   «Correremo il rischio» disse Raugh. «Ora fateci uscire».

   «Come sapete, l’Istituto è isolato per via delle misure di sicurezza» spiegò Corythos, sempre calmo. «Dovrò uscire dall’area protetta per contattare le vostre navi, affinché vengano a prendervi. Nel frattempo vi chiedo di attendere nella sala attigua».

   Il Gorn sbuffò dalle narici. «D’accordo, mangiafoglie... ma fa’ in fretta! Non resteremo un minuto più del necessario».

   «Oh, questo ve lo posso assicurare» disse il Voth, permettendo a un sorriso ironico d’increspargli le labbra. Si diresse spedito verso l’uscita.

   Per la Banshee fu la conferma del piano. Corythos intendeva mettersi in salvo, mentre l’edificio – e forse il quartiere – sarebbe stato raso al suolo dalla Avalon. C’era un solo modo per impedirlo: trattenere il Colonnello.

   Corythos stava per varcare la soglia, quando la Banshee si materializzò davanti a lui, più lugubre e minacciosa che mai. «Altolà! Che nessuno lasci questa stanza!» ringhiò, agguantando l’avversario per il collo. Il Voth sobbalzò per lo spavento e le sue scaglie si tinsero di blu, il colore della paura. Cercò di arretrare, ma la sua gola era già serrata nella stretta d’acciaio della corsara. Allora si portò la mano in fondina, inutilmente. La Banshee lo aveva già disarmato con l’altra mano.

   Il caos si diffuse nella sala. Gli ambasciatori balzarono in piedi: alcuni arretrarono in preda al panico, mentre altri – Gorn e Xindi Rettili – si fecero avanti, pronti a lottare. Le guardie Voth estrassero le armi, ma non poterono sparare, perché la Banshee si faceva scudo con il Colonnello. Vedendo che un paio di sauri si spostavano di lato, per avere il tiro libero, la corsara emise uno dei suoi famigerati urli. L’attacco sonico funzionò: i due Voth furono investiti in pieno e caddero all’indietro, rovesciando alcune sedie. Anche Corythos fu stordito, essendo vicino al sintetizzatore vocale. La corsara però continuò a sorreggerlo, affinché le facesse da scudo.

   «Gettate le armi, o il vostro Colonnello si unirà alle specie estinte!» intimò la fuorilegge, squadrando le guardie ancora in piedi. Sgomentati dall’inaspettata piega degli eventi, i Voth obbedirono.

   «Guarda, guarda... la famosa Banshee» la riconobbe Raugh. «Sssshhht! Dunque è vero ciò che si dice di te. Non c’è luogo fuori dalla tua portata».

   «Non c’è» confermò la Banshee, decisa a coltivare la propria leggenda nera. «E se qualcuno di voi prova a scappare, finirà come costui, o peggio» disse, agitando il corpo svenuto di Corythos come una marionetta.

   «Sei pazza... non uscirai viva da qui!» ringhiò Goriar.

   «I pazzi siete voi, a fidarvi dei Voth» ribatté la corsara. «Lo Scudo Cittadino è appena stato abbassato e c’è un’astronave in orbita pronta a disintegrare questo edificio. L’unica cosa che li trattiene dall’aprire il fuoco è il fatto che questo bel tomo sia ancora qui» disse, sollevando il Colonnello per il collo. «Per questo voleva andarsene! Lui e gli altri Voth si sarebbero messi in salvo, mentre voi sareste morti».

   «Perché l’avrebbero fatto?!» chiese Raugh.

   «Perché così il vostro popolo avrebbe voluto vendicarsi e sarebbe tornato al tavolo delle trattative» rispose prontamente la Banshee. «Vedete, la nave in orbita è la Avalon, che fino a poco fa apparteneva alla Flotta Stellare. Ma i Voth se ne sono impadroniti. Così sembrerà che sia stata la Federazione a compiere l’attacco! È la strategia dei Voth per impedire che la Lega dei Rettili si sfaldi sul nascere».

   «E tu come fai a saperlo?» chiese Azel.

   «Io sono la Banshee» rispose lei, lapidaria.

   «Dovrai darci più che la tua parola!» insisté il Cardassiano. «L’unica certezza che abbiamo, finora, è che ti sei infiltrata in questo summit e ci hai aggrediti. Perché dovremmo fidarci di una corsara, piuttosto che del nostro anfitrione?».

   «Se avessi voluto uccidervi, lo avrei già fatto» rispose freddamente la Banshee. «Invece vi ho risparmiati. E ho risparmiato anche lui, affinché confessi». Così dicendo lasciò cadere Corythos. Poi raccolse le armi dei Voth e le mise fuori uso, estraendo le celle energetiche.

   «Quindi che hai in mente di fare?» chiese Goriar.

   «Aspetterò che il Colonnello si riabbia e lo costringerò a confessare il suo piano» rispose la corsara. «Nel frattempo confido che le vostre navi captino la Avalon e la mettano in fuga. A quel punto potrete tornare a bordo». Non menzionò la Stella del Polo, per non complicare la situazione.

   «Ci vorrà del tempo per tutto questo» notò Azel, aspettandosi una reazione dei Voth.

   «Aspetterò» rispose la Banshee. «E voi attenderete con me, che vi piaccia o no».

 

   Nello spazio, la Avalon si era fermata in orbita geostazionaria al disopra di Cestus City. Vista dalla Stella, era una macchia scura contro il disco verdastro del pianeta, che traspariva anche dall’apertura nella sezione a disco.

   «Hanno smesso di teletrasportare» disse Siall.

   «Se vogliamo distruggerli, questa è l’ultima occasione» avvertì Skal’nak. Se la Avalon avesse alzato gli scudi, la Stella non sarebbe riuscita a sopraffarla.

   Jack esitò. Era quasi certo che quella nave fosse caduta sotto il controllo nemico. Ma se si sbagliava, e la distruggeva, avrebbe ucciso un migliaio di ufficiali della Flotta.

   «Ehi capo, riceviamo una trasmissione da un canale criptato» rilevò Siall. «Solo audio. Potrebbe essere Jaylah».

   «Sentiamo» disse lo Spettro, sperando di avere lumi sulla situazione.

   Il vocione di Raav rimbombò nella plancia. «Mi sentite?» fece il Gorn. «Sono il vecchio amico di Jaylah. Scusate se non mi presento, ma il rischio d’intercettazione è alto. Vi avverto che quella nave, la Avalon, non è più della Flotta. I Voth se ne sono impadroniti e la useranno per bombardare la città. Vedete, alcuni degli ambasciatori vogliono andarsene, e questo i Voth non lo tollerano. Sperano che, incolpando la Flotta dell’attentato, i loro popoli aderiscano alla Lega dei Rettili per vendetta. Dovete disabilitare quella nave, prima che...». La trasmissione si riempì d’interferenze, che la resero incomprensibile. Ma l’essenziale era già stato detto.

   Lo Spettro si alzò, livido in volto. I suoi peggiori sospetti si erano avverati. «Portatelo a bordo» ordinò, non volendo che il vecchio Gorn passasse dei guai per averli avvertiti. «Poi su gli scudi, e attacchiamo la Avalon».

   «Signore, la nave ha già rialzato gli scudi» avvertì Skal’nak. «È una classe Retribution... è oltre le nostre possibilità».

   «Non dobbiamo per forza distruggerla» obiettò Jack. «Ci basta resistere finché arriveranno le navi degli ambasciatori».

   Raav apparve sulla pedana di teletrasporto incassata nella parete. I corsari lo avevano prelevato appena in tempo, perché i Pacificatori avevano intercettato la sua trasmissione, bloccandola e risalendo alla fonte. I droni accalappiatori stavano per ghermirlo, quando il teletrasporto lo aveva salvato. «Non avete perso tempo, eh? Bene, bene!» disse il Gorn, guardandosi attorno soddisfatto. «Ah, il famoso Spettro» aggiunse, notando Jack davanti alla poltrona di comando.

   «In persona. Lei è Raav, giusto?» chiese l’Umano.

   Il vecchio Gorn annuì e gli venne incontro.

   «Dov’è Jaylah?» domandò Jack con urgenza.

   «Nell’Istituto per le Relazioni Unione-Gorn» spiegò Raav. «Assieme a Corythos e agli ambasciatori. Il piano è trattenere il Colonnello, perché se lui se ne va...».

   «... la Avalon aprirà il fuoco, sì» concluse lo Spettro.

   «Sempre che non spari lo stesso» ammonì il Gorn. «Questi Voth sono infidi; non mi stupirei se sacrificassero il loro Colonnello».

   «Signore, la Avalon ci sta cercando coi sensori anti-occultamento» avvertì Siall.

   «Temo che il mio messaggio li abbia allarmati» disse Raav. «Mi spiace, ma dovevo avvertirvi della situazione».

   «Ha fatto bene» disse Jack, che ormai considerava lo scontro inevitabile. «Allarme Rosso. Usciamo dall’occultamento e attacchiamo» ordinò, tornando a sedersi.

   La Stella del Polo si rese visibile e nello stesso momento aprì il fuoco. I corsari avevano avuto l’accortezza di tenersi in coda alla Avalon, così da essere esposti a un minor numero di armi. Ma il primo assalto della Stella, per quanto violento, fu assorbito senza difficoltà dagli scudi federali. La Avalon rispose prontamente con le armi di poppa e manovrò per fronteggiare la nave corsara.

   Scuotendosi sotto i colpi nemici, la Stella manovrò a sua volta per restarle in coda. Solo così poteva ridurre lo svantaggio; ma i corsari sapevano di non poter vincere. Potevano solo sperare che le navi degli ambasciatori rilevassero lo scontro e tornassero a Cestus.

   La Avalon compì una serie di manovre evasive, sempre sparando a tutto spiano con le armi posteriori. La Stella tuttavia la seguì dappresso, imitando ogni mossa. «Massima energia agli scudi anteriori. Concentrate il fuoco sui propulsori di manovra» ordinò lo Spettro.

   «Stanno aprendo l’hangar» avvertì Siall.

   Come la sua antesignana del XXIII secolo, la classe Retribution aveva un hangar enorme, contenente un vasto assortimento di navette. Alcuni modelli erano così potenti da poter affrontare la battaglia. E così avvenne. Venti navicelle Gryphon si lanciarono nello spazio, circondarono la Stella e la attaccarono da ogni lato. La nave corsara non poté reagire più di tanto, dovendo manovrare per restare in coda alla Avalon. Colpo dopo colpo, i suoi scudi s’indebolirono.

   «Peccato che non abbiamo il resto della flotta» grugnì Skal’nak, cercando di abbattere le navette. Ma queste erano così agili da evitare la maggior parte dei colpi, e comunque l’attacco principale doveva restare diretto alla Avalon.

   «Beh, il famoso Spettro avrà qualche asso nella manica, dico bene?» fece Raav, squadrando il corsaro.

   «Lanciare gli incursori» ordinò questi, vedendo che la situazione precipitava.

   L’hangar della Stella si aprì e tre incursori di classe Dal’Rok ne uscirono. Data la dimensione considerevole delle navicelle, non era stato possibile stiparcene di più. Gli incursori attaccarono le navette nemiche, più piccole ma molto più numerose, riuscendo a distoglierne solo alcune. Nel frattempo la Avalon, agile malgrado la stazza, era riuscita a scrollarsi di dosso la Stella. L’attaccò con le potenti armi di prua, facendola sussultare.

   «Scudi al 50%... qui si mette male» avvertì il Nausicaano.

   «Me ne sono accorto» si disse Jack. Era una delle situazioni peggiori in cui si fosse mai trovato: addentro nel territorio nemico, con scarse speranze di avere rinforzi, costretto ad affrontare una nave assai più potente. E non poteva nemmeno battere in ritirata, come aveva fatto altre volte, perché Jaylah era su Cestus e ormai si era rivelata al nemico. Anche se era asserragliata in sala riunioni, non poteva resistere a lungo. Perciò anche lui doveva restare, sperando che la situazione si sbloccasse, prima che la Avalon li facesse a pezzi.

 

   Con un sussulto accompagnato da un singhiozzo, Corythos si rialzò dalla sua posizione distesa, mettendosi a sedere per terra. E si trovò davanti la Banshee, che lo fissava da chissà quanto.

   «Comodo?» chiese la corsara.

   «Questa... questa è pura follia!» balbettò il Voth, scattando in piedi. «Non uscirai viva da qui».

   «Non immagina quante volte me l’hanno detto» ribatté la Banshee, caustica. «Eppure eccomi qui. Stavolta, poi, la situazione è particolarmente avvincente. Lassù c’è la Avalon, che dovrebbe bombardare questo edificio... ma non può, finché la trattengo. La Stella del Polo le sta tenendo compagnia. Quaggiù ci siamo io, lei... e gli ambasciatori che voleva assassinare. Potremmo definirla una situazione di stallo, ma non durerà a lungo. Forse la Avalon fuggirà e questi signori torneranno ai loro mondi. O forse i suoi simili decideranno di sacrificarla, nel qual caso morirà qui. Mi dica... quanto vale la sua vita, per l’Autorità Voth? Più o meno di questa missione?».

   Corythos si guardò attorno, leccandosi le labbra e valutando le possibilità di fuga. La porta era bloccata e non c’erano altre via d’uscita. Il comunicatore gli era stato strappato dall’uniforme, e comunque la sala era schermata. E gli inibitori di teletrasporto erano ancora attivi, perciò nemmeno i Voth potevano agganciarlo. La situazione era indubbiamente grave, ma il Colonnello decise di ostentare sicurezza.

   «Non temete, signori» si rivolse agli ambasciatori. «Presto una squadra Voth farà irruzione, eliminando questa squilibrata. Quanto alla sua astronave, ci penserà la mia Nave Bastione a distruggerla. Noi non corriamo alcun rischio».

   «E la Avalon?» chiese Raugh. «Non è forse vero che ve ne siete impadroniti, per simulare un attacco federale? Per ucciderci, persino?!» ringhiò.

   «Che assurdità! Non crederete alle storielle di questa criminale da quattro soldi?» ribatté Corythos, infastidito. «Qualunque cosa vi abbia raccontato, è una menzogna. Il suo scopo è sabotare questo summit per conto dei ribelli. Farebbe qualunque cosa, per metterci uno contro l’altro!» disse, fronteggiando la corsara.

   «E lei farebbe qualunque cosa per ottenere l’aiuto dei rettili. Anche assassinare i loro ambasciatori» rimbeccò la Banshee. «È sempre questa la vostra politica, eh? Vi vantate di avere una tecnologia superiore, però poi fate combattere gli altri per voi. Prima o poi le altre specie si stancheranno di andare al macello per il vostro tornaconto, e ve le troverete tutte contro».

   «Puoi dimostrare ciò che affermi?» chiese Goriar.

   «Ovviamente no!» disse Corythos, cogliendo l’occasione. «Signori, comprendo che la situazione v’innervosisca, ma non è il caso di cedere alla paranoia. Non c’è alcun complotto per uccidervi. C’è solo questa ricercata, che ci ha presi in ostaggio e ora cerca di seminare zizzania. Volete davvero credere a lei, invece che a me? La parola di una pregiudicata, contro quella di un Colonnello dell’Autorità Voth?».

   «Poco fa lei voleva lasciare questa sala, Colonnello» notò Raugh.

   «Per chiamare le vostre navi!» si difese il Voth. «Ma a quanto pare dovrò aspettare un po’. Sedetevi, signori, e rilassatevi. Il tempo è a nostro favore». Così dicendo si avvicinò al tavolo, e in particolare alla lampada attorno a cui ronzavano gli insetti. La Banshee lo seguì.

   «Quella tuta primitiva dovrebbe spaventarmi?» fece Corythos in tono sprezzante. «Sai, anche noi abbiamo l’Occultamento Sfasato. I miei soldati lo useranno per liberarmi... arriveranno da un momento all’altro... e allora vedremo chi c’è sotto quella maschera ridicola» sogghignò. Proiettò la lingua in avanti, per acciuffare una succulenta falena che svolazzava attorno alla lampada. Fu un errore.

   Con i suoi riflessi fulminei, la Banshee afferrò la lunga lingua del Voth nel momento in cui era estroflessa. Il Colonnello, che non se l’aspettava, ebbe quasi un colpo. Cercò subito di riavvolgere la lingua, ma la corsara gliela tenne saldamente, costringendolo a restare in quella posa umiliante, che gli impediva di parlare.

   «Stupido pallone gonfiato!» sibilò la Banshee. «Voi Voth avete perso il primato, e in fondo lo sapete, o non cerchereste alleati che facciano il lavoro sporco. Credevate di avere gioco facile, ma avete fatto male i conti. Io non ho prove, dici? Ci sei tu! E c’è l’ambasciatore dei Beta Annari. La loro specie possiede un fiuto incredibilmente preciso. Possono percepire le menzogne, grazie alla variazione ormonale che inducono nell’organismo. Ora io ti farò delle domande, e tu risponderai. Se menti, il Beta Annari lo capirà. Se rifiuti di rispondere, dimostrerai che temi d’essere smascherato. E io ti strapperò ben altro che la lingua. Mi sono spiegata?!».

   Così dicendo, la corsara gli strattonò la lingua con tale violenza da fargli venire le lacrime agli occhi. Le scaglie del Voth trascolorarono al rosa, la tinta della vergogna. Umiliato, ma impossibilitato a liberarsi, non poté far altro che annuire.

   «Non ti sento. Mi sono spiegata?!» ringhiò la Banshee, tirando la lingua così forte che arrivò vicina a strappargliela.

   Il Voth terrorizzato annuì ancora più vistosamente.

   «Bravo ramarro» fece la corsara, mollando finalmente la lingua appiccicosa. Corythos la ritirò subito in bocca, dolorante e sconvolto. In vita sua non era mai stato tanto umiliato.

   «Ora dimmi: c’è la Avalon in orbita?» chiese la fuorilegge.

   L’ambasciatore Beta Annari si avvicinò, per cogliere le sottili variazioni ormonali che rivelavano la menzogna. Corythos pensò a un modo per rispondere senza tradirsi, ma in quella situazione di stress non gli venne in mente nulla.

   «Parla!» ringhiò Raugh, che seguiva l’interrogatorio con la massima attenzione.

   «Sì! Sì, la Avalon è qui» ammise il Voth.

   «Ha detto il vero» confermò il Beta Annari.

   «Ed è caduta in mano vostra, giusto?» incalzò la Banshee.

   «Dipende da cosa intendi con...».

   «Intendo il significato della frase. Le truppe Voth controllano la Avalon» scandì la corsara.

   «Uhm... è probabile» mugugnò Corythos.

   «Di nuovo sincero» disse l’ambasciatore, a beneficio dei colleghi.

   «Il vostro equipaggio ha l’ordine di bombardare questo edificio, appena lei l’avrà abbandonato. Non è così?» proseguì la corsara.

   «Tutto ciò è assurdo...».

   «Non è così?!».

   «Io... non so cosa accadrà, ora che ci avete attaccati» disse il Voth. «Tu potrai anche uccidermi, ma il vostro sabotaggio fallirà».

   «Rifiuti di rispondere, perché sai che l’ambasciatore percepirebbe la menzogna» disse la Banshee. «Lo vedete, signori? Il Colonnello non risponde! Teme d’essere smascherato! E proprio questo vi conferma la sua colpevolezza».

   «No! Non credete a questa tagliagole!» gridò Corythos. «E poi, il fiuto dei Beta Annari non è infallibile!».

   «Rispondi alla domanda, miserabile mangiafoglie!» ringhiò Raugh, scoprendo le zanne. «È vero che la Avalon ha l’ordine di ucciderci?».

   «No, è una lurida menzogna!» esplose il Voth.

   Tutti gli sguardi si appuntarono sul Beta Annari, che chiuse gli occhi e inspirò profondamente, concentrandosi sulle percezioni olfattive. «Qualcosa è cambiato» disse. «Il Colonnello aveva paura già da prima, ma la sua attività metabolica si è alterata nell’ultima risposta. Io credo che abbia mentito».

   «Lei crede! Dalle mie parti, questa non è considerata una prova valida!» berciò Corythos.

   «Dalle mie, invece, basta quantomeno per sospettare» intervenne il Legato Azel. «In effetti mi sembrava strano che lasciasse andare tanto facilmente gli insoddisfatti. Dovevo capirlo che aveva un piano».

   «Non è come crede. Voi siete nostri alleati, non avrei mai permesso che vi capitasse qualcosa di male...» ansimò il Voth.

   «Mente» disse il Beta Annari, stavolta con decisione.

   «Oh, stia zitto!» gridò Corythos, non sopportando di essere contraddetto.

   «Che viscido traditore» disse Azel, fissandolo con disprezzo. «Io mi fidavo di lei, e avrei fatto il possibile perché questa alleanza andasse in porto. Ma ora scopro che intendeva ucciderci tutti... non solo quelli che volevano andarsene! E le dico che il mio popolo non si unirà mai a voi».

   «Neanche il mio» disse Goriar.

   Uno dopo l’altro, i rimanenti ambasciatori chiarirono che nemmeno loro erano disposti a proseguire le trattative. Il Colonnello si trovò circondato da decine di alieni – i delegati coi loro entourage – che lo squadravano con ostilità. I Selay allargarono il cappuccio di pelle che avevano attorno al collo e li rendeva simili a cobra. I Gorn, gli Xindi Rettili e altri ringhiarono, scoprendo le zanne.

   «Stupidi animali!» sbottò Corythos, mentre le sue scaglie si arrossavano per la rabbia. «Credete d’impaurirmi? Non siete niente, per noi Voth. Vi abbiamo offerto la nostra alleanza, in nome del comune sangue freddo, perché solo così vi sareste salvati. È stata pura generosità da parte nostra, e voi selvaggi l’avete rifiutata! Ora ne pagherete le conseguenze».

   «Fossi in lei, mi preoccuperei più della mia sorte» disse la Banshee.

   «Questo vale anche per te!» berciò Corythos. Levò la mano tridattila e le scagliò contro un artiglio. La capacità di lanciare gli artigli, contenenti un potente soporifero, era uno degli accorgimenti evolutivi più sorprendenti dei Voth. Tuttavia era anche considerata una barbarie, una sorta di retaggio animalesco, tanto che i sauri vi ricorrevano di rado, e solo come ultima risorsa. Ma la Banshee non si fece prendere di sorpresa. Anche se riteneva la sua tuta abbastanza resistente da proteggerla, si rese intangibile, così che l’artiglio l’attraversò senza nuocerle. Proseguendo la traiettoria, l’unghione colpì l’ambasciatrice Sauriana, che fino ad allora si era tenuta in disparte.

   La Sauriana buttò indietro la testa ed emise un lamento stridulo, che costrinse gli altri a turarsi le orecchie. Ebbe appena il tempo di strapparsi l’artiglio, che le si era profondamente conficcato nella spalla, prima che il sedativo facesse effetto. Si accasciò tra le braccia di un suo collaboratore, che l’adagiò a terra, perché potesse riprendersi.

   «Cilecca» disse la Banshee.

   «Non ha importanza» fece Corythos, sempre rosso d’ira. «La Avalon distruggerà la tua insulsa nave, e poi...».

   «E poi cosa? Ci bombarderà e ci ucciderà tutti, lei compreso?» chiese Azel.

   «Può darsi» grugnì il Colonnello, a malincuore. Mentre parlava si massaggiava la mano, indolenzita per aver lanciato l’artiglio. «In ogni caso, la vostra scoperta non raggiungerà mai i vostri pianeti. I negoziati riprenderanno in un’altra sede e la Lega dei Rettili sarà una realtà. Come vedete, il nostro piano ha funzionato».

   «Questo è ancora da vedere» ribatté la Banshee. «Noi corsari siamo più coriacei di quanto crede».

 

   La battaglia spaziale volgeva ormai al suo inevitabile epilogo. Per quanto i corsari s’ingegnassero, la loro astronave non poteva competere con la Avalon, che era più armata e aveva scudi più potenti. I primi a soccombere furono gli incursori. Uno di essi fu distrutto dal fuoco concentrato delle navette nemiche, un altro dai siluri della Avalon. Il terzo, danneggiato, dovette ritirarsi prima di finire allo stesso modo. Restava solo la Stella del Polo, al centro della gragnola nemica.

   «Scudi al 20%, dobbiamo andarcene!» gridò Skal’nak, mentre la nave sussultava.

   «Se scappiamo, i Voth vinceranno e sarà stato tutto inutile» obiettò lo Spettro.

   «Farci distruggere non migliorerà le cose» grugnì il Nausicaano.

   Jack fissò con rabbia la Avalon. Gli era capitato molte volte di doversi ritirare davanti a nemici più potenti, ma mai di abbandonare Jaylah in territorio ostile. Avrebbe dovuto dissuaderla dallo scendere da sola... ma era tardi per recriminare. Doveva prendere una decisione; e ormai non c’era che una possibilità.

   Come sempre faceva durante le battaglie, il corsaro indossava l’armatura da Spettro; doveva solo dispiegare il casco per trasformarsi nel suo alter-ego. «Pronti a una discesa controllata nell’atmosfera» ordinò. «Dovrebbe metterci fuori tiro per qualche secondo. Quando ciò accadrà, teletrasportatemi vicino all’Istituto. Poi tornate in occultamento e lasciate il sistema. Andate al più vicino avamposto federale e informate la Flotta dell’accaduto».

   «E tu come te la caverai, capo?» chiese Skal’nak.

   «M’inventerò qualcosa, come sempre» rispose Jack, ostentando una sicurezza che non aveva. In effetti era un piano disperato. Anche se avesse trovato Jaylah, ben difficilmente sarebbero riusciti a lasciare il pianeta.

   Il timoniere fece rotta verso Cestus, ma subito l’astronave ebbe un violento scossone. «Ci hanno agganciati con un raggio traente, non riesco a liberarmi» avvertì. Intanto la Avalon continuava a bersagliarli.

   «Scudi al 10%» avvertì Skal’nak. «Breccia sul ponte 11, l’occultamento è compromesso».

   Jack comprese che erano al capolinea. La Avalon attaccava implacabile e arrendersi non li avrebbe salvati. Se fossero stati ufficiali di Flotta, i Voth li avrebbero arrestati; ma con pirati e corsari non facevano prigionieri. Era la fine... e senza il loro supporto, anche Jaylah sarebbe perita.

   In quell’attimo la Avalon subì un violentissimo attacco dall’alto: raggi e siluri tempestarono il modulo della plancia. L’astronave dovette dirottare l’energia agli scudi, sottraendola al raggio traente, il che permise alla Stella di liberarsi.

   Jack esalò il fiato. Se l’era vista proprio brutta, ma ora aveva una speranza. «Siall, identifica i nuovi arrivati» ordinò, aspettandosi che fossero le altre specie rettili, oppure la Flotta Stellare. Ma il Boliano inquadrò due navi brune, con il modulo anteriore a punta di freccia e un robusto apparato propulsivo. Lo scafo era irto d’armi; le gondole e i motori brillavano arancioni.

   «Hanno corazze in monotanio, usano armi tetrioniche... e sub-nucleoniche» rilevò Siall, destando stupore. Poche specie del Quadrante avevano armi così sofisticate.

   «Hirogeni» riconobbe lo Spettro. «E sono dalla nostra. Presto, coordiniamoci con loro!».

   Le tre astronavi scatenarono un attacco furibondo contro la Avalon, colpendola da più direzioni per indebolirne gli scudi. Ma i Voth non si persero d’animo. Analizzate le navi dei Cacciatori, notarono che mentre una era nuova di zecca, l’altra era molto vecchia e piena di riparazioni fatte alla bell’è meglio. Di conseguenza concentrarono il fuoco su quella, ignorando sia la nave gemella, sia la Stella. Le navette gli diedero manforte, bersagliando la vecchia nave hirogena. L’orbita di Cestus divenne il teatro di un’intricata battaglia, con astronavi e navicelle che cercavano di colpire i punti deboli degli avversari.

   «Gli Hirogeni ci chiamano» disse Siall.

   «Sullo schermo» ordinò Jack, dispiegando il casco dell’armatura per nascondere il suo volto.

   Apparvero i Cacciatori, imponenti nelle corazze bluastre dalle linee mosse, che li facevano sembrare mostri marini. Ma tra loro c’era una faccia familiare. Era Graush, il braccio destro dello Spettro, che li aveva chiamati in aiuto.

   «Sono Dorvic» si presentò l’Alfa, che appariva in là con gli anni, cosa rara per un Cacciatore. «Vi vedo in difficoltà, quindi gradirete il mio aiuto».

   «È più che gradito» confermò lo Spettro. «La sua fama la precede, Dorvic. Conosco le sue imprese».

   «Anch’io la conosco di fama» disse l’Hirogeno. «I Breen mi avevano chiesto di cacciarla per conto loro, ma ho rifiutato, dopo che mio nipote mi ha parlato di lei».

   «Intende Norrin?» chiese il corsaro.

   «Già... so che vi siete scontrati anni fa, e lei si dimostrò una preda onorevole. Ma se sono qui, è perché il suo Beta mi ha dato questo» disse l’Alfa, estraendo un pugnale dalla lama serpentina. Era il cimelio del loro clan, passato da un Alfa all’altro per innumerevoli generazioni. «Credevo fosse andato perduto a Procyon, invece eccolo qui. Graush mi ha detto che è passato di mano più volte, ma sempre in segno di stima e d’alleanza».

   «È così» confermò lo Spettro.

   «Se avete la stima di Norrin, avete anche la mia» dichiarò Dorvic. «Diamoci dentro, allora! Mostriamo a quei soldatini che non sono i padroni della Galassia».

   «I Voth» corresse Jack. «La Avalon è caduta in mano ai Voth, che vogliono incolpare la Flotta dei loro misfatti».

   «Oh-oh!» fece l’Hirogeno, per nulla sorpreso da quella doppiezza. «Una ragione in più per dargli una lezione! Brinderemo a chi mette a segno il colpo decisivo».

   Malgrado l’ottimismo di Dorvic, la battaglia restava difficile. La Avalon era una nave potente e le navicelle le fornivano un aiuto consistente. Per contro, la Stella aveva gli scudi assai indeboliti. Quanto alle navi hirogene, quella di Dorvic era vecchia e portava i segni di troppe battaglie. Per questo il clan aveva lavorato per anni alla costruzione di un nuovo vascello, che la sostituisse. I lavori erano stati diretti da Vitani, la figlia di Dorvic, e da Garid, marito di lei. Tradizionalmente le donne e i tecnici non godevano di molta stima nella società hirogena, monopolizzata dai Cacciatori, sebbene a conti fatti sbrigassero la maggior parte dei lavori. Ma quando Norrin si era rifiutato di prendere le redini del clan, preferendo restare nella Flotta, al vecchio Dorvic non era rimasta scelta. Aveva dovuto affidare sempre più responsabilità a Vitani e Garid che, incoraggiati da Norrin, avevano preteso più diritti. Così, per la prima volta nella storia millenaria del clan, la nuova astronave era stata affidata a una donna.

   «Massima energia alle batterie tetrioniche» ordinò Vitani, vedendo che la Avalon concentrava il fuoco sulla nave di Dorvic. «Colpite il modulo della plancia. Cerchiamo di attirare il fuoco su di noi».

   «È inutile, hanno capito che l’altra nave è malmessa» disse l’artigliere. «La distruggeranno prima di passare a noi».

   «Vitani a Garid, dacci più energia alle armi!» ordinò l’Hirogena, in ansia per il padre.

   «Vi sto già dando tutta la potenza che abbiamo» rispose Garid dalla sala macchine. «Provate un po’ a concentrare il fuoco».

   «Lo stiamo già facendo» disse Vitani, frustrata. «Facciamo un passaggio ravvicinato. Cannone sub-nucleonico al massimo» ordinò. La nave dei Cacciatori passò a pochi chilometri dalla Avalon, bersagliando la plancia. Gli scudi nemici ressero e i Voth non si lasciarono distrarre. Le navette, tuttavia, inseguirono la nave di Vitani sparando a tutto spiano. Erano abbastanza numerose da tenerla impegnata, mentre la Avalon proseguiva la battaglia principale.

   Sulla sua nave, Dorvic si accorse che la situazione precipitava. Gli scudi s’indebolivano e il vascello, non più agile come un tempo, non riusciva a evitare i colpi nemici. Il Cacciatore aveva già vissuto una situazione simile a Procyon, quando il clan aveva perso due navi. Sapeva che, se non si fossero ritirati subito, sarebbe finita male. «Avanti, vecchia mia, resisti...» mormorò, sentendo la nave che scricchiolava in modo preoccupante. Attorno a lui, i Cacciatori davano aggiornamenti tattici, cui facevano seguire le loro osservazioni.

   «Scudi al 25%, in rapida diminuzione».

   «Quelli della Avalon sono ancora al 50%».

   «Non vinceremo mai. Andiamocene, finché possiamo».

   «No! Se i Voth vincono, il Quadrante sarà condannato!» proruppe Graush. «Mi creda, Dorvic... se suo nipote fosse qui, le chiederebbe di proseguire la lotta».

   «È certo che sia così importante?» chiese l’Alfa, fissandolo con sguardo penetrante.

   «Me ne faccio garante con la mia vita» assicurò il Letheano.

   «E sia!» decise l’Hirogeno. «Colpite la Avalon con un impulso covariante del deflettore, potrebbe destabilizzare lo scu...».

   In quella la nave dei Cacciatori fu colpita da una raffica di siluri quantici. Gli scudi indeboliti non furono una protezione sufficiente: alcuni missili giunsero a bersaglio, aprendo falle nello scafo e tranciando una gondola. Gli occupanti furono scagliati a terra. Quando si rialzarono e tornarono ai comandi, si avvidero che la situazione era grave.

   «Falle multiple sullo scafo, perdiamo atmosfera».

   «Abbiamo perso la gondola di babordo».

   «Gli scudi sono inattivi, ancora un colpo ed è la fine».

   «Mettiamoci fuori tiro» ordinò Dorvic. La nave si allontanò zigzagando; un paio di raggi anti-polaronici la colpirono ugualmente, facendo ulteriori danni.

   «Papà!» gridò Vitani, vedendo la nave colpita che si allontanava, perdendo plasma. «Frapponiamoci, e fuoco a volontà contro il nemico!».

   La nave di Vitani trattenne la Avalon, mentre quella di Dorvic si metteva a distanza di sicurezza. «Quanto ci vuole per riattivare gli scudi?» chiese l’Alfa, non rassegnato alla sconfitta.

   «Cinque minuti, la procedura di riavvio è in corso».

   «Anche se ci riuscissimo, resteremmo in svantaggio. Dobbiamo ritirarci!» insisté un Cacciatore.

   «E come? Abbiamo perso una gondola e con l’impulso non arriveremo lontano» obiettò un altro.

   «Allora non c’è che una strada» disse Dorvic, guardando con rimpianto la sua nave. «Chiamate la Stella, chiedete che ci accolgano a bordo. Tutti tranne me».

   «Non puoi dire sul serio, Alfa!» protestò il Beta. «Chi seguiremo, se ci lasci? Norrin ci ha voltato le spalle!».

   «Norrin ha già le sue responsabilità» sospirò l’Alfa. «E poiché non ho altri eredi maschi... seguirete Vitani».

   «Una donna?!» fece il Beta, contrariato.

   «Una Cacciatrice, la figlia di un Alfa» corresse Dorvic. «Fate come ho detto, e svelti!».

   Mentre gli Hirogeni contattavano la Stella, Graush si avvicinò all’Alfa. «Non lo faccia» gli sussurrò all’orecchio. «Sono stato io a portarla qui. Devo essere io a restare».

   «Sai forse pilotare la nostra nave?» chiese il Cacciatore.

   Il Letheano guardò i comandi, così diversi da quelli a cui era abituato. Invece di usare interfacce tattili e oloschermi, gli Hirogeni avevano strani globi traforati, da cui uscivano dei punteruoli. Sfiorandoli, o semplicemente passando le mani attorno ad essi, i Cacciatori controllavano l’astronave. Non c’erano scritte, né altri contrassegni che permettessero di distinguere i comandi: bisognava memorizzarli. Non era cosa che si potesse fare in cinque minuti. Graush dovette restare in silenzio.

   «Tieni» gli disse Dorvic, restituendogli il pugnale del clan. «Consegnalo a mia figlia, l’aiuterà a farsi rispettare come Alfa».

   Nel frattempo la Stella cominciò a trasferire gli Hirogeni. L’astronave corsara rivolgeva un lato dello scafo verso la Avalon, mantenendo gli scudi attivi per proteggersi. Sull’altro lato li aveva abbassati, per consentire il teletrasporto. Poiché la nave dei Cacciatori aveva un equipaggio esiguo, bastarono pochi secondi per completare il trasferimento. Solo Dorvic rimase a bordo. Sentendo il segnale di chiamata, l’Alfa andò ai comandi e rispose.

   Lo Spettro apparve sullo schermo. «Cos’è questa storia, Dorvic? Perché vuol restare solo?» chiese.

   «Se è sveglio come dicono, l’avrà capito» rispose il vecchio Hirogeno, con un sorriso amaro.

   «Già» annuì il corsaro, a malincuore. «Ma non avete il pilota automatico?».

   «No, lo consideriamo disonorevole» spiegò Dorvic. «Non se ne faccia una colpa. Ho vissuto più a lungo della maggior parte dei Cacciatori. Dica a mia figlia che sono fiero di lei. E se incontrerà Norrin, gli dica di non crucciarsi per l’accaduto. Lui ha le sue battaglie... e io le mie».

   «Come vuole, Alfa» promise lo Spettro. Fece rientrare il casco nella tuta, così che l’Hirogeno lo vedesse in volto. «Divulgherò la notizia di ciò che ha fatto» promise. «Tutti sapranno del suo coraggio».

   «Non chiedo altro» disse Dorvic. «Addio».

   Chiusa la comunicazione, la Stella riattivò del tutto gli scudi e si gettò di nuovo in battaglia. Il suo ritorno fu provvidenziale, perché la Avalon aveva quasi sopraffatto la nave di Vitani. Ma anche insieme, i due vascelli non avevano speranze di sconfiggerla. Serviva una manovra più drastica.

   «Addio, Cacciatore» mormorò Jack, addolorato.

   Mentre la Stella e la nave di Vitani trattenevano a stento la Avalon, Dorvic andò ai comandi del suo vascello. Vide che gli scudi si erano rigenerati, anche se erano ancora a bassa potenza. Vi dirottò tutta l’energia disponibile, prendendola persino dalle armi. Dopo di che passò al timone.

   «Su, vecchia mia... un ultimo sforzo» mormorò, cercando di riattivare la propulsione. I motori a impulso protestarono, ma infine tornarono in linea. Sentendone la vibrazione, l’Alfa emise un «Ah!» di trionfo. Alzò gli occhi allo schermo e vide la battaglia che infuriava a poche migliaia di chilometri. Quasi tutte le navette della Avalon erano state distrutte, ma la nave madre aveva ancora gli scudi attivi e stava soverchiando gli avversari. Alcuni siluri colpirono la nave di Vitani, danneggiandola leggermente.

   «Ah, no... non farete del male alla mia bambina!» esclamò Dorvic. Diresse la sua nave contro la Avalon, mirando alla plancia. Il vecchio Alfa si passò la mano sul casco, tracciando due linee oblique: il gesto dei Cacciatori giunti alla fine dell’inseguimento.

 

   La nave di Vitani continuava a battersi, sebbene gli scudi fossero al lumicino e lo scafo cominciasse a riportare danni. L’Hirogena aveva studiato a fondo le tattiche del suo popolo e sapeva come affrontare una battaglia. Meglio ancora, aveva partecipato alla costruzione della nave e quindi ne conosceva esattamente le potenzialità. Lo stesso valeva per suo marito Garid, il capo ingegnere. Ma contro un nemico così forte non c’era strategia che tenesse: le loro difese stavano crollando.

   «Ehi, Dorvic è tornato all’attacco» notò un Cacciatore.

   Vitani alzò gli occhi dai comandi. «Ma la sua nave è danneggiata! Che vuol fare?» si chiese. Vedendo la vecchia nave che sfrecciava contro la Avalon, fu assalita da un orribile sospetto.

   «La Stella ha appena teletrasportato l’equipaggio» avvertì il Gamma, confermando il suo timore.

   «Ma non tutti! Chi c’è ai comandi?!» esclamò Vitani, inorridita. «Chiamatela, presto!».

   «Non risponde».

   «Papà!» gemette l’Hirogena, vedendo la nave che prendeva velocità. Era come un proiettile e andava dritta contro la Avalon.

   La nave federale rispose con un fitto fuoco di sbarramento, che tuttavia fu assorbito dagli scudi anteriori. Allora cercò di manovrare per sfuggire all’impatto; ma non ne ebbe il tempo. A bordo, i Voth videro la nave hirogena che veniva dritta contro di loro e capirono che era la fine. Se fossero stati sulla loro Nave Bastione, l’impatto sarebbe stato innocuo. Ma sulla nave federale, con gli scudi indeboliti, non avevamo scampo.

   L’impatto fu violentissimo: la vecchia nave hirogena ne fu completamente disintegrata, mentre la Avalon ebbe la plancia squarciata, così come i ponti sottostanti. Gli ufficiali furono investiti dall’esplosione e i loro resti carbonizzati vennero risucchiati nello spazio. L’astronave s’inclinò e andò alla deriva, con gli scudi abbassati e danni a cascata ai sistemi di bordo.

   Vitani si portò una mano al cuore; si sentiva come se glielo avessero strappato. Ormai non dubitava che fosse stato suo padre a sacrificarsi. «La caccia è finita, nobile Alfa... ora puoi riposare» mormorò, con le lacrime agli occhi. Gli altri Cacciatori imitarono il suo gesto e ripeterono le parole di rito.

   «Quali sono gli ordini... Alfa?» chiese il Gamma, con un certo sforzo.

   L’Hirogena ricacciò indietro le lacrime e si schiarì la voce. «Mio padre ha dato la vita perché quella minaccia fosse sventata» disse. «Ma non lo è ancora del tutto. Quindi tocca a noi finirla. Fuoco con i siluri» ordinò.

   La nave dei Cacciatori aprì il fuoco contemporaneamente alla Stella. I loro siluri colsero la Avalon in corrispondenza dello squarcio nel modulo centrale. Senza più scudi a fermarli, i missili colpirono i ponti scoperchiati e i corridoi messi a nudo. Ci fu un secondo lampo, più intenso del primo. Le esplosioni consumarono lo scafo dall’interno, disintegrando l’anello della sezione a disco. Si propagarono nella sezione motori, travolgendo il nucleo quantico. Avvolsero le lunghe gondole e le schiantarono. Della Avalon non rimasero che detriti, alcuni dei quali precipitarono su Cestus, rigando il cielo come meteore.

 

   Sulla Stella del Polo alcuni corsari si abbandonarono a grida di trionfo, ma lo Spettro li zittì. «Silenzio! Questa vittoria l’ha pagata Dorvic» disse, accompagnandosi con un gesto secco. «Onoriamo il suo sacrificio, completando la missione».

   «Ehi capo, arrivano le navi degli ambasciatori» avvertì Siall.

   «Adesso, eh?» si adombrò l’Umano. «Se fossero arrivate un minuto fa...!».

   «C’è anche la Nave Bastione» aggiunse il Boliano, preoccupato. Reduce dalla dura battaglia contro la Avalon, la Stella non era certo in grado di affrontare un vascello Voth. Né lo erano gli Hirogeni.

   «Le cose si fanno interessanti» mugugnò Jack. La situazione era critica, ma potevano ancora farcela, se giocavano bene le carte.

   Apparve la Nave Bastione, chilometrica e invincibile. I vascelli delle altre specie rettili le stavano attorno, in formazione. «Ci agganciano con le armi!» avvertì Skal’nak.

   «Siall, trasmetti a banda larga» ordinò lo Spettro. «Tocca a lei, Raav. Parli ai rettili e ci tiri fuori dai guai» disse poi, invitando il Gorn a porsi davanti allo schermo.

   Il cuoco si fece avanti e si schiarì la voce. «Sono Raav, del popolo Gorn» esordì. «Mi rivolgo alla mia gente e agli altri rettili qui riuniti. V’informo che la nave appena distrutta, la Avalon, aveva sì i contrassegni della Flotta Stellare, ma era controllata dai Voth. Se non fosse stato per noi, avrebbe distrutto la sede del summit e forse gran parte della città. I vostri ambasciatori sarebbero tutti morti. Questo era il piano che i Voth avevano escogitato per indurre i vostri governi ad aderire alla Lega Rettile, dopo che alcune specie avevano manifestato l’intenzione di andarsene. Volevano assassinare i vostri delegati e addossare la colpa alla Flotta, così che il desiderio di vendetta vi spingesse a firmare l’accordo. Ecco chi sono i Voth: dei codardi e dei profittatori. Pur avendo il vantaggio tecnologico, cercano sempre di spingere gli altri a combattere per loro. E voi vorreste allearvi con quei traditori? Scaglie a parte, non hanno niente in comune con noi. Se hanno cercato d’ingannarvi fin da ora, lo faranno anche in futuro».

   Trascorsero alcuni momenti tesi. Le astronavi erano immobili sullo schermo; i corsari immaginarono che capitani e ufficiali stessero discutendo sul da farsi.

   «La nave Gorn ci chiama» disse Siall.

   «Sullo schermo» ordinò Jack, dispiegando nuovamente il casco per nascondere il viso.

   Apparve il Capitano, dall’aria minacciosa anche per lo standard dei Gorn. «Sssshhht! Non mi aspettavo di vedere uno di noi tra i corsari» disse, scrutando Raav. «Le tue accuse sono molto gravi; puoi provarle?».

   «La prima prova è che a Cestus City hanno abbassato lo Scudo Cittadino all’arrivo della Avalon, per facilitarle il compito» rispose prontamente il cuoco. «Se ne volete altre, vi consiglio una visita all’Istituto per le Relazioni Unione-Gorn. Ci troverete il Colonnello Corythos; sono certo che saprete farlo confessare. Sempre che i vostri ambasciatori non l’abbiano già fatto. Vede, con loro c’è la Banshee, che li ha avvertiti del pericolo. E ha trattenuto Corythos, per evitare che i Voth bombardassero l’edificio».

   «Allora scenderemo subito a controllare» promise il Gorn. «Nel frattempo non tentate la fuga, o sarete distrutti!» avvertì.

   «Mi sta bene» intervenne lo Spettro. «Voi però tenete alla larga i Voth. Potrebbero ancora cercare di colpire Cestus City, per cancellare le prove».

   «Sssshhht! Li avvertirò che se faranno mosse inconsulte, ne patiranno le conseguenze» promise il Gorn, e chiuse il canale.

   Passarono i minuti, carichi di tensione. Era chiaro che le specie rettili stavano discutendo tra loro, per concertare la linea d’azione. Avrebbero trovato un’intesa? O ciascuno avrebbe fatto a modo suo?

   «I Voth prendono di mira la città!» disse Siall d’un tratto. «Lo Scudo è ancora abbassato, basta un colpo a distruggerla».

   «Frapponiamoci» ordinò lo Spettro.

   «Con gli scudi al 10% non reggeremo i colpi della Nave Bastione» avvertì Skal’nak.

   «Non ce ne sarà bisogno... spero» rispose Jack.

   La Stella del Polo si mise sulla linea di tiro e gli Hirogeni, pur non interpellati, la imitarono. Non che questo fosse un problema, per i Voth: potevano distruggere ambo le navi con pochi colpi. Ma vincere la battaglia non significava ottenere lo scopo per cui erano lì, e lo sapevano.

   Per qualche secondo al cardiopalma, sulla plancia della Stella regnò il silenzio. I corsari osservavano le navi dei rettili, sapendo che tutto dipendeva da loro. Finalmente qualcosa si mosse. L’astronave Gorn lasciò la formazione, si avvicinò alla Stella e le si affiancò, rivolgendo la prua pesantemente armata contro la Nave Bastione. Fu l’inizio di una reazione a catena: una dopo l’altra le specie rettili abbandonarono i Voth, schierandosi contro di loro. Gli ultimi furono i Cardassiani, che avevano sperato fino all’ultimo di trarre vantaggio dall’accordo, ma dovevano constatare il fallimento.

   «Undici navi da guerra contro una Nave Bastione» commentò lo Spettro. «Stime tattiche?».

   «Da ciò che sappiamo di quelle navi... i Voth sono ancora in vantaggio» disse Skal’nak a malincuore.

   «Se ci attaccassero, distruggerebbero qualche nave, ma non tutte» ragionò Jack. «Alcune riuscirebbero senz’altro a mettersi in salvo. E a quel punto informerebbero non solo i loro governi, ma anche gli altri. I Voth se li troverebbero tutti contro».

   «Boriosi come sono, potrebbero farlo» commentò Graush.

   «Mi sa che la loro boria se ne va presto, quando si trovano davanti una resistenza agguerrita» notò Raav. «E poi hanno appena assistito a una mossa kamikaze... non rischieranno di fare il bis».

   «Speriamo» pensò lo Spettro, non sapendo se avrebbe avuto la stessa fermezza del vecchio Dorvic.

   Trascorse un altro, dolorosissimo minuto. I Voth cercarono di teletrasportare il loro Colonnello, ma non riuscirono a superare gli inibitori di teletrasporto. Discutendo tra loro, compresero che era inutile battersi a oltranza: la missione era già fallita. Non restava che andarsene di loro volontà, piuttosto che rischiare di essere respinti. La Nave Bastione fece manovra e lasciò il sistema, senza fretta, per non dare l’impressione di una ritirata precipitosa. I sauri non inviarono messaggi, né ai corsari, né agli altri rettili. Se ne andarono e basta, abbandonando Corythos al suo destino.

 

   Asserragliati nella sala riunioni, senza modo di sapere come andavano le cose nello spazio, gli ambasciatori erano chiusi in un cupo silenzio. Alcuni sedevano al tavolo, altri passeggiavano nervosamente avanti e indietro. I Gorn e gli Xindi Rettili tenevano d’occhio Corythos e gli altri Voth, mentre la Banshee sorvegliava l’ingresso. Si era resa intangibile, nel caso in cui i sauri riuscissero a distruggere l’Istituto.

   «Ehm, permette una parola?» chiese Azel, avvicinandosi.

   «Sia conciso» rispose freddamente la corsara.

   «Se i Voth ci vogliono morti, non dovremmo lasciare questo edificio?» suggerì il Cardassiano.

   «Coi loro sensori, possono individuarvi e colpirvi ovunque» rispose la Banshee. «E poi, se usciamo da questo luogo schermato saremo esposti al teletrasporto. I Voth si riprenderebbero Corythos... la nostra sola garanzia che non aprano il fuoco».

   «E lei non può far niente?».

   «Posso proteggere voi, ma non certo neutralizzare la Avalon. Dovrà occuparsene la Stella».

   Insoddisfatto, il Legato provò a toccarle il braccio, ma le passò attraverso. «Ah, come sospettavo!» protestò. «Se i Voth ci bombardano lei si salverà, mentre noi finiremo come sorci!». Quello sfogo attirò l’attenzione degli altri ambasciatori.

   «La tuta è mia» rispose la corsara, imperturbabile.

   «E crede che la sua vita conti più delle nostre? Lei sarà anche famosa, a modo suo, ma non controlla il destino d’interi pianeti!» ribatté il Cardassiano.

   «Perché, lei sì?».

   «Sono un Legato dell’Unione Cardassiana...».

   «... e voleva allearsi coi nostri nemici. Non rivendichi meriti, non con me!» avvertì la Banshee in tono minaccioso.

   «Quel che volevo dire era che se lei mi prestasse la tuta, fino al termine di questa crisi, la ricompensa oltrepasserebbe i suoi sogni» la tentò Azel.

   «Che ne sai di cosa voglio?!» sbottò la corsara. Resasi di nuovo tangibile, afferrò il Cardassiano per la gola e strinse tanto da mozzargli il fiato. «Forse il mio sogno è spezzare il collo a un Cardassiano. Ci hai pensato? Ti va di soddisfarlo?».

   Impossibilitato a parlare, il Legato dovette far segno di no con la testa.

   «Allora sta’ alla larga da me» concluse la mezza Andoriana, lasciandolo andare. Per quanto avesse accumulato un certo rancore nei suoi confronti, dopo le molestie subite mentre era sotto copertura, non era un motivo sufficiente a scattare in quel modo. No, quella era stata una scelta deliberata. Un altro tassello della leggenda nera che stava costruendo attorno alla Banshee. Voleva che la gente temesse il suo personaggio; che nessuno si sentisse tranquillo in sua presenza.

   «Ehi, arriva qualcuno» disse l’ambasciatore Arkoniano, accennando all’ingresso. Da lì si udiva il rumore di spari. All’inizio erano appena percettibili, ma si fecero progressivamente più forti, segno che lo scontro era sempre più vicino.

   «Al riparo!» ordinò la corsara.

   Gli ambasciatori e i loro assistenti si nascosero dietro il tavolo, salvo Gorn e Xindi Rettili, che erano troppo orgogliosi (e forse anche troppo grossi) per mettersi al riparo. I Voth cercarono di nascondersi a loro volta, ma il Predatore Raugh agguantò Corythos e se ne fece scudo. «Sssshhht! Se muoio io, muori anche tu» gli sibilò all’orecchio. La Banshee lo vide, ma non intervenne. Si preparò invece a colpire i nemici con la sua arma sonica, o anche con il phaser incorporato nel bracciale della tuta.

   I clamori dello scontro erano alti, adesso, segno che si combatteva proprio dall’altra parte dell’ingresso. A un tratto qualcuno entrò nella sala. La porta era ancora chiusa, perché il nuovo arrivato l’aveva attraversata.

   «Bene... vedo che hai tutto sotto controllo» salutò lo Spettro.

   «Sì, ti aspettavo con questi simpaticoni» rispose la Banshee, accennando agli ambasciatori, che mostravano solo uno spicchio di testa al disopra del tavolo. «Come vanno le cose?».

   «La Avalon è distrutta e la Nave Bastione si è ritirata» spiegò il corsaro. Non si dilungò a parlare degli Hirogeni: non era il momento. «Raav ha spiegato tutto ai rettili, ma loro vogliono sentire la conferma dagli ambasciatori. Così siamo venuti a prendervi. C’era ancora qualche Pacificatore a sbarrarci il passo, e soprattutto quei droni accalappiatori, ma nulla d’insormontabile. Potete spegnere gli inibitori di teletrasporto, così i delegati torneranno sulle loro navi a riferire».

   La Banshee andò alla consolle e disattivò la schermatura della sala. Adesso era possibile il teletrasporto, e anche i comunicatori ripresero a funzionare. Nel frattempo lo Spettro aprì la porta, permettendo ai soldati Gorn di entrare.

   Vedendo che la situazione era sotto controllo, gli ambasciatori uscirono dal loro nascondiglio e si apprestarono a risalire. Anche Raugh si sbarazzò di Corythos, gettandolo a terra, e impugnò il suo comunicatore. «Predatore Raugh a Ssi-ruk, mi sentite?».

   «Forte e chiaro, eccellenza. State bene?» chiese il Capitano.

   «Sì, e sono aggiornato sulla situazione».

   «Allora può dirci come dobbiamo comportarci con i pirati?».

   «Lasciateli incolumi» ordinò il Gorn. «Ciò che vi hanno detto è vero: i Voth hanno tentato di ucciderci. Sssshhht! Restate in attesa. Vi raggiungerò tra poco, dopo aver sbrigato un’ultima faccenda».

   «No!» gridò Corythos, slanciandosi verso gli ambasciatori. «Non andate! Si è trattato di un increscioso incidente, ma non è troppo tardi per rimediare. La Lega dei Rettili può ancora essere una realtà!».

   «Che faccia tosta!» commentò Azel, in procinto di uscire.

   «Legato, aspetti! L’accordo può essere rinegoziato. Avrete tutti i pianeti che avete chiesto» promise il Colonnello.

   «Preferiamo avere Cardassia oggi, che tutti quei mondi domani... o mai» rispose il Legato, e lasciò la sala. Lo Spettro lo seguì, per tenerlo d’occhio.

   «Goriar! Lei almeno resterà... lo sa che non avremo problemi a scacciare le altre specie Xindi dal vostro pianeta» disse il Voth, cambiando bersaglio.

   «Gli altri Xindi non hanno mai tentato di uccidermi. Non posso dire lo stesso di voi» ribatté il Rettile. Si affrettò a seguire il collega.

   Uno dopo l’altro gli ambasciatori lasciarono la sala, compresa la Sauriana, ancora barcollante dopo essere stata colpita dall’artiglio soporifero. Corythos cercò di trattenerli, spergiurando di soddisfare le loro richieste, ma fu inutile. Le sue vuote promesse non facevano che confermare la pessima opinione che si erano fatti di lui. Ogni volta che uno degli ambasciatori varcava la soglia, era un colpo al cuore per il Colonnello.

   Infine rimasero solo i Gorn. Oltre a Raugh e ai suoi due collaboratori c’erano i soldati giunti a soccorrerli: in totale erano una decina di lucertoloni. Molti di più erano nelle altre zone dell’edificio, impegnati ad assicurarsene il pieno controllo. Per ordine del Predatore, i prigionieri Voth furono teletrasportati sull’astronave, a eccezione di Corythos.

   «Ah, sono lieto che sia rimasto!» disse il Colonnello, per quanto la cosa lo sorprendesse. «Vedrà... questo mondo sarà vostro, e così gli altri che avete chiesto. Ora che gli altri ambasciatori se ne sono andati, e non dobbiamo loro più niente, sarà facile soddisfarvi».

   «La soddisfazione che intendo prendermi è molto più immediata, Colonnello» sibilò il Gorn.

   «Che intende?» chiese il Voth, sbattendo gli occhietti acquosi.

   «Lei crede che sia rimasto per proseguire le trattative, ma si sbaglia» spiegò Raugh. «Sono qui semplicemente perché ho fame. Vede, la mia specie si nutre di carne... cotta o cruda, morta o viva, non fa differenza» disse, occhieggiando il Voth con sguardo bramoso. Si leccò le labbra, e così fecero i suoi simili. Avevano tutti l’acquolina in bocca.

   «Lei... non può dire sul serio!» esalò Corythos, facendosi blu dal terrore. Arretrò precipitosamente, ma si trovò con le spalle al muro.

   «Perché no? Quanto ci conosce, in fondo?» chiese il Gorn, con aria famelica.

   «M-ma... io e lei s-siamo simili! Siamo entrambi rettili!» balbettò il Voth, tremando come una foglia. «Dobbiamo essere solidali, in questa Galassia piena di mammiferi!».

   «Siamo entrambi rettili, già» riconobbe Raugh. «Solo che lei è un erbivoro, mentre noi siamo carnivori. Non è crudeltà, la nostra... è solo la catena alimentare». I Gorn si strinsero a semicerchio attorno al Voth, bloccandogli ogni via di fuga. Dalle loro fauci zannute uscivano sibili e ringhi famelici.

   Preso dal panico, Corythos ricorse alla sua unica arma, gli artigli soporiferi. Li scagliò tutti, sperando di stordire almeno qualche avversario, per aprirsi un varco. Ma li vide rimbalzare contro le scaglie spesse e resistenti dei Gorn. Adesso il Voth era del tutto inerme; non aveva nemmeno gli artigli per difendersi nel corpo a corpo. Attraverso uno spiraglio tra due avversari, vide la Banshee che lo osservava dal lato opposto della sala, unica spettatrice di quell’orrore. «Aiutami!» supplicò con voce strozzata. «Queste bestie mi sbraneranno... devi aiutarmi!».

   «Dovevate pensarci due volte, prima di occupare la Terra e gettarci nella Guerra Civile» rispose la corsara, per nulla impietosita. «Ora raccogliete ciò che avete seminato. Le serve aiuto? Lo chieda a Rangda, e vediamo se le risponde».

   Ciò detto, la Banshee gli dette le spalle. Lasciò la sala riunioni senza voltarsi, mentre le suppliche di Corythos si trasformavano in singhiozzi, e poi in urla strazianti. Le zanne acuminate dei Gorn lacerarono la pelle scagliosa del Voth e gli fecero la carne a brani. Il sangue schizzò sulla parete retrostante. Ben presto le grida del sauro si spensero; al loro posto si udì solo lo schiocco delle mandibole e i versi d’approvazione dei Gorn per quel lauto banchetto. Quando più tardi furono inviati degli inservienti a ripulire la stanza, del Colonnello restavano solo le ossa spolpate.

 

   Di lì a poco la Banshee passeggiava sulla terrazza panoramica dell’Istituto, in compagnia del Legato Azel. Il Cardassiano non aveva idea della sua identità, né sospettava di averla vista in volto nei giorni precedenti, sotto le mentite spoglie di una cameriera. E la mezza Andoriana era ben decisa a non dire e fare nulla che potesse fargli sorgere il sospetto. «Presto me ne andrò» disse. «Non voglio intraprendere rappresaglie contro di lei, perché è già scorso troppo sangue. Ma le do un consiglio: dica al suo governo di non azzardarsi mai più a tradire la Federazione. Oggi ve la siete cavata a buon mercato; la prossima volta non sarete così fortunati».

   «Spero comprenderà che le scelte del mio governo non dipendono da me; io sono un semplice funzionario» si giustificò il Legato. «Vado dove mi si dice di andare e faccio ciò che mi si ordina. È il Consiglio Detapa a decretare la nostra politica».

   «Avverta il Consiglio che d’ora in poi la Flotta Stellare vi terrà d’occhio» ammonì la corsara.

   «Non siamo liberi di scegliere con chi schierarci?» obiettò il Cardassiano.

   «Vi siete già avvalsi di questa libertà: avete scelto di stare con la Federazione» rispose la Banshee. «Ora che siamo in guerra, il tradimento non sarà tollerato. E se la Flotta non può spingersi troppo oltre... ci sono quelli come me, che possono» minacciò.

   «Dicevo così per dire» minimizzò Azel, ma si vedeva che aveva i brividi. «In realtà, credo che il Consiglio sarà molto adirato coi Voth, quando lo informerò del loro piano. Dica alla Flotta che può aspettarsi un forte contributo alla difesa di Bajor da parte nostra. Abbiamo messo a punto degli ordigni che... ma non è il caso di parlarne. Li vedrete sul campo».

   «Li aspetto con ansia» disse la corsara.

   Azel la osservò perplesso. «Sa, è strano parlare con lei... ho l’impressione di averla già incontrata da qualche parte» notò.

   A quelle parole, la Banshee gli si avvicinò con fare minaccioso. «Potrei essere una qualunque persona che ha conosciuto. Ma per il suo bene, Legato, mi auguro che lei non scopra mai chi sono» avvertì. «Perché in tal caso la stanerò e la ucciderò».

   Il Cardassiano la studiò con un misto d’attrazione e timore, chiedendosi se fosse sincera. Decise che non aveva voglia di scoprirlo. «Beh, forse un giorno ci rincontreremo, e non avrà più bisogno di tutta questa segretezza» si augurò.

   «Se le cose andranno bene, non ci rincontreremo» puntualizzò la corsara. «Se andranno male, invece... beh, preghi che vadano bene».

   Davanti a quel muro, il Cardassiano dovette gettare la spugna. «Legato Azel a Damar, portatemi su» ordinò, premendo il comunicatore da polso. Svanì nel teletrasporto giallastro dei Cardassiani, augurandosi di non trovarsi mai con quella furia alle calcagna.

 

   «Ci sei andata giù pesante» disse Raav, uscendo da una vicina porta.

   «Dovevo farlo» si giustificò la mezza Andoriana. «Il tradimento dei Cardassiani ci avrebbe condannati. Spero proprio che in futuro ci pensino due volte, prima di passare al nemico».

   «Chissà... coi Cardassiani non si può mai dire» sospirò il cuoco. «Allora, te ne vai anche tu?» chiese poi.

   «Per forza. E di corsa» confermò la Banshee. «I Cardassiani mi hanno aggiornata sul Fronte Occidentale. Bajor è assediato, la stazione New Frontier è distrutta. Tra pochi giorni scadrà la tregua e si ricomincerà a combattere. Anche se la Stella è veloce, non so se arriveremo in tempo per partecipare. Comunque, prima di andare vorrei ringraziarti per ciò che hai fatto in questi giorni. Senza di te non saremmo riusciti a sventare il complotto. Hai rischiato molto più del dovuto. Spero solo di riuscire a sdebitarmi, un giorno».

   «Beh, a dire il vero c’è un modo» disse il Gorn.

   «Quale?» chiese la mezza Andoriana, che malgrado l’offerta sperava di non dover posticipare la partenza.

   «Portatemi con voi» disse Raav. «Sarò il cuoco di bordo, e potrei darvi qualche dritta se passassimo in certi settori».

   «Scherzi?!» fece la corsara. «Questa sarebbe una condanna, non una ricompensa. La nostra vita è pericolosa, non facciamo che passare da una battaglia all’altra. Anche oggi la Stella ha rischiato grosso. Se non fossero intervenuti gli Hirogeni, sarebbe stata distrutta».

   «Beh, sai, anche stare qui non è la cosa più sicura del mondo... non più» spiegò il rettile. «Su questo pianeta vivono molte persone che avrebbero visto di buon occhio la creazione della Lega Rettile. Se si diffonderà la notizia che ti ho aiutata, alcune di loro potrebbero organizzare una spedizione punitiva».

   «Oh, Raav, mi dispiace!» esclamò la Banshee, sentendosi in colpa. «Non avrei dovuto coinvolgerti. Se ti accadesse qualcosa a causa mia...».

   «Ehi, calma!» la frenò il Gorn, levando la mano tridattila. «Quando mi sono offerto di aiutarti, sapevo che ci sarebbero state conseguenze. L’ho fatto perché era una missione importante, ma anche perché ho nostalgia dello spazio. Mi mancano i tempi dell’Enterprise, quando anche un semplice cuoco poteva dare qualche dritta per migliorare le cose. Dico davvero: se mi prendete con voi, mi fate un favore».

   «Ma hai il ristorante a cui badare! È un’attività ben avviata...» insisté la mezza Andoriana, cercando di fargli cambiare idea.

   «In questi giorni ho organizzato le cose in modo che i miei dipendenti continuino a gestirlo anche in mia assenza» spiegò Raav. «Con un po’ di fortuna, riprenderò le redini a fine guerra».

   «Sempre che vinciamo» notò la corsara.

   «Se perdiamo, penso che finirei male anche restando qui» ribatté il cuoco. «Allora, sono dei vostri?».

   «Dato che insisti... considerati arruolato nella banda» disse la Banshee, stringendogli la mano. «Ti avverto, però, che una nave corsara è molto diversa da una della Flotta Stellare. La ciurma non è così disciplinata... anche se sto cercando di metterla in riga».

   «Tranquilla, non è la prima volta che viaggio coi fuorilegge» rivelò il Gorn.

   «Davvero? Non ne sapevo nulla».

   «Beh, non tutto ciò che ho fatto nei miei duecento anni di vita è impeccabile» si giustificò Raav, con una punta d’imbarazzo. «E di solito non vado in giro a spiattellare le cose meno limpide».

   «Ma senti! Un tempo ti avrei tempestato di domande... ma quel tempo è passato» sospirò la corsara. Stava per contattare la Stella, quando udì un frullio d’ali. Goldie, la femmina di falcone cestiano, calò dall’alto e si posò sul suo polso teso. Era stupenda, ora che si era del tutto ristabilita. Le penne scintillavano rosse e oro alla luce del sole e gli occhietti curiosi guardavano qua e là, secondo i movimenti del lungo collo.

   «E tu che ci fai qui?» chiese la mezza Andoriana, carezzandola sul dorso con l’altra mano. «Mi spiace, stavolta non ho di che sfamarti... ehi, come hai fatto a riconoscermi?!» si stupì, dal momento che indossava ancora la tuta.

   «Mi sa che ti ha vista metterla, una volta» disse Raav.

   «Ed è bastato perché si ricordasse? Però... sei davvero intelligente, piccola» la lodò la Banshee. «Peccato che dobbiamo dirci addio! Un’astronave non è fatta per un rapace. A te servono grandi spazi» disse, continuando a carezzarla.

   «Sai, ho letto da qualche parte che a volte i falconi cestiani si affezionano molto alla persona che si è curata di loro» rivelò il Gorn. «A tal punto che se vengono allontanati deperiscono, e possono persino morire».

   «E pensi che sia questo il caso?» domandò la corsara, tentata.

   «Visto che continua a starti appresso... suppongo di sì».

   «Ma le servono grandi spazi per volare e cacciare...».

   «Avrete un ponte ologrammi, suppongo» disse Raav. «E se ti capita di scendere su un pianeta senza dovertene andare a precipizio, potresti lasciarla un po’ libera».

   «Uhm... e va bene» cedette la mezza Andoriana, sempre coccolando la creatura. «Sarai la mascotte di bordo. Cerca solo di non sporcare la poltrona di Jack; non vorrei che perdesse la pazienza e ti facesse arrosto».

   «Non vorrei che ti facesse arrosto! Roac!» strepitò Goldie.

   «Vedo che hai capito tutto» ridacchiò la corsara. «Andiamo, allora. Non c’è un minuto da perdere. Banshee a Stella, tre da portare su. Se le letture vi sembrano strane, sappiate che siamo io, Raav e un animale del posto. La nostra nuova mascotte».

   «Una mascotte?» fece Jack dalla nave. Dal tono sembrava tutt’altro che entusiasta. «Dimmi che è un pesce rosso».

   «Non proprio... forse è un pizzico più impegnativa da badare» ammise la mezza Andoriana. Stava ancora ridacchiando quando il raggio verdastro della Stella li prelevò dalla terrazza.

 

   Le astronavi degli ambasciatori lasciarono l’orbita di Cestus III, dirette ai rispettivi pianeti. Presto tutte le specie rettili sarebbero state informate della slealtà dei Voth. La Stella del Polo e la nave hirogena si trattennero ancora brevemente. I due vascelli orbitavano affiancati, con gli equipaggi intenti alle riparazioni. Approfittando della pausa, i corsari teletrasportarono i Cacciatori che avevano salvato dalla nave di Dorvic sul loro vascello superstite. Anche la Banshee andò sulla nave hirogena, dove fu ricevuta da Garid e Vitani.

   «Sono qui per ringraziarvi dell’aiuto, e per esprimere le mie condoglianze» disse la corsara. «La scomparsa di Dorvic ci addolora...».

   «Era così che voleva andarsene, da guerriero» sospirò Vitani.

   «In ogni caso, siamo in debito con voi» riconobbe la mezza Andoriana. «Se un domani vi servisse aiuto, non esitate a chiamare. Intanto vorrei restituirvi questo». Così dicendo le offrì l’antico pugnale del clan. «Norrin lo trovò nel relitto della nave che perdeste a Procyon. Di lì a poco lo donò alla sua amica Jaylah, che gli aveva salvato la vita. E Jaylah a sua volta lo ha dato a me, per lo stesso motivo» disse la Banshee. Non rivelò d’essere lei Jaylah. Per quanto si fidasse di quegli Hirogeni, la sua identità era un segreto che custodiva tenacemente. «Poiché oggi ci avete salvati, a carissimo prezzo, è giusto che torni a voi. Alla nuova Alfa. Spero che l’aiuti a farsi rispettare» aggiunse.

   «Mi farà comodo, sì» ammise Vitani, prendendo con deferenza il pugnale. Per qualche secondo ne ammirò la lama istoriata, poi se lo mise in cintura. Per un popolo tradizionalista come il suo, era importante riavere il loro cimelio più antico e onorato.

   «Suo padre era fiero di lei... sono state le sue ultime parole» aggiunse la Banshee, che ne era stata informata dallo Spettro.

   «E io di lui» disse Vitani. «Quando torneremo a casa, brinderemo in suo onore e canteremo le sue gesta. È così che vorrebbe essere ricordato».

   Per un attimo ci fu silenzio, poi la mezza Andoriana decise di cambiare argomento. «La vostra nave come sta?» chiese, notando i tecnici affaccendati.

   «Bene, considerando che questo è stato il battesimo del fuoco» rispose Garid. «Ha preso qualche bottarella, ma tornerà come nuova in due o tre giorni. Nel frattempo ci allontaneremo a velocità impulso».

   «Vorrei fornirvi qualcuno dei nostri ingegneri, per aiutarvi, ma non abbiamo dimestichezza con la vostra tecnologia» si scusò la corsara. «Inoltre abbiamo ricevuto notizie preoccupanti su Bajor e vorremmo raggiungerlo al più presto».

   «Andate, non preoccupatevi per noi. Ce la caveremo» assicurò Vitani. «Se vede Norrin, lo saluti da parte nostra. Gli dica che l’Alfa manda i suoi auguri» disse, concedendosi un fugace sorriso.

   «Lo farò; alla prossima» salutò la Banshee. Il teletrasporto la riportò sulla Stella.

   «Allora?» chiese Jack.

   «Tutto a posto, non ce l’hanno con noi» lo rassicurò Jaylah, facendo rientrare il casco nella tuta. «Possiamo andare. Rotta verso Bajor, massima curvatura!» ordinò, accomodandosi sulla poltrona di comando.

   «Massima curvatura! Roac!» le fece eco Goldie. Il falcone cestiano si era appollaiato in cima allo schienale. Per essere una creatura selvatica, si era adattato in fretta al nuovo ambiente; segno forse della sua notevole intelligenza.

   «Devo ammetterlo... dà un tocco piratesco che finora ci mancava» riconobbe Jack, con un sorriso ironico.

   «Allora ti piace?» chiese la mezza Andoriana.

   «Diciamo che lo trovo sopportabile» rispose l’Umano. Aprì una scatolina che si era portato dietro, cavandone un bocconcino di carne, e lo gettò al falcone. Questo tese il collo e lo ingoiò al volo, agitando un poco le ali per restare in equilibrio sullo schienale di Jaylah.

   La Stella del Polo lasciò l’orbita. La missione a Cestus III era finita; il pianeta verdastro rimpicciolì dietro la nave dei corsari, fino a confondersi con le stelle. La loro rotta li portava ora verso Bajor, il fronte più rovente del conflitto.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Star Trek / Vai alla pagina dell'autore: Parmandil