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Autore: Yuphie_96    15/10/2020    1 recensioni
Tratto dal Primo Capitolo:
L’ultima cosa che aveva colpito il biondo Kaiser era il nome.
Il nome del ristorante era Vienna.
Come la capitale austriaca… e servivano piatti bavaresi… non dovevano avere tanto le idee chiare, ma Karl ci aveva mangiato bene e quindi aveva continuato ad andarci, soprattutto quando il suo frigo era desolatamente vuoto, come quel mezzogiorno.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino della Robh: Buonasera! ♥
Come state bella gente? Io male... ho appena finito di risistemare questo e ammetto di aver pianto, ma mi sto riprendendo grazie a Serè che mi sta mandando in chat i suoi meme divertenti sulla coppia Tsubasa x Palla, è la mia migliore amica anche per questo sapete? ♥
Parliamo del capitolo, anche questo come quello scorso è triste... tanto triste... troppo triste, ma fortunatamente per voi e per me dal prossimo ritorniamo con i miei soliti toni allegri, quindi abbiate pazienza per questo e speranza per il prossimo, le mie cazzate ritorneranno in pompa magna! U_U
Piccola noticina più o meno importante che preferisco mettere per non urtare nessuno, allora... nel capitolo è presente un passaggio del funerale dove Karl fa certi pensieri, ecco quei pensieri che ho fatto pensare a lui in realtà sono cose che io penso davvero ma lì finiscono, non era e non è mia intenzione offendere o criticare chiunque avesse un pensiero diverso dal mio, nel caso qualcuno dovesse sentirsi comunque offeso in qualche modo... mi dispiace, ma appunto sono pensieri miei e basta.
Finito di fare questa piccola specificazione, vi auguro buona lettura ♥.



Ps: la Tsubasa x Palla mi sta minando seriamente la Genzo x Tsubasa, somebody send help! ò.ò




 

Il sole del primo pomeriggio splendeva alto nel cielo privo di nuvole di Monaco, inondava con i suoi raggi tutta la città facendo percepire il caldo che sarebbe iniziato con l’estate ormai prossima.
Sembrava un controsenso avere una giornata così bella e piena di vita per un funerale, pensò Karl, entrando nella chiesa dove si sarebbe svolta la cerimonia.
Aveva chiesto un giorno di riposo dagli allenamenti al padre per poterci partecipare, all’inizio non gli aveva detto il motivo per non farlo preoccupare, ma Rudi aveva insistito – era raro che suo figlio si prendesse una pausa di sua iniziativa – e così aveva confessato, e sul volto di Schneider senior era apparsa quella ruga di preoccupazione che il Kaiser conosceva molto bene, ma non si era intromesso di più, non gli aveva fatto l’interrogatorio, gli aveva posto solo una domanda.
‘Stai bene Karl?’
Per stare bene, lui stava bene, era molto triste… ma stava bene, al contrario della rossa che non gli aveva più risposto al telefono.
Saphira in quei giorni aveva ignorato sia le sue chiamate che i suoi messaggi, ma Karl non era arrabbiato con lei per esser stato ignorato, capiva che aveva altre priorità da gestire, gli dispiaceva solo non esserle stato vicino come le aveva detto, aveva – però – intenzione di rimediare a quello, partendo dal sedergli accanto durante la messa.
Cosa che risultò impossibile, visto che la chiesa era già piena di gente ed altra ne stava ancora arrivando.
Si guardò intorno sorpreso, chiedendosi se avrebbe dovuto assistere stando in piedi – non che fosse un problema alla fine -, ed individuò un posto a sedere non troppo lontano.
Vicino ad Axel.
Di solito, stare vicino al castano non gli avrebbe fatto piacere, tutt’altro, ma per quel giorno poteva fare uno strappo alla regola, erano due adulti grandi e vaccinati, ed erano ad un funerale di una persona che entrambi conoscevano, potevano andare d’accordo almeno per quella giornata.
“Ciao”
Mormorò Werner accennando un sorriso, quando gli sedette vicino.
Anche lui doveva aver avuto i suoi stessi pensieri e il biondo fu grato di questo, per una volta erano sulla stessa lunghezza d’onda.
“Tu sai come sta?”
Domandò il Kaiser dopo aver risposto al saluto con un cenno del capo.
“No, ma di sicuro non bene”
Sospirò Axel, passandosi una mano sul retro del collo per asciugarsi il sudore.
Era solo in camicia e stava comunque grondando a causa del caldo, come faceva Karl ad indossare pure la giacca lo sapeva solo lui… gliel’avrebbe fatta pagare in un secondo momento, per dimostrarsi così figo in qualunque situazione.
“Non sono riuscito a vederla dato che il ristorante è chiuso e lo rimarrà per non so quanto, è Cordula quella che è rimasta sempre con lei, da quel che so è rimasta anche a dormire da Saph per non lasciarla sola, io ho solo aiutato a chiamare tutta questa gente, anche in tre ci abbiamo messo parecchio”
“Erano tutti amici di Aimée?”
Non potevano essere parenti, Saphira gli aveva detto di non avere altri famigliari in vita all’infuori della nonna.
“Amici, conoscenti, ammiratori, non ne ho idea, so solo che sono troppi”
“E Saph è una sola”
Bisbigliò Schneider, abbassando lo sguardo.
“Già…”
Si chiusero nei loro pensieri  entrambi rivolti alla cuoca che ancora non si era fatta vedere, fino a quando il prete non richiamò l’attenzione di tutti chiedendo silenzio, Aimée stava per fare il suo ultimo ingresso.

Era tanto che Karl non partecipava ad una messa, l’ultima a cui era andato risaliva ai tempi delle elementari - non che fosse stato uno di quei bambini che si lamentava perché non aveva voglia di svegliarsi presto, semplicemente poi aveva iniziato gli allenamenti di calcio, il tempo libero era diminuito e lo usava per riposarsi e per la scuola -, ma ricordava perfettamente tutti i discorsi pomposi che faceva il prete di quel tempo… dovevano essere imparentati, lui e quello che stava svolgendo la messa del funerale in quel momento, visto che anche quel prete stava parlando in maniera… pomposa, non gli veniva altro aggettivo.
Parlava di Dio e fin lì non poteva dirgli niente, quello era il suo campo, ma gli veniva una leggera irritazione quando parlava della cantante, ne parlava come se l’avesse conosciuta, come se sapesse quali erano stati i suoi pensieri in quell’ultimo periodo, come se Aimée fosse stata davvero contenta di ricongiungersi a quel Signore in cui nemmeno credeva - ad una visita, Karl l’aveva beccata a cacciare via un prete che era stato chiamato dalla struttura, urlandogli contro che era atea e che si era sposata in municipio con un abito rosso, alla faccia della sposa candida e vergine che la chiesa voleva -, sapeva che quello era il suo lavoro, si era preparato il discorso a posta, basandosi magari su poche informazioni ricevute… ma lo irritava un po’, e a giudicare dal modo in cui Axel lo stava guardando, anche all’aiuto cuoco stava dando fastidio.
Per fortuna lasciò presto la parola a Cordula.
La rosa indossava una lunga gonna nera elegante e una camicia dello stesso colore, ai piedi gli immancabili tacchi stavolta però più bassi, prima di raggiungere il palchetto la videro accarezzare leggermente la bara.
“Ho conosciuto Aimée quando ero ancora una ragazzina, ero una delle tante che voleva scappare dai genitori troppo opprimenti, e lei mi diede tale opportunità facendomi lavorare, assumendomi al Vienna come cameriera, grazie a lei riuscii a guadagnare abbastanza per andarmene di casa quando non ero ancora maggiorenne, e quando le chiesi perché mi avesse aiutata in quel modo mi rispose ‘perché ognuno di noi deve essere libero, bisogna vivere la nostra vita con libertà, altrimenti non ci restano che rimpianti’, fu grazie a questa risposta che decisi di tingermi i capelli di rosa, sapete?… Non so se lei avesse dei rimpianti-“
Sì li aveva, pensò Karl, per questo aveva voluto raccontargli la sua storia prima di andarsene, per cercare di liberarsi di quel peso che doveva sentire da tutta una vita.
“Ma spero di no, spero che possa essersi spenta con il cuore in pace, ripensando alla sua vita vissuta a pieno in totale libertà, spero che…”
Cordula si fermò un attimo per asciugarsi le lacrime che avevano iniziato a solcarle il viso.
“Spero che abbia finalmente rincontrato Derek, lì dovunque la stesse aspettando, e che adesso lui stia cucinando una delle sue favolose torte Sacher intanto che lei gli canta qualcosa, spero che siano felici, e spero per me d’incontrare presto una donna straordinaria come lo era Aimée Lemaire… per mia fortuna, però, Aimée ci ha lasciato qui una stupenda nipote di nome Saphira, lascio a lei la parola adesso”
Finì la rosa, cercando di sorridere a tutti, poi scese dal palchetto.
Nello stesso istante che Cordula scendeva, Saph fece il suo ingresso da una porta laterale, indossava un vestito nero senza maniche che le sfiorava le ginocchia, il sopra le fasciava il seno in maniera morbida, si stringeva in vita e il sotto si apriva in morbido tulle, i lunghi capelli rossi erano stretti in un’alta e rigida coda.
La cameriera l’abbracciò forte quando arrivarono una di fronte all’altra, e le mormorò qualcosa all’orecchio che la cuoca parve non sentire, poi una andò a sedersi mentre l’altra si fermò davanti alla bara.
Saph la guardò intensamente quella bara, prima di chiudere gli occhi e mettersi in posizione con il violino che nessuno si era accorto che tenesse in mano, prese un paio di grossi respiri poi iniziò a suonare.
Quella musica il Kaiser l’aveva già sentita, era la stessa che aveva messo Aimée quella sera per il suo ultimo ballo con lui, era il pezzo che aveva cantato tante volte e con cui aveva fatto il suo debutto nel mondo dello spettacolo… solo infinitamente più triste.
Qualche donna scoppiò a piangere durante l’esecuzione, ad altri vennero semplicemente le lacrime agli occhi, Saphira invece rimase composta fino all’ultima nota, neanche quando fece la riverenza ebbe qualche segno di cedimento, mentre si stava riportando eretta i loro occhi azzurri s’incrociarono.
“Mi dispiace”
Sibilò Karl, sperando che riuscisse a leggergli almeno le labbra.
La rossa accennò un movimento con il capo, poi andò a sedersi vicino a Cordula, che se la strinse contro  tenendola per le spalle  per tutto il resto della messa.

Al cimitero Schneider aspettò fino a quando la bara non fu calata nella tomba di famiglia dove già riposavano Derek e i genitori della rossa, poi si avvicinò a Saph approfittando del fatto che la gente stesse iniziando a disperdersi e a lasciarla respirare.
Era indeciso se abbracciarla oppure meno, ma visto che forse lo era stata fin troppo da tutti gli altri, decise solamente di prenderle la mano e allontanarla di un paio di passi dalla tomba che stavano finendo di sistemare.
“Sei gelida”
Osservò, stringendole più forte la mano.
“Senti freddo?”
“Un po’”
Ammise la rossa, tenendo la testa bassa.
Il biondo allora le lasciò la mano e si tolse la giacca per potergliela posare sulle spalle, non poteva fare niente per il freddo che doveva sentire dentro, ma poteva almeno occuparsi di quello esteriore.
“Meglio?”
Le chiese, sfregandole le mani sulle braccia coperte per produrre calore.
La cuoca annuì piano, alzando di poco la testa per regalargli un accenno di sorriso come ringraziamento, sorriso che però non raggiunse gli occhi azzurri notò l’attaccante… gli tornò prepotente la voglia di abbracciarla per questo.
Avrebbe voluto nasconderla contro il suo petto, farle da scudo contro tutti quegli occhi sconosciuti e curiosi che continuavano ad osservarla con compassione e pena, cose di cui lei non aveva bisogno, avrebbe voluto… ma non sapeva se Saph volesse essere protetta da lui.
Prima che potesse chiederglielo, la rossa sussultò, gli occhi fissi nuovamente sulla tomba, a cui un uomo si era appena avvicinato.
“Che ci fa lui qui?”
Bisbigliò, e il calciatore la sentì irrigidirsi sotto le sue mani.
“Che ci fai tu qui?!”
Stavolta Saphira aveva urlato quella domanda.
Con uno scatto si era liberata dalle mani di Karl ed aveva raggiunto l’uomo che la guardava con espressione addolorata, questo aveva anche alzato le mani in segno di resa come a dirle che non era lì per litigare o altro, ma la rossa continuò comunque ad aggredirlo, iniziando anche a spingerlo per allontanarlo dalla tomba.
“Chi ti ha avvisato del funerale?! Vattene! Non dovresti essere qui, non hai alcun diritto di essere qui! Vattene! Vattene! VATTENE!”
Urlò Saph come una furia, con voce sempre più alta.
Se Karl ed Axel – accorso insieme a Cordula non appena erano iniziate le urla – non l’avessero bloccata, avrebbe iniziato sicuramente a prenderlo a pugni.
“Saphira calmati, calmati… respira”
Provò a dirle la rosa, ma la cuoca continuò ad agitarsi.
“Non deve stare qui, deve andarsene, deve andare via!”
“Sì, lo so, lo so, adesso ci penso io, guardami, ci penso io”
Cordula le prese il viso tra le mani e la fissò dritta negli occhi.
“Ti prometto che adesso ci penso io, va bene?”
“Fallo andare via… ti prego…”
Dalle urla Saph passò a bisbigliare, e questo causò una stretta dolorosa al cuore a tutti e tre.
“Lascia fare a me bimba, ti prometto che sistemerò tutto”
Promise ancora Cordula e stavolta la cuoca le annuì, chiudendo gli occhi come a dichiarare sconfitta.
La cameriera le lasciò un lungo bacio sulla fronte, poi si rivolse al biondo.
“Portala via di qui”


Un grosso attico che prendeva tutto l’ultimo piano di un palazzo.
Mobili antichi che probabilmente venivano tutti dalla Francia, a giudicare dal loro stile.
Karl sbatté le palpebre un paio di volte stupito davanti a tutto quello sfarzo, non che non fosse abituato al lusso – da quando era diventato giocatore del Bayern Monaco si era tolto un paio… parecchi sfizi -… ma quell’attico era perfino più grande del suo appartamento!
“Adesso capisco perché Aimée si lamentava della sua stanza alla struttura, non c’è proprio paragone”
Disse ironicamente il biondo in direzione della rossa per tentare di farla ridere o almeno parlare, ma la cuoca si limitò a slacciarsi i sandali neri con tacco e a calciarli via facendoli finire vicino a uno dei due divani, lasciando completamente scoperto il tatuaggio sulla caviglia sinistra a forma di ibisco rosso circondato da vari puntini e sfumature dello stesso colore che il biondo aveva già adocchiato alcune volte.
“Saph…”
La chiamò con tono basso Schneider, cercando di attirare la sua attenzione… fallendo nuovamente.
Era da quando lui ed Axel l’avevano trascinata, per fortuna docilmente, alla sua macchina che Saphira si era chiusa in un doloroso silenzio, durante il tragitto verso casa – strano ma vero, l’indirizzo gliel’aveva dato proprio il castano aiuto cuoco – aveva mantenuto lo sguardo fisso sul cruscotto, e non gli aveva detto niente neanche quando Karl aveva provato ad accendere della musica nella speranza di riuscire a beccare qualche sua canzone preferita.
La seguì nella cucina moderna per non lasciarla sola e per non rimanere da solo lui stesso, le prese la giacca dalle mani quando se la tolse e si sedette all’isola, guardandola iniziare a tirare fuori vari ingredienti e teglie dal frigo e dai mobili.
Era come se fossero tornati indietro di una settimana, Saphira cucinava e Karl la guardava, sembrava di essere tornati di nuovo dentro la calda e sicura cucina del Vienna… invece era tutto diverso, a partire dall’espressione che aveva la rossa.
Quando Saph cucinava lo faceva con gli occhi azzurri che brillavano dal buon umore e dall’entusiasmo, con sempre il sorriso ad illuminarle il volto, quella volta non c’era nessun sorriso, gli occhi tempesta erano freddi, e le mani che di solito accarezzavano tutti gli ingredienti si muovevano in modo meccanico, erano veloci e sicure di quello che stavano facendo sì, ma non si riusciva a vedere in quei movimenti la solita passione.
La rossa stessa non aveva la solita passione.
Il Kaiser avrebbe voluto fare di più per lei, voleva farla riuscire a sfogare in qualche modo, ma non sapeva come visto che le parole e i gesti non avevano funzionato... per il momento si sarebbe limitato a starle vicino, aspettando l’attimo giusto per poter fare qualcosa di più.
Aspettò mentre iniziava a mescolare insieme gli ingredienti, mentre infornava la teglia - la vide sedersi per terra per osservare con attenzione la cottura, intanto che aspettava anche lei il suono del timer -, mentre sfornava e tagliava la torta a metà, mentre spargeva la confettura di albicocche, mentre andava a preparare la ganache e mentre la spargeva sulla torta.
Doveva ammettere di essersi quasi addormentato, nell’aspettare che la togliesse fuori dal frigo dove l’aveva riposta per farla rassodare, ma si riprese all’istante quando gli fu posato davanti un piattino con sopra una fetta di torta.
Non era una torta qualunque, era una Sacher Torte.
“Quando mio nonno è andato a Vienna ha stretto amicizia con il cuoco che lavorava all’hotel Sacher, fu lui a svelargli i segreti per fare una Sacher degna di questo nome”
Mormorò Saph, facendo sospirare di sollievo il calciatore, finalmente stava iniziando a parlare.
“Mi ricordo che quando io e nonna tornavamo a casa non vedevo l’ora di mangiarla, e mi domandavo sempre quali fossero quei segreti che servivano per renderla così speciale… andai anch’io a Vienna per questo, per scoprire quei segreti…”
Bisbigliò, iniziando a tremare.
“…Volevo regalarle una Sacher buona quanto lo erano quelle del nonno… tutti qui, era l’unica cosa che volevo… farle assaggiare la mia torta…”
Karl prese in mano la forchettina e tagliò un pezzettino della fetta, se lo portò alla bocca e lo assaggiò, presto le sue papille gustative furono avvolte dal gusto intenso del cioccolato e della marmellata.
Si leccò le labbra.
Era come gli aveva detto Aimée, era una fetta di torta Sacher che aveva il sapore dell’amore.
“E’ davvero buona Saph”
La rossa scoppiò a piangere subito dopo quelle parole, e Schneider scattò a prenderla tra le braccia, stringendola fino a quasi farle male quando iniziò ad urlare disperata.

“Mi aveva detto che indossavi dei vestiti simili ai suoi, ma vederti in foto è tutt’altra cosa, sei molto…”
“Carina?”
“Avrei detto buffa, ma anche carina credo che vada bene per descriverti”
La cuoca arrossì, gonfiando un poco le guance e chiudendo l’album di fotografie per poterlo tirare contro il braccio del biondo ridacchiante.
Aveva pianto per quasi un’ora intera abbracciata a Karl prima di riuscire a calmarsi abbastanza da riuscire a fare della camomilla calda, con una bella tazza in mano si erano trasferiti nel grosso salone, e lì si erano seduti per terra sul tappeto davanti al camino spento, dove Saphira si era messa a guardare delle vecchie fotografie la sera addietro.
“Erano vestiti fatti su misura, non accetto altri commenti all’infuori di carina visto tutto il tempo che dovevo stare ferma per farmi prendere le misure”
“Con quest’espressione, dire che eri buffa è ancora un complimento”
Obiettò il Kaiser, prendendole l’album per ripescare la foto dove la rossa ancora bambina aveva le lacrime agli occhi e cercava di nascondersi accucciandosi dietro un violoncello.
Evidentemente aveva problemi con l’imbarazzo fin da quando era ancora piccola.
“Mi farò portare da Marie le tue foto più imbarazzanti, poi vedremo chi è il più buffo tra i due”
“Spiacente per te ma sono state già preventivamente bruciate ad Amburgo, quando feci venire a casa Kaltz e Wakabayashi la prima volta”
“Tua madre avrà sicuramente delle copie, le mamme le hanno sempre”
“Bruciate anche quelle”
“Dannato d’un krapfen”
“E’ sempre Kaiser”
“Quel che è”
Borbottò Saph, riappropriandosi del suo album per continuare a sfogliarlo.
La risata del biondo si perse in un sorriso, intanto che osservava le varie foto di Aimée con la nipotina prima e dopo i suoi concerti, quelle erano tutte a colori al contrario di quelle che erano appese al ristorante, Derek le aveva volute in bianco e nero perché diceva che si adattavano meglio al Vienna, gli aveva spiegato la cuoca.
“Era bellissima, vero?”
Mormorò la rossa, accarezzando il profilo della parente sulla foto con l’indice.
In quella foto indossava un elegante vestito viola, teneva i capelli  rossi sciolti all’indietro, le braccia spalancate verso il suo pubblico e gli occhi chiusi, probabilmente perché persa nelle note della canzone e degli strumenti di quello spettacolo.
Karl le annuì, concorde.
“Già… mi ha detto che quello è stato il periodo più bello della sua vita”
“Lo è stato anche per me, credo che i miei ricordi più felici risalgano tutti a quel tempo”
L’attaccante distolse lo sguardo limpido dalle foto per poterlo posare sulla ragazza seduta di fianco a lui, sorrideva con dolcezza e nostalgia ripensando ai viaggi fatti insieme alla nonna, e lui per questo tentennò un po’ prima di dirle quello che gli aveva confessato la cantante, ci aveva riflettuto tanto se dirglielo o meno ma era giusto che lo sapesse, anche se era ormai troppo tardi le due dovevano chiarire.
“Era sicura che tu la odiassi”
Le confessò, facendole perdere come aveva previsto  il sorriso.
“Le ho detto che era impossibile ma lei-“
“Aveva ragione”
Lo interruppe Saphira a sorpresa, prendendolo totalmente in contropiede e  facendogli sgranare gli occhi.
“…Odiavi tua nonna?”
Chiese Karl scioccato.
Le aveva viste insieme, aveva percepito quanto bene si volessero e non riusciva a capacitarsi che in passato Saph, la dolce e timida Saph, avesse potuto odiare l’amata parente.
“Per un certo periodo sì, l’ho odiata con tutto il cuore”
Continuò a dire la rossa con tono impassibile.
“Ma… perché?”
Invece che rispondere, Saph poggiò via l’album e andò a curiosare in una scatola contenente altre foto, trovata quella che cercava la mostrò al regista del Bayern.
“E’ l’uomo che hai quasi picchiato, quello davanti alla tomba”
Disse Karl, non capendo dove volesse arrivare.
Che era un conoscente di Aimée lo aveva già capito, altrimenti non si sarebbe fatto vedere al cimitero…
“Ioann, violinista russo”
Disse la rossa, dando un nome a quello sconosciuto.
“L’accompagnò per molti dei suoi concerti, non la lasciava mai da sola anche quando c’ero io o quando si ritirava nel suo camerino, insisteva sempre per provare insieme a lei anche se avrebbe dovuto farlo con gli altri musicisti, le faceva spesso visita perfino nella camera d’albergo… e lei non si rifiutava mai… non lo faceva nemmeno con tutti gli altri…”
“Dal tono che usi, immagino che non fossero solo cari amici”
Mormorò Karl, iniziando a capirci qualcosa.
“Immagini bene, erano tutti suoi amanti”
Confermò la cuoca, sospirando e mettendo da parte la foto, capovolgendola per non dover guardare più il volto del musicista.
“Credo che iniziò ad averne già da prima di conoscere nonno, e anche dopo averlo sposato non smise…”
“Credevo fosse felice con lui”
Aveva visto l’amore profondo e vero brillare negli occhi viola della cantante quando parlava del vecchio proprietario, e non aveva mai detto una sola parola scortese nei suoi riguardi.
“Lo era… all’inizio non capivo come mai lo tradisse, mi chiedevo continuamente perché quando mi mandava fuori dalla stanza per poter rimanere da sola con l’amante di turno…”
“Tuo nonno lo sapeva?”
“Oh sì, che lo sapeva”
“E non le ha mai detto nulla?”
“Assolutamente nulla”
L’attaccante rimase in silenzio mentre lei si  portava le mani sulle spalle, massaggiandosele piano.
“Non l’ho odiata per questo però, ero una bambina ma decisi comunque che quello che faceva nel privato non mi sarebbe toccato fintanto che non mi avesse coinvolta o non avesse intaccato quella poca famiglia che mi era rimasta… l’ho odiata perché un bel giorno decise di coinvolgermi, chiedendo a Ioann d’insegnarmi a suonare il violino… quando stavo con lui mi sembrava di star tradendo anch’io la fiducia di mio nonno e questo non riuscivo a sopportarlo, non volevo passare del tempo con lui quando con mio nonno non riuscivo a passarlo, una volta glielo dissi, cercai di farle capire quello che provavo e lei mi rispose semplicemente che voleva che imparassi a suonare dal migliore che conosceva, a prescindere dei legami che aveva con lui… non credo di aver mai odiato nessuno come quella volta, ma sopportai e da quel giorno m’impegnai costantemente nelle lezioni così da dover star con Ioann il meno possibile, quando se ne andò mi sembrò di diventare infinitamente più leggera”
Chiarì Saphira, chiudendo gli occhi stanca.
“Smisi di odiarla non appena la vidi piangere sulla tomba di nonno, sentendo la sua disperazione capii anche perché lo aveva continuato a tradire… mia nonna aveva avuto paura della solitudine in tutti quegli anni, per questo si era circondata di uomini e per questo mi aveva portata con lei, fu in quel momento che decisi di partire per Vienna… per poterle fare una torta Sacher che le avrebbe fatto capire che non sarebbe mai stata sola”
Bisbigliò la cuoca, socchiudendo gli occhi tempesta per poter andare a guardare il ragazzo che era rimasto in silenzio ad ascoltarla.
“Dovresti dirglielo, è stata convinta fino all’ultimo del contrario”
Gli suggerì piano quello, silenziosamente grato che anche lei come la parente avesse deciso di confidarsi con lui.
Forse ispirava più fiducia di quello che pensava.
“Lo farò in uno di questi giorni… credo che per un po’ farò spesso visita al cimitero, dato che ho del tempo libero”
Mormorò la rossa, alzandosi in piedi per riportare la tazza ormai vuota in cucina.
“Passerà Saph vedrai, e starai meglio”
Era una frase fatta e il Kaiser lo sapeva bene, ma ci credeva in quello che le aveva appena detto.
“Ti sbagli, Karl caro”
Rise tristemente la cuoca, tornando da lui che nel frattempo si era alzato in piedi, poggiando la fronte contro una sua spalla.
“Non passerà mai, si affievolirà soltanto… farà male per sempre”


“Vorrei poter restare ancora per un po’”
Confessò Schneider, fermandosi poco dopo l’uscio della porta.
“Per me puoi restare eccome, basta che non mi fate fare ancora la terza incomodo~”
Urlò Cordula – arrivata verso l’ora di cena – da dentro l’attico.
L’attaccante ridacchiò, mentre Saphira arrossì un poco, socchiudendo la porta d’ingresso.
“Ti ho già fatto fare abbastanza tardi direi, se resti ancora domani mattina non ti svegli più”
Mormorò quest’ultima, incrociando le braccia sotto al seno.
“Tanto ormai Levin ci ha fatto il callo alle mie pallonate in testa”
“Non so chi sia ma provo tanta pena per lui”
“Ehi, almeno non sono mai dei Fire Shoot”
Saphira alzò un sopracciglio perplessa da quello che le era appena stato detto, ma alla fine alzò le spalle, prima o poi si sarebbe fatta spiegare meglio… prima o poi… di sicuro, non quella notte.
“Grazie per essere rimasto con me oggi… e scusa, ti ho gettato addosso un sacco di cose”
Karl scosse piano la testa per farle capire che non gli aveva dato fastidio, poi le si avvicinò per baciarle la guancia.
Per quella volta poteva bastargli quello.

   
 
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