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Autore: Star_Rover    15/10/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXXII. Quo fas et gloria ducunt


Richard strinse la Webley che aveva strappato dalle mani scheletriche di un maggiore britannico. Dopo aver abbandonato l’accampamento fantasma aveva deciso di lasciare il sentiero principale. Sapeva che il nemico era nascosto in quella foresta e non voleva di certo diventare un facile bersaglio per le sentinelle tedesche.
Con la mano sinistra il tenente tirò le redini, il cavallo rallentò il passo. L’ufficiale si rammaricò di non poter comunicare con quell’animale. Gli doveva la vita, avrebbe voluto dimostrargli la sua gratitudine. Aveva tentato di non affaticare troppo il suo compagno di viaggio con opportune soste, provvedendo a sfamarlo e dissetarlo, d’altra parte il destriero aveva dimostrato di essere un vero cavallo da battaglia, docile e obbediente nel carattere, forte e resistente nel fisico.
Richard alzò lo sguardo, il raggi tiepidi del mattino filtravano tra le fronde umide degli alberi. Una luce dorata illuminava il percorso fangoso. L’ufficiale tentò di orientarsi, ormai avrebbe dovuto raggiungere le sponde del fiume, ma cambiando più volte direzione temeva di essersi perso.
Era immerso in queste riflessioni quando ad un tratto udì un rumore tra gli arbusti. Immediatamente fermò il cavallo, era certo di aver avvertito il suono di alcuni passi. Il tenente rimase in ascolto, ma non percepì più alcun rumore sospetto.
Riprese ad avanzare restando in allerta, dopo pochi istanti un botto improvviso echeggiò tra gli alberi. Il cavallo ebbe un sussulto, Richard non si voltò, spronò l’animale al galoppo e ripartì a tutta velocità.
Altri spari scoppiarono alle sue spalle, le pallottole caddero a terra e si conficcarono nei tronchi nodosi.
Il cavallo continuò la sua corsa lungo il pendio. Richard avvertì il cuore martellare nel petto, gli spari si fecero sempre più radi e distanti. Il tenente provò a riprendere il controllo dell’animale, ma il pericolo aveva reso la bestia particolarmente irrequieta. A fatica riuscì a restare in sella mentre il destriero proseguiva la sua discesa verso il fiume. Alla fine il cavallo fu costretto a fermarsi poco prima di cadere nel corso d’acqua. Richard restò aggrappato al dorso dell’animale, incredulo di essere ancora vivo. Non era ancora riuscito a razionalizzare l’accaduto che udì una voce.
«Ei! Tutto bene?»
L’ufficiale sobbalzò, si voltò di scatto estraendo prontamente la pistola.
Due soldati abbassarono i fucili.
«Dannazione, non sparare! Siamo americani!»
 
Richard fu accompagnato al villaggio occupato dagli alleati. Il tenente inglese, spossato e provato dalla prigionia e dalla sua disperata fuga per libertà, era ridotto piuttosto male. Zoppicava trascinando la gamba ferita, la sua divisa era macchiata di fango e sangue. Gli americani invece non portavano ancora i segni della guerra. I soldati erano freschi e riposati, sui loro volti comparivano sinceri sorrisi, i loro sguardi brillavano ancora di aspettative e speranze.
Green fu presentato a un ufficiale, un giovane capitano che si preoccupò di sfamarlo e medicarlo prima di interrogarlo.
«I tedeschi sono ancora nella foresta, hanno assalito un accampamento britannico e mi hanno sparato vicino al fiume»
L’americano conosceva bene la situazione: «abbiamo raggiunto molti progressi nelle ultime settimane, ma il nemico sembra affezionato a queste terre»
«Hanno lasciato degli avamposti, ma le truppe si stanno ritirando verso nord-est…»
Il capitano annuì: «la ringrazio per la collaborazione, di certo le sue informazioni ci saranno utili»
«Io devo tornare dai miei uomini» affermò Green con preoccupazione.
«Certamente, sarà portato nelle retrovie con i nostri feriti»
«Grazie signore»
«Possiamo fare altro per lei?»
Richard era ormai stremato, alzò la testa mostrando un’espressione sofferente sul volto pallido e scarno.
«Abbiate cura del cavallo»
 
***

Il sottotenente Waddington continuò a camminare avanti e indietro nella piccola stanza dell’ospedale, osservava le fiamme delle candele con lo sguardo vitreo perso nel vuoto. Aveva appena fatto visita a un suo commilitone rimasto gravemente ferito dopo l’ultimo scontro. Aveva tentato di confortarlo, ma mentire non era mai stato il suo forte. La sua voce tremante e la sua espressione apprensiva non erano state affatto d’aiuto in quella drammatica situazione. Non aveva potuto fare altro che rispondere con frasi di circostanza, vuote e prive di senso davanti al dolore di un uomo che non avrebbe mai più potuto tornare a vivere serenamente, e che avrebbe portato i segni di quel terribile conflitto per il resto della vita. Ogni volta che quel soldato avrebbe guardato il proprio riflesso allo specchio avrebbe ricordato il momento peggiore della sua vita, quando aveva preso parte ad una delle più grandi atrocità mai commesse dall’essere umano.
Waddington prese un profondo respiro, avvertì il rumore di alcuni passi in corridoio, qualcuno si stava avvicinando. Poco dopo la sagoma del dottor Jones comparve davanti alla porta.
«Sottotenente, non sapevo che fosse qui»
«Se è per questo nemmeno io so perché sono qui» replicò l’altro con tono cupo.
Il medico percepì la sua preoccupazione.
«È sicuro di stare bene?»
Egli chinò il capo: «chi potrebbe dire di stare bene durante una guerra?»
Jones incrociò le braccia al petto: «già, errore mio. Le ho rivolto una domanda davvero stupida»
«Oh, no. Lei è sempre molto gentile, sono io ad averle risposto in modo irrispettoso. È solo che…dannazione, è sempre più difficile sopportare tutto questo!»
Il dottore poté comprendere la sua frustrazione.
«Posso fare qualcosa per lei?»
Il sottotenente scosse le spalle: «temo proprio di no»
Jones si avvicinò al suo compagno: «che ne dice di parlare un po’? Sono certo che una tranquilla chiacchierata potrebbe aiutarla»
Waddington annuì, seguì il medico a lato della stanza e si sistemò su una delle sedie poggiate al muro. Offrì una sigaretta al medico, il quale accettò.
«Sa una cosa dottore? Ho fumato la mia prima sigaretta in trincea. Stenterà a crederlo, ma prima della guerra ero un bravo ragazzo, mi tenevo lontano dai guai e dalle cattive compagnie. Non lo facevo per compiacere i miei genitori, volevo solamente un’esistenza tranquilla. Non è ironico che sia finito nel mezzo di un conflitto orribile come questo?»
«La guerra è come la pioggia: imparziale»
Waddington espirò un nuvola di fumo.
«Ha idea del motivo per cui sono stato promosso a sottotenente?»
Jones rimase in silenzio.
«Perché il mio comandante, il sottotenente Conrad, è morto! Ecco, questo è l’unico motivo per cui sono qui, perché un uomo è stato ucciso ed io ho ereditato le sue scomode responsabilità!»
«Sono certo che la sua promozione sia stata meritevole»
Egli esternò la propria disapprovazione.
«In ogni caso lei ha sempre svolto il suo dovere»
«Avevo forse scelta?»
Il dottor Jones accettò quell’amara verità.
«Se ha deciso di portare avanti il suo compito significa che è un uomo con la coscienza a posto»
«Ho sempre pensato che avrebbero scritto questo sulla mia lapide: Horace Waddington, fu un tipo a posto»
«Be’, non sarebbe tanto male…» commentò Jones.
Il sottotenente scosse la testa: «dopo tutto quello che è successo non credo affatto di essere a posto»
Dopo aver detto ciò Waddington rimase a lungo in silenzio, con le mani poggiate sulle ginocchia, cercando di trovare la forza di continuare parlare. Sentiva la gola secca e gli occhi lucidi.
«Non riesco a smettere di pensare alla morte del sodato Walsh» ammise tristemente.
«Mi dispiace, non deve sentirsi responsabile per quel che è successo»
«Ha scelto di morire piuttosto che continuare a vivere senza il suo compagno. L’amicizia con McCall era l’unico conforto che ancora gli donava una ragione di vita. Con la sua morte è svanita anche la sua ultima speranza…»
«C’è sempre un punto di non ritorno, quando il dolore diventa insopportabile non tutti riescono a trovare la forza di reagire»
«Io ero consapevole di tutto, e nel momento in cui implicitamente mi ha chiesto di lasciarlo andare non ho potuto impedirglielo»
«È stata una sua decisione, per quanto sia terribile ammetterlo, forse è meglio per lui che sia andata così»
 
Waddington uscì in strada ripensando alle parole del dottor Jones. Quell’uomo cercava sempre di fare del suo meglio per aiutare gli altri. Non sapeva se provare ammirazione o commiserazione nei suoi confronti, ma era certo che per lui ormai non ci fosse più nulla da fare. Le parole, seppur confortanti, non erano sufficienti per mettere in pace il suo animo.
Così Waddington era giunto a una triste considerazione, se non poteva accettare la realtà della guerra allora doveva fare di tutto per dimenticare. Non voleva pensare ai compagni caduti, ai nemici uccisi o alla costante paura di morire. Voleva solamente sentirsi vivo anche solo per una volta e mandare tutto il resto al diavolo.
Quella sera, in preda a queste emozioni, decise di unirsi ad alcuni suoi commilitoni, i quali erano soliti a trascorrere le serate nei bordelli e nei locali ad ubriacarsi. L’idea non lo esaltava più di tanto, ma ritenne di non avere motivo per rifiutare. Come aveva previsto però l’esperienza si rivelò decisamente negativa. Il sottotenente trovava squallido andare a letto con le prostitute e non apprezzava affatto la compagnia degli ubriachi. Gli unici svaghi che un soldato poteva permettersi nelle retrovie non facevano per lui.
Waddington rimase in disparte, seduto solo al tavolo con un boccale di birra mezzo vuoto. Era ormai deciso ad andarsene quando un giovane soldato si sedette davanti a lui.
Lo sconosciuto poggiò i gomiti sul tavolo e sorseggiò con calma il suo brandy. I due si scambiarono occhiate furtive attraverso l’aria rarefatta dal fumo.
Dopo un po’ Waddington ordinò un altro giro di alcolici per entrambi.
L’altro sorrise: «grazie, signore»
«Per favore, tralasciamo le formalità»
«D’accordo, se è così mi chiamo George»
«Horace»
L’oste poggiò due bicchieri sul tavolo.
«Bene, allora brindiamo a questo incontro» disse George con tono amichevole.
Egli rispose con un cenno, alzò il bicchiere e bevve un lungo sorso.
«A rischio di sembrare scortese, non sembra che ti stia divertendo» azzardò il soldato.
«Tutto questo non fa per me»
«Eppure sei venuto qui in cerca di qualcosa»
Il sottotenente non rispose.
«Credo di sapere di cosa hai bisogno…» continuò George.
Waddington rimase diffidente.
«Hai superato il limite, sei stanco di questa fottuta guerra, vuoi solo dimenticare quel che c’è là fuori. Non hai più nulla da perdere. Desideri solo sentirti vivo perché hai paura di non poterne più avere l’occasione»
Il sottotenente rimase sorpreso da quelle parole.
«Come…»
«Come faccio a leggere dentro di te? Perché è ciò che provo io stesso ogni maledetto giorno»
«Esiste il modo per liberarsi da tutto questo?»
George sorrise: «non definitivamente, ma ci sono tanti modi per evadere dalla realtà. Il mio è efficace, ma decisamente pericoloso»
Waddington era certo che quella dovesse essere una brutta faccenda, e forse fu proprio questo ad attirarlo ancora di più.
«Di che si tratta?»
George si guardò intorno con attenzione, poi si avvicinò per sussurrare all’orecchio del suo compagno.
Egli sussultò sgranando gli occhi, impallidì e tornò a poggiarsi contro le schienale di legno. Pian piano l’iniziale disgusto si tramutò in eccitante curiosità.
«Funziona davvero?»
L’altro annuì.
«Credi che potrei provare?» chiese con un po’ di titubanza.
«Be’, dipende…hai dei soldi?»
Waddington infilò una mano nel taschino della divisa ed estrasse una buona somma di denaro.
«È sufficiente?»
Lo sguardo di George si illuminò.
«Direi proprio di sì» affermò prendendo avidamente le banconote.
Il soldato si rialzò dal tavolo e fece segno al suo commilitone di seguirlo.
Horace obbedì, i due lasciarono il salone principale per raggiungere una delle stanze al piano superiore.
George richiuse la porta alle sue spalle, Waddington si sedette sul letto, guardandosi intorno con aria nervosa. Il suo compagno aprì a chiave un cassetto e si mise di spalle per compiere azioni che restarono nascoste nell’ombra.
Tornò da lui con una siringa tra le mani, lo fece sdraiare sul materasso e gli disse di rilassarsi.
Waddington scelse di fidarsi, ormai aveva deciso, aveva intenzione di andare fino in fondo.
George preparò tutto con cura e precisione, infine infilò l’ago nel braccio del suo compagno. Il sottotenente reagì con un sussulto.
«Non preoccuparti Horace, presto ti sentirai meglio, e finalmente sarai libero da ogni tormento»
 
***

Il tenente Foley non si era opposto in alcun modo alla decisione del colonnello Harrison, aveva accettato quelle condizioni degradanti senza ribattere. Aveva intenzione di preservare la dignità che gli era rimasta.
Nemmeno per un istante aveva pensato di ritenere suo fratello responsabile per il disonore che era ricaduto sulla sua famiglia. Pensò ai suoi genitori, i quali avevano perso un figlio ed erano costretti a vergognarsi per questo. Era terribile, eppure a nessuno sembrava importare.
Thomas Foley era considerato un vigliacco e un traditore della Patria. In quanto ufficiale William era consapevole di quanto fosse pericolosa la paura dei soldati, egli stesso condannava la diserzione e la considerava un atto ignobile, queste sue convinzioni lo ponevano in una situazione davvero difficile. Restando fedele a se stesso avrebbe dovuto ripudiare suo fratello. Non poteva ignorare la verità, Thomas era colpevole, avrebbe dovuto convivere con questa consapevolezza.
Il tenente Foley non aveva mai ambito ad una carriera militare, era sempre stato un uomo di saldi principi, ma dopo la condanna del fratello aveva iniziato a perdere fiducia in se stesso e nella sua severa morale.
Per molto tempo aveva accusato Richard per la sua condanna, ma in fondo aveva sempre saputo che il suo commilitone non avrebbe potuto fare nulla per salvare la vita di un disertore. Aveva ritenuto più semplice trovare qualcuno su cui scaricare le colpe piuttosto che accettare la triste verità. Era stato il dolore ad impedirgli di vedere le cose chiaramente, così egli si era abbandonato al rancore. Aveva compreso i suoi errori, rivelando a Richard la verità. Credeva che il suo dolore si sarebbe attenuato dopo essersi confrontato con lui, ma ciò non era accaduto.
La perdita di Thomas era irreparabile, così come quella di Albert.
 
William aveva riflettuto a lungo sulla questione, nelle retrovie aveva ritrovato alcuni vecchi compagni, tra cui anche il sergente Jackson. Si era ricordato subito di lui, Albert l’aveva nominato più volte parlando del caso Randall. Anch’egli era stato coinvolto in quella vicenda, dunque poteva conoscere particolari importanti.
Il tenente Foley aveva promesso a Richard di fare il possibile per scoprire la verità, ed ora che si era presentata l’occasione non poteva tirarsi indietro.
L’ufficiale si fece coraggio e una sera decise di affrontare l’argomento con il suo commilitone.
«Lei conosceva il caporale Randall?» chiese con un po’ di esitazione.
Jackson scosse le spalle: «sapevo abbastanza di lui da avere il buon senso di stargli lontano»
«So che ha testimoniato al suo processo»
«Sì, è vero. Alla fine però le mie parole non ebbero molta importanza»
«Qual era l’accusa?»
«Omicidio»
Foley sussultò: «che…che cosa era accaduto?»
Jackson prese un profondo respiro ed alzò lo sguardo al cielo stellato.
«Accadde nell’autunno del 1915. Era una sera come questa, avevamo voglia di festeggiare perché erano arrivati i rifornimenti. Eravamo tutti seduti intorno al fuoco a bere birra e raccontarci storie di guerra, inevitabilmente qualcuno alzò un po’ il gomito e a un certo punto si iniziò a litigare. Essendo il più anziano del gruppo toccò a me calmare le acque, per la maggior parte erano le solite incomprensioni tra ubriachi, nulla di serio. Però più tardi mi ritrovai in una brutta situazione e dovetti intervenire in una rissa. Quando riuscii a separare i due presi Randall per le spalle e lo trascinai in disparte. Gli domandai se fosse impazzito nel voler picchiare a sangue un ragazzino. Mi disse che quel giovane gli aveva mancato di rispetto e che aveva il diritto di mostrargli come stavano realmente le cose. Risposi che per poco non l’aveva ammazzato, lui rimase in silenzio, guardandomi dritto negli occhi. Le posso assicurare che quello che vidi fu lo sguardo del demonio. Ebbi la certezza che se non fosse stato per il mio intervento la vicenda sarebbe finita male. La mia non fu soltanto una sensazione, il giorno dopo purtroppo ne ebbi la conferma. All’alba trovarono il corpo di quella recluta nel fiume, la salma era stata ulteriormente martoriata. Si parlò di annegamento, ma nessuno credette che si fosse trattato di un incidente»
«È convinto che sia stato il caporale Randall a uccidere quel ragazzo?»
«Non ho alcun dubbio a riguardo»
«Quell’uomo sarebbe stato disposto a commettere un omicidio per un’assurda discussione?»
«Randall è un folle che potrebbe uccidere anche senza motivo»
«E l’esercito non ha mai preso provvedimenti a riguardo?»
«Un caporale assetato di sangue sul campo di battaglia è una preziosa risorsa. Gli ufficiali sanno sempre a chi rivolgersi per sistemare le loro sporche faccende. Sono certo che Randall conosca ogni putrido segreto dell’esercito britannico e che abbia preso parte alle azioni più deplorevoli»
«Le sue accuse sono veramente gravi»
«Se è qui a discutere con me significa che anche lei non crede nell’integrità del nostro esercito»
«Io mi sto solo chiedendo se quell’uomo sia o meno l’assassino del tenente Albert Green»
Jackson si sorprese nel sentire quel nome.
«Mi ricordo del tenente Green, al tempo fu l’unico a darmi ascolto. Crede che anche lui sia stato una vittima di Randall?»
Egli sospirò: «non lo so, e sinceramente non so nemmeno a cosa potrebbe servire scoprire la verità»
«Non vuole rendere giustizia al suo commilitone?»
William aveva ormai smesso di credere nelle giustizia.
«Se Randall avesse davvero ucciso il tenente Green cambierebbe forse qualcosa?»
L’uomo rifletté qualche istante.
«L’omicidio di un ufficiale non passerebbe inosservato»
«Ormai è passato tanto tempo»
«Accusarlo di quel crimine potrebbe essere l’unico modo per fermarlo»
Foley dubitò di quelle parole.
«Albert era il mio migliore amico, forse desidero soltanto trovare un colpevole per la sua scomparsa, in modo da non poter più accusare me stesso per non essere riuscito a salvarlo»
«Randall aveva un movente»
L’ufficiale rimase scettico: «ho trovato io il cadavere di Green ed ho le mie ragioni per credere che egli si sia suicidato»
«Perché sta cercando di giustificare quel mostro?»
«Di certo Randall è un criminale di guerra, ma sarebbe un errore accusarlo di un omicidio che non ha commesso»
«Dunque vuole arrendersi e lasciare questa storia nel passato?»
William mantenne lo sguardo fisso davanti a sé: «a volte accettare la realtà non è una sconfitta»
 
***

Durante la sua permanenza in ospedale Richard ricevette numerose visite, tra le quali quelle del capitano Howard, del maggiore Farrell e del sergente Redmond. I suoi commilitoni, oltre a tempestarlo di domande, si preoccuparono di informarlo su ciò che era accaduto al fronte durante la sua assenza.
Tra tutti il sergente Redmond fu l’unico che fu ben accolto dal tenente.
«Sapevo che sarebbe tornato sano e salvo» disse il sottufficiale con un benevolo sorriso.
«Questa volta ci è mancato davvero poco» commentò Richard indicando l’arto ferito.
Redmond cambiò atteggiamento e si avvicinò con un’espressione seria sul viso. Il tenente intuì dalla sua agitazione che egli non avesse buone notizie.
«Che cosa è successo?» chiese con evidente apprensione.
Il sergente prese un profondo respiro prima di informarlo a riguardo delle condizioni del suo attendente.
«Mi dispiace…» disse alla fine del suo resoconto.
Richard tentò di mantenere la calma: «come sta adesso?»
«È ancora debole, ma il dottor Jones ha detto che si riprenderà»
Il tenente scosse la testa: «quel ragazzo riesce sempre a trovare il modo per finire nei guai…»
«È normale che il cuore dei giovani sia più ardimentoso»
«Credevo avesse imparato qualcosa dalle mie raccomandazioni»
«Non sia troppo severo nei suoi confronti»
«Se non fosse stato per lei…»
«Oh, non deve nemmeno pensare a questo»
«Mi chiedo come mai abbia deciso di compiere un atto così stupido!»
«Sa che lo ha fatto per voler essere all’altezza della situazione, desiderava solo che lei fosse orgoglioso di lui»
«Sergente, io non sono deluso dal mio attendente, sono semplicemente preoccupato»
«Lei ha aiutato quel ragazzino a diventare un buon soldato, ma è sempre stato consapevole di non poterlo proteggere dalla guerra»
«Ho promesso a me stesso che avrei fatto il possibile per salvarlo»
Redmond avvertì un nodo alla gola: «ci sono cose che non dipendono da noi e che non possiamo controllare»
Richard comprese le sue parole.
Il sergente guardò il suo superiore negli occhi, riconobbe quello sguardo colmo di ansia e preoccupazione, lo conosceva fin troppo bene.
«Signore, io non credo di poter comprendere il rapporto tra lei e il suo assistente, ma so che significa anteporre il bene di una persona cara ad ogni altra cosa»
Richard rimase in silenzio.
«Non posso garantirle nulla, ma sono sicuro che quel ragazzo sappia quanto sia importante per lei. E ho avuto prova che per lui vale lo stesso»
L’ufficiale distolse lo sguardo, ma dentro di sé provò una profonda commozione.
«Ora pensi solo a riposare, ne ha davvero bisogno» concluse Redmond prima di scomparire oltre la porta.
 
***

Quando lasciò l’ospedale Richard fu prontamente richiamato dal colonnello Harrison.
Il tenente proseguì lungo il corridoio scrutando l’ambiente e spostando nervosamente lo sguardo a destra e a sinistra. Si fermò davanti alla porta e porse alla guardia il saluto militare.
«Il colonnello la sta aspettando»
L’ufficiale annuì con un cenno e varcò la soglia.
«Tenente, lieto di rivederla. Per favore, chiuda la porta»
Green obbedì.
«Prego, si accomodi»
Egli si avvicinò alla scrivania, ma restò in piedi impuntando gli stivali a terra.
Il colonnello poggiò le carte che aveva tra le mani e richiuse la cartella davanti a sé.
«Ho terminato di leggere il suo rapporto e ho preso una decisione»
Richard alzò lo sguardo per osservare il suo superiore negli occhi.
«Non si preoccupi, sono buone notizie» disse Harrison per rassicurarlo.
Green non sapeva che cosa aspettarsi da quel colloquio.
«Ho proposto il suo nome per la Military Cross» affermò il colonnello con evidente soddisfazione.
Richard rimase perplesso.
«Non capisco, per quale motivo dovrei meritare quell’onorificenza?»
«Per aver guidato con onore e coraggio il suo plotone durante l’ultima offensiva nemica»
«Ho perso metà dei miei uomini nella difesa di quell’avamposto»
«Lei ha continuato a combattere resistendo fino alla fine, è stato catturato dal nemico ed è riuscito a fuggire per tornare nelle linee inglesi. La sua storia è perfetta per quella medaglia»
«In ogni caso non ho intenzione di accettare»
L’espressione del colonnello Harrison si indurì.
«Perché non dovrebbe?»
«Per rispetto per me stesso e per i miei compagni»
«Tenente, fino ad ora ho cercato di spiegarle la situazione in modo piuttosto diplomatico. Adesso le dirò come stanno realmente le cose: i sodati hanno bisogno di credere che quel sacrificio sia servito a qualcosa»
«Quella medaglia è macchiata del sangue dei miei commilitoni»
«Anche se fosse il suo dovere sarebbe appuntarla al petto e mostrarla con orgoglio per l’onore dell’Esercito britannico»
Richard concluse quella conversazione esternando il proprio dissenso.
«In tutta onestà colonnello, spero che rifiutino la sua richiesta»
 

 
 
 
Nota dell’autrice
Ringrazio di cuore tutti coloro che stanno continuando a seguire questo racconto.
Un ringraziamento speciale ai cari recensori per il prezioso supporto^^
   
 
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