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Autore: NPC_Stories    16/10/2020    3 recensioni
L'anno scorso ho fatto l'inktober con Erika, quest'anno lei ha trovato questo fantastico promptober chiaramente a tema drow.
Non so se riuscirò a scrivere tutti i giorni, probabilmente saranno storie brevissime, non so se ci saranno dei disegni, ma so che i prompt sono troppo belli e cercherò di tirarne fuori qualcosa, probabilmente missing moments di altre mie storie.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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16. Bazaar


1371 DR, Silverymoon, Marche d'Argento

Silverymoon era una città cosmopolita, ma questa definizione si applicava soprattutto alla quantità di razze che la popolavano: umani, elfi, mezzelfi, nani, gnomi e halfling. Perfino qualche mezzorco, che riusciva a condurre una vita pacifica in un clima di mutua tolleranza.
Quello che era meno comune vedere erano umani di altre etnie, anche se qualcuno giurava che all'università ci fosse una ragazza umana dalla pelle scura. Ogni tanto giungevano mercanti da sud, con i loro visi abbronzati, ma non erano molto diversi dalla gente delle Marche d'Argento.

Taman Riverson faceva decisamente eccezione. La sua pelle aveva un colorito leggermente diverso, anche se la gente non avrebbe saputo descriverlo con esattezza; chi lo vedeva per la prima volta spesso gli chiedeva se fosse in salute. Ma la cosa che lo identificava immediatamente come straniero erano i tratti del viso, gli occhi più sottili e allungati, il naso più piatto e più piccolo. Le persone più colte avrebbero saputo puntare il dito facilmente verso la sua provenienza geografica: est, l'esotico continente di Kara-tur.
Quale regione esattamente era più difficile da stabilire, anche perché lui stesso non lo sapeva. Era cresciuto in un orfanotrofio a Silverymoon e non sapeva come ci fosse arrivato, sembrava che fosse comparso letteralmente sotto un cavolo, come raccontavano i genitori ai figli piccoli quando chiedevano da dove venissero i bambini.
Taman aveva avuto una vita tranquilla, senza grandi sconvolgimenti. Quando era stato abbastanza grande per lasciare l'orfanotrofio, un ragazzo gentile aveva creduto in lui e nella sua professionalità e gli aveva affidato la gestione di un negozio.
Bazaar delle seconde occasioni, così si chiamava. Era esattamente ciò che il nome suggeriva: un robivecchi. La gente portava le sue vecchie carabattole, i vestiti di seconda mano, perfino oggetti rotti. Taman aveva il mandato di non rifiutare mai nulla, poco importava quanto gli oggetti che gli venivano venduti dai cittadini potessero sembrare pronti per la discarica più che per una nuova vita.
Il proprietario del negozio credeva nelle seconde occasioni. Era assolutamente un mago nel rimettere a posto gli oggetti rovinati o perfino rotti. Talvolta Taman si chiedeva se non fosse per davvero un mago.
Una volta che la nomea del negozio aveva cominciato a spargersi, la gente aveva cominciato a ricomprare i suoi stessi oggetti, e da lì a negozio di riparazioni il passo era stato breve. Ora il bazaar non era più solo una rivendita ma anche un aggiustatutto, una sartoria, una lavanderia capace di rimuovere le macchie più eterne. Taman aveva cominciato presto ad amare genuinamente il suo lavoro, ad amare l'espressione felice delle persone che si vedevano restituire gli oggetti di una vita, a cui erano affezionati, tornati quasi come nuovi. Aveva chiesto al suo datore di lavoro di insegnargli ma lui aveva sempre affermato di non poterlo fare, quindi Taman, anche se aveva aspirazioni da artigiano, era rimasto un semplice mercante.
Gli anni passarono tranquilli al Bazaar e lentamente si trasformarono in decenni.
Taman, ormai un vecchio canuto, apriva tutti i giorni il negozio alle otto del mattino, regolandosi grazie a un vecchio orologio ad acqua che se ne stava appollaiato in un angolo del negozio da più di cinquant'anni. C'era stato qualcuno che aveva espresso il desiderio di comprarlo, ma Taman era particolarmente affezionato a quell'oggetto e aveva mentito dicendo che faceva parte dell'arredamento del negozio.
Mentre ascoltava il familiare e confortante e ticchettio delle gocce d'acqua, che lo aveva accompagnato per decenni nella sua routine, Taman Riverson si soffermò ancora una volta a pensare alla caducità della vita. Nutriva una segreta speranza, che non osava rivelare a nessuno. Forse era il negozio stesso a ringiovanire gli oggetti in qualche modo. Forse, lui che amava così tanto il Bazaar, sarebbe stato benedetto da una seconda occasione.
Era un sogno sciocco, ma al vecchietto piaceva indulgervi.
Peccato che non ricordasse di avere già avuto la sua seconda occasione.



   
 
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