Salve a tutti, cari lettori. Eccomi
qui con la mia prima one-shot.
Per chi legge le mie fic, sa che non amo le cose tradizionali. Non mi sono
smentita neanche questa volta. Non ho voluto fare una fic
OOC come le altre. Ho voluto uscire dagli schemi.
Magari non sarò ben vista, riceverò molte critiche. Ma sono pronta a questo.
Voglio rischiare, anche questa volta.
Spero davvero che però non sia cosi.
Spero anzi che questa shot serva magari anche a
qualcosa. Afar riflettere per qualche minuto magari,
forse qualche secondo. Mi basta, non chiedo tanto.
So di aver affrontato un tema
delicato, particolare. Tutto è nato da un servizio su un gionale,
da li l’idea di farne qualcos’altro.
Vorrei sapere cosa ne pensate quindi,
quando finirete di leggere, vi prego vivamente di lasciare una recensione. Non
per dare un contentino a me. Ma per sapere. Infondo, non costa proprio nulla
qualche riga.
Grazie mille, buona lettura.
Ti amo o ti
ammazzo à colonna
sonora.
Pov Edward.
Ombre
L’abitudine a muovermi
nell’ombra mi garantiva una certa piacevolezza nel camminare nella notte.
Il senso di colpa mi
seguiva sempre, era diventato ormai come parte di me, ma rinunciare a tutto
quello che nell’ultimo mese mi rendeva felice era veramente impossibile.
Sapevo benissimo di non
poterla avere, ma non mi sarei mai arreso. Eppure, avrei dovuto farlo.
Avrei dovuto lasciarla libera,
smetterla di sembrare un pazzo.
Era quello che in fondo
sarei sembrato alla gente: ma non potevo, non dovevo smettere.
Perché lei era troppo
importante, troppo bella, troppo dolce e insicura.
L’amavo? Non ne ero ancora
sicuro. Era strano per un vampiro centenario come me perdere tutte quelle
conferme su cui basi la tua vita. Da quando la vidi per la prima è come se
tutti i muri che proteggevano la mia mente fossero stati abbattuti.
Mi sentivo indifeso, sempre
in ansia, insicuro.
Inoltre, non avevo metri su
cui basarmi, perché io non sapevo proprio cosa fosse l’amore. Anzi, non sapevo neppure
se io fossi in grado di provare un sentimento cosi puro e
nobile.
Ma lei sicuramente poteva:
lei avrebbe amato nella sua vita. Lo faceva già.
Si vedeva da come preparava
la cena per suo padre, con un sorriso sereno che non abbandonava mai il suo volto.
Si vedeva da come parlava
al telefono con sua madre, che abitava lontano da lei, mentre ascoltava le sue chiacchere insistenti.
Quanto avrei voluto essere
io il destinatario di quei meravigliosi sorrisi.
Immaginai per un solo
secondo come sarebbe stato stringerla tra le mie braccia, annusarle i capelli,
sentendo il suo odore meraviglioso, baciare quelle labbra vermiglie.
Oggi per la prima volta mi
aveva guardato. Si, ne ero sicuro. Finalmente mi aveva
notato.
Tutte le corse in
segreteria per cambiare i miei corsi, facendo in modo che coincidessero con i
suoi, non erano state vane.
Tutte le figuracce,
spingendo via la gente che stava in mezzo quando la seguivo tra i corridoi,
solo per vederla salutare qualche amica.
E quanta gelosia mi aveva
divorato l’anima, quando la vedevo insieme a qualche ragazzo che non fossi io.
Perché loro potevano guardarla dritto negli occhi, mentre a me tutto ciò era
negato? Perché anche a me non era stata donata questa fortuna?
La gelosia è pericolosa.
Era uno dei pochi sentimenti, insieme all’ira, che riusciva a tirarmi fuori
dall’anima la ferocia di un vero vampiro.
Fortunatamente i miei
fratelli mi erano sempre stati vicini, per proteggerli…da me. Solo vederla
sorridere verso di loro mi divorava anima e corpo. L’anima… ne avevo veramente
una?
Girai l’angolo del
corridoio che portava al suo armadietto e la trovai li, intenta a frugare alla
ricerca di un libro.
Con un piccolo gemito di
vittoria, richiuse lo sportello, trovandosi cosi molto vicina
a me. Naturalmente avevo fatto cambiare la disposizione degli armadietti per
far in modo che il mio le fosse vicino.
“Ah! Mi hai spaventata, non ti ho
visto arrivare…”, disse velocemente, con una mano sul cuore.
“Edward. Mi
chiamo Edward”. Il tono della mia voce non era quello giusto. Era
rammaricato, ma anche feroce. Il fatto che non sapesse neanche il mio nome
naturalmente mi feriva, ma aggredirla cosi non era affatto la cosa giusta. Non
volevo che pensasse di me cose sbagliate.
“Oh si,
lo so come ti chiami”, mi rispose, sorridendomi timida. Come lo sapeva?
Una strana sensazione,
quasi simile alla gioia, che da tanto non provavo, mi gonfiò il petto.
“Frequentiamo gli stessi
corsi da quattro anni, è normale che io sappia chi sei”, sussurrò con la testa
china, quasi a giustificarsi. Che avesse intuito qualcosa? Che sospettasse di
me? E se lo faceva, che effetto le procurava saperlo?
Non riuscivo a parlare, ero
come immobilizzato davanti alla sua bellezza. Era la prima volta che le parlavo
direttamente, la prima volta che potevo ammirare da cosi vicino il suo viso, le
sue labbra, i suoi magnifici occhi color cioccolato.
“Forse è meglio andare,
faremo tardi”, mi avvisò con tono bonario, dopo qualche minuto di silenzio.
Avevo fatto una pessima figura. Insomma, non avevo spiccicato parola!
Ora penserà che sono uno sciocco.
Con gli occhi sbarrati,
continuavo a contemplare le sua labbra schiudersi,
mentre la sua voce morbida e dolce mi arrivava al cervello e lo occupava
completamente.
Sorrise timida e mi prese
la mano, trascinandomi verso l’aula.
E per la prima volta, la
lezione la passai al suo fianco.
So di sbagliare, so che
adesso non ne ho più motivo.
So che ora, dopo quattro
mesi insieme, posso dire di essere felice.
Ma non posso farne a meno.
Dopo tre mesi, Bella era
finalmente mia. Dopo qualche giorno da quando ci siamo messi ufficialmente
insieme, le ho parlato della mia natura. Lei non ci ha creduto subito, ma
quando le ho provato che non le stavo affatto mentendo, ha sgranato gli occhi e
ha annuito. Solamente questo.
Ha accettato tutto, non mi
ha giudicato e continua a starmi vicino.
Mike, Eric, Tyler, e tutti
quegli altri stupidi idioti che prima le hanno ronzato intorno, sono stati
tolti dalla circolazione.
Cioè, ovviamente non gli ho
uccisi. Ho avuto qualche problemino con Newton. Era più affezionato a Bella di
quanto credessi, ed è stato difficile convincerlo con le buone a starle
lontano. Ma a cento metri proprio.
Infatti, le buone maniere
con lui non hanno attaccato. Ma una scazzottata per la donna che si ama ci sta.
E poi diciamolo, mi sono anche dovuto trattenere.
Anzi, sono stato allontanato.
Ora la mia popolarità è
alle stelle, non che mi interessi comunque. Al contrario, sta diventando
parecchio fastidioso.
Le ragazze mi vedono come
il classico stronzo. Bello e dannato. Che fa a botte per la sua donna e non le
prende neanche.
E Bella come ha reagito? Ha
avuto paura: per lui, non per me. Mi sono preso anche una ramanzina, dicendo
che Mike non si meritava di essere picchiato solo perché voleva essere suo
amico. Piccola e ingenua Bella.
E ora sono qui, a guardarla
muoversi veloce per casa, ascoltando sull’ipod le sue
canzoni preferite. La vedo danzare a tempo di musica, mentre canta le canzoni
di J-Ax.
Un fattone
forse, ma che secondo lei di musica se ne intende.
Che cosa sto a fare qui, vi
chiederete? Perché non entro in casa sua? Perché non suono a quel campanello e
non passo il mio tempo con lei, invece che starmene su un albero?
Controllo. Vigilo.
Le telefonate, le email, i passatempi, le lettere.
Voglio sapere tutto di lei.
Solo il pensiero che in lei ci sia anche il minimo pensiero per qualcun altro
che non sia io mi divora, mi distrugge.
Mi distraggo, e
inavvertitamente non mi accorgo che lei sta uscendo di casa.
E mi vede, anzi, mi fissa.
Ha uno sguardo strano però.
Entra veloce dentro di casa, quasi correndo, rischiando anche di cadere sul
terreno scivoloso.
Dopo qualche
minuti, la chiamo a casa. Al penultimo squillo, risponde.
Rimango in silenzio,
aspettando che sia lei a parlare.
“Che ci fai li fuori, Edward?”, mi chiede, spaventata. Ma perché
spaventata, poi?
“Sono di passaggio”.
“Non è
vero! Non
prendermi in giro, ti prego”, supplica quasi, con la voce bassa, il tono sempre
allarmato.
“Mi
dispiace Edward, ma io non posso continuare cosi. Io… tu ti devi fidare di me! Mi sento soffocare,
non ce la faccio più. È finita”. Tu-tu-tu.
È finita.
È finita.
No. Non è possibile.
Sono passati due anni ormai
da quel ventuno novembre. Quel giorno che ha reso la mia vita un inferno. Un
vortice buio fatto di bugie e paura.
Due anni che non mi arrendo
all’idea di averla persa per sempre.
Due anni che la mia vita
non è altro che lei. Non è altro che ombre e inseguimenti.
Un po’ come un ritorno alle
origini, ma ancora più tetro.
La mia vita è sparita,
seppellita sotto un cumolo di sassi troppo pesanti per essere spostati. Troppo
pesanti anche per me.
Quando Bella si è resa
conto che non potevo lasciarla andar via cosi da me, si è rifugiata a
Sto al confine tra i due
territori, pronto all’idea che prima o poi Bella arriverà di me correndo,
sorridendomi. Mi abbraccerà e poi staremo ancora insieme. Allora potrò
riassaggiare il sapore di miele delle sue labbra. Potrò ancora sentire il suo
fragile corpo tra le mie braccia.
Ho costruito una piccola casa
sull’albero, tipo quelle dei film. Dentro c’è poco, ma non mi serve
nient’altro. Un cannocchiale, qualche libro, un quaderno penta grato dove
comporre la mia musica. Tutta ispirata a lei.
È molto che non vedo la mia
famiglia al completo. Ogni tanto qualcuno di loro viene a trovarmi, mi chiede
come sto, quando tornerò a casa da loro. Dicono che sto sbagliando, che non è
la stessa cosa con me in casa.
L’ultima volta che Alice è
venuta non me la ricordo quasi più.
Se ne è andata via dicendo
che era anni ormai che non mi riconosceva più, che questo non è il fratello che
ama, che non ce la fa proprio a vedermi cosi. Mi ha detto “addio”.
Quanti addii dovrò ancora
vedere nella mia lunga vita?
Osservo l’orologio e vedo
che sono le quattro di pomeriggio. A quest’ora Bella esce sempre di casa per
fare una passeggiata fino al mare. Si volta verso di me, ci guardiamo negli
occhi e poi scappa via impaurita.
E infatti,
dopo qualche minuto esce.
Ma non è da sola. Con lui
c’è un uomo lupo. Il figlio del vecchio capo. Black.
Spesso sono insieme, lui le
fa compagnia, la rassicura. Parla sottovoce, troppo sottovoce per poterli
sentire.
Camminano insieme, mano
nella mano. Mi sembra di morire dalla rabbia, dal dolore.
Perché tutto questo Bella?
Cos’ha lui che io non ho? Perché non posso essere ancora io a starti vicino?
Cambierò, se vorrai. Farò tutto ciò che mi
dirai, che vorrai. Non ti mancherà mai niente se starai con me.
Soprattutto il mio amore.
Quello non finirà.
Me ne accorgo solo dopo,
per colpa degli occhi accecati dall’ira.
Stanno camminando verso di
me. Si, stanno proprio venendo. La gioia mi riempie il
cuore, sono sicuro che finalmente questa volta tutto andrà bene.
“Non mi attaccare,
Cullen”, pensa Black. Quindi sa che leggo nel
pensiero: glielo avrà detto Bella? E perché lo ha fatto? Mi ha pensato, in
questi due anni? Ha mai parlato di me, ha raccontato i nostri momenti passati
insieme?
Si fermano prima del
confine. Bella non ha lasciato la mano di Black. E
continua a non guardarmi. Ha ancora quello sguardo affranto, spaventato.
“Siamo qui per parlare,
Edward”, mi dice lui. Io annuisco, ma non lo guardo neanche. Ho occhi solo per
Bella. Mi sembra cosi assurdamente bello vederla
davanti a me, finalmente vera. Sono cosi vicino che con tre passi potrei
toccarla, sapere veramente che c’è, che esiste ancora.
Black da un piccolo strattone alla mia Bella e lei è come
se si risvegliasse da un sogno.
Prima guarda speranzosa verso di lui, poi, a un suo cenno di assenso,
alza timorosa la testa verso di me.
Fa qualche passo, avvicinandosi,
lentamente.
È come se il mio cuore
riprendesse improvvisamente a battere veloce, velocissimo. Cosi veloce che
sembra scoppiare. Ma forse è solo la felicità di vedere un grande sogno che si
realizza. Finalmente. Dopo quattordici mesi. Quattordici lunghissimi mesi
passati a starle vicino come potevo.
Non parla. Continua a non
parlare. Mi ha sempre dato fastidio questa cosa di lei. Quelle poche volte che
litigavamo quando stavamo insieme, lei non parlava mai. Osservava con sguardo
vacuo ciò che le stava intorno, ma era impossibile tirarle fuori qualche
parola.
Almeno finche non fossi io
il primo a parlare. Allora iniziava a darmi contro come poteva, a sputare file
e file di parole per accusarmi di questo o quello. Come tutte le coppie
normali, si litigava, poi si faceva la pace.
Ma poi, tutto è finito.
“Bella…”, invoco il suo
nome come una preghiera. È finalmente davanti a me. Allungo la mano verso la
sua e la tocco. La pelle è liscia e calda rispetto
alla mia. Cosi reale.
“Torna da me, dopo”, dice,
appoggiando sulla mia mano un bigliettino da visita elegante. Dai colori
tranquilli, con scritte chiare.
Osservatorio nazionale Stalking.
Ed eccomi qui alla fine di questo
primo e ultimo capitolo. Vorrei congedarmi con poche parole. Spero che vi sia
piaciuto, magari che vi abbia colpito in qualche modo.
Vi ringrazio per essere arrivati fino
a qui.
Baci, Greta.