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Autore: greta1992    20/08/2009    6 recensioni
Un Edward innamorato. Un Edward diverso da quello che tutte conosciamo. Ossessionato dall'idea di perdere l'unica donna che abbia mai amato. Osserva la vita da lontano non rendendosi conto che in realtà la sta solo lasciando volare via dalle sue mani.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, cari lettori

Salve a tutti, cari lettori. Eccomi qui con la mia prima one-shot.

Per chi legge le mie fic, sa che non amo le cose tradizionali. Non mi sono smentita neanche questa volta. Non ho voluto fare una fic OOC come le altre. Ho voluto uscire dagli schemi. Magari non sarò ben vista, riceverò molte critiche. Ma sono pronta a questo. Voglio rischiare, anche questa volta.

Spero davvero che però non sia cosi. Spero anzi che questa shot serva magari anche a qualcosa. Afar riflettere per qualche minuto magari, forse qualche secondo. Mi basta, non chiedo tanto.

So di aver affrontato un tema delicato, particolare. Tutto è nato da un servizio su un gionale, da li l’idea di farne qualcos’altro.

Vorrei sapere cosa ne pensate quindi, quando finirete di leggere, vi prego vivamente di lasciare una recensione. Non per dare un contentino a me. Ma per sapere. Infondo, non costa proprio nulla qualche riga.

Grazie mille, buona lettura.

 

 

 

Ti amo o ti ammazzo à colonna sonora.

 

 

Pov  Edward.

 

 

Ombre

 

L’abitudine a muovermi nell’ombra mi garantiva una certa piacevolezza nel camminare nella notte.

Il senso di colpa mi seguiva sempre, era diventato ormai come parte di me, ma rinunciare a tutto quello che nell’ultimo mese mi rendeva felice era veramente impossibile.

Sapevo benissimo di non poterla avere, ma non mi sarei mai arreso. Eppure, avrei dovuto farlo.

Avrei dovuto lasciarla libera, smetterla di sembrare un pazzo.

Era quello che in fondo sarei sembrato alla gente: ma non potevo, non dovevo smettere.

Perché lei era troppo importante, troppo bella, troppo dolce e insicura.

L’amavo? Non ne ero ancora sicuro. Era strano per un vampiro centenario come me perdere tutte quelle conferme su cui basi la tua vita. Da quando la vidi per la prima è come se tutti i muri che proteggevano la mia mente fossero stati abbattuti.

Mi sentivo indifeso, sempre in ansia, insicuro.

Inoltre, non avevo metri su cui basarmi, perché io non sapevo proprio cosa fosse l’amore. Anzi, non sapevo neppure se io fossi in grado di provare un sentimento cosi puro e nobile.

Ma lei sicuramente poteva: lei avrebbe amato nella sua vita. Lo faceva già.

Si vedeva da come preparava la cena per suo padre, con un sorriso sereno che non abbandonava mai il suo volto.

Si vedeva da come parlava al telefono con sua madre, che abitava lontano da lei, mentre ascoltava le sue chiacchere insistenti.

Quanto avrei voluto essere io il destinatario di quei meravigliosi sorrisi.

Immaginai per un solo secondo come sarebbe stato stringerla tra le mie braccia, annusarle i capelli, sentendo il suo odore meraviglioso, baciare quelle labbra vermiglie.

Oggi per la prima volta mi aveva guardato. Si, ne ero sicuro. Finalmente mi aveva notato.

Tutte le corse in segreteria per cambiare i miei corsi, facendo in modo che coincidessero con i suoi, non erano state vane.

Tutte le figuracce, spingendo via la gente che stava in mezzo quando la seguivo tra i corridoi, solo per vederla salutare qualche amica.

E quanta gelosia mi aveva divorato l’anima, quando la vedevo insieme a qualche ragazzo che non fossi io. Perché loro potevano guardarla dritto negli occhi, mentre a me tutto ciò era negato? Perché anche a me non era stata donata questa fortuna?

La gelosia è pericolosa. Era uno dei pochi sentimenti, insieme all’ira, che riusciva a tirarmi fuori dall’anima la ferocia di un vero vampiro.

Fortunatamente i miei fratelli mi erano sempre stati vicini, per proteggerli…da me. Solo vederla sorridere verso di loro mi divorava anima e corpo. L’anima… ne avevo veramente una?

Girai l’angolo del corridoio che portava al suo armadietto e la trovai li, intenta a frugare alla ricerca di un libro.

Con un piccolo gemito di vittoria, richiuse lo sportello, trovandosi cosi molto vicina a me. Naturalmente avevo fatto cambiare la disposizione degli armadietti per far in modo che il mio le fosse vicino.

“Ah! Mi hai spaventata, non ti ho visto arrivare…”, disse velocemente, con una mano sul cuore.

“Edward. Mi chiamo Edward”. Il tono della mia voce non era quello giusto. Era rammaricato, ma anche feroce. Il fatto che non sapesse neanche il mio nome naturalmente mi feriva, ma aggredirla cosi non era affatto la cosa giusta. Non volevo che pensasse di me cose sbagliate.

“Oh si, lo so come ti chiami”, mi rispose, sorridendomi timida. Come lo sapeva?

Una strana sensazione, quasi simile alla gioia, che da tanto non provavo, mi gonfiò il petto.

“Frequentiamo gli stessi corsi da quattro anni, è normale che io sappia chi sei”, sussurrò con la testa china, quasi a giustificarsi. Che avesse intuito qualcosa? Che sospettasse di me? E se lo faceva, che effetto le procurava saperlo?

Non riuscivo a parlare, ero come immobilizzato davanti alla sua bellezza. Era la prima volta che le parlavo direttamente, la prima volta che potevo ammirare da cosi vicino il suo viso, le sue labbra, i suoi magnifici occhi color cioccolato.

“Forse è meglio andare, faremo tardi”, mi avvisò con tono bonario, dopo qualche minuto di silenzio. Avevo fatto una pessima figura. Insomma, non avevo spiccicato parola!

Ora penserà che sono uno sciocco.

Con gli occhi sbarrati, continuavo a contemplare le sua labbra schiudersi, mentre la sua voce morbida e dolce mi arrivava al cervello e lo occupava completamente.

Sorrise timida e mi prese la mano, trascinandomi verso l’aula.

E per la prima volta, la lezione la passai al suo fianco.

 

 

So di sbagliare, so che adesso non ne ho più motivo.

So che ora, dopo quattro mesi insieme, posso dire di essere felice.

Ma non posso farne a meno.

Dopo tre mesi, Bella era finalmente mia. Dopo qualche giorno da quando ci siamo messi ufficialmente insieme, le ho parlato della mia natura. Lei non ci ha creduto subito, ma quando le ho provato che non le stavo affatto mentendo, ha sgranato gli occhi e ha annuito. Solamente questo.

Ha accettato tutto, non mi ha giudicato e continua a starmi vicino.

Mike, Eric, Tyler, e tutti quegli altri stupidi idioti che prima le hanno ronzato intorno, sono stati tolti dalla circolazione.

Cioè, ovviamente non gli ho uccisi. Ho avuto qualche problemino con Newton. Era più affezionato a Bella di quanto credessi, ed è stato difficile convincerlo con le buone a starle lontano. Ma a cento metri proprio.

Infatti, le buone maniere con lui non hanno attaccato. Ma una scazzottata per la donna che si ama ci sta. E poi diciamolo, mi sono anche dovuto trattenere. Anzi, sono stato allontanato.

Ora la mia popolarità è alle stelle, non che mi interessi comunque. Al contrario, sta diventando parecchio fastidioso.

Le ragazze mi vedono come il classico stronzo. Bello e dannato. Che fa a botte per la sua donna e non le prende neanche.

E Bella come ha reagito? Ha avuto paura: per lui, non per me. Mi sono preso anche una ramanzina, dicendo che Mike non si meritava di essere picchiato solo perché voleva essere suo amico. Piccola e ingenua Bella.

E ora sono qui, a guardarla muoversi veloce per casa, ascoltando sull’ipod le sue canzoni preferite. La vedo danzare a tempo di musica, mentre canta le canzoni di J-Ax.

Un fattone forse, ma che secondo lei di musica se ne intende.

Che cosa sto a fare qui, vi chiederete? Perché non entro in casa sua? Perché non suono a quel campanello e non passo il mio tempo con lei, invece che starmene su un albero?

Controllo. Vigilo.

Le telefonate, le email, i passatempi, le lettere.

Voglio sapere tutto di lei. Solo il pensiero che in lei ci sia anche il minimo pensiero per qualcun altro che non sia io mi divora, mi distrugge.

Mi distraggo, e inavvertitamente non mi accorgo che lei sta uscendo di casa.

E mi vede, anzi, mi fissa.

Ha uno sguardo strano però. Entra veloce dentro di casa, quasi correndo, rischiando anche di cadere sul terreno scivoloso.

Dopo qualche minuti, la chiamo a casa. Al penultimo squillo, risponde.

Rimango in silenzio, aspettando che sia lei a parlare.

“Che ci fai li fuori, Edward?”, mi chiede, spaventata. Ma perché spaventata, poi?

“Sono di passaggio”.

“Non è vero! Non prendermi in giro, ti prego”, supplica quasi, con la voce bassa, il tono sempre allarmato.

“Mi dispiace Edward, ma io non posso continuare cosi. Io… tu ti devi fidare di me! Mi sento soffocare, non ce la faccio più. È finita”. Tu-tu-tu.

È finita.

È finita.

No. Non è possibile.

 

Sono passati due anni ormai da quel ventuno novembre. Quel giorno che ha reso la mia vita un inferno. Un vortice buio fatto di bugie e paura.

Due anni che non mi arrendo all’idea di averla persa per sempre.

Due anni che la mia vita non è altro che lei. Non è altro che ombre e inseguimenti.

Un po’ come un ritorno alle origini, ma ancora più tetro.

La mia vita è sparita, seppellita sotto un cumolo di sassi troppo pesanti per essere spostati. Troppo pesanti anche per me.

Quando Bella si è resa conto che non potevo lasciarla andar via cosi da me, si è rifugiata a La Push. Ma naturalmente non mi sono arreso.

Sto al confine tra i due territori, pronto all’idea che prima o poi Bella arriverà di me correndo, sorridendomi. Mi abbraccerà e poi staremo ancora insieme. Allora potrò riassaggiare il sapore di miele delle sue labbra. Potrò ancora sentire il suo fragile corpo tra le mie braccia.

Ho costruito una piccola casa sull’albero, tipo quelle dei film. Dentro c’è poco, ma non mi serve nient’altro. Un cannocchiale, qualche libro, un quaderno penta grato dove comporre la mia musica. Tutta ispirata a lei.

È molto che non vedo la mia famiglia al completo. Ogni tanto qualcuno di loro viene a trovarmi, mi chiede come sto, quando tornerò a casa da loro. Dicono che sto sbagliando, che non è la stessa cosa con me in casa.

L’ultima volta che Alice è venuta non me la ricordo quasi più.

Se ne è andata via dicendo che era anni ormai che non mi riconosceva più, che questo non è il fratello che ama, che non ce la fa proprio a vedermi cosi. Mi ha detto “addio”.

Quanti addii dovrò ancora vedere nella mia lunga vita?

Osservo l’orologio e vedo che sono le quattro di pomeriggio. A quest’ora Bella esce sempre di casa per fare una passeggiata fino al mare. Si volta verso di me, ci guardiamo negli occhi e poi scappa via impaurita.

E infatti, dopo qualche minuto esce.

Ma non è da sola. Con lui c’è un uomo lupo. Il figlio del vecchio capo. Black.

Spesso sono insieme, lui le fa compagnia, la rassicura. Parla sottovoce, troppo sottovoce per poterli sentire.

Camminano insieme, mano nella mano. Mi sembra di morire dalla rabbia, dal dolore.

Perché tutto questo Bella? Cos’ha lui che io non ho? Perché non posso essere ancora io a starti vicino?

 Cambierò, se vorrai. Farò tutto ciò che mi dirai, che vorrai. Non ti mancherà mai niente se starai con me.

Soprattutto il mio amore. Quello non finirà.

Me ne accorgo solo dopo, per colpa degli occhi accecati dall’ira.

Stanno camminando verso di me. Si, stanno proprio venendo. La gioia mi riempie il cuore, sono sicuro che finalmente questa volta tutto andrà bene.

“Non mi attaccare, Cullen”, pensa Black. Quindi sa che leggo nel pensiero: glielo avrà detto Bella? E perché lo ha fatto? Mi ha pensato, in questi due anni? Ha mai parlato di me, ha raccontato i nostri momenti passati insieme?

Si fermano prima del confine. Bella non ha lasciato la mano di Black. E continua a non guardarmi. Ha ancora quello sguardo affranto, spaventato.

“Siamo qui per parlare, Edward”, mi dice lui. Io annuisco, ma non lo guardo neanche. Ho occhi solo per Bella. Mi sembra cosi assurdamente bello vederla davanti a me, finalmente vera. Sono cosi vicino che con tre passi potrei toccarla, sapere veramente che c’è, che esiste ancora.

Black da un piccolo strattone alla mia Bella e lei è come se si risvegliasse da un sogno.

Prima guarda speranzosa verso di lui, poi, a un suo cenno di assenso, alza timorosa la testa verso di me.

Fa qualche passo, avvicinandosi, lentamente.

È come se il mio cuore riprendesse improvvisamente a battere veloce, velocissimo. Cosi veloce che sembra scoppiare. Ma forse è solo la felicità di vedere un grande sogno che si realizza. Finalmente. Dopo quattordici mesi. Quattordici lunghissimi mesi passati a starle vicino come potevo.

Non parla. Continua a non parlare. Mi ha sempre dato fastidio questa cosa di lei. Quelle poche volte che litigavamo quando stavamo insieme, lei non parlava mai. Osservava con sguardo vacuo ciò che le stava intorno, ma era impossibile tirarle fuori qualche parola.

Almeno finche non fossi io il primo a parlare. Allora iniziava a darmi contro come poteva, a sputare file e file di parole per accusarmi di questo o quello. Come tutte le coppie normali, si litigava, poi si faceva la pace.

Ma poi, tutto è finito.

“Bella…”, invoco il suo nome come una preghiera. È finalmente davanti a me. Allungo la mano verso la sua e la tocco. La pelle è liscia e calda rispetto alla mia. Cosi reale.

“Torna da me, dopo”, dice, appoggiando sulla mia mano un bigliettino da visita elegante. Dai colori tranquilli, con scritte chiare.

Osservatorio nazionale Stalking.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccomi qui alla fine di questo primo e ultimo capitolo. Vorrei congedarmi con poche parole. Spero che vi sia piaciuto, magari che vi abbia colpito in qualche modo.

Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui.

Baci, Greta.

 

 

 

 

  
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