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Autore: Jane P Noire    17/10/2020    1 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.14.
 
 

«Stai bene?»
Liam mi guardava da dietro il bordo della tazza di caffè che stava bevendo. I suoi occhi color caramello mi scrutavano con attenzione e le sue sopracciglia erano aggrottate verso il centro della fronte. Non potei fare a meno di notare che la ruga che si era creata sopra l’attaccatura del naso era davvero carina.
Dopo essere usciti dalla casa di Hawke, Liam mi aveva chiesto se volevo tornare a scuola per le ultime lezioni del pomeriggio ma io avevo risposto che se proprio dovevamo affrontare la fine del mondo avrei avuto bisogno di una massiccia dose di zuccheri. Così, dopo avermi rivolto un sorriso che era riuscito a farmi saltare il cuore nel petto, mi aveva portato nella mia tavola calda preferita a Downtown, quella in cui andavo ogni domenica mattina insieme a Seth e che faceva i migliori biscotti al cioccolato della città.
Eravamo da lì da quasi venti minuti, e quelle erano le prime parole che ci rivolgevamo.
Abbassai lo sguardo sul mio piattino ormai vuoto. Recuperai con il polpastrello dell’indice tutte le briciole dei biscotti che avevo divorato. «Ultimamente non dormo bene», confessai.
«Come mai?»
Sospirai profondamente, gli occhi ancora fissi sui resti dei biscotti. «Tra i miei poteri… Faccio dei sogni molto vividi. E ogni mattina scopro che questi sogni sono eventi realmente accaduti.»
«Tipo… delle visioni? O delle premonizioni?»
«No, non posso prevedere il futuro. Vedo solo quello che succede nel momento in cui succede, o poco dopo.»
«Come…» Liam spalancò la bocca.
«Non lo so. L’unica cosa che so è che mi capitava sette anni fa, quando il mondo stava per finire. E mi sta capitando adesso.» Mi strinsi nelle spalle. «Nessuno me lo hai mai spiegato – visto che gli ultimi Nephilim sono stati annientati mille anni fa – ma credo che, dal momento che una parte del mio sangue viene direttamente da lassù, io sia in grado di sentire quando il mondo è sull’orlo dell’Apocalisse, come una sorta di avvertimento. O, cosa molto più probabile, un richiamo a combattere tra le schiere del bene.»
Liam rimase in silenzio per eterni istanti. Poi adagiò la tazza di caffè sul tavolo. «Mi dispiace. Deve essere molto difficile per te.»
Sollevai una spalla, fingendo noncuranza, poi succhiai via dal dito una goccia di cioccolato che si era sciolta con il calore della mia pelle. «Con tutto quello che ti ho raccontato nelle ultime settimane, immagino che nemmeno tu abbia dormito tanto bene…»
«Infatti. Il mondo mi sembra un posto diverso, adesso.» Si passò una mano fra i riccioli castani e mi osservò attentamente mentre pulivo con la lingua ogni sbaffo di cioccolata che avevo sulle dita.
Quando mi accorsi che il gesto aveva qualcosa di indecente e che Liam seguiva con attenzione ogni movimento della mia bocca, lasciai ricadere le mani sulle ginocchia.
«Te lo dicevo che era più facile non sapere.»
«Non mi pento di niente, però.» Prese un sorso di caffè. Avevo scoperto che lo beveva molto dolce – prima lo avevo visto svuotarci dentro almeno tre bustine di zucchero.
Abbassai lo sguardo di nuovo sul mio piatto. C’era ancora un’invitante briciola che reclamava la mia bocca, ma dopo essermi leccata le mani davanti a lui come una pervertita, non avevo alcuna intenzione di ripetere il gesto. «Speriamo che Hawke entri presto in contatto con quella Congrega. Abbiamo bisogno di risposte, e subito.»
Lui fece un sorriso storto, distogliendo lo sguardo dalla mia bocca. «Devo ammetterlo: mi ha sorpreso sapere che sei così in confidenza con un demone. Un demone di alto rango, oltretutto.»
«Hawke è diverso.» Feci un vago cenno con il mento. «Ma nessuno dei due dimentica che…»
Mi interruppi di colpo, quando un brivido forte e freddo mi percorse l’intera spina dorsale, dai reni alla nuca. Mi aggrappai al bordo del tavolo, mentre una sensazione di umido mi gelava e mi irrigidiva i muscoli.
Lanciai un’occhiataccia al fantasma che era solito divertirsi a passarmi attraverso con l’intento di attirare la mia attenzione. Se lui non fosse già morto e se gli sguardi avessero avuto il potere di uccidere, in quel momento quello spirito sarebbe passato a miglior vita. «Dio, quanto ti odio quando fai così!»
Liam si irrigidì. «Cosa ho fatto?»
«Non tu.»
«Stai parlando con un fantasma?»
«Sì.» Sospirai e mi passai una mano fra i capelli, poi feci un cenno alla sedia sulla quale lo spirito si era accomodato. «Andy è il vecchio proprietario di questa tavola calda. Viene qui per tenere d’occhio la nipote, e adora passarmi attraverso solo per farmi incazzare o per irritarmi con richieste stupide che non posso esaudire.»
Liam lanciò un’occhiata alla sedia che ai suoi occhi era vuota. Le sue sopracciglia erano schizzate oltre la linea dell’attaccatura dei suoi capelli. «Quello spirito dovrebbe ringraziare il cielo di essere già morto», commentò poi, immergendo il naso nella tazza. «Perché lo sguardo che hai adesso fa davvero paura…»
Andy si agitò sul posto. «Ha ragione. Fai paura…»
«Vattene, prima che trovi il modo di fare del male fisico ad uno spirito.»
Andy, un uomo grosso e largo che era morto di infarto qualcosa come due decenni prima, mi rivolse un ghigno. «Hai cambiato ragazzo?»
«Che cosa?»
«Di solito vieni con quel Vigilante biondo. Quello che ti tratta come se fosse una bambolina di porcellana e non ti fa alzare dalla sedia nemmeno per prendere il caffè.»
«Seth è solo gentile», replicai.
«Come ti pare.» Andy indicò Liam con un cenno della testa. «Se vuoi sapere la mia opinione…»
«Non voglio.»
«Mi piace di più questo qui. Almeno lui ti guarda come se fossi davvero una ragazza.»
«Io sono una ragazza.»
«Intendevo», alzò gli occhi al soffitto, «che lui ti fissa come se fosse sul punto di toglierti i vestiti di dosso.»
«E questo particolare te lo fa apprezzare di più?» Inarcai un sopracciglio, poi scoppiai in una risatina. «Sei un pervertito, Andy.»
«L’amore non è niente senza passione.»
«Se non hai nient’altro da dirmi, puoi anche tornare a svolazzare in cucina come al tuo solito. Addio!»
Andy tornò subito serio. «No, dobbiamo parlare.»
Gli scoccai un’occhiata rapida, poi tornai a fissare il contenuto della mia tazza. Non volevo che il resto dei clienti si accorgesse che avevo smesso di parlare con Liam da un pezzo e mi stavo rivolgendo principalmente ad una sedia vuota. «Adesso non posso.»
«Ti devo proprio parlare di una cosa importante.»
«Andy, per l’ennesima volta, la mia risposta è no!» replicai, esasperata. «Non posso dire a tua nipote che sta per sposare uno stronzo. Non sono affari miei e, dal momento che sei morto da vent’anni, non sono nemmeno affari tuoi.»
«Non è di quello che dobbiamo parlare», disse il fantasma.
«E allora di cosa?»
«Ho incontrato lo spirito del ragazzo che è morto ieri notte, dall’altro lato del Velo.»
Mi drizzai sulla sedia, mentre le mie dita perdevano forza e la tazza mi scivolava via dai palmi umidi di sudore freddo. «Che cosa?»
«Si chiamava Simon, ed era un ragazzo davvero simpatico.»
Liam mi osservava con sguardo pieno di confusione, ma non mi fece domande. Rimase ad ascoltare la mia metà di conversazione, nel vano tentativo di capirci qualcosa.
Io scoccai una rapida occhiata agli altri tavoli occupati, per accertarmi che ancora non avessero fatto caso alle mie stranezze, poi tornai a prestare la mia completa attenzione al fantasma che mi sedeva di fianco.
«E cosa ti ha detto?» domandai. «Si ricorda cosa gli è successo?»
Andy annuì solennemente. «Mi ha detto che è riuscito a vedere il suo assassino. Ho pensato che volessi saperlo, così che lo avresti riferito ai Vigilanti.»
«Era un demone?»
L’espressione di Liam si trasformò da confusa a preoccupata, mentre le sue sopracciglia si abbassavano sugli occhi. «Che cosa dice?»
Riferii in un sussurro quello che mi aveva appena detto Andy, poi tornai a prestare attenzione al fantasma. «Era un demone?»
Lui annuì ancora una volta con espressione grave. «Secondo Simon, il demone aveva degli artigli e delle zanne. E aveva le ali.» Provò a toccare la mia mano, ma mi passò attraverso le dita come un fumo gelido e umido. «Rowan, ha detto che aveva grandi e ampie ali dalle piume nere.»
«Porca merda!»
«Porca merda cosa?» Liam si sporse oltre il mio lato di tavolo. Sembrava essere sul punto di scavalcarlo. «Che cosa ti sta dicendo?»
«Andy», non distolsi gli occhi dal volto tremolante e trasparente del fantasma, «grazie per avermelo detto e per ringraziarti proverò a parlare con tua nipote. Ma adesso, potresti lasciarci da soli, per favore?»
Lui fece un cenno della testa e cominciò a fluttuare verso la cucina, dove la nipote cantava e cucinava a tempo di vecchia una canzone.
«Rowan.» Liam intrecciò le nostre dita, mentre i suoi occhi intercettavano i miei. «Cosa succede?»
«Basandomi sulla descrizione dell’ultima vittima, il demone che stiamo cercando è di alto rango. Quasi sicuramente un Principe o un Re dell’Inferno.»
«Dall’espressione che hai in questo momento, mi pare di capire che è parecchio grave. Vero?»
«Sono i demoni peggiori. Hanno una vasta gamma di poteri, e comandano centinaia di demoni di livello inferiore.» Liberai le dita dalla stretta di quelle di Liam e affondai le mani nei capelli, stringendo con forza parecchie ciocche. «Dovrò dirlo a Elias. Non posso omettere questa informazione: loro devono sapere cosa aspettarsi quando sono fuori per i turni di caccia.»
«Se glielo dici…» Lui cerco di prendere ancora una volta la mia mano, ma io glielo impedii, nascondendo le mie sotto il tavolo. Deglutì a vuoto, mentre uno sguardo ferito gli attraversava gli occhi. «Lui ti impedirà di indagare insieme a me?»
«Non gli ho detto cosa sto… stiamo facendo.» Scossi la testa e infilai le dita oltre l’orlo delle maniche della maglietta che indossavo. «In realtà, sa che ho parlato con i fantasmi delle persone che sono state uccise e Seth ha scoperto che sto facendo delle ricerche per conto mio. Ma non ho detto a nessuno di noi due e, sicuro come la morte, non gli dirò di aver coinvolto anche Hawke.»
«Se lo sapessero, tu saresti nei guai?»
«Non con Seth. Lui mi copre sempre le spalle, anche quando faccio qualcosa che non dovrei. Ma gli altri…» Scossi la testa e mi morsi il labbro inferiore. «Già non accettano la mia vera natura. Non so come potrebbero reagire nel sapere che collaboro con i demoni e con gli umani, e onestamente non sono così tanto desiderosa di scoprirlo.»
«Mi dispiace, Rowan.» Abbassò lo sguardo sui palmi aperti delle sue mani, abbandonati sul tavolo. «Se avessi saputo… Non avrei dovuto chiederti di aiutarmi.»
«Forse mi hai forzato un po’ la mano, è vero, ma sai bene che avrei indagato in ogni caso.» Mi strinsi nelle spalle e tornai a poggiare le braccia sul tavolo.
Questa volta, quando lui allungò la mano per prendere la mia, glielo lasciai fare. Ero ancora arrabbiata con lui, ma il mondo stava per finire e un demone di alto rango se ne andava in giro ad uccidere angeli: potevo concedermi di stringere la sua mano nella mia, e godere di quella piacevole sensazione che mi nasceva nel petto ogni volta che mi toccava. Le sue dita erano calde e morbide, mi stringevano con delicatezza e con forza allo stesso tempo. Non sembrava per nulla turbato dai calli e le ruvidità sul mio palmo. Anzi, mi accarezzò l’interno polso con il pollice, provocandomi un brivido che mi scosse l’intero braccio, dalla punta delle dita alla spalla.
«E soprattutto mi dispiace di averti ferita», aggiunse. «Davvero.»
«Non ha più importanza, Liam. Il mondo sta finendo: niente ha più importanza.»
«Invece, per me è importante», replicò.
«Liam…»
«Fammi spiegare, okay? Perché non stavo dicendo cazzate quando ho detto che ti desidero, né quando ho detto che voglio conoscerti.»
«Però?»
«Però non volevo che mi vedessi mentre soffrivo e mi incazzavo per aver scoperto che mio fratello è morto per un fottutissimo errore.»
«Credo… Credo di capire.» Mi morsi il labbro e abbassai lo sguardo sulle nostre dita intrecciate. «Ma ho pensato che non volessi… Pensavo che ti fossi spaventato nel sapere cosa sono veramente.»
«Cosa? No!» Scosse la testa con vigore e delle ciocche castane gli ricaddero sulla fonte. «Te l’ho detto l’altro giorno, Rowan, non mi frega un cazzo del sangue che ti scorre nelle vene. Non era una bugia.»
«So che hai detto così, però…»
«Il fatto che avessi bisogno di tempo da solo, non significa che starti lontano mi sia piaciuto. Perché non mi è piaciuto nemmeno un po’.»
«Lee, ascolta, questa cosa tra di noi», agitai la mano libera nello spazio che ci separava, «non deve essere più di quello che è. Siamo attratti l’uno dall’altra, ma non dobbiamo per forza fare qualcosa in merito.»
«Ma io voglio fare qualcosa in merito.» La sua stretta aumentò e le sue labbra si piegarono in un sorriso con tanto di fossette. I suoi occhi sembravano bruciare. Sapevo cosa provava, perché lo sentivo anche io. Il desiderio era così forte che mi mancava l’aria. «Ad essere del tutto onesti, Rowan, io voglio fare molte cose in merito.»
Fissai gli occhi sulle nostre mani. Mi sembrava assurdo come le mie dita, così piccole e bianche, fossero fatte apposta per intrecciarsi con le sue, lunghe e abbronzate. Eppure era proprio così.
Sollevai le palpebre e lo guardai attraverso le ciglia. «E quindi cosa suggerisci di fare?»
«Per prima cosa, dobbiamo smettere di allontanarci a vicenda.» Si inumidì le labbra in un sensuale – troppo sensuale – movimento della lingua. «Ho fatto uno sbaglio a tagliarti fuori in questi giorni, ma volevo che tu continuasse a vedermi come un gran figo capace di accettare perfettamente l’esistenza di demoni, streghe e tutta questa roba qui.»
«E invece sei solo un gran figo che ha perso suo fratello e ha appena scoperto che il mondo non è quelle che credeva?»
«Pensi comunque che sia un figo?» Mi guardò con gli occhi che luccicavano e le labbra schiuse.
Sorrisi. «Se ti rispondo di sì, inizierai a montarti la testa?»
«Forse un pochino.» Ridacchiò. «E visto che siamo in vena di complimenti, Monroe, ci tengo a dire che tu sei una strafiga spaziale.»
Alzai gli occhi al cielo, ma le labbra si mossero di loro spontanea volontà e si piegarono verso l’alto.
«Comunque, tornando al punto», si schiarì la gola e cercò di reprimere il sorrisetto soddisfatto che gli aveva incurvato la bocca carnosa, «io non… Dannazione, Rowan, io non volevo farti vedere quanto aver perso Danny mi abbia reso vulnerabile. Chiamiamolo orgoglio maschile, chiamiamola pure stupidità. Tutto quello che vuoi, purché tu mi perdoni.»
«Lee», strinsi le sue dita, «questo lo capisco davvero. Il dolore di aver perso qualcuno che amavi con tutto il cuore, lo conosco e lo comprendo.»
«Lo so.»
Mi guardò per eterni istanti, con quelle iridi color caramello che scavavano una voragine nel mio petto. No, non una voragine. Quello era un segno, un grande segno a forma di Liam Sterling marchiato a fuoco sul mio cuore.
«Vuol dire che mi perdoni?»
Sospirai. «Sì, okay.»
«Quindi…» Sollevò le nostre dita intrecciate e tornò ad accarezzarmi l’interno polso con lenti movimenti del pollice. Sorrise quando notò la pelle d’oca sul mio braccio. «Posso toccarti senza rischiare che mi stacchi la testa con un calcio, o che mia dia uno dei tuoi ganci in piena faccia?»
Sollevai lo sguardo e non mi ritrassi dalla sua intensità nemmeno quando sentii le guance andarmi a fuoco e il basso ventre pulsarmi in maniera favolosa. «Puoi toccarmi.»
«Grazie a Dio!» I suoi polpastrelli si infilarono sotto l’orlo della mia manica e mi accarezzò il braccio fino a raggiungere l’incavo del mio gomito. Mi osservò da dietro le lenti degli occhiali, in attesa di una mia reazione. Solo quando mi vide trattenere il fiato e rabbrividire sotto la sua pelle, sorrise più ampiamente di prima e fece comparire le fossette ai lati della sua bocca. «Devo confessarti che è tutto il giorno che spero di sentire queste parole.»
«A tal proposito…»
«Sì?»
«No, non quello.» Alzai gli occhi al cielo. «Però stavo pensando che dovrei cominciare ad allenarti. Sai, insegnarti le basi e magari mostrarti come usare un’arma benedetta – visto che solo quelle sono in grado di uccidere i demoni.»
«Davvero?»
Annuii con gesto secco del mento. «Se continuiamo con questa indagine, prima o poi ci troveremo davanti a dei demoni che faranno di tutto per ucciderci e non posso proprio preoccuparmi della tua incolumità.»
«E se a me piacesse che ti preoccupi della mia incolumità?»
Ricambiai il suo ghigno. «E se a me piacesse prenderti a calci nel culo?»

§
 
Mentre tornava nella posizione iniziale che gli avevo mostrato, Liam mi lanciò un’occhiata che non seppi bene interpretare. Un luccichio divertito rischiarò le sue iridi che si erano scurite per il desiderio quando lo avevo atterrato in terra e avevo sfiorato il suo inguine con l’interno della mia coscia.
Ci stavamo allenando nella palestra al piano terra della villa di Hawke – sì, aveva una palestra, e anche super attrezzata – da più di un’ora. Il sudore gli aveva appiccicato i capelli sulla fronte e sulla nuca, incollato la maglietta leggera contro i muscoli decisamente scolpiti del petto e dell’addome. Aveva il respiro affannato e un rossore che gli imporporava le guance.
Ed era bello da farmi mancare l’aria.
Anche io ero sudata, tanto che sentivo la canottiera che aderiva perfettamente alla mia schiena come una seconda pelle. Ma a differenza di lui che aveva il fiato corto, io ancora resistevo abbastanza bene grazie a tutti gli anni di duro allenamento e alla mia forza soprannaturale.
Avevamo cominciato ad allenarci solo da qualche giorno e lui migliorava sempre di più. Alcune mosse gli risultavano ancora un po’ impacciate, ma sin dalla prima volta mi aveva sorpreso per la facilità con cui imitava le mie mosse senza alcuna fatica e con fluidità dei muscoli. Si vedeva che sapeva quello che faceva, anche se non era mai stato allenato nel combattimento corpo a corpo prima di quel momento.
Mi sistemai i capelli nuovamente in uno chignon sulla nuca e poi piegai la testa di lato, mentre lo guardavo attraverso le ciglia umide di sudore. «Non mi avevi detto di non essere completamente incapace…»
«In realtà, credo proprio di avertelo detto», mi fece notare.
Si sollevò l’orlo della maglietta per asciugarsi il sudore che gli gocciolava sulla fronte e questo mi diede la possibilità di dare una sbirciatina ai muscoli che nascondeva sotto i vestiti: una tartaruga definita e perfetta che gli modellava l’addome, e due rientranze stupende sui fianchi proprio sopra l’elastico dei pantaloni che sparivano oltre di essi. Wow. Non ci avevo mai fatto caso prima, ma a quanto pareva il football faceva davvero miracoli al fisico.
Distolsi lo sguardo più in fretta che potevo e mi schiarii la gola per impormi un certo autocontrollo, che sentivo di star per perdere.
«Chi ti ha insegnato a fare a pugni?» domandai.
Liam si sistemò la fascetta sulla mano e si strinse nelle spalle. «Danny faceva a botte con qualcuno almeno una volta alla settimana. Era una testa calda, e non andava d’accordo quasi con nessuno.»
Annuii. «Me lo ricordo.»
«A volte si infilava in situazioni troppo grandi per lui e io ero costretto ad intervenire per dargli una mano.» Fece un sorriso malinconico. «Non mi piaceva, ma quando vedevo mio fratello in uno scontro uno contro cinque, mi buttavo nella mischia. E sai com’è, no? A forza di prenderle, impari anche a darle.»
«Sei un bravo fratello, Liam», dissi.
Lui sospirò forte, portandosi le mani sui fianchi snelli. «Ero. Ero un bravo fratello.»
«Lo sei ancora», precisai. Gli camminai incontro fino a che fui abbastanza vicina per toccarlo e gli accarezzai la pelle del braccio. «Non importa se lui non c’è più: tu sei ancora suo fratello. Insomma, guarda tutto quello che stai facendo e quanto stai rischiando pur di potergli dare giustizia. Questo ti rende davvero un bravo fratello.»
Lui abbassò per un secondo gli occhi sulla mia mano che gli stava toccando – forse lo stavo proprio palpeggiando – il bicipite duro come la pietra e squisitamente sudato, poi li sollevò con uno scatto improvviso sui miei. Per allenarsi non portava gli occhiali, e le sue iridi mi sembravano ancora più intense e luminose. Vidi perfettamente come il desiderio tornò a scurirgli lo sguardo e infiammarlo.
«Grazie», mormorò.
«Lo penso davvero.»
«È questo il punto, Rowan.» Fece un mezzo passo verso di me e annullò del tutto la distanza tra i nostri corpi. Il calore della sua pelle si irradiava sulla mia. «Tutto quello che dici mi arriva sempre dritto all’anima. Non so come ci riesci. Però sento che quando sono insieme a te, il dolore per averlo perso è più sopportabile.»
Mi morsi il labbro. «Io… Non faccio niente di che.»
«Tu fai tutto.»
Allungò un braccio, forse per accarezzarmi il viso o per scostarmi via dagli occhi quella ciocca di capelli troppo corta per rimanere ferma nello chignon, ma io lo intercettai. Non so perché lo feci. Forse perché sentivo i nervi a fior di pelle, o forse perché la carne mi bruciava per il desiderio di essere toccata da lui. Ma afferrai il suo avambraccio con entrambe le mani e mi lanciai su di lui; avvinghiai le gambe attorno al suo busto e mi lasciai ricadere sul tappetino, trascinandolo in terra insieme a me. E, mentre lui imprecava per la forza con cui aveva colpito la schiena, gli bloccai i polsi sopra la testa e gli salii a cavalcioni.
«Ti stai distraendo», gli feci notare, incapace di trattenere un ghigno.
Lui trattenne il respiro. «Non vale.»
«Certo che vale.»
«Stavamo facendo una pausa…»
«I demoni non fanno pause, e nemmeno noi.»
Lui abbassò lo sguardo sulla scollatura della mia canottiera e in quel momento lo sentii perfettamente. Il rigonfiamento sul cavallo dei suoi pantaloni premeva in maniera favolosa contro il mio pube. Sapevo che avrei dovuto alzarmi, o quanto meno spostarmi. Invece, senza nemmeno rendermi conto di quello che facevo, mi strusciai lievemente in avanti e poi indietro, rilasciando un lento sospiro quando un piacere sconosciuto mi faceva arricciare le dita dei piedi e mi scaldava lo stomaco.
Lui emise un suono roco dal profondo della gola e il suo alito caldo si infranse sulla mia bocca. «Dio», gemette. Mi cercò con gli occhi, le sopracciglia abbassate sulle palpebre. «Che stai facendo?»
«Non lo so.» Mi morsi un labbro. «Ti sto facendo male?»
«Decisamente no.» Mi guardò con gli occhi che bruciavano dello stesso desiderio che infuocava me. Si liberò della mia presa con uno strattone e, una volta libero di poter muovere le braccia, le avvolse attorno alla mia vita. Agganciò le dita alla stoffa dei miei leggings e guidò i miei fianchi affinché ripetessero quel movimento che piaceva tanto ad entrambi.
Quando schiusi le labbra, un gemito mi uscì dalla bocca. Mi piegai in avanti. I nostri visi erano così vicini che se avessi voluto avrei potuto baciarlo.
«Dio, mi farai impazzire», mormorò a denti stretti. Allungò il collo per sollevare la testa verso la mia. Le sue labbra erano a pochi millimetri di distanza e, questa volta, ne ero certa, gli avrei permesso di baciarmi.
«Oh, wow!»
Il tono divertito di Hawke mi fece sobbalzare, e con un salto mi alzai in piedi. Anche Liam si alzò, molto più lentamente di quanto avevo fatto io.
Hawke si bloccò sulla soglia della palestra con le braccia incrociate al petto e ammiccò. «Mi dispiace davvero di aver interrotto questo momento così sexy…»
«Non fa niente», dissi. Ero arrossita così tanto da andare a fuoco, ma cercai di far finta di niente. Issai le mani sui fianchi. «Che succede?»
Hawke indicò con un pollice un punto alle sue spalle. «Abbiamo un ospite a sorpresa.»
«Chi?»
«Ecco…»
«Sorpresa!» esclamò una voce che conoscevo fin troppo bene.
Adeline, con gli occhiali da sole enormi che la facevano assomigliare ad una specie di insetto, uscì dal suo nascondiglio dietro la schiena di Hawke e sollevò una mano per salutare.
E io imprecai.

 

   
 
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