Fandom: Originale
Rating: Verde
Personaggi/Pairing: OMC
Tipologia: One-Shot
Genere: Hurt/Comfort
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e
avvenimenti, se non
specificato diversamente, mi appartengono in quanto mia esclusiva
creazione.
Dedicata
a Mairasophia.
A BOTTOMLESS PIT
–
A MES AND VICTOR STORY
“Quei
figli di
un serpente delle fogne!”
“Mephistopheles,
calmati.”
“Calmarmi,
Ludovich,
davvero? Non solo i Creed hanno portato via Victor, lo hanno anche
nascosto
chissà dove e si sono fatti esplodere pur di non farci
trovare indizi, li ha
sentiti! E come se non bastasse, prima di abbandonarlo a marcire da
qualche
parte, gli hanno sparato! Quei bastardi, figli di una puttana
cyborg!”
In
piedi davanti
alla console di comando al centro della stanza, l’uomo
chiamato Ludovich, dagli
occhi cerchiati da un paio di occhiali dorati, osservava con aria
critica gli
schermi intorno a loro che brillavano di luce bluastra nella
semi-oscurità, il
tutto dando le spalle all’agente il quale – a pugni
stretti e con l’undersuit
praticamente a brandelli – sembrava sul punto di esplodere.
Tuttavia,
il ben
più pacato e anziano tra i due si limitò
semplicemente a osservare gli schermi,
pieni di mappe, letture termiche, rapporti, tutto quello che avevano
sulla
banda di cyborg rottamatori che avevano affrontato solo poche ore
prima: “Resta
concentrato, Mephistopheles.” lo avvertì lui senza
spostare lo sguardo, “Alistair
sta guidando Cumulus e Aeras nel controllare tutte le basi dei Creed
conosciute
e nell’interrogare le altre bande di cyborg, troveremo
Victor.”
Mephistopheles
sbattè un pugno sulla console di supporto più
vicina e fece tremare la tazza di
caffè ormai gelido lì posata; questa si
rovesciò sul piano di lavoro e fece al
contempo sobbalzare l’operatore lì seduto.
Il
liquido scuro
si infilò tra i tasti del pannello di controllo e, con
qualche scintilla, uno
degli schermi che Ludovich stava osservando si spense; subito, altri
due
operatori corsero in aiuto del loro collega con cavi e schede di
memoria e, in
pochi minuti, ripristinarono lo schermo; questi riprese vita con un
ronzio e il
segnale disturbato, ma i dati erano leggibili.
“Cazzo,
Ludovich,
sa benissimo che dovrei essere lì fuori con loro e cercare
il mio partner!”
“Mephistopheles,
non sei lucido. L’hai dimostrato ora.” lo
rimproverò Ludovich, sempre di
spalle: “Rischieresti di mettere in pericolo la vita di
Victor.”
“Stiamo
parlando
del mio partner, me l’ha affidato lei! E mi ha ordinato di
assicurarmi che non
si cacciasse nei guai, mi ha ordinato di fargli da mentore e da guida.
Come
posso obbedire ai suoi ordini se non mi lascia scendere in strada a
cercarlo?!”
Trascorsero
alcuni minuti di silenziosa tensione e, mentre Mephistopheles osservava
la
schiena di Ludovich, quest’ultimo sembrò
concentrare lo sguardo su una mappa
che segnava varie letture termiche.
All’improvviso,
sullo
schermo principale che copriva gran parte della parete di fronte a
loro,
apparve un avviso di chiamata, subito seguito da un penetrante suono di
avvertimento.
“Chiamata
in
entrata, sono Cumulus e Aeras!” annunciò un
operatore da un punto imprecisato
della stanza.
“Chiamata
accettata.”
Sullo
schermo,
apparve l’immagine distorta dal segnale debole di due uomini,
i cui lineamenti
non erano ben riconoscibili a causa dei grossi caschi di metallo blu
che ne
coprivano la testa; una voce metallica passò attraverso il
microfono mentre uno
dei due uomini, voltatosi di scatto, sparava a qualcosa alle loro
spalle:
“Cumulus, avanti.”disse Ludovich con voce impostata.
“Capo,
forse
l’abbiamo trovato!” disse l’agente
all’altro capo della linea: “Uno dei Creed
stava facendo il doppiogioco, era una spia degli HooGoo e ha levato le
tende
prima del casino di oggi. L’abbiamo trovato in una tana
vicino al Pozzo
Senzafondo, l’abbiamo un po’ sbatacchiato e ha
confessato che il capoccione dei
Creed ha portato il ragazzo in uno dei riciclatori del Pozzo.”
Nella
stanza
cadde il silenzio.
“Cosa
cazzo vuol
dire?!” gridò Mephistopheles:
“L’hanno buttato in un riciclatore,
ferito?”
“Pare
di sì,
Mes. Evidentemente non volevano che venisse ritrovato vivo dal momento
che, tra
le bestie e il sistema computerizzato dell’Impianto di
Riciclo, non è un gran
posto dove finire. Io e Aeras ci stiamo spingendo il più in
profondità
possibile ma abbiamo bisogno di rinforzi.”
“Tra
dieci
minuti sarò lì.” dichiarò
l’agente e si voltò verso Ludovich, come a volerlo
sfidare di impedirglielo, ma si ritrovò a fissarlo negli
occhi; con un sospiro,
l’uomo si levò gli occhiali, alzò una
mano e la rivolse verso la porta:
“Portalo a casa. E non preoccuparti di stordire eventuali
elementi ostili.
Abbattili.”
Uno
degli
operatori diede a Mephistopheles un’arma carica e gli
passò il cappotto color
ardesia che aveva visto giorni migliori; i lunghi capelli neri
dell’uomo
ricaddero sulle spalle avvolte dalla pelle scura
dell’indumento mentre la
cicatrice biancastra sulla guancia risaltava alla luce del visore che
si
attivava dopo essere stato installato sopra gli occhi
dell’agente.
“Può
scommetterci, Ludovich.”
§§§
Cumulus
e Aeras
faticavano a stare dietro a Mes mentre questi attraversava
l’ormai
semi-divelto, e ancora fumante, portone che portava ai livelli
più bassi
dell’Impianto di Riciclo che circondava il Pozzo nel cuore
della città.
Fogna,
secondo
alcuni, e casa, secondo altri, il Pozzo era il luogo di smaltimento di
gran
parte dei rifiuti prodotti dalla città e dai suoi abitanti,
la parte finale
dell’immenso Impianto di Riciclo che – con le sue
stanze intermedie dette
riciclatori – era costantemente in funzione.
Un
sistema
centrale del tutto automatizzato governava tutto il sistema, decidendo
quali
riciclatori mettere in funzione e quali tenere a riposo tra i circa 500
presenti, ognuno riempito con vari tipi di spazzatura.
Cumulus,
che
correva a pochi passi da Mephistopheles, colpì con una
scarica laser a bassa
intensità l’ennesimo serpente delle fogne che
strisciava sul soffitto in
procinto di attaccarli mentre il suo partner, Aeras, consultava i dati
apparsi
sullo schermo del proprio visore: “Il sistema ha finito il
primo giro di
riciclo, sta per passare alle sezioni del secondo blocco!”
gridò nel tentativo
di sovrastare il frastuono dovuto all’Impianto in funzione
attorno a loro, un
frastuono di metallo e ingranaggi che si muovevano, pulsanti di vita
meccanica,
“Secondo l’HooGoo, i Creed hanno buttato Victor in
uno dei riciclatori del
terzo blocco. Abbiamo ancora una decina di minuti per
trovarlo.”
Mes
non rispose
ma aumentò la velocità di corsa.
Quando
si
fermarono davanti al portellone che conduceva al terzo blocco, Cumulus
fermò
Mes prima che questi facesse saltare per aria anche quello con una
delle
granate che si era portato dietro: “Possiamo passare dal
corridoio di
manutenzione.” lo avvertì l’uomo prima
di indicare una porta semi-nascosta
sulla parete di metallo alla loro sinistra.
Con
un grugnito
infastidito, l’uomo ripose la granata al proprio posto e
seguì il compagno
dietro la porta che l’ultimo dei tre aveva aperto con un
colpo di laser ben
piazzato.
L’odore
che li
aggredì all’interno era insopportabile, un misto
di rifiuti rancidi e carne in
putrefazione, al punto da costringerli a indossare i respiratori
portatili;
mentre Aeras copriva loro le spalle, Mes e Cumulus si facevano strada
nello
stretto corridoio, con le braccia che sfregavano contro le parete
metalliche.
“Rilevi
qualcosa?” chiese Cumulus, quasi gridando sopra il rumore
sferragliante del
metallo che li circondava, sempre più intenso tanto
più penetravano in
profondità; Mes armeggiò qualche secondo con i
rilevatori termici del visore e,
per un po’, restò in silenzio, con la testa piena
di pensieri e il cuore in
gola mentre i sensori facevano il loro dovere, alla ricerca della
minima
traccia di calore che avrebbero potuto ricondurre a Victor; sotto gli
occhi
dell’agente, si susseguirono letture di nutrie velenose,
serpenti delle fogne,
perfino qualche cane inselvatichito finito lì
chissà come, poi…
“Là!”
gridò Mes,
facendo voltare anche Aeras; con mano tremante, indicò un
portellone a neppure
dieci metri da loro, sovrastato da un faretto verde che baluginava
debolmente:
“Victor è lì dentro!”
Un
attimo dopo,
Cumulus aveva sostituito il compagno alla vedetta con il laser in mano
mentre
Aeras si era precipitato davanti al portellone con un piccolo
dispositivo
stretto tra le dita: “State indietro!”
urlò questi mentre lo appoggiava alla
superficie metallica e ne schiacciava l’unico pulsante.
Mes
si coprì il
volto ma non indietreggiò.
In
tre secondi,
la piccola esplosione dovuta alla ridotta quantità di
plastico sulla serratura
divelse quest’ultima e lasciò la porta malridotta;
fu a quel punto semplice per
Mes spalancarla con un calcio per poi precipitarsi
all’interno del piccolo
ambiente al di là.
Qui,
se
possibile, la puzza era ancora più intensa e nauseabonda, al
punto che Mes
dovette sorreggersi alla parete più vicina per non cadere
tramortito – perfino
il respiratore aveva difficoltà a filtrarla – ma,
quando si fu ripreso, estrasse
dalla tasca la torcia da esplorazione e la accese, illuminando le pile
di
rifiuti che erano ammassate tutto intorno.
Poi,
con il
cuore in gola e il respiro corto, finalmente lo vide.
Ne
vide il
cespuglio di capelli neri sporchi e spettinati, il volto pallido e
macchiato di
sangue, il corpo innaturalmente rannicchiato e la gamba storta in una
posizione
quasi impossibile…
Mephistopheles
non si rese neppure conto di essersi mosso che già era
inginocchiato al fianco
del proprio partner, a sorreggergli la testa e a tenergli il viso tra
le mani:
“Ehi, Victor? Mi senti?” mormorò
praticamente all’orecchio del più giovane,
incurante del fragore di laser e della macchina in funzione.
Victor
ebbe un
tremito ma non aprì gli occhi.
“Ragazzino,
mi
senti? Sono io… Victor, apri gli
occhi…” continuò Mes, aumentando
leggermente
la pressione; con una mano, gli accarezzò la fronte e gli
ripulì la guancia dal
sangue rappreso: “Victor, sono io, Mephistopheles.”
ripetè mentre tastava
alcune parti del corpo alla ricerca di fratture o danni interni.
Un
braccio
rotto, la gamba destra spezzata, la caviglia sinistra fratturata e
gonfia,
forse anche un paio di costole rotte e un buco nella spalla grosso
quanto un
pugno.
Se
non fossero
stati praticamente tutti morti, Mes avrebbe volentieri fatto saltare in
aria i
Creed e al diavolo Ludovich e i suoi ordini!
“Victor…
Devo
sapere se riesci a sentirmi e se possiamo spostarti. Apri gli occhi,
subito!”
Finalmente,
Victor emise un gemito e, aggrappandosi al braccio di Mes,
tossì per qualche
secondo prima di riuscire finalmente ad aprire un occhio, annebbiato ma
vivo;
il più anziano lo accolse con un leggero sorriso
dopodichè si levò il
respiratore e glielo fece indossare: “Ragazzino, stai calmo e
respira… Sono io,
sono venuto a prenderti.”
La
mano pesante
di Mes accarezzò il petto - coperto dalla undersuit a
brandelli - del partner
e, complice il ritmico muovere in cerchio del palmo, finalmente Victor
sembrò
rilassarsi e respirare un po’ più liberamente;
doveva averlo riconosciuto,
pensò Mes, perché si era quasi totalmente
abbandonato a lui.
“MES!”
gridò
Aeras da fuori: “Tra due minuti il ciclo arriverà
in fondo al secondo blocco,
sbrigatevi a uscire da lì!”
A
quella voce,
Victor ebbe un sussulto e rantolò qualcosa di
inintelligibile mentre stringeva
maggiormente la presa sul braccio del più anziano:
“Sta tranquillo, ci sono
io…” lo rassicurò
quest’ultimo, “Non ti lascio qui, è una
promessa.”
Senza
mollare il
contatto con il più giovane, lui si tolse il cappotto in
pelle e ne avvolse il
corpo tremante e martoriato prima di prenderlo tra le braccia, troppo
debole
anche solo per cercare di aprire gli occhi del tutto, figuriamoci per
camminare.
“Resisti,
ragazzino, ti porto fuori. Se muori, vengo a prenderti a calci nel
culo.
Continua a respirare e non preoccuparti di niente. Mi hai
capito?”
Victor
rantolò e
strinse maggiormente il braccio di Mes in segno di assenso; con il
partner
stretto al petto, e i polmoni in fiamme per l’aria insalubre,
Mephistopheles si
precipitò fuori nello stretto corridoio:
“Correte!” gridò lui senza guardarsi
indietro mentre il faretto sopra la porta diventava rosso e un forte
tremore
rischiò di buttarli a terra.
“Non
fermatevi!”
continuò l’agente intanto che riguadagnava la
porta che avevano attraversato poco
prima; alle sue spalle, Cumulus e Aeras correvano come se fossero stati
indemoniati e, appena un attimo dopo che questi ebbero raggiunto il
corridoio
principale, udirono un rumore insopportabile, come di tante unghie che
graffiavano su una lavagna.
La
luce sopra il
portellone che li separava dal terzo blocco si accese di rosso.
Il
terzo ciclo
era iniziato.
Ma
loro erano salvi.
Avevano
trovato
Victor.
Con
il fiatone,
Cumulus si avvicinò a Mes, in piedi a pochi passi da lui, e
gli posò una mano
sulla spalla: “Portiamo a casa il marmocchio. Ha bisogno di
cure, no?”
L’interessato
annuì con espressione instupidita ma non disse nulla,
limitandosi a stringere
più forte il corpo privo di sensi di Victor.
Stavolta
non
l’avrebbe lasciato andare.
§§§
Victor
non
registrò subito il fatto che stesse guardando il soffito
dell’Infermeria della
Base; con espressione assente, il giovane agente restò a
fissare in alto per
alcuni minuti mentre i ricordi frammentari delle ultime ore
riemergevano dal
pantano che era la sua memoria in quel momento.
L’agguato
dei
Creed…
Il
dolore
lancinante del laser che gli trapassava la carne della spalla, era
sicuro di
aver urlato ma no, non aveva pianto, non aveva voluto farsi vedere
debole da
quei bastardi e dar loro un’occasione per umiliarlo davanti a
Mephistopheles…
Mephistopheles!
Quando
il
ricordo del partner fece capolino nella sua mente, Victor
sentì il cuore
cominciare a battere all’impazzata mentre un rumore
fastidioso e ritmico gli
feriva le orecchie, come un fischio lungo e ininterrotto.
Poi,
una mano
gli si posò sul polso e lui si rese conto di altre cose.
Si
accorse di
una maschera sul viso che pompava aria nei polmone, si accorse di un
qualcosa –
forse una flebo? – che gli era stata infilata nel braccio e
infine si accorse
che quel rumore così fastidioso altri non era che uno dei
macchinari di
monitoraggio che qualcuno gli aveva attaccato addosso con degli
elettrodi sul
petto e sul collo, freddi sotto le garze che lo avvolgevano come una
mummia di quattro
millenni fa.
“Ehi,
ragazzino,
sei al sicuro.”
La
voce bassa e
vibrante di Mes gli accarezzò l’udito, ammutolendo
per un attimo il rumore dei
macchinari in allarme; subito, sentì il battito del cuore
rallentare mentre una
sensazione di sollievo lo soverchiava come acqua calda.
Pur
non avendo
ancora il controllo del proprio corpo, Vic si mosse con un rantolo nel
tentativo di girare il volto e guardare negli occhi il proprio partner,
voleva
sincerarsi che fosse vero, che non fosse un sogno provocato dalla sua
mente
traumatizzata.
Voleva
essere certo
che fosse davvero lì: era l’unica prova che lo
avrebbe convinto del fatto che
fosse davvero al sicuro, lontano dalle grinfie dei Creed
Un
dolore
indescrivibile al petto gli strappò un grido e subito la
stessa mano gentile di
prima gli si posò all’altezza del cuore prima che
il viso coperto di barba
grigiastra di Mes apparisse nel campo visivo del più
giovane: “Ehi, ragazzino,
se ti alzi poi danno la colpa a me.” disse l’uomo
con voce burbera mentre gli
massaggiava il petto con un tocco leggero, “Ti fa male da
qualche parte?”
chiese prima di sfiorargli la fronte con la punta delle dita,
“Hai la febbre ancora
alta.”
Se
ne avesse
avuto la forza, Victor avrebbe risposto per le rime al vecchio che
Ludovich gli
aveva affibbiato come partner e mentore, ma il sollievo di averlo
accanto e di
essere libero era più che sufficiente; il più
giovane annuì stanco e chiuse gli
occhi per un momento: “A-Acqua…”
Alcune
gocce gli
umettarono le labbra e una piccola quantità di liquido
fresco gli scese lungo
la gola – avrebbe pianto per la gioia se avesse potuto -:
“Poca e piano, appena
torna il dottore te ne faccio dare altra.” disse Mes.
Dopodichè,
questi
armeggiò con qualcosa poi la sua voce, più bassa
di prima ma ugualmente vibrante,
gli sussurrò all’orecchio: “Ho aumentato
gli antidolorifici, dovresti sentirti
meglio in pochi minuti.”
Intanto
che la
grossa mano dell’agente più anziano scendeva a
stringere quella più minuta di
Victor, quest’ultimo sentì il dolore scendere fino
a sembrare solo un lontano
fastidio e ciò gli snebbiò la mente quel tanto
che bastava a permettergli di
ricordare gli ultimi frammenti di realtà prima del crollo.
Ricordò
la puzza
di marcio e la sensazione dei topi sul corpo, le ferite che bruciavano
per l’infezione
che si propagava a causa della spazzatura e dello sporco attorno a
lui…
“S-Sei
venuto a
prendermi nel Pozzo, vecchio?” rantolò lui da
dietro la maschera dell’ossigeno.
Mes
annuì e gli
strinse la mano: “Non potevo lasciarti lì. Ormai
il protocollo l’abbiamo
infranto talmente tante volte che sarebbe stato inutile.”
Victor
non potè
fare a meno di ridere, nonostante la fiammata di dolore al petto.
“Se
Ludovich non
mi caccia a calci nel culo dopo l’insubordinazione che ho
dimostrato, posso
arrivare alla pensione indenne.” continuò Mes con
tono scherzoso.
“H-Hai
disobbedito a Ludovich? E-E Alistair non ti ha d-dato un laser
difettoso che ti
è e-esploso in faccia?”
“Spiritoso.
Non sforzarti
a parlare mentre hai le costole rotte, se muori poi devo riempire un
mucchio di
scartoffie.”
“S-Sempre
il
solito bastardo…”
“E
tu sei sempre
il solito marmocchio.” ribattè Mes prima di
sedersi su una sedia lì accanto: “Ora
fammi il favore di dormire, così posso fare anche io un
pisolino e non essere
costretto a farti da babysitter.” concluse l’uomo
mentre si avvolgeva nel
cappotto di pelle nera, lo stesso che Victor ricordava vagamente lo
avesse
avvolto quando il partner lo aveva soccorso.
Con
un sorriso
appena accennato, il più giovane chiuse gli occhi,
consapevole che – finchè Mephistopheles
fosse stato al suo fianco – il Pozzo Senza Fondo sarebbe
stato solo un brutto
ricordo.