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Autore: Calime    22/10/2020    1 recensioni
[Modern!AU + Age gap]
1) Quel party che Ade voleva snobbare - Se avesse avuto parecchi anni di meno – magari fosse stato un suo coetaneo –, Ade sarebbe arrossito per la vergogna di essere stato smascherato.
7) Il segno - C’era di mezzo una donna. Ade aveva una donna, per forza.
11) Waiting for Superman - «Senti, facciamo così: ti accompagno io a casa» le propose.
12) Distrazioni - Certo, poteva anche esserselo sognato – e solo gli dèi sapevano quanto e cosa, come, chi, sognasse ogni notte –, eppure ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
20) Più prezioso dell'oro - «Non vi pagheranno il riscatto» mormorò, poi, mettendo in chiaro quello che, probabilmente, sapeva bene anche lui.
23) Una giovane e impulsiva stagista - Ade alzò un angolo delle labbra, divertito. «Non risale alla scorsa settimana la tua ultima ramanzina?»
24) Insonnia - «È ancora presto»
25) Popolarità - Fu un gemito strozzato e Persefone alzò gli occhi su Ade, allarmata.
26) Creare la giusta atmosfera - «Così è troppo semplice» sbuffò.
Raccolta di storie scritte per l'iniziativa del Looktober 2020 di LandeDiFandom.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Persefone
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Looktober 2020'
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Iniziativa: Looktober 2020 di LandeDiFandom
Prompt: 22. Bandana
Note: Pirates!AU (strano, lo so xD). Buona lettura :)








20. Più prezioso dell'oro




L’aveva sorpresa di spalle, arrivando con la pazienza e la freddezza di un predatore che sa di avere la preda in pugno, silenziosamente. Conosceva il fatto suo, il pirata, poiché zittire l’urlo che istintivamente lanciò fu la prima cosa che fece, prima ancora di immobilizzarle le braccia dietro la schiena legandole i polsi con della corda.
Persefone ansimò, la paura accelerò i battiti del cuore e il sudore iniziò a imperlarle la fronte.
La sua voce le intimò il silenzio in un sussurro roco all’orecchio: «Non ti farò del male». E Il suo respiro caldo le solleticò la pelle sensibile.
Con la coda dell’occhio lei riconobbe gli inquietanti simboli sulla bandana che gli copriva la testa, ma la vera consapevolezza giunse alla vista del loro colore spettrale.
Quell’uomo non era un pirata qualunque: possedeva un’intera flotta che utilizzava per infestare i mari dei Caraibi e così tante ricchezze da potersi comprare un intero continente. Lo chiamavano l’Invisibile, poiché lasciava alla sua ciurma il compito di abbordare le navi e si limitava a tirare le fila di quella sorta di impero dalle retrovie.
Tuttavia, quando decideva di mostrarsi nessuno sopravviveva per raccontarlo.
Circolavano voci, delle vere leggende, su di lui, su quella bandana, sulla spietatezza dei suoi uomini. Una di quelle raccontava di come i suoi occhi, specchi di nera tenebra, rubassero l’anima a chiunque li osasse guardare.
Persefone, invece, li vide sfavillare come stelle, come il faro del porto che indicava la via ai marinai, e si chiese se le avrebbero mostrato con altrettanta chiarezza anche il proprio destino.
Il pirata approfittò di quell’attimo di smarrimento per imbavagliarla velocemente con ciò che si ritrovò sottomano, il rettangolo di tessuto che cingeva la sua fronte, e, infine, se la caricò in spalla saltando giù dalla finestra da cui era entrato.
Persefone serrò le palpebre per attenuare la nausea dovuta allo sballottamento a cui lui l’avrebbe sottoposta durante la forsennata fuga.

***

La cabina del Capitano era spartana, contrariamente a ciò che Persefone si era attesa e che faceva presagire la robusta imbarcazione.
Giacché non poteva muoversi per via della corda, né gridare – inutilmente, ormai – aiuto a causa della bandana, osservò l’ambiente con interesse e curiosità. La branda su cui si trovava era posta in una nicchia appartata, con una porta che si poteva chiudere all’occorrenza. Forse era un po’ angusta, ma sicuramente atta allo scopo: un ripiano abbastanza morbido su cui riposare. La vita vera del Capitano si svolgeva nella parte anteriore, nell’ampio spazio in cui si trovavano un lungo tavolo, delle sedie, numerosi strumenti da navigazione, carte nautiche e armi.
Affacciandosi dall’apertura accanto a sé, Persefone cercò di interrogare il cielo, di capire dalla posizione delle stelle che ore fossero. Purtroppo, avrebbe dovuto studiare meglio astronomia e concentrarsi meno sulla botanica, poiché non riuscì ad orientarsi.
Di contro, il mare e i venti erano benevoli quella notte e consentivano una navigazione altrettanto tranquilla. Così, si appoggiò alla parete e cercò nel dondolio della nave un po’ di conforto.
Il rumore metallico di serratura e del legno che sfregava su altro legno la riportò alla realtà. Persefone sussultò e rivolse l’attenzione all’uomo, il pirata, il Capitano, che presto comparve sulla soglia in pochi, lunghi, passi.
Richiuse la porta dietro di sé e la raggiunse, inginocchiandosi a terra.
Persefone si mosse a disagio, scivolando contro lo scafo per sfuggirgli, per sfuggire allo sguardo tormentato che le riservò, ma non vi erano vie di fuga e il magnetismo che esercitarono su di lei quegli occhi era forte. Ebbe timore di affogare dentro quelle profondità, di perdersi e non riconoscersi più.
Eppure, sapeva che non sarebbe accaduto. Aveva la certezza che lui non l’avrebbe permesso, che l’avrebbe presa per mano e guidata dentro di sé, dentro la sua anima oscura, come se quella – lui – le appartenesse.
Era così, allora.
Il Capitano sembrò tremare quando allungò il braccio e le sue dita, il suo palmo, si posarono sul volto di lei per metà coperto ancora dalla bandana, come se fosse stato lui ad essere stato rapito.
«Adesso ti libero, mia preziosa» disse e, gentilmente, le abbassò il tessuto che cadde a adornarle il collo.
Persefone, finalmente, poté riempire a pieno i polmoni di corroborante aria salmastra.
«Non vi pagheranno il riscatto» mormorò, poi, mettendo in chiaro quello che, probabilmente, sapeva bene anche lui.
Il Capitano annuì, come se non fosse importante. «Si stanno già mobilitando per inseguirci». La sua mano tornò ad accarezzarle il viso, soffermandosi a disegnarle le labbra con il polpastrello ruvido del pollice.
Lei ne rimase sorpresa per un attimo e, consapevolmente, mosse la testa in un cenno affermativo. L’espressione le si addolcì e sfregò la guancia contro il suo palmo, lasciando uscire un leggero sospiro alla frizione, al calore che inaspettatamente emanava la sua pelle.
«Allora volete uccidermi?» domandò.
Il Capitano non parlò, ma le sue dita scivolarono sul suo collo, sotto la bandana e sopra lo scollo dell’abito.
«Non essere sciocca» la rimbrottò, accigliandosi.
Persefone si morse il labbro inferiore illanguidita dalle sue carezze, eppure ancora intimorita dalla sua presenza.
«Voi non volete l’oro» mormorò. Ormai, l’aveva capito, nonostante avesse cercato all’inizio di ignorare le proprie intuizioni. «Voi siete venuto a prendermi. Siete davvero l’uomo di quella sera».
Il Capitano, ancora una volta, non le rispose, ma lisciò i suoi capelli dietro la schiena passandovi le dita attraverso. Si fermò soltanto a sciogliere il nodo della corda che le teneva imprigionati i polsi.
Persefone non fece in tempo a controllare le escoriazioni, che lui portò le mani alla bocca per baciare ogni segno, come se ne fosse dispiaciuto.
Lo trovò strano. Quell’uomo era strano, un mistero. Si era intrufolato alla festa del suo debutto in società, l’aveva addirittura invitata a ballare, corteggiandola con quel modo di fare riservato, affettato, e lei, intrigata, si era lasciata sfuggire di voler andare via, via da quella casa, da sua madre, dalla sua famiglia. E, poi, dopo, era svanito. Nessuno pareva conoscerlo, né averlo invitato.
Gli aveva rubato solo un ricordo, qualcosa che esisteva soltanto nei racconti che sentiva dalle cameriere. E lei, che nulla sapeva del mondo, che non aveva mai viaggiato, che apprendeva soltanto dai libri la geografia e la storia, non vi aveva creduto.
Tutt’ora, le era impossibile svelare completamente le sue motivazioni, sebbene quel silenzio fosse la conferma della sua identità.
La sua lingua sulla pelle ferita la fece rabbrividire e ansimare tra il piacere e lo sconcerto. Tentò di ritrarsi, ma la sua stretta era forte e la sensazione umida piacevolmente lenitiva.
«Signore» lo chiamò piano.
«Ade» rispose lui, sollevando la testa.
Ade, riecheggiò in lei.
Il Capitano attese che parlasse come se stesse per pronunciare la sentenza di morte. Persefone ne fu colpita: non era abituata a suscitare tutto quell’interesse.
Deglutì sotto il suo sguardo attento. «Ade» pronunciò, gustando il suono di quel nome che nessun’altro conosceva. «Credo che questa appartenga a voi», e dal corpetto dell’abito tirò fuori una bandana uguale a quella che ancora portava al collo. «L’ho intravista nella vostra giacca e l’ho presa quella notte. Pensavo foste una leggenda, non credevo…», scosse la testa per snebbiarla. «Se è per questa che mi avete rapita-», ma lui non la lasciò continuare.
«È solo un pezzo di stoffa» proruppe, strappandola dalle sue mani e gettandola a terra. «E l’oro del futile metallo. Entrambi servono a incutere terrore e non hanno la tua stessa importanza, mia preziosa».
E, mentre lui si sollevava, si sporgeva verso di lei, si avvicinava, e le sue mani la trattenevano dal viso, a Persefone mancò l’aria. Dovette abbeverarsi del suo respiro e annaspò, schiudendo istintivamente la bocca. Il suo odore di polvere da sparo, di sangue e di sale la stordì e allacciò le braccia attorno al suo collo. Le dita finirono tra i suoi ricci scuri, le unghie lo graffiarono sulla nuca e si aggrappò a lui in totale abbandono, aprendosi alle sue labbra e all’invasione della sua lingua.
Sebbene fosse la prima volta che baciasse un uomo, la delicatezza con cui lui lo fece, prendendosi tutto ciò che gli offriva con calma, con piacere, la esaltò come il primo sorso di vino che le avevano permesso di assaporare. Lo ricambiò timidamente, muovendo le labbra contro le sue, incontrando la sua lingua in molli stoccate. Ade le insegnò come potesse essere gradevole trastullarsi con piccoli morsi e suzioni.
Altrettanta lentamente l’accarezzava, con mani avide che premevano febbrili, impazienti, da sopra i vestiti, e Persefone capì che presto non ci sarebbe stato alcun ostacolo al contatto tra loro.
Quel suo modo di viziarla, di aspettarla, di tenere a freno l’ardore, spiegava più di quanto lui esprimesse a parole. Era uno dei tanti, minuscoli, dettagli che a poco a poco le si svelavano e, insieme, si incastravano perfettamente, dandole una visione d’insieme che non le suscitava più alcuna paura.
«Se vi chiedessi di riportarmi a casa, lo fareste?» chiese ma sapeva già la risposta. Voleva soltanto sentire ancora la sua voce, voleva sentirlo da lui.
Ade la scrutò negli occhi liquidi. «Non è ciò che desideri» decretò.
Persefone confermò con un cenno e cercò un nuovo bacio, un appiglio nella tempesta delle sensazioni da cui si sentiva travolta.
Sebbene fosse stato lui a rapirla, sebbene presto l’avrebbe privata di quell’innocenza che doveva preservare fino al matrimonio con uno sconosciuto scelto dalla famiglia, era lei a possedere il suo cuore, la sua anima, la sua bandana che trovò ancora attorno al collo quando si ridestò l’indomani.







   
 
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