Iniziativa: Looktober 2020 di LandeDiFandom
Prompt: 22. Bandana
Note: Pirates!AU (strano, lo so xD). Buona lettura :)
20. Più prezioso dell'oro
L’aveva sorpresa di spalle, arrivando con la pazienza e la
freddezza di un predatore che sa di avere la preda in pugno,
silenziosamente. Conosceva il fatto suo, il pirata, poiché
zittire l’urlo che istintivamente lanciò fu la
prima cosa che fece, prima ancora di immobilizzarle le braccia dietro
la schiena legandole i polsi con della corda.
Persefone ansimò, la paura accelerò i battiti del
cuore e il sudore iniziò a imperlarle la fronte.
La sua voce le intimò il silenzio in un sussurro roco
all’orecchio: «Non ti farò del
male». E Il suo respiro caldo le solleticò la
pelle sensibile.
Con la coda dell’occhio lei riconobbe gli inquietanti simboli
sulla bandana che gli copriva la testa, ma la vera consapevolezza
giunse alla vista del loro colore spettrale.
Quell’uomo non era un pirata qualunque: possedeva
un’intera flotta che utilizzava per infestare i mari dei
Caraibi e così tante ricchezze da potersi comprare un intero
continente. Lo chiamavano l’Invisibile, poiché
lasciava alla sua ciurma il compito di abbordare le navi e si limitava
a tirare le fila di quella sorta di impero dalle retrovie.
Tuttavia, quando decideva di mostrarsi nessuno sopravviveva per
raccontarlo.
Circolavano voci, delle vere leggende, su di lui, su quella bandana,
sulla spietatezza dei suoi uomini. Una di quelle raccontava di come i
suoi occhi, specchi di nera tenebra, rubassero l’anima a
chiunque li osasse guardare.
Persefone, invece, li vide sfavillare come stelle, come il faro del
porto che indicava la via ai marinai, e si chiese se le avrebbero
mostrato con altrettanta chiarezza anche il proprio destino.
Il pirata approfittò di quell’attimo di
smarrimento per imbavagliarla velocemente con ciò che si
ritrovò sottomano, il rettangolo di tessuto che cingeva la
sua fronte, e, infine, se la caricò in spalla saltando
giù dalla finestra da cui era entrato.
Persefone serrò le palpebre per attenuare la nausea dovuta
allo sballottamento a cui lui l’avrebbe sottoposta durante la
forsennata fuga.
***
La cabina del Capitano era spartana, contrariamente a ciò
che Persefone si era attesa e che faceva presagire la robusta
imbarcazione.
Giacché non poteva muoversi per via della corda,
né gridare – inutilmente, ormai – aiuto
a causa della bandana, osservò l’ambiente con
interesse e curiosità. La branda su cui si trovava era posta
in una nicchia appartata, con una porta che si poteva chiudere
all’occorrenza. Forse era un po’ angusta, ma
sicuramente atta allo scopo: un ripiano abbastanza morbido su cui
riposare. La vita vera del Capitano si svolgeva nella parte anteriore,
nell’ampio spazio in cui si trovavano un lungo tavolo, delle
sedie, numerosi strumenti da navigazione, carte nautiche e armi.
Affacciandosi dall’apertura accanto a sé,
Persefone cercò di interrogare il cielo, di capire dalla
posizione delle stelle che ore fossero. Purtroppo, avrebbe dovuto
studiare meglio astronomia e concentrarsi meno sulla botanica,
poiché non riuscì ad orientarsi.
Di contro, il mare e i venti erano benevoli quella notte e consentivano
una navigazione altrettanto tranquilla. Così, si
appoggiò alla parete e cercò nel dondolio della
nave un po’ di conforto.
Il rumore metallico di serratura e del legno che sfregava su altro
legno la riportò alla realtà. Persefone
sussultò e rivolse l’attenzione
all’uomo, il pirata, il Capitano, che presto comparve sulla
soglia in pochi, lunghi, passi.
Richiuse la porta dietro di sé e la raggiunse,
inginocchiandosi a terra.
Persefone si mosse a disagio, scivolando contro lo scafo per
sfuggirgli, per sfuggire allo sguardo tormentato che le
riservò, ma non vi erano vie di fuga e il magnetismo che
esercitarono su di lei quegli occhi era forte. Ebbe timore di affogare
dentro quelle profondità, di perdersi e non riconoscersi
più.
Eppure, sapeva che non sarebbe accaduto. Aveva la certezza che lui non
l’avrebbe permesso, che l’avrebbe presa per mano e
guidata dentro di sé, dentro la sua anima oscura, come se
quella – lui – le appartenesse.
Era così, allora.
Il Capitano sembrò tremare quando allungò il
braccio e le sue dita, il suo palmo, si posarono sul volto di lei per
metà coperto ancora dalla bandana, come se fosse stato lui
ad essere stato rapito.
«Adesso ti libero, mia preziosa» disse e,
gentilmente, le abbassò il tessuto che cadde a adornarle il
collo.
Persefone, finalmente, poté riempire a pieno i polmoni di
corroborante aria salmastra.
«Non vi pagheranno il riscatto» mormorò,
poi, mettendo in chiaro quello che, probabilmente, sapeva bene anche
lui.
Il Capitano annuì, come se non fosse importante.
«Si stanno già mobilitando per
inseguirci». La sua mano tornò ad accarezzarle il
viso, soffermandosi a disegnarle le labbra con il polpastrello ruvido
del pollice.
Lei ne rimase sorpresa per un attimo e, consapevolmente, mosse la testa
in un cenno affermativo. L’espressione le si
addolcì e sfregò la guancia contro il suo palmo,
lasciando uscire un leggero sospiro alla frizione, al calore che
inaspettatamente emanava la sua pelle.
«Allora volete uccidermi?» domandò.
Il Capitano non parlò, ma le sue dita scivolarono sul suo
collo, sotto la bandana e sopra lo scollo dell’abito.
«Non essere sciocca» la rimbrottò,
accigliandosi.
Persefone si morse il labbro inferiore illanguidita dalle sue carezze,
eppure ancora intimorita dalla sua presenza.
«Voi non volete l’oro»
mormorò. Ormai, l’aveva capito, nonostante avesse
cercato all’inizio di ignorare le proprie intuizioni.
«Voi siete venuto a prendermi. Siete davvero l’uomo
di quella sera».
Il Capitano, ancora una volta, non le rispose, ma lisciò i
suoi capelli dietro la schiena passandovi le dita attraverso. Si
fermò soltanto a sciogliere il nodo della corda che le
teneva imprigionati i polsi.
Persefone non fece in tempo a controllare le escoriazioni, che lui
portò le mani alla bocca per baciare ogni segno, come se ne
fosse dispiaciuto.
Lo trovò strano. Quell’uomo era strano, un
mistero. Si era intrufolato alla festa del suo debutto in
società, l’aveva addirittura invitata a ballare,
corteggiandola con quel modo di fare riservato, affettato, e lei,
intrigata, si era lasciata sfuggire di voler andare via, via da quella
casa, da sua madre, dalla sua famiglia. E, poi, dopo, era svanito.
Nessuno pareva conoscerlo, né averlo invitato.
Gli aveva rubato solo un ricordo, qualcosa che esisteva soltanto nei
racconti che sentiva dalle cameriere. E lei, che nulla sapeva del
mondo, che non aveva mai viaggiato, che apprendeva soltanto dai libri
la geografia e la storia, non vi aveva creduto.
Tutt’ora, le era impossibile svelare completamente le sue
motivazioni, sebbene quel silenzio fosse la conferma della sua
identità.
La sua lingua sulla pelle ferita la fece rabbrividire e ansimare tra il
piacere e lo sconcerto. Tentò di ritrarsi, ma la sua stretta
era forte e la sensazione umida piacevolmente lenitiva.
«Signore» lo chiamò piano.
«Ade» rispose lui, sollevando la testa.
Ade, riecheggiò in lei.
Il Capitano attese che parlasse come se stesse per pronunciare la
sentenza di morte. Persefone ne fu colpita: non era abituata a
suscitare tutto quell’interesse.
Deglutì sotto il suo sguardo attento.
«Ade» pronunciò, gustando il suono di
quel nome che nessun’altro conosceva. «Credo che
questa appartenga a voi», e dal corpetto dell’abito
tirò fuori una bandana uguale a quella che ancora portava al
collo. «L’ho intravista nella vostra giacca e
l’ho presa quella notte. Pensavo foste una leggenda, non
credevo…», scosse la testa per snebbiarla.
«Se è per questa che mi avete rapita-»,
ma lui non la lasciò continuare.
«È solo un pezzo di stoffa» proruppe,
strappandola dalle sue mani e gettandola a terra. «E
l’oro del futile metallo. Entrambi servono a incutere terrore
e non hanno la tua stessa importanza, mia preziosa».
E, mentre lui si sollevava, si sporgeva verso di lei, si avvicinava, e
le sue mani la trattenevano dal viso, a Persefone mancò
l’aria. Dovette abbeverarsi del suo respiro e
annaspò, schiudendo istintivamente la bocca. Il suo odore di
polvere da sparo, di sangue e di sale la stordì e
allacciò le braccia attorno al suo collo. Le dita finirono
tra i suoi ricci scuri, le unghie lo graffiarono sulla nuca e si
aggrappò a lui in totale abbandono, aprendosi alle sue
labbra e all’invasione della sua lingua.
Sebbene fosse la prima volta che baciasse un uomo, la delicatezza con
cui lui lo fece, prendendosi tutto ciò che gli offriva con
calma, con piacere, la esaltò come il primo sorso di vino
che le avevano permesso di assaporare. Lo ricambiò
timidamente, muovendo le labbra contro le sue, incontrando la sua
lingua in molli stoccate. Ade le insegnò come potesse essere
gradevole trastullarsi con piccoli morsi e suzioni.
Altrettanta lentamente l’accarezzava, con mani avide che
premevano febbrili, impazienti, da sopra i vestiti, e Persefone
capì che presto non ci sarebbe stato alcun ostacolo al
contatto tra loro.
Quel suo modo di viziarla, di aspettarla, di tenere a freno
l’ardore, spiegava più di quanto lui esprimesse a
parole. Era uno dei tanti, minuscoli, dettagli che a poco a poco le si
svelavano e, insieme, si incastravano perfettamente, dandole una
visione d’insieme che non le suscitava più alcuna
paura.
«Se vi chiedessi di riportarmi a casa, lo fareste?»
chiese ma sapeva già la risposta. Voleva soltanto sentire
ancora la sua voce, voleva sentirlo da lui.
Ade la scrutò negli occhi liquidi. «Non
è ciò che desideri» decretò.
Persefone confermò con un cenno e cercò un nuovo
bacio, un appiglio nella tempesta delle sensazioni da cui si sentiva
travolta.
Sebbene fosse stato lui a rapirla, sebbene presto l’avrebbe
privata di quell’innocenza che doveva preservare fino al
matrimonio con uno sconosciuto scelto dalla famiglia, era lei a
possedere il suo cuore, la sua anima, la sua bandana che
trovò ancora attorno al collo quando si ridestò
l’indomani.