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Autore: Luinloth    24/10/2020    8 recensioni
Gli angeli sono scesi sulla terra e hanno soverchiato l’umanità, regredendola ad uno stato quasi medievale. Gli umani lavorano come schiavi alla costruzione di una torre, di diverse torri sparse intorno al globo, ma nessuno sa cosa succederà una volta che il loro lavoro sarà concluso. John Winchester è a capo di una delle cellule della Resistenza e Dean nei confronti degli angeli non ha mai provato altro che odio, per ciò che hanno fatto alla sua famiglia, per ciò che hanno fatto a Sam. Finché, un giorno, Castiel non viene assegnato al suo cantiere e tutte le certezze che aveva iniziano a sgretolarsi. Ma come gli ripete spesso suo padre, un umano non dovrebbe mai fidarsi di un angelo.
80% AU, 20% what if (vi assicuro che non è così complicato come sembra)
Dal testo:
«Perché?» […]
«Perché ho sempre creduto che non mi importasse» […] «Ma mi sbagliavo»
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
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Disclaimer: storia scritta senza scopo di lucro, nessuno dei personaggi mi appartiene






26. Quello che siamo stati




7 giugno 2009

«Castiel…»

Il terreno era duro, caldissimo sotto la sua schiena. Castiel gli aveva strappato i vestiti e adesso era sopra di lui, e pesava.

«Castiel, non riesco a respira…»

Dean tentò di alzare la testa ma il dolore esplose subito, rosso, dietro le sue orbite, mentre la sua nuca sbatteva con violenza sul pavimento rovente.

Una mano gelida — una stretta d’acciaio che gli tirava i capelli e il capo all’indietro — lo convinse in fretta che era meglio non riprovarci, se non voleva ritrovarsi con un trauma cranico o peggio, direttamente con il cervello spiaccicato sopra il cemento.

«Il mio umano preferito…»

Anche la lingua di Castiel era di ghiaccio: lasciava raccapriccianti scie di brividi lungo le vene pulsanti del suo collo. Dean cominciò a tremare.

«Shhhh…»

L’angelo non gli concesse di schivare la sua bocca; il cielo violetto, alle sue spalle, vorticava.

Poi un fiotto d’aria bollente — dritto dritto a incendiargli i polmoni — gli bruciò la gola, appannandogli anche la vista.

Castiel si era spostato.

L’improvvisa sparizione del suo peso dalle costole del ragazzo aveva fatto sobbalzare quest’ultimo di contraccolpo e le sue labbra si erano disperatamente e immediatamente spalancate, nel tentativo di incamerare quanto più ossigeno possibile prima che l’angelo calasse di nuovo su di lui.

Dean rantolò un paio di colpi di tosse ma non ebbe il tempo di riprendere davvero fiato perché, una frazione di secondo dopo, si ritrovò per la seconda volta schiacciato a terra, bocconi, la faccia sudicia di polvere biancastra e del sangue rappreso che copriva il pavimento.

No.

Il sangue era suo.

Gli colava fra le palpebre dallo squarcio che gli si era appena aperto in mezzo alla fronte. Castiel lo tenne fermo piantandogli un ginocchio in mezzo alla schiena.

«Oh, Dean»

Lui chiuse gli occhi soltanto perché le braccia non rispondevano più ai suoi comandi e non poteva tapparsi anche le orecchie.

«Castiel… ti prego…»

Era sbagliato, era tutto sbagliato, quella non era la voce di Castiel e lui non voleva sentirla.

«Ti prego…»

Faceva già troppo male. La stretta dell’angelo sui suoi fianchi, l’agonia roca del proprio respiro, la pressione intollerabile sulla sua spalla — che già minacciava di lussargli l’articolazione — quel frugare avido delle dita fredde di Castiel sopra il suo corpo inerme.

Sapeva dove toccarlo, sapeva come romperlo: gliel’aveva mostrato lui stesso. Dean si vergognò come non gli era mai successo in una vita intera, ma il terrore fagocitò ben presto ogni pudore.

«C-Castiel…» le lacrime gli lavavano via il sangue dalla faccia e si raccoglievano in una pozzangherina rosa sotto il suo mento.

«Pietà…»

Continuò a supplicarlo fino a perdere ogni decenza, fino a smarrire il senso stesso delle parole che pronunciava.

«Dean»

Che per ciò che erano stati almeno tacesse.

Che si prendesse ciò che voleva — che si divertisse come voleva — bastava che la smettesse di ripetere il suo nome con una voce che non era la sua.

«Dean!»

Ma l’angelo non si prese un bel niente; lui seguitò a implorarlo inutilmente perché non accadde più nulla.

Il dolore si congelò in una narcotica stasi.

Quella non era affatto la voce di Castiel.

«DEAN!»

Dean spalancò gli occhi con una forza tale che temette stessero per schizzargli fuori dalle orbite. A tenerlo fermo, adesso, non erano le ginocchia di Castiel premute sulle sue spalle ma le mani ruvide di suo fratello che lo spingevano contro il materasso.

«Sam…» annaspò, accecato dalla lampadina a incandescenza che penzolava sopra la sua testa e che pareva irradiare il calore insopportabile di una mezza dozzina di soli «Cosa…»

«Va tutto bene Dean, siamo con Anna, siamo al sicuro»

Sam aveva due punti di sutura sul sopracciglio sinistro e l’aria esausta di chi avrebbe voluto soltanto dormire per quattordici ore filate «Hai soltanto avuto un incubo»

«Io…» lui non era assolutamente più in grado di discernere tra cosa fosse realmente accaduto e cosa no «Che è successo?»

«Hai di nuovo la febbre»

Dean realizzò in quell’istante che a farlo rabbrividire — nel sogno — non era stata la lingua gelida di Castiel, ma l’asciugamano umido che suo fratello stringeva ancora nella mano sinistra e con il quale aveva cercato di lavargli via il sudore dal viso e dal collo, mentre lui giaceva incosciente.

«Stanotte hai sfiorato i quaranta gradi» proseguì infatti Sam «Vaneggiavi… non hai chiuso bocca per un minuto»

«No, io… intendevo… Cos’è successo al bunker?»

Non avrebbe mai chiesto chi fosse stato il soggetto delle sue farneticazioni.

Non che occorresse domandare.

«Castiel ti ha quasi ammazzato» sintetizzò il minore, con la brutale schiettezza di chi ha appena passato la nottata in bianco «Sono arrivato appena in tempo per vederlo piombarti addosso e sfondarti lo sterno con un calcio» ammise sconfortato «Hai perso i sensi, quando ti abbiamo portato via eri più di là che di qua»

Dean ricadde pesantemente sul materasso: la testa gli ronzava come se un nugolo di vespe incazzate gli fosse rimasto intrappolato nel cranio e lui stava annegando nel suo stesso sudore ma a parte quello si sentiva abbastanza bene. Intero, perlomeno.

Si portò le mani al petto, tastandosi le costole e il torace: nessuna frattura.

Sam anticipò la sua domanda «È stata Anna a curarti» mormorò.

Il mucchio di supposizioni che Dean aveva tenuto celato fino a quel momento in un angolo nascosto della propria mente ritornò prepotentemente a galla.

«Aniel…» gemette, mentre un nuovo attacco di vertigini lo assaliva.

Lo sforzo mnemonico che si era appena obbligato a compiere aveva fatto infuriare ancor di più le vespe che si dibattevano dentro la sua scatola cranica e lui avrebbe certamente vomitato oltre il bordo del materasso, se solo avesse avuto qualcosa nello stomaco, e se il palmo di suo fratello non si fosse posato con fermezza sul suo braccio, riportandolo con la testa sul cuscino.

«Nessuno mi chiama più così da molto tempo ormai»

Anna — Aniel — emerse dalla penombra, alle spalle di Sam, livida e pallidissima sotto l’impietosa luce giallastra che riempiva l’ambiente.

«Mi dispiace, per la febbre» sussurrò «Avrei voluto risparmiartela, ma sono ancora troppo debole»

Sam le cedette la sedia un attimo prima che lei si afflosciasse sul pavimento. Effettivamente, l’angelo sembrava non avere le forze nemmeno per reggersi in piedi.

«Anna ha dovuto teletrasportarci tutti quanti» spiegò il minore «Era l’unico modo per…» sospirò, torcendosi tra le mani il panno bagnato e spruzzandosi goccioline d’acqua sui pantaloni «Sì, insomma, per evitare di venire trucidati, o peggio»

Suo fratello avrebbe davvero avuto bisogno di una dormita di dodici ore, come minimo, ma le immagini indistinte che si agitavano furiosamente nei ricordi di Dean — uno stagno di ninfee, binari divelti, sangue e preghiere inascoltate mentre la sua testa picchiava contro il cemento — minacciavano di ridurlo alla pazzia se non avesse ricevuto in fretta almeno qualche spiegazione in più.

«Dove siamo?» gracchiò.

«Poughkeepsie, riva est del fiume Hudson» rispose Sam, recuperando uno sgabello traballante e sistemandosi di fronte ad Anna, dall’altra parte del letto «E’ praticamente un deposito, ma era il posto più vicino in grado di accoglierci tutti»

«Tu lo sapevi?»

Sam scosse la testa.

«L’ho scoperto nel momento in cui ti ho trascinato mezzo morto al primo livello, e un attimo dopo eravamo a cento chilometri da New York e tu non eri poi così morto»

«Avremmo dovuto dirvelo prima» riconobbe Anna, con un filo di voce «Credimi, stavamo solo aspettando il momento più adatto… non sapevamo come l’avresti presa, se e cosa Castiel ti avesse raccontato di me e…»

«Che cosa gli hanno fatto?»

Le lacrime che durante la notte aveva soltanto sognato di versare ora vibravano per davvero, brucianti e reali, all’orlo delle sue ciglia.

«Si è svegliato?»

Un cigolio, passi svelti, poi un profilo longilineo si avvicinò al suo capezzale e il rosso vivo dei capelli di Charlie fu tutto ciò che vide, per qualche secondo.

Gli occhi chiari dell’Occulto traboccavano di preoccupazione.

«Sto bene, Charlie»

A differenza sua, invece, la ragazza aveva mezza faccia pesta, uno squarcio rammendato male appena sotto la clavicola e le nocche di entrambe le mani scorticate a sangue, eppure non sembrava badarci più di tanto.

«Dio, mi hai fatto morire di paura Winchester…» soffiò, buttando fuori l’aria in un sospiro che pareva stesse trattenendo da ore, prima di rivolgere ad Anna un’occhiata di apprensiva riprovazione.

«E tu dovresti essere a riposare, non qui» osservò, aggrottando la fronte tumefatta in una smorfia avventata che la fece sibilare di dolore.

«E rimanere a guardare mentre ti ricuci da sola perché non mi permetti di guarirti?» ribatté l’angelo, ricambiando stancamente il suo sguardo di biasimo.

«Tanto non ce la faresti comunque. Teletrasportare tutto il bunker ti ha debilitato troppo»

«Potresti lasciarmi almeno provare»

«Ne abbiamo già parlato, amore mio»

Dean si chiese se qualcuno fosse mai riuscito a ottenere l’ultima parola, durante una conversazione con Charlie.

«Tra qualche giorno, quando ti sarai rimessa in forze, allora potrai pensare a questa vecchia carcassa umana alla quale sei tanto affezionata»

Anna le artigliò l’avambraccio e piantò nelle sue iridi verdazzurre uno sguardo ambrato che avrebbe trapassato un muro.

«Lo so, perdonami» Charlie abbassò gli occhi «Me lo ripeti sempre, no? Di non essere così severa con me stessa»

Tentò il miglior sorriso di scuse che la faccia ancora gonfia le permetteva e Anna l’attirò dolcemente verso di sé, soltanto per sfiorare con le labbra le sue nocche sbucciate.

Sam avrebbe presto finto un discreto colpo di tosse, se Dean non l’avesse preceduto in maniera ben più plateale.

«Certo…» Anna lasciò di malavoglia il braccio della compagna e si abbandonò contro lo schienale della sedia «Immagino che ora tu voglia delle risposte»

«Credevo…» esordì il maggiore, perplesso «Credevo che Castiel ti avesse uccisa»

Le labbra di Anna si tirarono in una smorfia amara «L’ho supplicato, affinché lo facesse»

Charlie s’incupì.

«Esistevo da centinaia di anni, e non mi sono mai sentita così perduta come il giorno in cui Michael ha mandato Castiel ad ammazzarmi»

Dean si issò lentamente sui gomiti e appoggiò la schiena contro la parete contro cui il letto era stato addossato.

«Perché sei scappata?»

«Vedi, Dean…» rispose lei, senza guardarlo «Vi abbiamo osservato per secoli… nascere, morire, ammazzarvi, mentre la nostra esistenza continuava semplicemente a scorrere» sussurrò «Conoscevamo i meccanismi alla base dell’esplosione primordiale dell’Universo quando la maggior parte degli esseri umani ancora si chiedeva come potesse funzionare un mulino a vento e abbiamo finito…»

Anna intrecciò le mani in grembo.

«…abbiamo finito per crederci migliori di voi»

Charlie le strinse dolcemente una spalla, ma l’angelo continuò a tenere gli occhi puntati al suolo.

«Poi quando Michael, per primo, e Raphael subito dopo di lui, hanno cominciato a pensare che non fosse tutto qui…» riprese «…ma che fosse nostro preciso compito, nostro dovere rendervi migliori, rendervi perfetti, rendervi…»

«Sottomessi»

Dean non avrebbe voluto usare quel tono così duro.

«Lui crede fermamente di essere nel giusto, Dean»

Anna adesso fissava un punto lontano, molto più lontano del pavimento polveroso su cui poggiava i piedi.

«Michael crede davvero di amare l’umanità — o quel concetto astratto che lui ritiene tale — e che il suo scopo ultimo sia quello di governare gli umani così come ha fatto con gli angeli, fino a questo momento» lei rialzò lo sguardo.

Erano gli stessi occhi con i quali aveva implorato Castiel di ammazzarla?

«Ma ad ogni modo…» ammise, schiudendo appena le labbra «Noi l’abbiamo seguito. Chi più e chi meno convinto ma l’abbiamo seguito, forti della superiorità di cui — quello sì — ci sentivamo tutti portatori…»

Soffiò una risata stridula.

«Quanto siamo stati stupidi»

«Anna…» sussurrò Charlie, tesa «Amore…»

«Sto bene, Charlene…» la rassicurò l’angelo, facendosi scivolare le dita tra i capelli «E’ una decisione che ho preso, ormai, molto tempo fa…»

Perdere ogni cosa. Fuggire via.

Rimanere a vagare da sola, nel buio.

Tutto quello che era Aniel era stata, tutto quello che sapeva, che aveva imparato nel corso di anni — di secoli — e in cui credeva, tutto ciò a cui era appartenuta e tutto ciò a cui sarebbe sempre dovuta appartenere… aveva semplicemente smesso di esistere il giorno stesso in cui lei aveva lasciato la Corte e aveva fatto perdere le sue tracce.

«Ma quando Castiel ti ha trovato…» il ragazzo deglutì. Il sudore gli si stava lentamente asciugando addosso e lui non era più in gradi di dissimulare i brividi «Come… che cosa…»

«Castiel non mi uccise, come puoi notare» rispose lei, frenando quell’insensata sfilza di balbettii «Avrebbe semplicemente riferito a Michael di non avermi trovato, o almeno, così mi disse. Non l’ho mai più rivisto, da quel giorno»

L’angelo si raddrizzò un po’ sulla sedia, la mano tumefatta di Charlie ancora saldamente poggiata sulla sua spalla.

«Trascorsi i mesi successivi a vagare senza meta» continuò «Non avevo un posto dove andare, né un luogo in cui tornare, e ovunque mi spostassi trovavo soltanto devastazione. Pianure sterili che un tempo erano state città e che io, io avevo contribuito a radere al suolo, e a quel punto ero pronta a riconsegnarmi agli Arcangeli» gli rivelò sommessamente «Se solo con la mia morte avrei potuto fare ammenda per i miei peccati, allora non avrebbe avuto senso rimandarla ancora»

«E poi cos’è successo?» Dean represse l’ennesimo brivido e si infilò di nuovo sotto le lenzuola, tirandosele fin sotto al mento.

«Poi la Resistenza mi trovò»

Anna aveva improvvisante smesso di torturarsi le dita.

«Charlene Bradbury mi trovò» sorrise «A nemmeno due chilometri da Fort Hamilton, e a quanto pare non vedeva l’ora di testare le sue nuove manette anti-angelo di ultimissima invenzione» concluse ridacchiando.

«Non ridere» la riprese l’Occulto, imbronciandosi «Non c’è niente da ridere, ti abbiamo trattata in maniera terrificante»

«Allo stesso modo in cui io ho trattato voi per vent’anni, Charlene»

Charlie rimase in silenzio.

«Da quanto tempo Gabriel collaborava con la Resistenza?»

Stavolta era stata la lingua di Sam a muoversi per prima.

«E’… è una faccenda complessa, Sam»

«E questo non è il momento più adatto per mettersi a discutere anche di Gabriel» sentenziò l’Occulto incrociando le braccia, ma la voce le si era già incrinata.

«Charl…»

«No, niente Charlene, Anna» la fermò la compagna, sebbene le sue parole assomigliassero molto di più a una supplica che a un comando «Adesso hai bisogno di riposare. Abbiamo tutti bisogno di riposare… soprattutto tu, signorino»

Sentendosi chiamato in causa dal cipiglio apprensivo dell’Occulto Sam si drizzò di scatto sullo sgabello, cercando di dissimulare quello che probabilmente era il decimo sbadiglio dell’ultimo minuto.

«Resterò io con tuo fratello» lo rassicurò Charlie, stroncando sul nascere quella che sarebbe stata di certo una delle più stoiche, e altrettanto assonnate, obiezioni della sua vita «Perciò adesso filate, tutti e due»

Sam caracollò fino alla porta trascinando i piedi e, con ogni probabilità, se Anna non l’avesse preceduto — tenendogliela aperta — lui ci si sarebbe addormentato contro.

Quando sia suo fratello che l’angelo furono — finalmente — usciti dalla stanza, Dean si girò lentamente su un fianco, in direzione di Charlie, ora seduta accanto al suo letto al posto di Anna.

«Non è necessario che tu rimanga» mormorò.

«Lo so perfettamente, Dean»

Lei gli scoccò un occhiata in tralice.

«Ma credi che sarei riuscita a convincere altrimenti Sam ad allontanarsi dal tuo capezzale per più di dieci minuti?» gli domandò, nonostante la risposta fosse già nota a entrambi «In tutta onestà, tra te e Jack, non ho davvero idea di come facesse tuo fratello a stare ancora in piedi»

Jack.

Il soffitto crollato all’entrata del magazzino e la giacca nera di Crowley che si stracciava.

«Crowley e Jack sono vivi»

Dean doveva evidentemente aver farfugliato qualcosa a tal proposito, mentre i ricordi della notte precedente gli franavano addosso, perché se c’era una cosa di cui in quel momento poteva dirsi sicuro, era che Charlie non fosse anche capace di leggergli nel pensiero.

«Sopravvivranno, tutti e due» si premurò di specificare l’Occulto «Anche se il ragazzino è ancora leggermente scosso» aggiunse «Ma la ferita era profonda, Anna riusciva a stento a parlare e, beh, l’anestetico è un lusso che non potevamo permetterci nemmeno a New York»

Gli angoli della bocca di Dean si arricciarono istintivamente in una smorfia di dolore.

«Lo so, fa un male cane, indipendentemente dall’età» riconobbe lei, passandosi la lingua sulle labbra spaccate «Ma l’alternativa al ricucirlo era lasciarlo morire dissanguato, e in ogni caso lui è svenuto al secondo punto» sospirò «Direi che è andata bene così»

Dean si rimise supino.

Ora la testa non gli girava poi tanto — aveva piuttosto la sensazione che qualcuno gliel’avesse appena riempita di ovatta — la luce della lampadina appesa al soffitto continuava ad accecarlo e le sue palpebre si stavano facendo sempre più pesanti, ma lui non aveva tutta questa voglia di provare a dormire.

«Come puoi pensare…»

Non voleva scivolare nell’incoscienza soltanto per ritrovarsi di nuovo con la faccia sul cemento.

«Dean, come puoi pensare che io possa farti del male?»

«Che cosa gli hanno fatto?»

Con le dita gelate di Castiel che s’infilavano sotto i suoi vestiti.

«Non lo so, Dean»

Charlie si strinse tristemente nelle spalle.

«Tutte le informazioni che abbiamo su Castiel, le abbiamo ottenute tramite Gabriel. Ma quando tu e Sam siete scappati lui non era a Corte, e a quanto pare Michael non ha ritenuto necessario comunicargli subito quanto accaduto» gli spiegò «Quando è ritornato a New York, alla fine di maggio, Castiel era già stato sollevato da tutti i suoi incarichi — responsabilità della biblioteca inclusa — e nessuno sembrava molto propenso a fornire ulteriori dettagli»

«Ma lo ha visto?»

Dean ruotò letalmente la testa sul cuscino, fino a incrociare il turchese afflitto delle sue iridi d’acqua.

«E’ riuscito a parlarci?» la incalzò.

«Non ha avuto modo di trovarsi con lui a quattr’occhi, se è quello che mi stai chiedendo, ma prima che tu possa aggiungere altro…» proseguì lei, svelta, impedendogli di replicare «…per quanto Michael lo avesse privato di tutti i suoi compiti, Castiel aveva ancora tutti i pezzi al proprio posto e il suo appartamento all’ottantaseiesimo piano perciò, Dean, per quanto ne sappiamo, ieri notte potrebbe anche essere stata tutta una messinscena» concluse, accavallando le gambe «Non sappiamo cosa è realmente accaduto a Corte quando tu e Sam siete scappati… forse Castiel è riuscito a tenere nascosto il suo diretto coinvolgimento a Michael, forse… »

«E lo sfondarmi lo sterno con un calcio che cos’era, un modo per farmelo capire?»

Pessima idea.

Balzare a sedere di scatto, come se non avesse le ossa e la testa che gli andavano a fuoco.

Pessima, pessima idea.

«Magari Castiel temeva che se non avesse fatto subito qualcosa lui, gli altri angeli ti avrebbero ammazzato»

Quando la vista di Dean ritornò semi-limpida e le pareti della stanza smisero di girargli attorno, l’Occulto gli stava riaccomodando le coperte intorno alle spalle.

«Dopotutto Sam ha detto che c’era anche Dumah con lui, ieri notte… ma per la miseria!» Charlie si era allungata verso di lui fino a sfiorargli la fronte con le dita «Ci si potrebbe sul serio cuocere un uovo là sopra» commentò angustiata, sventolando la mano in aria.

Dean grugnì un’obiezione poco convinta che lei non fece neanche finta di prendere in considerazione.

«Ascolta» disse invece «Donatello è un uomo di buon cuore ma non è particolarmente incline al tenere ospiti. Ellen e Jo saranno qui tra due, tre giorni al massimo: loro potrebbero saperne di più, ma per il momento tu cerca di riposare un altro po’, va bene?» stabilì, alzandosi.

«Io vado ad assicurarmi che quel testone di tuo fratello sia riuscito a trovare un posto per distendersi, fossero anche solo due metri di pavimento» esalò, lanciandogli un’ultima occhiata esausta «Per quanto sia spazioso e ben rifornito, questo deposito non è esattamente il luogo ideale per una villeggiatura…»

Charlie sparì, assieme allo stesso cigolio con il quale era entrata, dimenticandosi di spegnere la lampadina. O forse l’aveva lasciata accesa di proposito.

Dean si girò sulla pancia e affondò la faccia nel cuscino.

«Dean, come puoi pensare che io possa farti del male?»













Ok, ok, riconosco le mie colpe per quanto riguarda l'inizio del capitolo, ma nulla di ciò che Dean sogna è mai successo perciò non vogliatemi troppo male. Per favore? ^^
Vi aspettavate questa rivelazione su Anna? :) E cosa ne pensate invece del comportamento di Castiel? A tal proposito, le frasi in corsivo sono riprese dal capitolo 15, dove vengono pronunciate proprio da Castiel.
Mi dispiace dover allungare i tempi di aggiornamento ma non riesco più a pubblicare settimanalmente ahimè, quindi il prossimo capitolo arriverà lo stesso tra due settimane, e così i prossimi. E scusatemi anche per il ritardo con il quale sto rispondendo alle vostre recensioni, ma sappiate che per me sono sempre e comunque preziosissime e per questo vi ringrazio tanto tanto tanto ♡.
Un abbraccio, e a presto.
Take care ❀*

   
 
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