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Autore: Lady_kid    24/10/2020    0 recensioni
“ tu mi stai evitando.”
Mi si gelò il sangue nelle vene. Non aveva esitato e, letale, aveva colpito. Non sapevo cosa rispondergli. Non volevo farlo.
Il tono della sua voce per quanto avesse tentato di mascherarlo era provato da una tristezza che conoscevo fin troppo bene.
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Albus e Scorpius sono amici da sette anni, fra loro ci sono troppe cose non dette e una sera, fra dolore e rabbia, diventeranno reali.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Albus Severus Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Disclaimer; questa storia l'avevo già pubblicata su Wattpad solo che ho perso la password dell'account 
Buona lettura, é venuta più lunga di quanto immaginassi ma spero vi piaccia.
 

Silenzi


Guardai Scorpius con aria interrogativa esortandolo per la millesima volta a darmi delle spiegazioni circa il luogo in cui mi stava portando e soprattuto il motivo per cui mi aveva tirato fuori dal letto alle due di notte. Un sorriso gli increspò le labbra ma non disse nulla. Ci trovavamo nell'aula di divinazioni, più precisamente nello sgabuzzino della suddetta, una stanza stipata di cianfrusaglie di ogni sorta dove a malapena riuscivamo a starci in due. Le pareti, impregnate di un odore pungente, erano completamente coperte da quadri impolverati e pile di libri mentre dal soffitto pendevano arazzi e altre cose di indefinita natura.

 

<< Ti prego dimmi che non è questo il posto dove vieni a scopare.>>

 

Lui scostò uno scialle pieno di lustrini e campanelli che gli si era attorcigliato attorno alla gamba mentre cercava di avanzare in quel marasma e si voltò nella mia direzione con uno di quei sorrisi che non riuscivo davvero a sopportare siccome erano intrisi di melliflua derisione

 

<< No, ma anche se fosse sarebbe sempre meglio della serra di Erbologia.>>

 

Sentii il viso andarmi irrimediabilmente in fiamme. 

 

<< Avevi giurato che non avresti più tirato fuori quella storia.>>

 

<< Al non ho giurato proprio nulla! Secondo te mi sarei mai negato la possibilità di rinfacciartelo?>>

 

Scossi la testa inconsciamente come per cercare di allontanare ciò che stava riaffiorando nella mia mente.

 

<< È successo molto tempo fa, io l'avevo già rimosso quindi basta tirare fuori la questione. Seriamente.>>

 

<< Quei ragazzi del primo anno non penso l'abbiano dimenticato facilmente.>>

 

Emisi un gemito insofferente e sperai che la smettesse con quella tortura. 

 

A un certo punto si fermò e io per poco non gli andai addosso. Scostò una vecchia tela impolverata dietro la quale si celava una porta alta non più di cinquanta centimetri.

 

Dall'altra parte c'era l'esterno, il cielo punteggiato di stelle e un piccolo balcone circondato da un inferriata dall'aspetto non molto sicuro. Il freddo mi punse il viso e un brivido mi corse lungo tutta la schiena. Quel posto era stupendo; da lì si godeva della vista di tutta Hogwarts e lo sguardo spaziava ben oltre sino alla foresta proibita e la stazione del treno.

 

<< Dalla tua faccia mi sembra di capire che ti piaccia.>>

 

Scorpius se ne stava a braccia conserte con gli occhi persi a scrutare il buio mentre la fievole luce della luna gli illuminava parzialmente il viso ridisegnando i tratti del suo volto come fossero stati eterei. Rabbrividii e sapevo che non era a causa del freddo stavolta.

 

<< È stupendo, davvero. Come l'hai scoperto?>>

 

<< La scorsa settimana sono venuto a recuperare una pluffa su quel tetto e ho notato questo terrazzo, da allora ho continuato a cercarvi l'accesso finché l'altro ieri non ci sono riuscito.>>

 

<< Come ha fatto una pluffa ad arrivare fin qui? il campo da Quidditch è dall'altra parte.>>

 

<< Colpa di Harold e della sua forza oltre che incapacità.>>

 

<< Già dovevo immaginarmelo.>>

 

Si sedette per terra con la schiena appoggiata alla parete della torre e io lo imitai ancora incapace di decifrare le sue azioni.

 

<< È tutto molto bello davvero ma si può sapere perché mi hai dovuto portare qui alle due di notte?>>

 

Quella era una situazione pericolosa. Il cuore non voleva saperne di rallentare per quanto cercassi in tutti i modi di domare la mia agitazione che ero sempre riuscito a tenere a bada in situazioni che, come quella di adesso, mi rendevano vulnerabile perché dimostravano la presenza di qualcosa che avrei preferito sradicare. Lo guardai mentre armeggiava con una scatolina estratta dalla tasca dei pantaloni e lo odiai. Odiavo il suo autocontrollo, il suo sorriso sghembo che si palesava ogni volta che aveva in testa qualcosa che lo entusiasmava, e la facilità con cui manteneva quell'esigua distanza fra noi senza percepirla come sbagliata perché incolmabile.

 

<< Innanzitutto se non fossimo venuti qui a quest'ora ti saresti perso questo spettacolo, secondo se qualcuno ci avesse seguito questo posto non sarebbe più stato un nostro segreto concordi? E da ultimo non avremmo potuto fare quello che stiamo per fare.>>

 

Per poco non ebbi un infarto, ma sapevo bene che la mia mente mi stava solo giocando un brutto scherzo e che le intenzioni di Scorpius non avevano nulla a che fare con i miei pensieri ben poco casti.

 

<< Ovvero?>>

 

Mi mostrò due rotoli di quella che apparentemente alla fievole luce della luna pareva carta.

 

<< Che roba è?>>

 

<< È un misto di erbe babbane e magiche. Si accendono e si fumano.>>

 

Lo guardai sospetto.

 

<< Questa faccenda mi puzza.>>

 

<< Su questo hai perfettamente ragione; hanno un odore fortissimo che si sente anche da molti metri. E poi è roba illegale, sia in Inghilterra che per il Ministero.>>

 

<< Quanto illegale?>>

 

Alzò le spalle come a dirmi di non preoccuparmi di una cosa così irrilevante. Si sporse nella mia direzione annullando ulteriormente la distanza di sicurezza che separava i nostri corpi. Incrociammo lo sguardo e i suoi occhi mi parvero accesi di divertimento ed eccitazione. Allungò la mano verso il mio viso e mi mise fra le  labbra la cannula.

 

<< Da quando ti preoccupi di cose di questo tipo? Forse è perché è troppo tempo che me le lasci fare da solo?>> 

 

Accusai il colpo, sapevo bene che quella era esattamente quello che sembrava, ovvero un'accusa. Tuttavia non disponevo delle argomentazioni necessarie per giustificarmi a tal proposito, quindi ignorai e basta.

 

<< Me l'accendi?>>

 

Sostenni il suo sguardo a metà fra il risentito per il problema che aveva portato a galla e che io avevo debitamente fatto riaffondare nei meandri dell'indifferenza, e il divertito. Soffiò sulla punta che prese per pochi secondi fuoco. Mentre la debole fiamma si affievoliva lentamente proiettando un gioco d'ombre sul suo viso concentrato, ripetè il gesto anche per la sua. Era una magia che aveva imparato ad eseguire poco dopo che aveva iniziato a fumare abitualmente.

 

Il fumo si mischiò alle condense dei nostri aliti mentre un acre profumo con un retrogusto di bosco invase l'aria. 

 

Aveva uno strano sapore, cercai di trattenere il fumo più che potei ma la gola cominciò a bruciarmi costringendomi a tossire.

 

<< Forte eh?>>

 

Lo guardai mentre con tranquillità espirava il fumo. Delle ciocche bionde gli ricadevano sugli occhi fissi verso il cielo. Mi morsi il labbro per la frustrazione; detestavo tutto quello, detestavo il fatto che non avrei mai potuto avere ciò che desideravo, mentre Scorpius si godeva la pace delle sue semplici pretese.

 

<< Cos'hanno di speciale?>>

 

Provai a fare un altro tiro cercando di non esagerare questa volta.

 

<< Risolvono i problemi delle persone.>>

 

<< In che senso?>>

 

<< Te l'ho detto.>>

 

<< Non è che sia troppo rincuorante come risposta.>>

 

<< Fidati di me, ok? Rilassati.>>

 

Alzai gli occhi al cielo e cercai di seguire il suo consiglio. Guardai il paesaggio immerso nel buio. I contorni delle cose solo in parte bagnati dalla falce luminosa della luna, erano come spariti, e sembrava di galleggiare in un immenso vuoto nello spazio e nel tempo.

 

Mi sembrò che il cuore finalmente si calmasse. Gli occhi si fecero più pesanti e una strana pace mi invase il petto.

 

Pensai a quanto tempo era trascorso da quando avevo visto per la prima volta quei luoghi, a quanto prima mi fossero sembrati ostili e ora fossero solo familiari. Mi invase la malinconia quando il mio sguardo si posò sulla stazione del treno. Ricordai il forte sentimento di paura che avevo provato appena i miei piedi avevano toccato il suolo dopo il lungo viaggio, ormai 7 anni prima; paura di non essere abbastanza, paura di deludere i miei genitori, paura di scoprire di non essere chi tutti gli altri volevano che fossi. Rose al mio fianco mi aveva tranquillizzato, ma ancora ricordavo l'espressione indecifrabile sul suo volto quando con passo incerto mi ero diretto verso il tavolo serpeverde. La mente corse a quando avevo incontrato per la prima volta il ragazzo che ora mi sedeva accanto.

 

Quel giorno sul campo da Quidditch mi aveva teso la mano e io l'avevo presa. Sapevo benissimo chi era e lo stesso valeva per lui. Fino ad allora ci eravamo esclusivamente ignorati non aveva senso fare altrimenti, né perdere tempo in inutili dispute generate da un odio che non ci riguardava, né fingere di poter essere amici nonostante i trascorsi fra le nostre famiglie che, per quanto potessimo ignorare, erano una verità ineluttabile.

 

Eppure, in quel momento quella mano tesa era disinteressata. Non penso volesse aiutarmi, non è mai stato troppo nelle sue corde l'altruismo, soprattutto nei confronti di sconosciuti, oppure prendersi gioco di me, come mai gli sarebbe passato per la testa di voler instaurare un rapporto, credo che fosse attratto da me, da noi, da quell'incredibile forza magnetica che ci spinse inspiegabilmente l'uno verso l'altro.  Diventare amici fu la cosa più naturale che potesse accadere, c'era un'intesa indescrivibile quasi fosse estranea a tutte quelle cose che erano possibili, ed era così che percepivamo il nostro rapporto come qualcosa di unico ed inspiegabile.

 

Quando ero stato smistato nella casa Serpeverde il mondo mi era caduto addosso, uno dei miei più grandi incubi era diventato reale sfuggendo alla dimensione onirica nella quale fino ad allora era stato relegato. Dopo il verdetto del cappello parlante mi ero alzato, i contorni delle cose mi erano parsi sfocati, tutto aveva perso la concretezza del mondo reale e, mentre il mio corpo avanzava senza che me ne rendessi conto sentivo come se fossi stato rigettato da esso e galleggiassi ai margini della mia coscienza. I sorrisi che mi avevano accolto erano freddi, falsi, si prendevano gioco di me, del mio evidente sgomento. 

 

Ero ritornato in me a fatica appigliandomi a ciò che mi aveva condotto a quella situazione. Ricordai le parole di mio padre quando ci trovavamo ancora in stazione, ricordai dove, o meglio su chi i miei occhi si erano posati quando seduto di fronte a tutti mi era stato posato il cappello parlante in testa; James. Lo avevo visto come lo vedevo sempre, come tutti lo vedevano sempre; così ingiustamente perfetto, luminoso, una stella la cui luce gettava un'ombra sull'esistenza di coloro a cui stava vicino e che sembravano non accorgersene nemmeno o esservi quantomeno indifferenti. Tutti volevano essere come James Potter, che per quanto giovane non deludeva mai le aspettative  eccellendo in qualsiasi cosa facesse, e sentivo che tutti si aspettavano che facessi altrettanto. Sapevo di essere invidioso di lui ma forse più di tutto mi sentivo incredibilmente inadeguato perché per quanto provassi ad assomigliargli non ci riuscivo e da una parte sentivo il tremendo bisogno di smettere di provarci. Non volevo essere un Serpeverde, non più di quanto volessi allontanarmi da quell'invadente presenza, nonostante questo con quest'ultima avevo convissuto per anni e vi ero abituato, in un certo senso poteva considerarsi il male minore, evidentemente però il cappello parlante non la pensava allo stesso modo. 

 

Quella notte ero sgattaiolato fuori dal dormitorio senza una meta precisa, credo cercassi di fuggire per quanto possibile da quella situazione sapendo benissimo che stavo solo distanziandomi da un luogo e non dai miei problemi. Trovai un bagno al terzo piano di piccole dimensioni che chiusi dall'interno con uno scatto che aveva un nonsoché di liberatorio, e finalmente piansi. Non sapevo bene per cosa ma ne avevo un disperato bisogno. 

 

La prima settimana era stata un inferno. Non mi importava degli sguardi degli altri, dei loro sussurri malevoli alle mie spalle, che per inciso provenivano per la maggior parte da coloro che non erano della mia stessa casa, ma un dolore profondo mi gravava sul petto impedendomi di respirare ed era il fatto che quella che consideravo la mia migliore amica, la mia confidente mi ignorava. Avevo provato a parlare a Rose ma in un qualche modo lei era sempre riuscita ad evitare il confronto. Soffrivo, ma capivo, nonostante ritenessi il suo comportamento ingiusto. Mi trovavo in un vortice di sconforto e rabbia, e desideravo il prima possibile fuggire da quel posto che sembrava solo preannunciare sofferenza. Il primo mese passò, e quel senso di spossatezza e insofferenza si affievolì, era come se fossi riuscito a trovare un equilibrio al di fuori e all'interno di me. Due settimane dopo una ragazza dalla carnagione scura con degli incredibili occhi azzurri e i capelli riccissimi tagliati corti, scansò quello che era il mio compagno di banco a lezione di trasfigurazioni e prese il suo posto. Sapevo chi era, il suo nome era Estel ed era la nipote del preside, per qualche ragione a me ignota tutti la evitavano come la peste e la infastidivano in tutti i modi possibili, dal metterle le rane nell'armadio fino a farle sparire la bacchetta. Non capivo perché mi si fosse avvicinata ma lei non tardò molto a spiegarmelo. Poco dopo l'inizio della lezione strappò un pezzo della pergamena su cui stava prendendo appunti e dove aveva scarabocchiato qualcosa  senza guardarmi.

 

Recitava un semplice ehi, ciao, risposi incerto non sapendo bene cosa aspettarmi ehi, piacere Albus . La vidi sorridere prima di rispondermi a sua volta So bene chi sei, e penso che neppure io abbia bisogno di presentazioni. Ti va di pranzare vicini più tardi?  Quando lessi il messaggio rimasi decisamente sorpreso perché non mi aspettavo affatto una simile richiesta. Scrissi semplicemente Perché?  Da quando ero lì nessuno si era dimostrato tanto indulgente nei miei confronti e non riuscivo davvero a decifrare il comportamento di quella ragazza. La sua risposta mi fece sorridere sardonicamente; quella era una buona motivazione: Prima cosa mi piacerebbe conoscerti per capire se possiamo essere amici, seconda ... beh siamo i due emarginati del nostro anno, se non ci cerchiamo noi credo che nessuno lo farà e finiremo per stare soli per i prossimi sette anni  Dopo aver letto la mia risposta affermativa lei mi sorrise amichevole; fu un gesto che davvero mi riscaldò il cuore perché era da molto tempo che mi veniva negato.

 

Quel giorno pranzammo assieme e dopo l'iniziale imbarazzo ci aprimmo l'uno con l'altra, le parole rimaste sigillate all'interno della nostra mente per più di un mese uscirono come un fiume in piena. Estel si rivelò essere una brava persona, permalosa a volte, sarcastica e con un'ossessione per il pumpkin pie che a detta sua doveva mangiare almeno tre volte a settimana prima di percepire i sintomi da astinenza. Appariva come una ragazza sicura di sé in superficie ma dai racconti sulla sua famiglia e sul suo passato, emersi da conversazioni che avemmo quando fummo più in confidenza, riuscii a scorgere sotto la superficie di indifferenza e strafottenza la sua fragilità. Sua madre era una babbana, suo padre un'alta carica all'interno del Ministero e lei era la sua quarta figlia, nata al di fuori del matrimonio. Il padre non aveva saputo della sua esistenza finché la madre non l'aveva contattato per dirgli di venire a prendersi quell'indesiderato dono che ai suoi occhi e non solo, aveva ben poco di umano. Secondo Estel per il padre e la matrigna era stato un sollievo mandarla a Hogwarts e non essere più costretti a vedere il frutto di quell'errore di 11 anni prima ogni giorno. A quel punto ero quasi in imbarazzo a rivelarle quali fossero i problemi all'interno della mia famiglia che mi avevano afflitto tanto. Sentivo come se il mio dolore non fosse giustificato se comparato al suo. Tuttavia, le sue parole furono comprensive, non si permise mai di sminuire il mio dolore o paragonarlo al proprio ma anzi gli diede valore perché come mi disse in seguito in una situazione che non aveva nulla a che fare con quanto le raccontai " il dolore è unico e personale, come lo è la personalità di ognuno, come lo è il resto della sua vita. Giudicare il dolore di qualcuno senza cercare di capirlo è come giudicare un libro da una copertina. Non c'è un dolore più giusto o uno sbagliato."

 

Estel divenne la costante delle mie giornate, delle mie risate, la mia spalla quando c'era qualcosa che mi turbava, e con lei Hogwarts mi sembrò decisamente meno tetra, anzi si poteva dire che ero decisamente felice.

 

A metà ottobre mi trovai per caso vicino al campo da Quidditch quando stavo andando a raccogliere delle erbe per un compito di pozioni vicino al lago, mi fermai attirato dal forte vociare. Quel giorno c'erano le selezioni me ne ero dimenticato, dopotutto non era qualcosa a cui avevo mai ambito, nonostante in famiglia fossero in molti ad avere quella passione e ad essere persino decisamente bravi. 

 

Me ne stavo lì imbambolato senza riuscire ad andarmene e senza riuscire a decifrare il mio stato d'animo. Non ero così male a volare e mi piaceva il Quidditch solo che non avevo mai seriamente pensato di far parte della squadra. Decisi di tentare perché in quel momento mi andava, senza una motivazione precisa dietro. Fui accolto come sempre da occhi gelidi e battute di scherno, ma nulla che fosse troppo intelligente o nuovo quindi cercai di evitare di rispondere come avrei voluto e offrii parole di circostanza che avevano esclusivamente a che fare con la selezione e nulla riguardo la dimensione dei loro cervelli. Superai le prime due prove assieme ad altri tre ragazzi e una ragazza.

 

L'ultima la superai per il rotto della cuffia finendo per terra disarcionato dal bolide, fortunatamente gli altri erano andati peggio di me, solo un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi gelidi era passato. Mi aveva teso la mano e io l'avevo presa senza pensarci troppo.

 

Lui non era una persona molto facile da decifrare, non era bravo ad esprimere le proprie emozioni e per questo poteva apparire molto facilmente come uno stronzo colossale, almeno, questa era l'impressione che avevo avuto di lui inizialmente. In realtà era una persona gentile ed empatica, anche se decisamente strafottente e a volte un po' altezzosa. Detestava le discussioni, di qualsiasi tipo fossero, per questo cercava sempre di essere schietto e diretto e mai lasciare nulla in sospeso. Una sua grande pecca era l'orgoglio, gli ci voleva sempre un po' di tempo per riuscire ad ammettere i propri errori, ma non mancava mai di farlo, nonostante a volte sembrasse inspiegabilmente cieco di fronte alla realtà dei fatti. Era sempre stato molto carismatico, le persone erano attratte da lui, c'era qualcosa nelle sue parole e nei suoi gesti di estremamente ammaliante e, in parte sembrava perfino non esserne consapevole.  Dopo essere stati presi nella squadra ci avvicinammo un po' alla volta e ben presto assieme ad Estel e ad altri 3 amici di Scorpius, Jason, Liam e Talia, divenimmo un bel gruppo. Durante il primo anno combinammo tante di quelle cazzate che ci avrebbero potuti espellere, non so perché non lo fecero. 

 

Ricordavo come fosse successo ieri, di come ci eravamo vendicati dei ragazzi del sesto anno che avevano preso di mira Estel; dopo aver messo della polvere urticante sulla sedia del professore di arti oscure eravamo riusciti a fargli credere  che la colpa fosse loro. Erano stati costretti a pulire le stalle per tre mesi, e Serpeverde aveva perso 100 punti, ma ne era decisamente valsa la pena. Durante il primo anno a me e Scorpius non è che avessero fatto giocare più di tanto in squadra, perchè quelli del settimo anno non avevano voglia di stare dietro a quelli del  primo e perchè pensavano fosse l'ultima speranza per la casa di risollevare il proprio onore dopo  due anni di sconfitte, quando se ne andarono l'anno successivo però le cose cambiarono. Eravamo bravi, non esageratamente, ma di certo ce la cavavamo piuttosto bene. In un certo senso questa sorta di fama eclissò tutte le maldicenze sul mio conto all'interno della casa e mi permise di instaurare un rapporto migliore con i miei coetanei e con quelli degli anni successivi. 

 

Il terzo anno era stato parecchio turbolento. Jason si era dichiarato ad Estel e lei lo aveva rifiutato. Ciò aveva causato una momentanea frattura nell'equilibrio del gruppo dove nessuno sapeva bene come comportarsi a riguardo  e una strana tensione aveva impedito ci comportassimo come avevamo sempre fatto. Oltre a ciò Rose mi si era avvicinata verso novembre dopo una lezione di pozioni sull'orlo delle lacrime chiedendomi di poter parlare; si era scusata con me, diceva di vergognarsi per il suo comportamento che rappresentava solo il prolungarsi di un silenzio che non sapeva perché aveva iniziato e non aveva avuto idea fino ad allora di come porvi fine. Ero stato molto ferito da lei e non volevo perdonarla, Scorpius mi era stato vicino in quel periodo e mi aveva sostenuto, esortandomi sempre, tuttavia, a darmi tempo per perdonarla e non chiuderle sin da subito la porta in faccia perché altrimenti più tardi me ne sarei potuto pentire. Lo ascoltai, e lentamente con molta pazienza da parte di entrambi riuscimmo a recuperare quel rapporto che per me era stato per tanto tempo così importante. Alla fine Jason si mise assieme a una ragazza di corvonero e la tensione fra lui ed Estel e, di conseguenza anche nel gruppo, si sciolse. Quando sembrava che i drammi fossero finiti, verso marzo io e Scorpius venimmo sospesi per l'ennesima bravata e fummo costretti a confrontarci con la realtà della nostra amicizia e quella dell'inimicizia fra i nostri genitori. Ricordo benissimo lo sguardo che si scambiarono sull'uscio dell'ufficio del preside, colmo d'odio e problemi irrisolti. Litigammo tutti, volarono insulti, incantesimi e minacce. Nel periodo che rimanemmo a casa, circa due settimane, non avevo fatto altro che litigare con i miei che cercavano di convincermi in tutti i modi possibili quanto fosse sbagliato l'amicizia con un Malfoy; seppi che Scorpius subì più o meno lo stesso trattamento. Ciò non cambiò affatto le cose fra noi, anzi, io mi convinsi ancora di più di quanto tenessi al nostro rapporto dopo che era stato messo così alla prova, da lì in poi evitai solo di fare il suo nome, o ancora peggio, il suo cognome, in presenza dei miei genitori.

 

Il quarto anno, verso ottobre, una ragazza di nome Rachel, Tassofrasso, mi aveva chiesto di stare insieme. Non so perché avessi accettato, non mi piaceva sotto nessun punto di vista;  era incredibilmente petulante e non é che fosse particolarmente brutta o altro, ma non la trovavo attraente. Forse era perché Jason e Liam erano fidanzati, o perché per qualche ragione nella mia testa mi ero convinto che fosse una tappa necessaria che dovevo compiere come tutti gli altri, e così stettimo assieme per due mesi e qualcosa di più. Ci eravamo lasciati poco dopo la famosa scopata nella serra di erbologia, che era stata una sua idea, un'idea decisamente del cazzo, a cui io avevo malauguratamente acconsentito finendo per dare spettacolo a un gruppo di ragazzini del primo anno che avevano dimenticato delle cose lì. Fui io a lasciarla e quando lo feci, provai un sensazione di sollievo che allora non riuscivo ancora a spiegarmi e che avrei impiegato ancora un po' di tempo a decifrare. Poco dopo Scorpius si mise con una ragazza più grande della nostra casa, Gillian; avevo un'avversione smisurata per lei, non riuscivo a sopportarla. Rimasero assieme per ben 6 mesi, durante i quali per qualche motivo mi sentii quasi in competizione con lei per ottenere le attenzioni del mio amico e facevo di tutto per indispettirla. Alla fine fu proprio per questo che litigarono e si lasciarono; Gillian accusava Scorpius di trascurarla a causa mia e l'aveva messo così difronte alla scelta fra lei e me, lui aveva scelto con mia grande soddisfazione il sottoscritto. Non avevo mai goduto così tanto.  Prima della fine della scuola mi fidanzai con una ragazza di Grifondoro ma durò a malapena due settimane, quando lei volle andare oltre io troncai immediatamente, senza pensarci, quasi fosse stato un riflesso involontario. Tuttavia durante l'estate che seguì mi ritrovai a rifletterci più di quanto avessi voluto; mille dubbi mi affollavano la mente a cui io cercavo come potevo di non dare risposta. 

 

Riuscii a dare un nome al mio sconforto solo l'anno seguente. Un fatto in particolare mi fece aprire gli occhi; una mattina di settembre un uomo e una donna del Ministero si erano piazzati in Sala Grande durante la colazione come due sentinelle e, immobili avevano ascoltato il discorso del preside che avevo trovato qualcosa di raggelante. Accusava due ragazzi del settimo anno di aver messo in piedi una sorta di organizzazione orgiastica, in cui i deviati, potevano essere liberi di fare ciò che volevano, in seguito venni a sapere che la cosa era molto lontana dalle parole aspre e dure con cui era stata descritta. I cosiddetti deviati erano ragazzi e ragazze che praticavano atti osceni e soprattutto sesso impuro, ossia omosessuale. Le due persone incriminate vennero trascinate di peso difronte a tutti e vessate di insulti. Il preside li espulse. Provai un estrema angoscia per tutto il giorno, chiunque parlasse dell'accaduto non lo faceva di certo con rammarico per la sorte dei compagni, semmai con un certo sollievo per essersi liberati di quella presenza perturbante. Anche nel mio gruppo di amici uscirono sentenze terribili sul comportamento dei due, io mi unii al coro perché sentivo l'urgenza profonda di farlo, soltanto Estel espresse il suo dissenso seppur con una certa cautela. Non era una cosa a cui fino ad allora avevo fatto caso, ma il Mondo Magico era un luogo ostile per persone del genere; c'era la convinzione radicata a fondo nel tessuto sociale per cui il potere di un mago e di una strega accrescesse di generazione in generazione ed era questo il motivo che risiedeva dietro all'odio per omosessuali e Mezzosangue; coloro che causavano l'indebolimento della razza magica. Nei giorni che seguirono cercai di inabissarmi e perdermi, lontano dalla verità che gravava nel mio inconscio; cercavo di distrarmi come potevo durante il giorno, ma la sera non c'era nulla che potessi fare per impedire ai pensieri di farmi annegare nel mio sconforto. Per risolvere quei dubbi avevo pensato, giustamente, che l'idea migliore fosse diventare un vero e proprio puttaniere. Avvantaggiato dal mio aspetto non avevo difficoltà a trovare qualcuna che fosse disposta a venire a letto con me, e per un po' riuscii ad accontentarmi del sesso per nulla appagante che mi lasciava come un solco nel petto e tanta amarezza, poi capii che sarebbe stato inutile continuare a cercare di mentire a me stesso in quel modo. Nonostante l'avessi più o meno ammesso  realizzai davvero chi ero al ballo che venne organizzato quell'anno a gennaio. Non avevo trovato nessuno con cui andare e quindi ci ero andato con  Rose, anche lei senza accompagnatore. Ci stavamo divertendo mentre ballavamo incespicando per nulla coordinati mentre Estel si prendeva gioco di noi e viceversa, perché nemmeno lei si era rivelata una gran ballerina, poi Scorpius era arrivato ad interromperci con un'espressione tra il divertito e il nervoso, mi aveva preso per un braccio dicendo che aveva bisogno di me e mi aveva portato fuori quasi correndo. Quando gli avevo chiesto spiegazioni avevo scoperto che aveva appena mollato la sua ragazza e che lei su tutte le furie non vedeva l'ora di poterlo schiantare, di conseguenza doveva nascondersi al più presto dove non l'avrebbe potuto trovare. Così avevamo preso le nostre scope dal ripostiglio in cui si trovavano le cose per la squadra di Quidditch ed eravamo andati vicino alle rive del lago su cui sorgeva Hogwarts. Quella notte capii di essere attratto da Scorpius più di quanto avrei mai potuto esserlo stato da qualsiasi altra ragazza, tuttavia non avevo ancora realizzato, o forse cercavo di negare ancora la verità che più di tutte mi terrorizzava, che quello che provavo per il mio amico non era mera amicizia.  Ci fu ancora un breve periodo in cui mi ero rifugiato nell'abisso della negazione e fra le braccia ben poco desiderate di qualche studentessa, a un certo punto però mi fu chiaro che non sarei potuto andare avanti così ancora per molto, perché per quanto ci provassi non ero più in grado di portarmi a letto delle ragazze dal momento che nei miei sogni erano altri i soggetti che desideravo.

 

L'anno successivo, verso ottobre, due ragazzi del quinto anno vennero pestati a sangue perché dei loro amici credevano avessero una relazione, non vidi la scena ma i loro volti sì, tumefatti, gonfi, pressoché irriconoscibili, tutto a causa di una eventualità che apparentemente era troppo terribile perché ci fosse anche solo la possibilità di esistere. L'evento mi sconvolse a tal punto che due giorni dopo ebbi il primo di una lunga serie di attacchi d'ansia, all'inizio non riuscivo a capire di cosa si trattasse poi con il ripetersi della cosa compresi a cosa fossero dovuti. Capitò che ne ebbi uno davvero forte mentre stavo studiando con Estel, non riuscii a nasconderlo e lei capí. Mi chiese di dirle che cosa fosse a turbarmi tanto e, sebbene non volessi farlo all'inizio, finii per raccontarle tutto, confidando nel nostro forte legame e quel poco di tolleranza che aveva dimostrato riguardo l'argomento. Mai mi sarei aspettato la sua reazione; dopo avermi ascoltato in silenzio mentre io mi liberavo del peso che fino ad allora era come se mi avesse impedito di respirare, non disse niente e mi abbracciò. Rimanemmo a lungo così poi mi sussurro due parole all'orecchio che mi fecero rabbrividire: anche io. Quando nascondi questo genere di cose che fanno a tal punto parte di te é come se la tua immagine sparisse, e ad essa si sovrapponesse l'idea che gli altri vogliono scorgere vedendoti, così si finisce per non essere più in grado di riconoscersi e ci si perde. Proprio per questo dopo aver confessato ad Estel quello che sentivo mi sembrava di essere di nuovo me, ma soprattutto vivo. Lei mi introdusse alla cosiddetta organizzazione orgiastica,  per tanto tempo cercata di stanare e smantellare dal preside e gli altri insegnanti, che altro non era che una serata tre volte al mese, in cui assieme a un po' di burrobirra la gente come noi poteva essere chi voleva e stare con chi voleva, orge o cose simili non erano minimamente contemplate. Fui sorpreso di vedere così tanta gente, che persino conoscevo, che come se nulla fosse mi accolse festante. Per molto tempo mi ero sentito solo, emarginato e diverso, lì ero uno fra tanti che volevano cancellare quel senso di solitudine.  Mi stupii particolarmente nell'incontrare Cameron, capitano della squadra Serpeverde di Quidditch, mentre flirtava con un ragazzo più piccolo. Quando mi vide parve incredulo anche lui; sapevo che durante l'ultimo anno e mezzo mi ero guadagnato una certa fama e altrettanto valeva per Cameron, tra l'altro lui era quello che forse più di tutti in squadra faceva battute sarcastiche e pungenti  sugli schifosi deviati che aveva visto girare per Hogwarts. Parlammo, ed avemmo l'opportunità di conoscerci davvero; era un bravo ragazzo dopotutto, decisamente arrogante ma  anche gentile ed onesto, almeno, in quel contesto. Ci provò con me e io col tempo cominciai a provare qualcosa per lui, c'era una bella intesa fra noi e anche chimica, per non parlare della compatibilità dei nostri corpi; ogni volta che potevamo ed avevamo la certezza che non saremmo stati scoperti ci fermavamo un po' di più nelle docce dello spogliatoio e davamo sfogo alla forte passione che avevamo trattenuto fino a quegli incontri. Dopo quasi 6 mesi di relazione lui mi disse che mi amava, in quel momento capii che per me non era lo stesso; provavo un forte sentimento per lui, più forte sicuramente di quello che avevo mai potuto provare per qualsiasi delle ragazze con cui ero stato, ma non era alla portata del suo. Lo lasciai io,  perché non volevo continuare ad illuderlo e comunque anticipai qualcosa che sarebbe comunque dovuta avvenire da lì a poco, infatti in meno di un mese sarebbe terminato l'anno e Cameron se ne sarebbe andato, quindi sebbene fosse distrutto per ciò che avevo fatto mantenemmo un buon rapporto, se non di amicizia, almeno di circostanza.

 

Scorpius dovette accorgersi che c'era qualcosa che non andava, o forse fu solo una fortuita coincidenza,  comunque propose a me, Estel, Jason, Liam e Talia senza alcun preavviso di trascorrere le vacanze nella casa di campagna della famiglia nello Yorkshire. Fu l'estate più divertente e bella in quei diciassette anni della mia vita. Durante il giorno leggevamo, giocavamo agli scacchi dei maghi, a versioni ridotte e non del tutto corrette di Quidditch e facevamo il bagno al fiume vicino alla tenuta, di sera invece prevalentemente ci sbronzavamo, a volte a qualche fiera nei paesi vicini le altre a casa. Una delle ultime sere ci eravamo andati giù pesante con il whisky incendiario e ad Estel era venuta in mente la pericolosa idea di giocare ad obbligo e verità; dopo qualche verità scottante e obblighi idioti non ricordo bene con che conseguenza di eventi ma Talia Jason e Liam andarono a scopare in una delle stanze del secondo piano. Io Estel e Scorpius presi da una forte ilarità ci punzecchiavamo scherzando sul fatto che avremmo potuto imitarli, o anche solo fingere di farlo per prenderci gioco degli altri. Di punto in bianco Estel disse che voleva che Scorpius scegliesse per l'ultima volta obbligo così da potersi vendicare per averle fatto  leccare l'ascella di Jason, lui accettò con fin troppa leggerezza considerando che si trattava della ragazza, il cui obbligo generò un momentaneo imbarazzante silenzio: io e lui dovevamo baciarci. Seguì una risata generale che tuttavia era molto diversa da quella di prima, più che altro nervosa e  nata per l'evidente tensione, almeno per quanto riguardava me e Scorpius, Estel se la rideva alla grande. Ci eravamo guardati titubanti con la stessa indecisione dipinta in volto, per quanto mi riguardava il cuore aveva cominciato a battermi all'impazzata e un leggero panico, allora ancora apparentemente ingiustificato, mi attanagliava lo stomaco. L'alcool ci aveva resi più spavaldi e aveva fatto sparire i freni inibitori che fino ad allora ci avevano impedito di avvicinarci a tal punto da percepirli come sbagliati. Scorpius mi aveva sorriso e poi sussurrato: Preparati al bacio migliore della tua vita Potter, io avevo ricambiato e risposto appoggiandogli una mano dietro al collo: Questo dovrei essere io a dirlo a te Malfoy. Per quanto mi riguardava lo fu davvero. All'inizio fu un bacio dolce e lento poi le nostre bocche cominciarono a rincorrersi fameliche come se volessimo far nostro una parte dell'altro prima che fossimo costretti a separarci di nuovo. Era come se fossi sparito in un abisso di sensazioni a cui non sapevo dare un nome o una spiegazione, completamente perso nel respiro di Scorpius e nel suo tocco bollente sulla mia pelle. Mi resi conto che quella era una cosa che avevo sempre voluto fare, mi resi conto con orrore che l'amavo, e l'avevo sempre amato.  Mi staccai da lui sorpreso, spaventato, completamente fuori di me dopo non so quanto tempo, i nostri sguardi si incatenarono l'uno nell'altro e dissero ciò che le parole non sarebbero mai state in grado di fare. A riportarci alla realtà fu la risata di Estel. La mattina seguente lui si comportava come se nulla fosse accaduto mentre io mi corrodevo nella disperazione per la realtà dei miei sentimenti. Da allora cercai di evitarlo come potevo perché altrimenti, come capitava quando per qualche ragione ero costretto a farlo, parlargli ed essere calmo in sua presenza mi risultava impossibile. Sperai di riuscire a dimenticarmene con qualche scopata occasionale, ma inevitabilmente la mia mente non rimaneva presente in quei momenti, concentrata sul ragazzo che mi baciava, ma pensava a lui, e più ciò si verificava, più sentivo il bisogno quasi fisiologico di prendevo le distanze da Scorpius. 

 

<< Al.>>

 

Scorpius spense il mozzicone contro il terreno per poi buttarlo al di là della ringhiera. Sentii che il suo sguardo si era posato su di me ma diversamente da prima l'agitazione non si impadronì del mio corpo.

 

<< A cosa pensi?>>

 

<< A quanto tempo sia passato.>>

 

<>

 

<< Mi sembra impossibile. Tu che lavori al SanMungo e io al Ministero, sempre se mi prendono.>>

 

<< Perchè non dovrebbero? I tuoi voti sono buoni dopotutto.>>

 

<< Basterebbe che guardassero il mio fascicolo dove sono scritte tutte le bravate che ho, anzi che abbiamo, combinato, per pensare l'esatto contrario.>>

 

<< Vedrai che non lo guarderanno nemmeno. Forse l'unica cosa a cui presteranno attenzione sarà il tuo cognome.>>

 

Dovetti amaramente assentire.

 

<< Tu mi stai evitando.>>

 

Mi si gelò il sangue nelle vene. Non aveva esitato e, letale, aveva colpito. Non sapevo cosa rispondergli. Non volevo farlo.

 

<< Se ho fatto qualcosa che potrebbe averti offeso allora parliamone, risolviamo questo silenzio.>>

 

Il tono della sua voce per quanto avesse tentato di mascherarlo era provato da una tristezza che conoscevo fin troppo bene.

 

<< Non hai fatto niente.>>

 

<< E allora qual è il problema? Perchè c'è un problema non provare a negarlo.>>

 

Sospirai. Sentivo il suo sguardo che mi trapassava da parte a parte e io fissavo il pavimento mentre un vento leggero ci scompigliava i capelli.

 

<< Sorpius. Lascia stare.>>

 

<< Non puoi starmi chiedendo davvero una cosa del genere. Non vale niente il nostro rapporto per te?!>>

 

<< Non è affatto così!>>

 

Avrei semplicemente potuto mentirgli come avevo fatto fino ad allora, ma per qualche ragione non riuscivo a farlo. 

 

<< Estel lo sa?>>

 

<< Che c'entra lei adesso?>>

 

<< Rispondi e basta alla mia domanda.>>

 

<< Beh, si.>>

 

<< Io non posso saperlo?>>

 

<< Saresti l'ultima persona a cui lo direi.>>

 

Rimasi un attimo stordito dalle mie stesse parole che mi erano uscite di bocca senza che potessi davvero controllarle. In quel momento compresi cosa stava succedendo. Mi girai verso di lui rispecchiandomi nella rabbia che gli galleggiava negli occhi.

 

<< Che cazzo mi hai fatto fumare Scorpius?!>>

 

Lui mi sorrise sardonico.

 

<< Te ne sei accorto allora.>>

 

<< Allora? Che diamine era quella roba?>>

 

<< Te l'ho detto; erbe babbane e un po' di erbe magiche.

 

<< Che tipo di erbe magiche?>>

 

 <>

 

Ero fregato.

 

<< Bastardo!>>

 

Mi alzai e feci per aprire la porta e andarmene da quell'assurda e pericolosa situazione, ma lui mi bloccò l'uscita inchiodandomi al muro. 

 

<< Dove pensi di andare?>>

 

<< Palesemente via, da qui, da te e dai tuoi sporchi giochetti.>>  

 

<< Non te ne andrai finché non avremmo risolto questa storia.>>

 

<< Ah, ora capisco, però potevi dirmelo prima di tirare fuori tutte quelle cazzate sul posto segreto e il panorama, non credi?>>

 

Per tutta risposta sbuffò divertito.

 

<< Suvvia non esagerare. Abbiamo problemi ben peggiori da risolvere o sbaglio?>>

 

<< Non puoi semplicemente farti i cazzi tuoi?>>

 

<< Mi sembra che siano anche cazzi miei dal momento che la persona che stai evitando sono io, non credi?>>

 

Mi si formò un groppo in gola e la testa si fece più pesante; avevo una paura fottuta.

 

<< Al, cosa succede? Ti prego dimmelo.>>

 

<< Non posso.>>

 

Sentii la sua disperazione e frustrazione che usciva dal suo corpo e attraversava il mio come una scarica elettrica. Senza preavviso mi afferrò il mento per guardami negli occhi, ma in realtà più nel profondo, dentro, come se mi stesse scandagliando l'anima alla ricerca dell'oscuro segreto che fino ad allora avevo cercato di proteggere a tutti i costi.

 

<< Dimmi la verità.>>

 

Il suo alito caldo sul viso con ancora quello strano profumo di selvatico mi fece rabbrividire. L'esigua distanza dei nostri corpi mi fece tremare le gambe. Quegli occhi di ghiaccio in cui si rifletteva la versione migliore di me stesso mi uccisero. 

 

<< Io ti odio.>>

 

Sbattè le palpebre perplesso, vidi alternarsi sul suo volto, incertezza, dolore, rabbia. Attesi mentre il silenzio congelava quelle parole rendendole pesanti come macigni. Scorpius si ritrasse impercettibilmente come se avesse accusato il colpo che gli avevo appena inferto. Si inumidì le labbra che si strinsero in una linea dura. 

 

<< Perchè?>>

 

Non potei evitarlo; le lacrime scesero inesorabili. Nonostante questo non riuscii a distogliere lo sguardo.

 

Mi asciugò con il pollice il dolore dal volto che non voleva saperne di fermarsi, e più mi riservava quella disarmante gentilezza più il mio sconforto cresceva. Era proprio quello che mi feriva incredibilmente, che mi metteva in ginocchio difronte alla crudeltà del destino; il modo in cui mi trattava e in cui mi guardava. In quel mondo non ci saremmo mai potuti appartenere, per quanto uno dei due o perfino entrambi lo desiderassimo. Sapevo che non ero l'unico a provare ciò che provavo, magari non con la stessa intensità o la stessa coscienza, ma Scorpius non mi aveva mai visto come un semplice amico non più di quanto l'avessi fatto io. 

 

Ma se lui aveva una scelta, e poteva vivere una vita cosiddetta "normale" per come la pretendeva la società, per me non era lo stesso e non volevo renderlo prigioniero di una condizione che possibilmente apparteneva soltanto a me.

 

<< È a causa mia questo?>>

 

Non risposi.

 

<< Ti prego dimmi cosa posso fare.>>

 

Mi prese una sorta di risata isterica. Scostai la sua mano e mi tamponai gli occhi con la manica del pullover cercando di ricompormi grazie a quella strana adrenalina probabilmente dovuta allo stress.

 

<< Sparire.>>

 

Cercai di liberarmi dalla sua stretta ma sebbene avesse abbassato lo sguardo mi prese il polso non permettendomi di lasciarlo.

 

<< Io davvero non ti capisco.>>

 

<< Che cazzo non capisce quella tua testa vuota?!>>

 

<< Perché ti stai comportando così!>>

 

<< Mi sembra di aver già risposto a questa domanda.>>

 

<< Va bene! Ok, non ti cercherò più, non ti rivolgerò mai più la parola, quello che vorrai, ma sii sincero porca puttana!>>

 

Era infuriato, potevo vedere le vene pulsare sul suo collo, e il suo corpo fremere. Cosa non avrei dato per non dovergli rispondere, per non trovarmi in quella situazione, per non essere com'ero.

 

Cominciò a girarmi la testa mentre il panico mi stringeva la gola, improvvisamente non riuscii a respirare più bene dal naso e spalancai la bocca alla ricerca di un po' d'aria, ma anche quello sembrò inutile perchè era come se qualcuno mi stesse strozzando. Il cuore batteva forsennatamente tanto da sentirlo pulsare nelle orecchie. Cominciai a piangere come un bambino mentre il mio corpo era sconquassato dai brividi. 

 

<< Al?>>

 

Non riuscivo a parlare l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la disperazione che provavo per quello che sentivo per Scorpius, che era sbagliato sotto ogni punto di vista ma che non sarebbe mai potuto sparire, nemmeno se lui l'avesse fatto.

 

Le sue braccia mi strinsero e mi portarono verso il suo petto. Rimanemmo così per un po' finché il mio respiro non si fu calmato.

 

<< Scusa, che scena patetica.>>

 

<< L'unica cosa patetica probabilmente è il tuo moccio sul mio maglione ma penso di poterci passare sopra.>>

 

Ridemmo e io sentii il suo petto tremare sotto il mio viso. Potevo sentire il suo battito leggermente accelerato sotto al mio orecchio, il suo profumo, che era un misto fra gelsomino e l'odore del dormitorio che mi inebriava causandomi una stretta al cuore.

 

Scorpius rimaneva immobile aspettando che fossi io a divincolarmi dalla stretta, dandomi il tempo per riprendermi e allo stesso tempo avendo ormai la certezza di avermi in trappola, lì fra le sue braccia avevo dimostrato quanto andarmene per me fosse impossibile.

 

<< Sono innamorato di te.>>

 

Lo sentii sussultare. Provavo una strana calma come se mi fossi arreso, a tutto, ero incredibilmente provato e stanco, stanco di fingere, quella era sicuramente la cosa che più mi provava. Le lacrime avevano lentamente lavato via la mia maschera e ora mi ritrovavo senza più difese o scuse ad affrontare la realtà da cui ero tanto a lungo fuggito.

 

<< Merda.>>

 

Accusai il colpo e cercai di divincolarmi da quella stretta che era diventato ancora più insopportabile, ma lui mi strinse ancora più forte.

 

<< Non sapevo ti piacessero anche gli uomini.>>

 

<< A me piacciono solo gli uomini.>>

 

<< Pensavo ... pensavo di non avere speranze. Che non avrei mai potuto fartelo sapere.>>

 

<< Non l'avevi capito in campagna?>>

 

<< Pensavo stessi solo assecondando Estel.>>

 

<< Io l'ho sempre saputo.>>

 

Lo sentii ridere leggermente. La tensione si era sciolta e le parole fluivano placide senza più ostacoli.

 

<< A me sembrava di averlo nascosto bene.>>

 

<< Potrai aver ingannato gli altri ma non me. Mi spieghi quale amico preferisce stare con te a cazzeggiare rifiutando una scopata con la ragazza più figa di Hogwarts? >>

 

<< Beh può succedere.>>

 

<< Si, ma non cinque volte. E poi quale amico ogni volta che si lascia viene da te dicendoti che se steste insieme sarebbe tutto molto più facile? E quale amico ti direbbe che è felice che tu non abbia una ragazza così può averti tutto per lui? E soprattuto quale amico ti bacerebbe in quel modo?>>

 

<< Cavoli non pensavo di essere stato un tale disastro.>>

 

Mi scostò dal suo petto incatenando i nostri sguardi, le sue mani che ancora mi stringevano per le braccia come se temesse potessi sgusciare via da un momento all'altro. 

 

<< Anche io sono innamorato di te Albus, da tanto tempo.>>

 

Pensai che il cuore avesse mancato due o tre battiti poi riprese  impazzito, mentre le guance mi andavano in fiamme e il groppo che avevo in gola diventava più fastidioso. Possibilmente quello era il momento più felice e triste della mia vita, sentivo un bisogno incredibile di scoppiare a piangere, non sapevo se per la gioia o il dolore. 

 

<< Io...io...vorrei tanto che ci fosse un futuro per ... per questo, ma sai che non è possibile.>>

 

<< È per questo che non volevi che lo sapessi?>>

 

<< Si. Ora è ancora tutto più difficile.>>

 

Mi sciolsi dalla sua stretta  cercando di mettere distanza fra noi e quel desiderio reciproco e incolmabile di appartenerci l'un l'altro. Scorpius aveva un'espressione turbata, le sopracciglia corrugate mentre si mordicchiava il labbro alla ricerca delle parole.

 

<< E se ti dicessi che non mi importa.>>

 

<< Ti direi che non è vero. Dovremmo dire addio a tutto. La nostra famiglia, i nostri amici, la magia, questo mondo, alla nostra identità. Alla fine penso che finiremmo per odiarci...>>

 

<< Non ti odierei mai!>>

 

<< Questo non lo puoi sapere. E francamente una vita spesa a nascondersi e costantemente preoccuparsi di fingere di essere qualcuno che non si è, è qualcosa che non ti auguro.>>

 

<< Cosa stai cercando di dire?>>

 

Mi strinsi nelle spalle, involontariamente mettendo ancora più spazio fra noi.

 

<< Tu puoi condurre una vita normale, puoi sposarti, avere dei figli, essere parte di questo mondo. Io ho dovuto fingere per gli ultimi 3 anni, di non essere sbagliato, come dice il Ministero, come dicono tutti, e ti posso assicurare che non è stato facile. Se posso, vorrei non doverti costringere a farlo.>>

 

<< Tu pensi che io non abbia finto per tutto questo tempo? Se davvero hai sempre saputo che quello che provo per te è reale, allora come puoi dire una cosa del genere? >>

 

<< Sai cosa intendo.>>

 

<< Mi stai chiedendo di dimenticarmi di te così da poter finire sposato con una donna qualunque solo per soddisfare una società a cui francamente non devo proprio nulla?!>>

 

<< Nell'arco di una vita ci si può innamorare più volte.>>

 

<< Ma vaffanculo Al. Vaffanculo.>>

 

<< Ma che cazzo vuoi che ti dica?! Va bene stiamo insieme e roviniamoci la vita a vicenda?!>>

 

Scosse la testa esasperato. Mi guardò con così tanto dolore e rammarico che quasi mi pentii di ciò che avevo detto, anche se alla fine non era altro che la verità. Lo amavo così tanto avrei fatto di tutto per non farlo soffrire, anche se questo voleva dire perderlo, e perdermi di conseguenza.

 

<< Quello che c'è fra noi ... io ... non voglio perderti.>>

 

Lo oltrepassai troncando finalmente il contatto visivo che era diventato troppo gravoso.

 

<< Un giorno ci perdoneremo invece di odiarci.>>

 

Aprii la porta e lo lasciai lì. Lui non mi seguì. E così ci separammo.

   
 
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