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Autore: lion_blackandwhite    25/10/2020    1 recensioni
Tanto tempo fa, la savana non era un posto sicuro.
Le Terre del Branco rappresentavano l'unico luogo dove la pace regnava in quella regione della savana. Gli animali, sotto la guida e protezione di un giovane leone buono e magnanimo che verrà ricordato dai suoi discendenti come 'La stella più luminosa', vivevano in armonia grazie al suo saggio operato.
Egli aveva però anche un fratello egoista e indisponente, il quale discuteva la sua volontà ad ogni occasione, cercando di sminuire la sua grandezza; malgrado il Re cercasse di comprendere le motivazioni nascoste dietro quell'astio, ogni tentativo di ragionare con lui non sortiva mai alcun effetto.
Un brutto giorno, alcuni membri del branco finirono uccisi durante un conflitto con altri leoni provenienti da terre confinanti: uno dei sopravvissuti giunse fino al suo cospetto, nella tana in cui viveva, avvertendoli che il capobranco aveva dichiarato loro guerra e che nulla poteva fermarlo fino al compimento del suo obiettivo.
Temendo quindi per la sorte dei sudditi e della sua famiglia, il Re fu costretto a mobilitare immediatamente il branco per fronteggiare quella minaccia incombente.
Non voleva combattere ma doveva farlo per sopravvivere. Chissà se il suo avversario la pensava come lui.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ahadi, Nuovo personaggio, Rafiki, Uru
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Nel bel mezzo della tempesta, Mohatu faticava a trovare un riparo. Sulla via del ritorno alla Rupe dei Re infatti, la pioggia aumentò talmente tanto di intensità che il leone fu costretto a rinunciare momentaneamente al rientro verso casa. Procedendo a fatica, cercando di aprirsi un varco tra le fortissime raffiche di vento che sferzavano la savana, Mohatu si guardò intorno per trovare un giaciglio di fortuna in modo da proteggersi dalla pioggia battente e dai fulmini che attraversavano minacciosi il cielo sovrastante.

“Uzuri e Ahadi saranno in pensiero” pensò Mohatu malinconicamente dopo essersi accovacciato e aver poggiato la testa su una delle zampe, stanco e crucciato ma finalmente al riparo.

Ripensò agli eventi che lo avevano tenuto impegnato durante quella lunga giornata: nelle prime ore del mattino, il fiume si era ingrossato a causa delle precipitazioni e un branco di zebre si era ritrovato bloccato nella sponda opposta; la pioggia non fece che aumentare nel corso della mattina e in aggiunta cominciarono ad abbattersi fulmini tanto violenti che degli gnu impazzirono a causa di essi: il leone fece in tempo a calmare gli animi, intervenendo proprio un attimo prima che i bovidi imbizzarriti precipitassero in una ripida scarpata.

E il peggio doveva ancora venire. Finalmente nel pomeriggio ci fu una temporanea diminuzione della pioggia. Mohatu però non fece nemmeno in tempo a tirare un sospiro di sollievo, che alle sue orecchie giunse la segnalazione di un clandestino tentativo di caccia non autorizzata da parte di leoni stranieri, sgattaiolati entro i confini senza farsi notare. Vedendosi costretto a intervenire dovette ricorrere alla forza per cacciare via gli intrusi, non senza riportare qualche leggera ferita. I vagabondi infatti erano leoni particolarmente ostili, senza branco e abbandonati a loro stessi, pertanto attaccavano chiunque gli capitasse a tiro, non necessariamente per sfamarsi.

Lasciato finalmente ai suoi pensieri per qualche istante in quel riparo di fortuna, Mohatu diede un’occhiata al cielo, speranzoso di scorgere uno squarcio di stelle in quella spessa coltre nera come la pece, ma per un po’ rimase completamente impenetrabile. Ciò gli diede la possibilità di riflettere sui problemi che il branco stava affrontando in quel periodo, la gestione delle leonesse arrivate da poco, la ribellione dei coccodrilli, le parole di Kondo…

E suo fratello.

Choyo occupava sempre un posto speciale nella mente del Re, che proprio non riusciva a interpretare il suo atteggiamento. Non aiutava mai attivamente il branco quando gli veniva chiesto esplicitamente di fare qualcosa, come ad esempio il presidio dei confini e accompagnarlo nelle ore di pattugliamento; d’altro canto riusciva sempre a trovare il modo di rendersi utile, ad esempio fornendo delle preziose informazioni sulla presenza di intrusi, oppure aggiornando frequentemente la squadra di caccia sugli spostamenti delle mandrie per massimizzare la raccolta di cibo. Sembrava quasi che cercasse in qualche modo di compensare l’aperta critica verso il modo di governare del fratello con consigli e informazioni fatte passare sotto traccia. Perlomeno, pensò Mohatu, teneva al branco nonostante i mugugni e le continue discussioni, e questo era un motivo più che sufficiente per apprezzare comunque il piccolo contributo che Choyo offriva.

Mentre rimuginava su quei pensieri, un lampo improvviso illuminò la buia savana e l’aria fu attraversata da un tremendo tuono che rimbombò ovunque. Il leone istintivamente sollevò una zampa per proteggersi e quando la abbassò qualcosa catturò la sua attenzione.

A pochi metri di distanza vide un albero sghembo quasi del tutto sradicato oscillare pericolosamente sul fiume: probabilmente, pensò il leone, era stato colpito da un bufalo non troppo sveglio di passaggio che durante la sua corsa l’aveva quasi abbattuto; sorrise al pensiero, immaginandosi la scena, ma un altro lampo illuminò l’area circostante e il suo sorriso scomparve di botto dopo aver notato che qualcuno vi era aggrappato.

Un giovane mandrillo[26] tentava in tutti i modi di scendere dall’albero, senza riuscirci; il vento e la pioggia ne impedivano i movimenti e l'instabilità continua della pianta ormai morente non aiutava affatto il povero primate. Senza pensarci due volte, il leone si alzò e corse ad aiutarlo: se l’albero avesse ceduto – e ormai era questione di attimi – l’animale sarebbe finito sul fiume ingrossato dal maltempo e con tutta probabilità morto affogato.
Mohatu allora abbracciò lo spesso tronco pericolante e con il suo peso riuscì a stabilizzarlo temporaneamente. Il mandrillo, visibilmente terrorizzato, non parve accorgersi di nulla in un primo momento, così il leone provò a chiamarlo cercando di sovrastare gli ululati del vento.

«Serve una zampa, piccolo?» gli domandò, avvicinandosi a fatica, ormai totalmente inzuppato.

Il primate finalmente lo udì e si voltò spaventato, ma vedendo la buona volontà del leone, impegnato nell’intento di aiutarlo, parve visibilmente sollevato: annuì freneticamente e allungò una zampa. «Asante[27]! Fammi scendere subito, per favore!»

«Ci provo!» rispose il leone di rimando allungando la sua. Il mandrillo la afferrò prontamente e fece un passo verso di lui quando udirono un sinistro scricchiolio provenire dall’albero, il quale si inclinò pericolosamente verso il fiume in piena.

«Oh no!» dissero all’unisono. Il mandrillo, preso dal panico, strattonò la zampa del leone e quest’ultimo con uno sforzo riuscì a lanciarlo dietro di sé, mettendolo al sicuro: nel farlo però Mohatu si ritrovò sbilanciato e prima che potesse fare altro perse l'equilibrio e finì tra le vorticose acque del fiume.

«Leone!» gridò il giovane mandrillo, atterrito da quella scena. Il Re nel frattempo lottava per non affogare: le rapide del fiume, unite alla profondità delle acque non gli consentivano di muoversi come voleva e faticava a riemergere.

“Sono in un bel guaio, accidenti!” disse tra sé e sé, cercando di trattenere il fiato sott’acqua: provò a nuotare controcorrente ma era impossibile, perciò provò ad avvicinarsi alla sponda, nel tentativo di aggrapparsi a una roccia sporgente.

La paura e il panico crebbero a ogni tentativo fallito: per tre volte i suoi artigli sfiorarono appena la sponda, mentre i polmoni si riempivano sempre più d’acqua. Mohatu si indeboliva rapidamente, le forze cominciavano a mancargli per l’enorme sforzo a cui si stava sottoponendo e fu sul punto di arrendersi quando iniziò a perdere i sensi.

“Papà!”
“Mohatu…”
“Figlio mio…”

Tre voci risuonarono nella sua testa come un tiepido sussurro, delicate ma allo stesso tempo sempre più forti e chiare. Avrebbe reso orfano il suo adorato figlioletto… Lasciato vedova l’amore della sua vita… E si sarebbe presto ricongiunto con suo padre…

“Non ti arrendere!”

Qualcuno lo stava chiamando… Eccola di nuovo, quella strana voce rassicurante, non capiva dove l’aveva già sentita...

«Ehi, tu! Leone, non mollare proprio ora!» ripeté quella stessa voce, stavolta rimbombandogli nella testa molto più chiaramente.

Il tono tanto forte lo costrinse ad aprire gli occhi e la bocca, alla disperata ricerca di ossigeno.

Il Re delle Terre del Branco riemerse dalle rapide, faticosamente. Dopo aver messo a fuoco la vista si guardò intorno, stupendosi di sé stesso per essere fermo e non più in movimento: un attimo dopo si rese conto di essere rimasto incastrato in una stretta rientranza del fiume, in una sorta di conca vicino alla sponda.

«Hai aperto gli occhi finalmente! Afferra questo!» Mohatu si voltò confusamente e riconobbe colui che aveva salvato prima di mettersi in pericolo: il giovane mandrillo si protese verso di lui, allungato alla sua massima estensione, protraendo un lungo bastone dall’aria piuttosto robusta.

Non c’era tempo per riflettere, così il leone non se lo fece ripetere due volte. Dopo quella che parve un’eternità, con l'aiuto del mandrillo riuscì finalmente a uscire fuori dall’acqua, crollando affannosamente nella morbida e mai così benedetta superficie solida del terreno.

Per un po’ il ticchettio della pioggia e i respiri affannati dei due animali furono gli unici suoni che riecheggiarono.

«C’è… C’è un riparo, là in…In fondo» esordì il mandrillo, con il pelo incollato sul muso e il volto ancora contratto per lo sforzo. Mohatu si sentiva svenire e non ebbe la forza di rispondergli a voce, perciò annuì leggermente, raccogliendo le poche forze rimaste per rimettersi in piedi.

La piccola grotta non era lontana, ma impiegarono molto a raggiungerla. Quando finalmente furono all’asciutto, il leone si scrollò la maggior parte dell’acqua che aveva addosso e ricadde pesantemente, ansimando per la stanchezza.

«Mi hai… Mi hai salvato la… Vita…» biascicò con il respiro ancora irregolare. Il mandrillo lo fissò preoccupato e si avvicinò velocemente, trascinando con sé lo stesso bastone che aveva usato per portarlo lontano dal pericolo.

«Non parlare, ora» gli intimò, premendo la zampa sulla sua bocca. «Sei quasi morto affogato. Fai dei respiri profondi mentre cerco un modo per farti espellere l’acqua che hai inghiottito».
Qualcosa nell’istinto di Mohatu lo indusse dargli retta, così obbedì. Concentrò i suoi sforzi per respirare normalmente, avvertendo un forte peso premergli dentro il petto che gli impediva di incamerare sufficiente aria; il mandrillo armeggiava alle sue spalle e a un tratto gli diede una spinta che lo costrinse a stendersi sul fianco.

«Ti avverto, potrebbe farti male» annunciò il primate in tono autoritario, «ma non posso permettere che tu muoia dopo ciò che hai fatto per me».
Prima che potesse dire altro, il leone vide il lungo bastone alzarsi sopra la sua testa e ricadere velocemente verso il suo corpo. All’impatto Mohatu avvertì prima una dolorosa fitta, poi l’impellente necessità di rigettare: spalancò così la bocca e riversò a terra una spropositata quantità d’acqua, tossendo.
Il dolore d'altra parte svanì all’istante e quando ebbe finito, dopo aver ripreso fiato, si rese conto che il peso che gli premeva nei polmoni era sparito.

«Ma… Cosa... Come…?» balbettò, sconvolto.
Il mandrillo sorrise, sollevato. «Dovevo sdebitarmi. Sarei finito in quel fiume al posto tuo se non mi avessi aiutato a scendere da quell’albero» disse semplicemente. Il leone non replicò, cercando di riprendere fiato, così l’altro proseguì tranquillo.

«Tu hai salvato il povero Rafiki[28]. Sei stato davvero un leone coraggioso, e anche piuttosto pazzo» proseguì. «Mi chiedo, però… Che cosa facevi qui in giro da queste parti? Non mi aspettavo di certo dell' aiuto con una magnifica tempesta come questa!»

Mohatu si scrollò nuovamente l’acqua dal pelo, completamente fradicio. «Beh... dovrei farti io questa domanda. È mio dovere controllare i confini del proprio territorio e soccorrere i miei sudditi in difficoltà» ribatté, confuso.
Il primate allora lo fissò, stupito, ripetendo senza voce le parole 'mio dovere' e 'sudditi'. Gli si avvicinò con sguardo rapito e cominciò a odorarlo, inspirando profondamente; il leone parve ancora più confuso da quell’atteggiamento, ma lo lasciò fare.

Terminata l’ispezione il mandrillo spalancò gli occhi, sognante, e sorridendo esclamò: «Per tutti gli spiriti, ho l’onore di dovere la mia povera vita a nient’altri che il magnifico Re delle Terre del Branco, Mohatu?»
Il leone avvampò di botto, imbarazzato dal complimento inaspettato. «Oh, ehm… In un certo senso…» balbettò, ricordando di aver sparso l’acqua ovunque senza riguardo poco prima, per asciugarsi in fretta.
Rafiki scoppiò a ridere di gusto. «Sei davvero il Re! E hai messo in gioco la tua stessa vita per salvare uno stupido mandrillo! Sei proprio fuori di testa! Ma sarò per sempre in debito con te…»
Mohatu sorrise di rimando: quello strano individuo gli infondeva un senso di sicurezza e fiducia che non riusciva a spiegarsi. «Tu hai salvato la mia vita e io la tua. Direi che siamo ampiamente pari. Non sentirti in debito con il tuo Re».
Il mandrillo scosse il capo e gli occhi si riempirono rapidamente con lacrime di gioia. «Siano ringraziati i Re del Passato, ci hanno protetto nonostante la furia della pioggia li abbia resi ciechi!» e lo abbracciò forte, tanto che il Re si lasciò sfuggire una risata sollevata.

Quando i due si separarono, Mohatu cercò con successo di mettersi seduto in posizione eretta e avviò una conversazione. «Allora… Cosa ci facevi lì, caro… ehm…» Non ricordò il nome, ma l’animale di fronte a lui rispose prontamente.
«Rafiki, Sire! Ho affrontato un lungo viaggio, provengo dal lontano Nord… In un posto chiamato ‘Albero della Vita[29]. Vivevo lì con i miei genitori, ma dopo aver studiato tanto ho deciso di lasciare la mia casa. Vedi, Mohatu, io… Ho viaggiato in tanti posti diversi, per ampliare le mie conoscenze. Fu allora che ho sentito parlare delle Terre del Branco. Mio nonno ha vissuto qui tanto tempo fa, e da cucciolo mi raccontava tante storie affascinanti su questo posto favoloso… Perciò adesso sono qui! Stavo cercando un posto tutto mio, magari un bel baobab spazioso in cui insediarmi… Ma poi sono stato sorpreso dal temporale e come te cercavo un riparo, perciò mi sono rifugiato in quel gracile alberello. Non è stata una delle mie idee più brillanti, devo riconoscerlo».

Mohatu annuì, interessato. «No, infatti» convenne, ridacchiando. «L’Albero della Vita hai detto? Vieni da molto lontano davvero, caro Rafiki… Ad ogni modo, spero che nessuno ti abbia importunato da quando sei arrivato. Sono tempi abbastanza difficili, da queste parti» esclamò, tornando serio; il mandrillo scosse il capo.
«Oh no, in realtà non ho incontrato nessuno. Ho visto solo delle antilopi temerarie affrontare la tempesta dal mio alberello. A parte un imponente leone che ha quasi rischiato di affogare per salvarmi la vita, comunque, non un singolo animale mi ha importunato, non direi» osservò con un largo sorriso che il leone ricambiò. Il mandrillo si voltò di spalle, rigirandosi tra le dita il lungo bastone che aveva utilizzato per curare il leone.

«E dimmi» chiese ancora Mohatu, indicandolo con una zampa: ora che lo osservava meglio notò delle decorazioni particolari, e sulla sua estremità vide due piccole zucche penzolanti legate saldamente con una liana che producevano dei piccoli suoni ogniqualvolta entravano in contatto. «Perdona la curiosità, ma a cosa ti serve quello strano e colorato ramo, a parte salvarmi la vita? Da come lo tratti, mi pare evidente che tu ci tenga molto».

Rafiki fece un saltello, entusiasta per quella domanda. «Dici il vero mio giovane Re, ci tengo moltissimo infatti! Devi sapere che questo è uno scettro. Uno strumento essenziale per me, che sono uno sciamano».
Il leone non capì. «U-uno sciamano?» chiese, incerto. Il mandrillo annuì, incoraggiante. «Certo, naturale. Uno sciamano come me lascia la sua terra d’origine in giovane età e raccoglie conoscenze e verità in tutti i luoghi che ha visitato. Si diventa un tutt’uno con il mondo che ci circonda e se sai ascoltare, puoi persino percepire i sussurri degli spiriti che aleggiano in queste Terre!»

Mohatu ascoltò educatamente, ma trovò quella spiegazione fin troppo bizzarra; il mandrillo rise nuovamente, divertito dall’espressione dipinta sul muso del leone.
«Non mi aspetto che tu mi creda subito, giovane Re. Ti basti pensare che posso essere utile nel caso qualcuno abbia le idee confuse e necessiti di una piccola spinta verso la strada giusta»

Il leone sorrise nuovamente, sollevato. «Ad ogni modo, Rafiki, sei libero di restare nelle Terre del Branco per tutto il tempo che desideri. Chiunque è il benvenuto qui se rispetta il Cerchio della Vita».
Rafiki annuì freneticamente. «Oh, grazie mille mio Re! Ho tutta l’intenzione di fermarmi qui, non speravo altro!»
Trascorsero gran parte della notte a parlare amabilmente, approfondendo reciprocamente la loro conoscenza, e in breve tempo il leone e il mandrillo stabilirono un legame che si sarebbe successivamente trasformato in una solidissima amicizia.

Era ancora buio quando la pioggia smise di cadere. Mohatu osservò il cielo, finalmente stellato e privo di nubi.
«Rafiki, prima di tornare a casa vorrei mostrarti un posto in cui potresti vivere. Sono piuttosto sicuro che ti piacerà, permettimi di accompagnarti».
Il mandrillo esultò, gioioso. «Asante, mio Re. Tuttavia…» aggiunse in tono preoccupato, «non vorrei che ti sforzassi troppo. Dopo quello che hai passato devi riposare… E invece ti ho tenuto sveglio con le mie chiacchiere…» concluse, rammaricato.

Il leone scosse il capo. «Non dire così, ci siamo tenuti compagnia. Il posto è vicino, perciò non ti preoccupare per me, e poi…» fece l’occhiolino «le tue chiacchiere sono più interessanti da ascoltare della pioggia incessante».
Il duo pertanto si incamminò, calpestando l’erba ancora bagnata dall’acqua che era caduta durante la giornata.

«E dunque, giovane Mohatu» disse dopo un po’ il mandrillo al suo fianco mentre proseguivano, «spero che la tua famiglia e il tuo branco non siano preoccupati dalla prolungata assenza del loro Re». Il leone scosse il capo, sereno. «Loro sono alla Rupe, al sicuro e al caldo. A quest’ora il mio piccolo Ahadi starà dormendo come un sasso, mentre Uzuri…» si interruppe, impietrito: la sua amata sicuramente era rimasta sveglia ad attendere il suo ritorno, preoccupata. «Essere Re comporta una grande responsabilità e tanti sacrifici, mio caro Mohatu. Ma non c’è bisogno che te lo dica uno stupido mandrillo, lo saprai già» commentò il mandrillo. «L’amore che provi per la tua famiglia traspare in ogni parola, te lo assicuro» aggiunse, ridacchiando.

Il leone inarcò un sopracciglio, scettico. «Mi prendi in giro?» Rafiki rise nuovamente. «Oh no, niente affatto. Trovo che tu sia guidato da uno spirito nobile e altruista. Sei un compagno fedele, un padre amorevole e hai già dimostrato ampiamente di essere un degno Re». Mohatu non rispose e incontrò gli occhi di Rafiki, il quale adesso lo osservava con una strana intensità.
«Ma… vedo anche che la tua sicurezza è offuscata da una vaga preoccupazione… C’è qualcosa, se non più cose che ti turbano, su questo non c’è alcun dubbio. E non mi riferisco certo ai tuoi doveri» esclamò, risoluto.

Il leone si arrestò, sbigottito. Neanche il suo più intimo amico avrebbe potuto fargli una spiegazione tanto accurata del suo io, eppure quel mandrillo sconosciuto l’aveva fatto dopo neanche qualche ora dal loro primo incontro; cominciò a credere davvero che avesse qualche sorta di dono, e quella strana idea lo atterriva tanto quanto lo affascinava.
«Io… Io non credo proprio, Rafiki. Ti sbagli» insistette, sentendosi violato nel profondo.

Il mandrillo parve deluso per un istante, ma poi sorrise. «Capisco, non ti senti ancora pronto» lo anticipò il mandrillo di buon umore, guardandosi intorno: erano arrivati in una radura isolata, dove il vento soffiava leggero sulle foglie di un maestoso baobab rigoglioso.

«Penso che questo sia il perfetto luogo in cui potermi riposare» disse, indicando l’albero. Fece due passi verso il tronco e si voltò verso il leone un’ultima volta. «Ti ringrazio per l’aiuto prezioso di questa notte. Ricordati che il mio invito è sempre valido: qualora avrai le idee poco chiare, ci penserà il buon Rafiki a mostrarti la strada!»
Mohatu si alzò di rimando, facendo un breve inchino al mandrillo. «Passerò a trovarti, di tanto in tanto per vedere come vanno le cose».

Rafiki annuì e fece uno strano gesto con la zampa con cui formò un piccolo cerchio: poi scalò rapidamente il tronco e senza voltarsi sparì dietro i rigogliosi rami del baobab.

 
 
[26] Il mandrillo è una scimmia assai variopinta: sul dorso il pelo è bruno scuro, con sfumature verde oliva, sul petto invece è giallastro, sul ventre diviene di consistenza ovattata ed è di colore biancastro, mentre sui fianchi è presente una fascia divisoria fra il pelo del dorso e del ventre, di colore bruno chiaro. In tutto il corpo il pelame è un po' ruvido e ispido. La testa del maschio è di dimensioni eccezionali rispetto al corpo. (Descrizione presa da Wikipedia)
[27] Asante: vuol dire ‘grazie’ in lingua Swahili.
[28] Rafiki: significa ‘Amico’ in Swahili.
[29] Albero della Vita: dall’originale ‘Tree of Life’, il luogo mostrato nella serie The Lion Guard.

Angolo dell'autore:

"Ciao a tutti!
Dopo una luuunga attesa (niente, ormai è la normalità XD) ecco il dodicesimo capitolo!
Finalmente Rafiki ha fatto la sua comparsa nella scena! E non avete idea di quanto mi abbia messo in difficoltà. Fino all'ultimo sono stato indeciso sull'età da attribuirgli. All'inizio avevo pensato di descriverlo come un po' più giovane rispetto a come lo conosciamo, ma non credo che i mandrilli vivano così tanto a lungo, perciò ho poi optato per raffigurarlo come un giovane adulto, in una fase in cui ha superato da poco l'adolescenza. Ho cercato di renderlo un po' inesperto data la giovane età e l'inesperienza ma allo stesso tempo spero di aver conservato le caratteristiche che lo contraddistinguono. Spero di renderle ancora più evidenti nei prossimi capitoli. 
Nel prossimo capitolo entreremo nella prima fase dark di questa fan fiction... Preparatevi a vedere il sangue.
Sentitevi liberi di lasciare una recensione, una critica o anche dei suggerimenti, sono sicuro che mi aiuteranno molto con il prosieguo della storia.

Numerosi feedback possono tornare molto utili!
Rimango inoltre a disposizione in caso di eventuali domande sui personaggi o su qualcosa che è risultato poco chiaro nella lettura. 
Al prossimo capitolo!

Un saluto da Lion"


P.S.: dato che ultimamente mi sto esercitando per imparare a disegnare qualcosa che sia più dettagliato di un omino dell'impiccato, nei giorni scorsi durante una fase di ispirazione ho realizzato una giovane versione di Rafiki compatibile al periodo in cui si svolge la mia storia. La trovate nel link qui sotto: 
https://www.deviantart.com/lion-blackandwhite/art/Sisi-Ni-Sawa-King-Mohatu-858863510
   
 
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