Iniziativa: Looktober 2020 di LandeDiFandom
Prompt: 25. Crossdressing
22. Photoshooting
«Tu… Hai fatto cosa?»
Il tono di voce di Ade si era alzato di almeno un’ottava.
Persefone se ne stupì, data la calma che sempre lo
caratterizzava, e, al contempo, ne sorrise appena. Sapeva che le si
sarebbe opposto, ma l’idea di indossare per una volta i panni
dell’uomo la intrigava, così come era curiosa di
vedere camminare suo marito su un paio di tacchi.
«Ho accettato di farci fotografare»
ripeté lei. «È per una buona causa! Una
campagna di sensibilizzazione. E non ci costa nulla»
tentò di farlo ragionare, poi.
«Cos’è che ti turba tanto? Indossare una
gonna?»
Ade sbiancò e si passò una mano sul volto.
«E tutto il resto» ammise. «E le foto che
appariranno in tutti i giornali, in tutti i cartelloni della
città. Chi li sentirà quei pettegoli dei miei
colleghi? E i clienti! Ne va della mia serietà e della
reputazione della compagnia».
Persefone roteò gli occhi al cielo, pragmatica.
«Zeus ha detto che va bene e che parteciperà anche
lui».
«Zeus ha accettato perché c’è
Ganimede dietro tutta questa storia». E, anche,
perché era il fratello più scavezzacollo tra lui
e Poseidone.
Lei sbuffò: «Qualunque sia il motivo, se
è lui a metterci la faccia, perché non puoi farlo
anche tu?»
Ade mugugnò qualcosa che non riuscì a capire,
sebbene la sua espressione parlasse da sé: sfregò
gli occhi chiusi con pollice e indice, aggrottò la fronte e
stirò le labbra in una linea sottile.
«I clienti non sono tutti dei vecchi bigotti e, in caso
contrario, meglio perderli che trovarli». Persefone
sventolò una mano in aria come a scacciare una mosca.
«Ci sarò io con te. Posso aiutarti a vestirti e
truccarti, se ti imbarazza tanto avere un estraneo intorno»
tornò alla carica.
Ade non era per nulla convinto. Appoggiava quelle tipologie di
iniziativa ed erano anni che la compagnia di famiglia si presentava
alla parata del gay pride con un carro allegorico, ma… Lui,
allergico a qualsiasi occasione in cui gli occhi di tutti sarebbero
stati puntati su di sé, rappresentava la persona sbagliata a
cui chiedere un tipo di aiuto diverso da un mero assegno.
«Tesoro». Persefone gli incorniciò il
viso tra le mani per farsi guardare. «Chi l’ha
detto che devi farti vedere in volto?» Ammiccò con
un piccolo sorriso.
***
Persefone pettinò con le dita la frangia sbarazzina della
parrucca davanti allo specchio. Avrebbe potuto tenere i capelli lunghi,
sciolti o acconciati, ma non aveva voluto rinunciare a quel taglio
maschile che le stava divinamente e si abbinava perfettamente a
ciò che indossava.
Alla fine, era riuscita a convincere Ade, seppure, prima di arrivare
sul set, non fosse stata del tutto certa che lui potesse negarsi
davvero all’obiettivo della fotocamera. Per fortuna,
fotografo e assistenti avevano acconsentito alla richiesta. Grazie alla
loro professionalità, Ade si era sentito meno in imbarazzo
di quanto avesse previsto. Nessuno aveva riso nel vederlo in gonna,
anfibi, crop top e chiodo di pelle, né quando il fotografo
lo riprese un paio di volte per la rigidezza della postura.
Ade sembrò letteralmente un manico di scopa. Odiva essere
fotografato e a malapena tollerava stare al centro
dell’attenzione quando il lavoro lo richiedeva. Non ce
l’avrebbe fatta, nonostante avesse superato lo scoglio degli
indumenti femminili – che, sorprendentemente, non erano
fastidiosi come aveva immaginato, ma stavano giusti, su misura, come
uno dei suoi completi. Anche il tacco era abbastanza comodo: nessuno
l’aveva obbligato a indossarne un paio a spillo.
Cosa avesse fatto di buono nella sua vita passata, o in quella, per
meritarsi Persefone, era una delle domande a cui sarebbe stato
impossibile trovare risposta.
«Ade» l’aveva chiamato lei in un
sussurro. «Guardami», e lui l’aveva
fatto. «Se non te la senti, possiamo finirla qui, va bene? Mi
dispiace averti coinvolto».
Ade aveva sospirato e negato con un cenno. «No. Va tutto
bene».
Persefone gli aveva accarezzato una guancia e lui, tranquillizzato
dalla sua presenza, si concesse un momento per osservarla. Mentre si
cambiavano, non aveva prestato la dovuta attenzione a lei: il volto
truccato per sottolinearle gli zigomi e la mandibola, la parrucca
corta, la camicia a quadri che usava come giacca e i jeans larghi e
strappati le donava un’aria da ragazzino scapestrato,
risaltando così quel tratto del suo carattere che la
femminilità addolciva.
Dopo quell’intervento, il fotografo non ebbe più
nulla da ridire, soltanto da far sentire e, infatti, il rumore della
macchina fotografica riempì le loro orecchie per parecchi
minuti, inducendo Ade a chiedersi se dovessero pubblicare un intero
album con le loro foto.
«È stato divertente» commentò
Persefone, lasciando perdere la propria vanità per
raggiungerlo.
Anche Ade, seduto alla toeletta, stava osservando il proprio riflesso
allo specchio, molto più a proprio agio di quanto non lo
fosse all’inizio: Persefone era stata brava nello scegliere
un trucco dai toni dark che non l’avevano disturbato.
«Stai bene con il make-up». Lei parve leggergli nel
pensiero, mentre si accomodava sulle sue gambe.
La risata nervosa di Ade morì con un sussulto, quando le
mani di sua moglie scivolarono dalle spalle al petto, soffermandosi a
giocare con le unghie sulla pelle nuda tra il top e la gonna a vita
alta.
«Tutto merito della mia truccatrice» disse con un
mezzo sorriso.
«Allora dovremmo ringraziarla». Persefone
replicò con la stessa malizia e allacciò le
braccia attorno al suo collo.