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Autore: ArwenDurin    25/10/2020    2 recensioni
Hannigram 13 anni, che si incontrano all'orfanotrofio dove stette Hannibal nel canone
Hannigram più soft per via dell'età (per quanto essendo gli Hannigram qualcosina di sanguinolento ci sarà XD) e perché in parte ispirato ai Patrochilles della Canzone di Achille, da cui il titolo, il resto del rapporto tra Hannibal e Will è ispirato...A Hannibal e Will XD
Dal racconto:"Poggiò una mano sul vetro, di riflesso Hannibal fece lo stesso al suo lato: connessi su una linea parallela senza toccarsi, uno specchio che rifletteva i volti di entrambi distorti dalle goccioline di pioggia, ma così riconoscibili l’uno per l’altro."
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Hannibal Lecter, Will Graham
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Aveva oramai la certezza che qualcuno vegliava su di lui la notte, a volte aveva persino pensato che fosse un sogno, un desiderio del suo inconscio di voler un qualche tipo di appoggio o supporto dopo quel consueto incubo…ma non era così.
Nessuno in quegli ultimi anni si era interessato a lui, all’opposto era stato spesso evitato nell’unico momento della giornata in cui parlava, ovvero la notte, dove c’era soltanto il suo urlo nel silenzio. Qualcuno si era lamentato di essere svegliato, altri l’avevano ignorato ma nemmeno un anima di loro si era avvicinata a lui, o era curiosa del perché urlasse quel nome ripetutamente ogni notte.
La maggioranza degli altri ragazzi lo considerava strano, e c’era chi lo temeva, in effetti era grato che queste persone nemmeno provassero a fare amicizia con lui, il ragazzo muto che urlava soltanto la notte, così lo chiamavano. Era piuttosto contento che certe persone stessero alla larga, poiché erano inferiori e non l’avrebbero mai capito, oltretutto lui non cercava nessuno, fino a quel giorno almeno. Hannibal Lecter nella pausa di merenda quotidiana, nel giardino apposito in cui non si dovevano sedere tutti per forza allo stesso tavolo, stava ancora vagando alla fasulla ricerca di un posto quando n realtà con il suo sguardo, cercava tra i ragazzi colui che aveva intravisto in dormiveglia. Aveva pochi indizi ma era sicuro di poterlo riconoscere in modo piuttosto accurato, ciò era iniziato da breve tempo quindi escluse i ragazzi che erano lì da tanto, così come i più grandi. Capitava quasi ogni notte e dunque, Hannibal dubitava che fosse qualcuno di più grande che ogni volta si faceva qualche piano di scale per arrivare da lui, no, era improbabile. Doveva dormire nelle grandi camere suddivise per età e dunque doveva avere anche lui 13 anni… non dovette cercare per molto che si fermò poco dopo, mentre la mela sopra il suo vassoio rotolò per qualche secondo fermandosi ad un angolo.
In un tavolo isolato seduto per conto suo c’era Will, un ragazzo arrivato da poco e piuttosto taciturno che preferiva la compagnia di se stesso piuttosto che degli altri; Hannibal conosceva tutti i nomi degli orfani della sua età, e anche a grandi linee le basi del loro carattere, più per esercizio mentale che per interesse nei loro riguardi.
Sbatté gli occhi e distolse lo sguardo da lui, per avvicinarsi al suo tavolo dove il ragazzo era intento a bersi un succo di frutta, un torsolo della mela era l’unico testimone del suo pasto e si fermò prima di sedersi, poggiò il vassoio sul tavolo per prendere da esso con estrema grazia rara in un posto del genere, il quadernetto che aveva preparato e dove scrisse in calligrafia elegante:
Io so, Will.
Lo posò sul tavolo, per poi in contemporanea sedersi, Will lo ignorò per qualche secondo ed Hannibal attese finché l’altro, accorgendosi che il quadernetto era girato verso di lui, lo lesse.
Alzò lo sguardo nel suo, un azzurro abbagliate lo colpì da sotto i ricci castani, e  seppe che non aveva sbagliato, ricordò qualcosa di umido poggiarsi nella sua fronte per asciugargli il sudore e una voce che con monotonia gli diceva che sarebbe andato tutto bene…e ricordò quegli occhi.
Il ragazzo crucciò le sopraciglia e poggiò il bicchiere sul tavolo, mosse le mani in qualche segno ma si stoppò subito dopo.
«Non sai il linguaggio dei segni, come io non so di cosa tu stia parlando.»
Hannibal con calma, prese il quadernetto e ci scrisse ancora sopra.
So che sei tu a volermi confortare la notte.
Fece strusciare quelle parole sul tavolo, mentre le sue braccia si appoggiavano ad esso osservando come il viso del ragazzo si contorse in una smorfia, e non ci fu più confusione nel suo sguardo ma piuttosto paura.
Si poggiò allo schienale della sedia, evitando il suo sguardo e incrociando le braccia al petto.
«Non so cosa tu ti sia bevuto prima di quella mela, ma spero che fosse buono almeno.»
Un sorrisetto sprezzante nel suo volto, ma non era altro che rivolto a se stesso, ci fu qualche istante di silenzio, prima che Will lo guardasse ancora.
«Ti stai sbagliando!»
Hannibal si limitò a negare e il ragazzo abbassò lo sguardo, sospirando e alzandosi dal tavolo, spingendo verso di lui il quadernetto con enfasi.
«Stronzate.»
E senza aggiungere altro, nemmeno finendo il suo succo, lo lasciò lì da solo andandosene velocemente da quel tavolo e dalla paura che sentiva dentro.
Ha paura di essere stato scoperto, non vuole riconoscimenti per il suo gesto, né essere visto, vuole essere un ombra invisibile che aiuta gli altri, perché sente le loro emozioni. Ha un empatia più sviluppata.
Hannibal a differenza sua rimase calmo, rimuginando e analizzando ciò che aveva visto e facendo congetture nella sua mente, un sorrisetto a coprirgli il volto mentre prese il suo quadernetto lo chiuse. Si mise a mangiare la sua mela nei rumori della natura e bisbigli vari di chi aveva assistito da lontano alla scena.
 
Passò qualche giorno in cui Hannibal meditò su come avvicinare il ragazzo di nuovo, poiché non era certo nei suoi piani spaventarlo o allontanarlo, era piuttosto curioso di vedere le sue reazioni, per capire con chi aveva a che fare.
Era raro trovare qualcuno con la sua empatia, per quanto quasi ogni ragazzo lì dentro aveva una storia tragica da raccontare, assomigliava a tante altre, e alcuni preferivano persino far finta di essere qualcun altro piuttosto di rivivere certi ricordi. Altri crescendo, semplicemente facevano finta di dimenticare, prendendosela con le persone per cancellare quel vuoto che sentivano dentro, ne aveva visti tanti di quel genere, pochi volevano empatizzare con altre vittime. Ma Will lo faceva, per quanto in maniera inconscia, lui sentiva e la cosa eccezionale è che voleva aiutare, spinto da chissà cos’altro… era questo ad incuriosire Hannibal ulteriormente.
Sapeva che se lo avesse avvicinato sarebbe diventato aggressivo, aveva della rabbia scritta nei suoi occhi come chiunque lì dentro, e non avrebbe ottenuto nulla, così decise di strappare un foglio dal suo quadernetto e poggiarlo nel suo letto.
Will, tu vuoi confortarmi e apprezzo questo gesto. Sei l’unico che sembra interessarsi a qualcuno in questo posto.
Così aveva scritto e semplicemente aveva atteso, e un giorno mentre era appoggiato a una grande finestra al piano terra non ben pulita di quella che una volta era la sua casa, mentre osservava gli alberi mossi dal vento, Will si avvicinò.
Si appoggiò all’altro lato della finestra e sospirò, Hannibal attese qualche secondo prima di guardarlo e qualcosa si accese nel suo petto quando trovò i suoi occhi che ricambiavano lo sguardo.
«Dovresti imparare il linguaggio dei segni, può tornarti utile. Mia zia era muta, e mia madre mi ha insegnato quindi sono preparato. Ti andrebbe?»
Hannibal annuì e Will di tutta risposta accennò un piccolo sorriso.
 
Non era insolito trovare Will con un libro in mano, in effetti era lì che si erano incontrati per oramai due settimane per imparare il linguaggio dei segni, qualcosa in cui Hannibal aveva già fatto parecchia strada, anche se loro due in realtà nemmeno comunicavano se non in quelle occasioni. Ed Hannibal l’avrebbe lasciato volentieri, lì tranquillo con il libro misterioso in mano, antico e rilegato che nascondeva ogni volta che qualcuno gli si avvicinava, ma aveva visto i suoi sguardi tra una riga di lettura e l’altra soffermarsi su di lui, e l’allenamento al Kendo con il bastone che stava facendo.
Si avvicinò alla panchina sotto ad un albero in cui era seduto, e appena l’ombra toccò lui e il suo prezioso libro, lo richiuse riponendolo accanto, Hannibal a quel punto gli lanciò il secondo bastone che si era procurato e l’altro lo prese al volo.
“Tu mi hai insegnato qualcosa, ed ora io insegno qualcosa a te.” Gli mimò con le mani le sue intenzioni e Will abbozzò un sorrisetto.
«Mmh, vedo che mi hai spiato.» E si alzò senza aggiungere altro.
Raggiunsero il punto il cui Hannibal si stava allenando per conto suo, raccolse il suo bastone e gli fece un inchino che lo fecero sorridere; aveva un’aria così rilassata quando sorrideva ed era come se il sole brillasse nei suoi occhi dal colore del mare.
E così iniziò la battaglia, o almeno qualcosa di simile, Will aveva uno stile feroce, non ci stava andando leggero con lui e questo rese Hannibal fiero, poteva rispondergli senza trattenersi. Quando riuscì a buttarlo a terra, un broncio si disegnò sul volto di Will che lo fece sorridere.
“Metti troppa rabbia, e questo è un tuo svantaggio, non la sfrutti e non la equilibri.”
Will scosse il capo e i suoi riccioli catturarono i riflessi del sole pomeridiano, e fu in quell’attimo di distrazione che lo colse al balzo, facendo sì che si alzasse rapidamente colpendolo a un fianco.
Hannibal chiuse gli occhi e quando li riaprì, poté sentire l’ira scorrere in essi.
«Ti ho fregato!»
Will gli fece un inchino di rimando ridendo, ed Hannibal partì all’attacco con ferocia, ma più si colpivano più i loro volti concentrati assunsero un’aria divertita, quand’ecco che il giovane Lecter con abilità e grazia felina, riuscì a far cadere a terra l’altro ragazzo.
Will sgranò gli occhi, con il fiatone buttò il bastone a terra e alzò le mani in segno di resa.
«Sei davvero impossibile, cavolo, chi ti ha insegnato?»
Hannibal lasciò cadere il bastone a terra, riprendendo controllo del suo respiro.
“Mio padre, insisteva che la difesa facesse parte della mia educazione.”
«E tua madre ti insegnò a suonare il piano o qualcosa del genere, scommetto.»
I loro occhi si incontrarono e il viso di Will con i capelli scompigliati, e gli occhi brillanti e vivi, gli diedero modo di sorridere ancora e ricambiò quel sorriso e forse lì, sotto il sole esausti e soddisfatti dopo una lotta, ricordò come sorridere. Hannibal aveva echi lontani della parola…ma per la prima volta, dopo così tanti anni, poté di nuovo assaporarla.
 
Una fitta pioggia batte incessante sul terreno, eppure non ferma l’intento di quegli uomini, i sorrisi anneriti e malvagi come bocche uscite dall’inferno. Gli occhi sono fiammeggianti, passando dal rosso al verde, mentre le loro forme indistinte si confondono con l’oscurità, mostri d’ombra che tentano di fermarlo.
Lui tenta di combattere con i pungi e con i denti, ma le ombre sono sfuggenti e molto più alte di lui, qualcuna di loro ride alla sua debolezza ma non cede, non si arrende
Non può accadere, non deve accadere ancora.
La sua mente formula mille pensieri e vie di fuga, ma essi si frantumano quando qualcosa lo colpisce al capo, cade a terra mentre un tuono squarcia il cielo e occhi colmi di paura e disperazione di una bambina, lo fissano e lo chiamano mentre lei si allontana presa dalle ombre.
Annibal, Annibal!
«Mischa!»
Hannibal si svegliò, deglutendo pesantemente e si alzò a sedere ignorando un capogiro che lo colpì, sbatté gli occhi per qualche secondo e  una figura attirò la sua attenzione nella semi oscurità della camera.
In una delle finestre quadrate, da dove entravano dei raggi lunari, c’era qualcuno seduto che gli stava offrendo un bicchiere d’acqua, come se sapesse e lo conoscesse.
Hannibal si alzò e andò verso quella figura tanto simile a una bambina dalla chioma bionda…tanto simile a lei, sbatté le palpebre così da realizzare che era Will, prese il bicchiere e bevve avidamente, notando come anche l’altro ne avesse già uno vuoto di fianco a sé.
Si sedette di fronte a lui, la luna rendeva dolce la sua mascella illuminandola in quel modo divino e ultraterreno, per quanto fosse chiaro dal pigiama spiegazzato, dai ricci scomposti e dagli occhi stanchi, che anch’egli fosse stato svegliato da qualche incubo ingannatore.
Hannibal aspettò che lo guardasse.
“È la prima volta che ti vedo sveglio per colpa di un incubo.”
Sperava che le ore prima passate a combattere con quei bastoni di legno, gli avessero stancati abbastanza da cedere ai tormenti della mente, ma così non era stato.
«Dubito che troverai qualcuno che non ne ha qui dentro.»
Spostò i suoi occhi alla finestra, tirando un sospiro provato.
«C’è odore di ricordi e disperazione in questo posto.»
Il giovane Lecter ripensò a com’era prima, piena di luce e dipinti di ogni genere, mentre brillanti lampadari riflettevano la luce del giorno e della notte, nei loro pendagli di cristalli.  L’immensità di quel posto, era divenuto cupo e zeppo di ragazzini, e letti, senza che fosse stato chiesto il permesso a nessuno.
“Non c’è nulla che ti piace qui?”
Will crucciò le sopracciglia, il naso che si arricciava teneramente quand’era in riflessione.
«C’è un mondo là fuori.» Indicò il paesaggio fuori dalla finestra, una leggera pioggerella batteva su esso, eppure nel cielo la luna e stelle facevano da padrone dando luce ai due ragazzi e ai loro discorsi.
«Ci sono tante cose che vorrei vedere, altri posti dove vorrei essere piuttosto di questo lugubre orfanotrofio dalla finta bontà, dove ogni giorno ricordo.»
Abbassò lo sguardo dal suo, mascherò la tristezza che aveva preso il suo tono e scosse il capo, per non far trapelare nemmeno un briciolo di quella sofferenza che lo attanagliava. Quel luogo era pieno di storie tristi, drammatiche, e ingiuste eppure Hannibal non voleva saperle, tranne del ragazzo che stava di fronte a sé; poté sentire la sua rabbia e il suo dolore avvolgerlo così prepotentemente, che gli mancò il respiro per qualche battito di ciglia, non era abituato a provare emozioni altrui così forti.
«Alle persone piace raccontare le cose che vedono, anche io vorrei farlo,» Will riprese a parlare a bassa voce, gli occhi intensi che passavano dal blu profondo, al verde scuro dell’erba picchiata dall’ombra. Erano impuntati sulle gocce di pioggia come se volesse catturarle con il suo sguardo e assorbirle in sé, al posto delle lacrime che ostinatamente non avrebbe versato.
«Gli piace dare forma alle cose, hai presente? Guarda le stelle, noi tutti siamo abituate a disegnarle d’oro quando invece non lo sono e nascondono molto di più, come i tuoi occhi.»
Hannibal sbatté le palpebre a quell’affermazione, mentre un calore piacevole si diffondeva nel petto, Will non l’aveva detto come complimento o qualsivoglia elogio, non l’aveva nemmeno guardato, era semplicemente un dato di fatto per lui. La sua onestà poteva essere spiazzante ai più, alle volte persino infastidire nella sua arroganza ma Will era così, non lo faceva per farsi odiare o per farsi notare, questo era lui. Hannibal ammirava quell’onestà, così simile a quella di sua sorella che con grandi occhi curiosi, voleva sapere tutto e di più del mondo, esattamente come il ragazzo che aveva davanti.
«I tuoi occhi sembrano d’oro ma in realtà, dipende dalla luce in cui li guardi, alle volte diventano scuri come la sabbia all’ombra di una spiaggia, oppure hanno delle sfumature rosse, l’hai notato?»
A quel punto lo guardò ed accennò un sorriso quando lo fece, e solo allora Hannibal si accorse che stava sorridendo, negò alla domanda di Will.
«Vedi? Dipende dai punti di vista.»
Rimasero qualche minuto in silenzio, la pioggia che batteva in piccole gocce sul vetro, rendendolo uno specchio sempre più deforme sulla natura che da essa si poteva vedere al di fuori.
“La tua empatia ti da modo di vedere le cose diversamente, vedere le forme e i contorni delle cose e delle persone.”
Will lo fissò per qualche istante prima di rispondere, un tuono si udì in lontananza e si rifletté nei suoi occhi, rendendoli luminosi e pericolosi come un fulmine.
«Ho sempre pensato di essere strano, e la stranezza ti porta solitudine.»
“Non me ne preoccuperei, la verità è che siamo tutti soli, ed è meglio capirlo in tempi brevi.”
Il ragazzo annuì, i riccioli che si mossero nel movimento in piccole macchie lucenti e dall’aria così morbida, così soffice, come fossero fatti di nuvole.
“Ma non è solo per empatia che hai deciso di aiutarmi, io ti incuriosivo, vero Will?”
Mentre componeva la frase con il linguaggio dei segni, vide il suo volto contorcersi allo stupore sempre di più fino a che i suoi occhi si sgranarono increduli. Hannibal aveva ipotizzato che si sarebbe chiuso, che avrebbe incrociato le braccia sul petto e si sarebbe rifiutato di parlargli ancora, dandogli dello spione e non volendogli più rivolgere la parola, ma così non accadde.
Will riuscì a stupirlo e questo accrebbe l’interesse che aveva nei suoi confronti, da quella sera in poi, tornò a guardare fuori dalla finestra, e poggiò una mano sul vetro, di riflesso Hannibal fece lo stesso al suo lato: connessi su una linea parallela senza toccarsi, uno specchio che rifletteva i volti di entrambi distorti dalle goccioline di pioggia, ma così riconoscibili l’uno per l’altro.
«Tu hai qualcosa, o non hai qualcosa che non mi fa assorbire troppo da te, sento le tue emozioni e le vivo ma non mi soffocano come non fanno le mie, per questo in qualche modo siamo simili. Non so dirti perché, non ci conosciamo nemmeno eppure è così.»
Lo guardò di sott’occhi, le mani rimasero ferme dov’erano.
“Capisco cosa intendi, ed è vero siamo simili, ma non per questo hai cercato di essermi amico.”
Will abbozzò un sorriso tornando a guardare fuori, e tolse la mano dal vetro.
«Ma è quello che sta succedendo tra me e te, vero?»


Angolo Autrice: 
Ciao a tutti!
Ci ho messo un po’ per decidere di pubblicare questo racconto, non so se centri il fatto che lo leggeremo in 4 gatti😅, o dell’insicurezza dovuta al fatto che sono i personaggi un po’ diverso dai soliti Hannibal e Will (che si lega al primo motivo) ma alla fine mi sono decisa comunque, perché personalmente a me piace XD ci sono abbastanza attaccata e lo sento mio.
Chi avrà letto La canzone di Achille avrà già intuito dal titolo ciò che sto per dire, ma per chi non l’avesse fatto, il racconto e in particolare il rapporto tra gli Hannigram giovani è preso un po' spunto dai Patrochilles del libro, perché ho ADORATO il rapporto tra quei dueee *_* e ci ho visto tanto gli Hannigram, soprattutto in alcune scene! Sono passati mesi prima che incominciassi un nuovo romanzo, non è nemmeno tra i miei libri preferiti, ma proprio perché il rapporto tra Patroclo e Achille mi fu così impresso che ci è voluto tempo XD ed è nato sto racconto!
Poi ho pensato all’associazione di Hannibal stesso paragonando loro due a Patroclo e Achille e quindi ecco qui 😊 il resto del rapporto tra Hannibal e Will è ispirato a loro due, ovvio XD non è ricco di azione ed è più “soft” (per quanto così si possa dire, visto che sono sempre gli Hannigram XD) dei loro standard, ma è perché sono giovani e perché ispirato appunto a quel libro
Spero vivamente vi piaccia sto racconto💗

Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà😊

 
   
 
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