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Autore: Ghostclimber    26/10/2020    6 recensioni
Rukawa sembra essere vittima di una crisi d'asma proprio nel bel mezzo di una partita contro il Kainan.
La sua determinazione lo porterà a continuare comunque a correre, e il successivo, prevedibile incidente lo metterà sulla strada di una sconvolgente presa di coscienza.
E delle sue conseguenze.
Warning: hanahaki
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ehilà, Rosso.- disse un vocione intenso e cupo alle spalle di Sakuragi, che però non reagì in alcun modo. Tetsuo smontò dalla moto, abbassò il cavalletto e appese il casco allo specchietto. Attese giusto il tempo di constatare che non sarebbe caduto, mentalmente insultando Mitsui: da quando si era messo con quel quattrocchi, l'Anima Ardente era diventato l'Anima Prudente. Quando per il compleanno aveva ricevuto in regalo quel casco, per poco Tetsuo non l'aveva usato come arma contundente contro il suo vecchio amico.

Il casco non cadde, anche se il manubrio della moto si inclinò un po', e Tetsuo ritenne sicuro allontanarsi. A passi pesanti si avvicinò a Sakuragi e si sedette al suo fianco sul parapetto che divideva la strada da uno strapiombo sul mare.

-Rosso. Mi dicono che...

-Fatti i cazzi tuoi.- lo interruppe Sakuragi. Tetsuo tacque e attese. Lo spettacolo del mare, anche ora che il tramonto era passato da un pezzo, era sublime, decisamente un panorama migliore della cacca di cane che aveva dovuto osservare per ore l'ultima volta che aveva dovuto fare da consulente psichiatrico ad una testa di cazzo.

Rimase in silenzio, seduto sul parapetto a mezzo metro da Sakuragi, a guardare le onde che si infrangevano contro l'aspro promontorio e a ricordare il giorno in cui finalmente si era deciso a far confessare a Mitsui quello che lo angustiava.

Da qualche settimana, il campione era ripiombato nelle vecchie abitudini di merda: non studiare, non giocare a basket, bighellonare a cazzo di cane con gli altri avanzi di galera, fumare e attaccare briga. Convinto per esperienza che quello non fosse il vero Mitsui, ma solo una maschera che quella testa dura si metteva in faccia quando non voleva mostrarsi debole, l'aveva rapito dall'angolo di strada che aveva scelto di occupare, l'aveva portato al parco, sbattuto su una panchina e aveva aspettato in silenzio fin quando lui non aveva confessato cos'è che lo angustiava.

-Ma ti levi dal cazzo o no?- sbottò Sakuragi?

-Perché, questo parapetto di merda è tuo? Mi risulta che sia permesso sedersi sul suolo pubblico. E la vista non è male.- Sakuragi gli lanciò un'occhiataccia mortale che avrebbe steso chiunque non fosse stato già abituato a ricevere occhiatacce mortali, Tetsuo sostenne il suo sguardo con aria indifferente e infine Sakuragi si voltò di nuovo verso il mare, bofonchiando di vecchi stronzi impiccioni che non hanno un cazzo da fare.

Tetsuo lo guardò e quasi sorrise: l'espressione da grosso pulcino incacchiato di Sakuragi era la stessa che c'era stata sul viso di Mitsui, quel lontano giorno di almeno sei mesi prima in cui Tetsuo gli aveva estorto la confessione del secolo.

Si aspettava qualcosa di altrettanto eclatante da parte di Sakuragi, e non avrebbe schiodato le chiappe da lì fin quando non l'avrebbe spinto a dire tutto quanto. L'unica cosa che lo preoccupava era che, se Mitsui era sembrato solo impaurito e incerto, Sakuragi aveva una chiara espressione di dolore. Non piangeva, non ancora forse, ma lo sguardo era quello di qualcuno a cui è venuta a mancare di colpo la terra da sotto i piedi.

Mitsui non era stato chiaro, al telefono, aveva riferito solo che si trattava di una non meglio specificata questione sentimentale di cui non sapeva nulla, ma era preoccupante che Sakuragi sembrasse così sofferente. Tetsuo aveva già visto quello sguardo, ma solo negli occhi di uomini molto più avanti con l'età. Era lo sguardo del condannato che vedeva la moglie, la compagna, l'amore della propria vita, uscire dalla sala delle udienze in cui era appena stato emesso un verdetto di colpevolezza. Era lo sguardo di chi sapeva di aver buttato via l'unica cosa che poteva valere qualcosa in quello stupido mondo di merda. Tetsuo li aveva visti cercare di mantenere una facciata stoica, rimanere in piedi con la testa alta e gli occhi fissi sulla schiena della loro anima gemella che se ne andava per sempre, nella speranza di poter conservare quell'ultima immagine come il ricordo amaro di ciò che avrebbero potuto avere se non si fossero comportati da mentecatti.

Ma, a quel che gli risultava, Sakuragi non aveva fatto nulla di male. Era anche riuscito a limare un po' il proprio carattere, smussandone gli spigoli peggiori: ora riservava le sue buffonate al campo da basket, al peggio agli allenamenti, mentre nel privato era diventato un pochettino più pacato. Non molto, certo, sempre di Sakuragi si trattava, ma quel tanto che bastava per farlo comportare un po' meno come un deficiente. Tanto per dirne una, quando la sua “Harukina cara” gli aveva scaricato il due di picche del secolo, dopo qualche sceneggiata falsa e plateale si era limitato a fare spallucce e a proporre una partitella di basket. Tetsuo aveva approfittato del pomeriggio a bordo campo mentre Mitsui asfaltava malamente il rosso per scambiare qualche chiacchiera con Mito e scroccargli qualche sigaretta. Doveva ammettere che quel ragazzo aveva una gran bella testa: se l'avesse incontrato solo un anno e mezzo prima, avrebbe cercato di coinvolgerlo nella propria gang, ma quando Mitsui aveva dimostrato che chiunque poteva tornare indietro e imboccare la strada giusta lasciandosi alle spalle quella sbagliata, anche Tetsuo aveva un po' rimesso la testa a posto.

Intanto, quel dannato casco lo metteva, e non solo quando c'era il rischio che Mitsui lo vedesse senza. E poi, si era trovato un lavoro. Certo, era un buttafuori e aveva visto più cose illegali in quel pub in sei mesi piuttosto che in trent'anni di vita, ma come inizio poteva anche andargli peggio. Almeno non trafficava cocaina infilandosela su per il culo, e aveva addirittura un contratto in regola. Quando si dice un uomo in carriera.

-Avanti, Rosso. Che ti è successo?- chiese, quando finalmente ritenne di averlo fatto rosolare abbastanza. Pensandoci bene, avrebbe potuto mandare il curriculum a Guantanamo: aria di mare, sigari... sembrava una bella vita.

-Mi è successo che come al solito va tutto a puttane e io mi sono rotto i coglioni.- rispose Sakuragi.

-Avanti, spiegami.- disse Tetsuo.

-Mi prenderai per pazzo.

-Nah, ne ho sentite di cose strane nella vita.

-Questa è peggio.

-Scommettiamo? Se mi stupisci, ti offro una birra.

-Comincia a salutare quei cinquecento yen.- ribatté Sakuragi. Tetsuo gli rivolse un cenno del capo, certo che quei quattro soldini sarebbero rimasti al calduccio nel suo portafoglio: era un teppista da quasi vent'anni, aveva visto le cose più folli e incredibili che mente umana potesse concepire, e quel ragazzino ancora troppo giovane per farsi la barba pensava di stupirlo.

-Avanti, Rosso. Raccontami qualcosa di nuovo.- lo sfidò.

 

Un'ora più tardi, Tetsuo stava uscendo a testa bassa da un bar aperto fino a tardi, una pinta di Sapporo in ciascuna mano. Una per Sakuragi, onesto pagamento della scommessa, e l'altra per sé, onesto anestetico mentale; rifletté vagamente che avrebbe dovuto farsi versare una pinta di whisky per cancellare il trauma, ma dopo sarebbe probabilmente stato abbastanza ubriaco da dimenticarsi com'era fatta una moto. Nel migliore dei casi, avrebbe cercato di andare a casa a cavallo di una fioriera in cemento.

Sakuragi prese il boccale, brindò e bevve un piccolo sorso accompagnandolo con una smorfia; Tetsuo trattenne un sorriso: era così tenero vedere i ragazzini bere birra le prime volte, sembra sempre che stiano buttando giù qualcosa di disgustoso. Si chiese vagamente se l'amore per la birra non fosse in realtà Sindrome di Stoccolma, poi si chiese che cazzo gli girasse per il cervello.

-Beh, amico.- disse infine, dopo una gran sorsata di birra, -Mi hai stupito così tanto che non ho consigli da darti, mi spiace.

-Non credo che esista qualcuno che può darmi un consiglio sensato, ora come ora.- mormorò Sakuragi, mesto. Esitò un attimo, poi disse: -Ma in fondo so che l'operazione è l'unica strada possibile. Voglio dire, ci sta il “ti amo da morire”, ma solo come cosa simbolica. Mi sentirei in colpa a vita se qualcuno crepasse perché mi ama.

-Anche se è qualcuno che tu ami?- insinuò Tetsuo. Per tutto il lungo, incasinatissimo discorso che Sakuragi gli aveva fatto, non una volta aveva dichiarato esplicitamente i propri sentimenti. Li aveva lasciati molto aleatori, sebbene solo un imbecille avrebbe potuto fraintendere. Era chiaro che quel grosso casinista era innamorato come una ragazzina, ma Tetsuo capiva anche quanto fosse difficile per lui ammetterlo. Con Mitsui non era stato poi tanto difficile, era bastato fargli notare che il Quattrocchi non sembrava poi così tanto indifferente e il gioco era stato fatto, ma in questo caso era molto diverso: Sakuragi sapeva che Rukawa lo amava, ma sapeva anche per certo che di lì a qualche ora lo stesso Rukawa si sarebbe svegliato e per lui non avrebbe provato nulla.

-Forse, a maggior ragione.- bisbigliò Sakuragi. Bevve qualche altro piccolo sorso di birra, poi disse: -La mia mamma mi ha sempre detto che quando vuoi bene a qualcuno, per prima cosa viene il suo benessere, non il tuo. E... se devo essere io a pagare per avere in cambio la vita e la salute di Rukawa, allora così sia.- senza alcun preavviso, finalmente le lacrime cominciarono a fluire sulle guance di Sakuragi. Tetsuo non si mosse, incerto: con Mitsui era abbastanza in confidenza da potersi azzardare a prenderlo per le spalle, stringerlo in una presa di wrestling e cominciare a battergli i pugni sulla schiena fin quando non avesse sentito il rumore di qualche costola che scricchiolava, ma non sapeva come avrebbe potuto reagire Sakuragi ad un contatto fisico inaspettato; non sapeva nemmeno se fosse il tipo da lasciarsi toccare da altri o se fosse il tipico giapponese duro e inflessibile.

E va bene, che non fosse il tipico giapponese era abbastanza chiaro, ma avrebbe sempre potuto reagire a cazzotti; e i cazzotti di quel Sakuragi, Tetsuo doveva ammetterlo, facevano un male porco.

Si risolse a mettergli una mano sul ginocchio e lì rimase, a guardarlo piangere e a sentirsi stranamente sentimentale: di solito, quando un adolescente finalmente scoppia in lacrime, lo fa in maniera plateale, quasi una crisi di nervi in piena regola con tanto di urla, strepiti, calci e pugni, mentre Sakuragi era solo lì, come una bambola rotta che perde acqua da una non meglio specificata tubatura, senza emettere un decibel. Il che era inquietante soprattutto se rapportato al personaggio, ma Tetsuo ricordava che nei momenti di vero shock Sakuragi tendeva a chiudersi in se stesso. Si chiese, in maniera vaga e allucinata, se avrebbe giovato mollargli una testata: stando a Mitsui, era così che il rosso era uscito da uno stato semi catatonico che l'aveva assalito l'anno precedente.

Infine, Sakuragi si ricompose, poco a poco. Si asciugò le lacrime, più volte e con metodo, fin quando dagli occhi non ne sgorgarono più.

Bevve piccoli sorsi di birra finché il singhiozzo che aveva cominciato a spezzargli il respiro non si placò, poi terminò quel che restava in un solo, grosso sorso.

-Cosa pensi di fare, ora?- chiese Tetsuo, capendo che si trattava di un congedo. Sakuragi esitò tanto a lungo da fargli pensare che forse avrebbe fatto bene a stenderlo per davvero, portarlo a casa propria e legarlo al sifone per evitare che decidesse di andare a gettarsi in mare.

-Credo che andrò in ospedale. Da Rukawa.- rispose infine Sakuragi. Trasse un grosso respiro e proseguì: -Non so se mi faranno entrare, ma voglio provarci. Prima me ne sono andato via di corsa, e vorrei tanto vederlo un'ultima volta prima... prima che finisca tutto.

-Ti accompagno.- decise Tetsuo. Seccò la birra in un unico sorso, prese anche il boccale di Sakuragi e riportò entrambi all'interno del locale. Quando uscì, Sakuragi si era alzato in piedi, ma non si era allontanato. Sembrava molto imbarazzato, ma propenso ad accettare il passaggio; forse, si disse Tetsuo, temeva di cambiare idea a metà strada e poi passare il resto della vita a pentirsene.

Tetsuo gli ficcò in testa il casco e si mise a cavalcioni della moto; Sakuragi si sistemò dietro di lui, e sotto il suo peso le sospensioni del veicolo chiesero a gran voce l'eutanasia, ma ressero. Tetsuo lo portò fino all'ospedale, guidando con prudenza e senza mettersi a fare le cazzate che avrebbe fatto con Mitsui, poi girò intorno all'edificio e si fermò di fronte ad una porta d'emergenza seminascosta. Sakuragi si tolse il casco e glielo porse, poi chiese: -Cos'è, sei persona non gradita anche qui?

-Nah. Ma ho un amico che lavora in ortopedia, lì.- Tetsuo fece un cenno col capo verso la porta, -E so per certo che non chiude mai quell'uscita di emergenza perché deve uscire a fumare ogni mezz'ora, se no sclera. Tu entra da lì, di' che devi vedere urgentemente una persona e che io garantisco per te. Ti faranno passare.

-Tetsuo, io...- cominciò Sakuragi, ma Tetsuo lo interruppe: -Non metterti a fare la checca sdolcinata. Ho già sopportato Mitsui che si mette a frignare sulla mia spalla, e tanto mi è bastato per il resto della vita.- Sakuragi gli rivolse un sorriso che pareva molto, molto pesante.

-Stavolta te la devo io, la birra.- dichiarò.

-A buon rendere, Rosso. Ora muoviti.- Tetsuo si infilò il casco, rivolse a Sakuragi un ultimo cenno di saluto e se ne andò sgommando.

 

Ora che era tanto vicino al suo obiettivo, Sakuragi era assalito dall'insicurezza. Forse una parte di sé aveva intenzione di passare dalla porta principale, o almeno provarci, proprio per la possibilità tutt'altro che remota che lo fermassero. Forse il suo unico obiettivo era potersi poi ripetere che lui ci aveva provato, che proprio non poteva fare di più.

-Oi, Tetsuo?- chiamò una voce. Un uomo in camice verde chiaro emerse dalla porta antincendio, e la sua apparizione fu seguita quasi subito dallo scatto di un accendino; una fiammella si accese, si accostò all'estremità di una sigaretta e l'accese: -Dai, coglione. So che sei lì, ho sentito la moto.- Sakuragi uscì dall'ombra, portandosi sotto al tenue alone di un lampione.

-Non sono Tetsuo,- annunciò, -Sono un suo amico. Mi ha detto che da qui posso entrare in ospedale.

-Senti, se hai intenzione di razziare la farmacia ti dico subito che...

-Devo vedere una persona. Prima di domani.

-Ti conviene, eh. Guarda che sono già sotto i riflettori, se sparisce anche solo un cotton fioc mi inculano e per voialtri tossici è finita la pacchia.

-Non sono un tossico. Devo solo vedere una persona, davvero.- ripeté Sakuragi.

-A che piano è?- chiese il tizio.

-Terzo. Pneumo...cosa.

-Pneumologia?

-Credo. La cosa dei polmoni.- il tizio annuì, poi disse: -Fammi finire la sizza e ti porto su. Mi spiace, io conosco Tetsuo ma te non ti ho mai visto. E sono già...

-Sì, sì, va bene. Come preferisci tu, capisco che non ti fidi. Neanch'io mi fiderei di uno con la mia faccia.- il tizio ridacchiò e commentò: -Beh, almeno sei simpatico.- poi si dedicò alla sigaretta. La finì in tutta calma, poi fece un cenno con il capo per invitare Sakuragi a seguirlo e lui obbedì; salirono insieme su un montacarichi, il tizio lo sbloccò con una tessera digitale e questo si mosse. Le porte si aprirono sul terzo piano, deserto a parte un'infermiera che ronfava della grossa nel suo cubicolo, dall'altra parte del corridoio, e Sakuragi uscì dal montacarichi.

-Grazie.- disse di botto.

-Di niente. Un amico di Tetsuo è amico mio.- ribatté il tale, poi fece passare di nuovo la tessera e le porte del montacarichi si richiusero. Sakuragi camminò più silenziosamente possibile verso la stanza di Rukawa; di fronte alla porta esitò.

L'infermiera si mosse, alla ricerca di una posizione più comoda sulla sedia, e Sakuragi si disse che non poteva essere arrivato fin lì per poi essere costretto ad uscire. Allungò un braccio, impugnò la maniglia e l'abbassò.

Il silenzio che lo accolse all'interno della stanza di Rukawa era strano; a Sakuragi ci volle un po' per rendersi conto che ciò che mancava era il suono dell'ossigeno, e quando lo capì si sentì mancare. Fino a poche ore prima, Rukawa non poteva farne a meno: probabilmente, la sua assenza significava che l'avevano già operato. Oppure no? Si poteva respirare da soli coi polmoni appena squartati? Sakuragi si avvicinò al lettino, tremante, intenzionato a controllare se sul petto di Rukawa ci fossero i segni di un'operazione chirurgica recente.

Era a pochi passi da lui, quando Rukawa si voltò nel sonno ed emise un soffio: un fiorellino azzurro dai petali appuntiti veleggiò fuori dalle sue labbra e si posò sul suo cuscino. Sakuragi si inginocchiò di fianco al letto e passò una mano tra i capelli di Rukawa, che schiuse gli occhi.

-Hanamichi...- disse in tono sognante.

-Kaede.- rispose Sakuragi, -Kaede, sei ancora...

-Nh.- la mano di Rukawa si alzò e le sue dita si intrecciarono a quelle di Sakuragi, che avvertì un colpo all'interno del petto. Si sentì salire alla bocca quelle due paroline magiche, quelle che l'avrebbero condannato per sempre, ma si impedì di dirle.

Voleva dirle, lo voleva con tutto se stesso, ma non voleva farlo mentre Rukawa era mezzo rimbambito per il sonno. Cercò di unire i puntini, mentre depositava piccoli baci delicati sul dorso della mano pallida di Rukawa.

Sputava fiori, quindi non era ancora stato operato.

Quindi il sentimento c'era ancora.

Non era attaccato all'ossigeno, quindi in qualche modo era migliorato tanto da concedere non solo una sospensione della chirurgia, ma anche una diminuzione delle cure necessarie.

-Pensano di farti uscire?- chiese, sperando che Rukawa fosse abbastanza lucido da capire.

-Domani.- rispose lui. Sakuragi guardò il quadrante dell'orologio, parzialmente illuminato dall'alone di luce di un lampione che proveniva da fuori.

Erano le due e quaranta del mattino, minuto più, minuto meno.

Dodici ore esatte più tardi, Sakuragi sarebbe potuto essere fuori dalla porta di casa Rukawa, con il dito sul campanello.

Ayako e il coach Anzai gli avrebbero senz'altro permesso di bigiare gli allenamenti: aveva un'ottima giustificazione. La squadra avrebbe patito l'assenza del Tensai per un pomeriggio in cambio della rinnovata presenza della Volpaccia per il resto del campionato, e per quello dopo, e per quello dopo ancora.

Sakuragi lasciò andare la mano di Rukawa, che si era rilassata nella sua, segnale che il moro si era riaddormentato. Stupido, bellissimo Volpino narcolettico, pensò Sakuragi, accarezzandogli una guancia. Poi, vi depositò sopra un lieve bacio e uscì dalla stanza.

Si sarebbe fatto un pisolino al parco, e il giorno dopo avrebbe fatto il grande salto.

 

 

 

 

Nigella: dubbio, incertezza

 

 

 

 

Ciaossu a tutti, ragazzi.

In corner sono riuscita a scrivere il capitolo, credetemi se vi dico che oggi sto peggio di Rukawa: mi hanno chiuso la palestra, unica luce in questi tempi bui di ricerca del lavoro (ahahah, me l'han detto) e il corso che sto frequentando continua a sgamo, per cui la qui presente ipocondriaca asmatica ogni giorno sale su un treno per rinchiudersi in una stanza con quindici sconosciuti (tra cui un negazionista, bella storia, vero?).

Oltretutto, tra otto giorni sarà il mio compleanno, e avevo programmato, nell'ordine: una festicciola con quei tre stronzi che non mi stanno antipatici, una cenetta romantica col fidanzato, una bella scalata in palestra..... insomma che ora ho paura a dire che mi basta passare la serata a guardare un film sul divano. Ho anche un filo di tosse e ogni volta che ho il raspino riscrivo il testamento.

Anyway, ringrazio Aimi_fantasy per il fiore, non ricordo chi mi aveva consigliato quelli dei capitoli precedenti e il quadernetto su cui li ho scritti è ad almeno due metri da me per cui grazie in generale anche a lizardiana, _sckarlett_, cicci783 e Alexis77, nomi che mi ricordo di essermi segnata. E grazie a Ste_exLagu, che mi ha gentilmente concesso l'autorizzazione a usare il suo nome in una fic (dopo che gli ho promesso che non avrei fatto crepare il tale) e che mi ha chiesto gentilmente di concedergli una gioia in questo lunedì del cazzo. Insomma, me l'ha chiesto gentilmente, cosa gli dovevo rispondere, di no?

Grazie a tutti voi che mi seguite e commentate, vi voglio bene. Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate: secondo voi andrà tutto come pianificato? /evil laughter/

XOXO

 
   
 
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