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Autore: BlueBell9    26/10/2020    5 recensioni
Victoire deglutisce e sente una morsa di puro terrore artigliarle le viscere.
«Teddy» pigola piano, spostando lo sguardo verso sinistra e rimanendo ferma dov'è.
«Mmm» mugugna lui distratto, accucciato davanti al forno, unica altra fonte di luce se si esclude quella posta sopra i fornelli.
Victoire fa un respiro profondo, dando prova di tutto il suo spirito Grifondoro.
«Che cos'è?» domanda piano.
Teddy si rialza in piedi, voltandosi verso di lei. Aggrotta la fronte, perplesso dalla sua faccia.
«Cosa?» domanda confuso, con una punta di preoccupazione. Forse, nonostante la poca illuminazione, si è accorto che lei è sbiancata.
«Questo» squittisce Victoire, indicando con un dito il tavolo.
Lui la fissa qualche secondo in silenzio, con quello che sembra sincero compatimento, prima di inarcare un sopracciglio.
«Ad occhio e croce, direi una tavola apparecchiata» risponde derisorio.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Trickster

Questa storia partecipa al #giocodiscrittura del gruppo Facebook “Caffé e Calderotti”.
Pacchetto
Genere: fluff.
Personaggi: Victoire Weasley, Teddy Lupin.

Un attimo di attenzione, per favore. Questa oneshot si svolge dopo un ipotetico finale di Battlefield. Non è necessario leggere la long, naturalmente, ma alcuni dettagli (Delacour, ad esempio, o il colore degli occhi di Teddy) potrebbero non esservi chiarissimi.






Trickster











«Non sei male come Cacciatore».
Victoire si friziona i capelli bagnati con un asciugamano, scoccando un sorriso radioso alla sua compagna di squadra.
«Sul serio» riprende Sutton, imbacuccata nel suo accappatoio mentre tira fuori il cambio dal proprio armadietto. «Credevo che ti avessero messo in squadra solo per il tuo cognome» ammette schietta, infilandosi l'intimo.
Victoire non può che incassare la testa nelle spalle, soffocando una smorfia di disappunto.
Ha cercato di far finta di nulla, ma ha sentito benissimo i commenti sussurrati tra gli spogliatoi delle Holyhead Harpies quando, dopo la gavetta, è riuscita ad ottenere un posto tra le titolari. Le hanno detto che era una raccomandata, nel migliore dei casi.
«E dire che abbiamo giocato contro ad Hogwarts» si lascia sfuggire, piccata, facendo uscire aria calda dalla bacchetta per asciugarsi i riccioli biondi.
Sutton fa spallucce, continuando a vestirsi.
«Sono un Cercatore» precisa, serena. «Il mio compito è occuparmi del Boccino. Non mi sono mai preoccupata dei giocatori della squadra avversaria, specie se Grifondoro» precisa con una smorfia che ribadisce la sua fierezza nell'essere appartenuta alla Casa di Salazar. «Piuttosto, sta sera hai impegni?»
«Mi vedo con Teddy» risponde Victoire, lieve, indossando una maglietta verde con l'artiglio dorato, il simbolo della squadra.
Sutton sorride maliziosa, voltandosi verso di lei con uno sventolio di capelli castani.
«Ah, l'amour!» cinguetta canzonatoria.
«Che scema!» l'apostrofa Victoire, scherzosa, finendo di vestirsi.
«Sai che sono rimasta di sasso quando mi hai detto che stavate ancora insieme?» confessa la compagna, incrociando le braccia e appoggiando la schiena all'armadietto mentre il resto delle giocatrici inizia a scemare via dallo spogliatoio. «Insomma, già all'epoca rimasi stupita della notizia. Non credevo che Lupin potesse stare con qualcuna. Anche se siamo dello stesso anno e abbiamo avuto qualche lezione in comune, non ci ho parlato più di un paio di volte. Non me lo sarei immaginata fidanzato, dopo tutti questi anni poi» borbotta raccolta, increspando la fronte.
«In effetti, non ha un carattere facile» concorda Victoire, tranquilla.
«Oh, credo che i suoi punti di forza siano altri» borbotta Sutton, ghignando. «Senti un po', ma lui com'è a letto?» spara indelicata.
Victoire sgrana gli occhi per la sorpresa, prima di ridacchiare di gusto.
«È un dubbio del tutto legittimo» continua imperterrita l'altra, difendendo la propria curiosità. «Insomma, lo vedi sempre così controllato, per cui mi chiedevo se nel momento clou non fosse... moscio».
Victoire continua a ridere, sedendosi sulla panca per controllare di aver messo nel borsone la divisa e tutti gli indumenti da lavare.
«Se ti sentisse» mormora, allegra.
Sutton annuisce, consapevole.
«Probabilmente mi taglierebbe la testa» concorda, per nulla preoccupata. «Quindi?» riprende pettegola.
Victoire si carica il borsone sulle spalle e afferra il manico della sua scopa.
«Apprezzo la tua preoccupazione, ma la mia vita sessuale va' a gonfie vele» afferma incamminandosi verso l'uscita, con Sutton al suo fianco.
«Meno male» pronuncia questa, sollevata. «Anche se mi chiedo come tu faccia a resistere ancora con la stessa persona dopo tutti questi anni. Sai che alcune coppie storiche che conosco fanno una cosa a tre, ogni tanto? Dicono che è per scacciare la routine...» si blocca di colpo, strabuzzando gli occhi. «Oddio, non dirmi che sta entrando nella fase definitiva... non vuole chiederti di sposarti, vero?» sbotta, sbarrando gli occhi.
Victoire spalanca la bocca esterrefatta, torcendo il collo verso di lei con un movimento tanto repentino quanto doloroso. Reprime un gemito tra i denti, strizzando gli occhi e massaggiandosi la parte dolente.
«Ma ti pare?» ritorce allibita. «Nemmeno conviviamo. Teddy ha finito l'Accademia Auror da un anno, io sono stata appena presa nella squadra. È troppo presto anche solo per pensare al matrimonio» conclude sicura.
«Vorrei anche vedere» risponde Sutton, gli occhi spalancati ed enormi. «Non puoi abbandonarmi così in questo pollaio. Con chi sopporterò gli strilli dell'allenatore, la boria delle altre e gli allenamenti massacranti? E poi con chi andrò a ballare?» se ne esce, lacrimevole, sporgendo il labbro inferiore.
«Guarda che il matrimonio non è la fine del mondo» ribatte leggera Victoire.
Sutton inarca le sopracciglia, pessimista.
«Per una figlia di genitori divorziati che si insultano ogni volta che si vedono, credimi, lo è» afferma con una certa amarezza, incupendosi e storcendo le labbra in una smorfia addolorata.
Victoire ha giusto il tempo di aprire la bocca, pronta a pronunciare qualche parola di conforto – anche se sa benissimo che servirà a tamponare solo momentaneamente l'umore della collega –, quando, uscendo dalla struttura ufficiale delle Holyhead Harpies, lo vede appoggiato al muretto, le braccia incrociate e l'espressione assorta e incurante degli sguardi femminili delle altre giocatrici che lo omaggiano.
«Sbaglio o quella è la tua dolce metà?» ironizza Sutton, maliziosa.
«Già» risponde Victoire, aggrottando la fronte perplessa.
Teddy detesta cordialmente qualsiasi posto dedicato al Quidditch e cerca di starci il più lontano possibile – se fosse Ministro, probabilmente lo mettere al bando dopo aver istituito la sua dittatura.
Nell'ultimo anno si sarà recato lì sì e no due volte, e solo perché Victoire aveva dimenticato qualche documento o quando si era ammalata e non se la sentiva di fare una Smaterializzazione. In entrambi i casi, aveva la faccia disgustata di chi si trova in un luogo che suscita solo disprezzo.
«Ti consiglio di correre in suo soccorso» la riscuote Sutton, ridacchiando. «La Hudson ha già sfoderato gli artigli e sembra prepararsi a lanciarsi in picchiata per afferrare la preda».
Ricordando la predilezioni dell'altra collega per i belli e tenebrosi – categoria nella quale Teddy rientra appieno – e la poca pazienza che il suddetto dimostra verso qualsiasi essere umano, specie se questa è favorevole ad un sport, per citarlo, triviale, idiota e rumoroso.
«Mi raccomando: se si inginocchia e tenta di infilarti un anello al dito, tu urlagli un no come risposta e tramortiscilo» la saluta la collega, facendole l'occhiolino e smaterializzandosi con un sonoro pop.
«Ciao» mormora Victoire, avvicinandosi al ragazzo e bloccando l'avanzata della Hudson. Anche se ora la ragazza la guarda truce, un giorno la ringrazierà per averle salvato la vita. «Che ci fai qui?» chiede vaga, con un velo di apprensione.
Teddy ruota le iridi gialle verso di lei, gelide e sprezzanti.
«Non posso?» sibila infastidito, staccando la schiena dal muro.
Victoire decide di soprassedere al suo malumore. Probabilmente lo sforzo per non darsela a gambe o dar fuoco all'intero complesso, lo sta quasi uccidendo.
«Certo che puoi» risponde sorridendo tranquilla. «Ma visto che non sei stato costretto, temo che la tua presenza qui sia un segnale dell'Apocalisse» scherza di buon umore.
«Volevo vederti» risponde Teddy, brusco. «Dammi il borsone e andiamocene. La tua amica mi sta innervosendo» commenta secco, issandosi il borsone su una spalle e gettando alla Hudson uno sguardo intimidatorio.
Victoire sorride e si stringe a lui. La Smaterializzazione Congiunta le oscura la vista e le mozza il respiro, ma un secondo dopo, quando sbatte le palpebre, si ritrova nel salotto del piccolo appartamento di Teddy.
Lui accende le luci con un colpo di bacchetta e spedisce le loro giacche verso l'attaccapanni e il borsone in camera.
«Vado a mettere le cose da lavare, mi cambio e arrivo» dice Victoire, con l'acquolina già in bocca a causa dell'odorino di arrosto che proviene dalla cucina.
Teddy le fa un cenno con il capo.
«La cena è pronta tra cinque minuti» risponde solamente, chiudendosi la porta alle spalle di quello che, da tre anni, è diventato il suo regno.
Con una fame da lupi, Victoire prima di reca in bagno per mettere gli indumenti sporchi nella lavatrice, poi in camera dove – dopo aver amorevolmente appoggiato il manico della scopa alla parete – tira fuori dall'armadio un paio di pantaloncini e una maglietta sbrindellata e lisa. Nonostante sia ottobre, l'appartamento che Teddy ha ereditato da suo nonno è un forno. In estate, il problema è risolvibile con un incantesimo raffreddante – anche se bisogna andarci cauti con la magia, data la presenza degli elettrodomestici e dei vicini Babbani –, d'inverno basta semplicemente sostituire i maglioni con capi più leggeri.
Mentre finisce di infilarsi la maglietta, Victoire attraversa il soggiorno verso la cucina.
Quando apre la porta, rimane paralizzata sulla soglia con gli occhi sbarrati che minacciano di caderle dalle orbite.
Il piccolo tavolo è imbandito con piatti di porcellana e calici di vetro. Detto così, potrebbe anche sembrare normale ma la presenza di due candele cilindriche accese – candele, per Godric! - inquietano talmente tanto la ragazza che rimane a fissarle fulminata.
Victoire deglutisce e sente una morsa di puro terrore artigliarle le viscere.
«Teddy» pigola piano, spostando lo sguardo verso sinistra e rimanendo ferma dov'è.
«Mmm» mugugna lui distratto, accucciato davanti al forno, unica altra fonte di luce se si esclude quella posta sopra i fornelli.
Victoire fa un respiro profondo, dando prova di tutto il suo spirito Grifondoro.
«Che cos'è?» domanda piano.
Teddy si rialza in piedi, voltandosi verso di lei. Aggrotta la fronte, perplesso dalla sua faccia.
«Cosa?» domanda confuso, con una punta di preoccupazione. Forse, nonostante la poca illuminazione, si è accorto che lei è sbiancata.
«Questo» squittisce Victoire, indicando con un dito il tavolo.
Lui la fissa qualche secondo in silenzio, con quello che sembra sincero compatimento, prima di inarcare un sopracciglio.
«Ad occhio e croce, direi una tavola apparecchiata» risponde derisorio.
Victoire boccheggia, poi serra i denti con un moto di stizza.
«E perché?» investiga imperiosa, incrociando le braccia al petto.
Teddy si lascia sfuggire un lamento esasperato, prima di recuperare le presine e aprire il forno. «Forse perché dobbiamo cenare?» le fa notare laconico, con leggero spregio.
Victoire scuote la testa, cercando di scacciare quel principio di irritazione che minaccia di impossessarsi di lei e farle scappare qualche parola sgradevole di bocca. Si morde con rabbia il labbro inferiore ed emette uno sbuffo.
«Quello l'ho capito» sbotta fosca. «Volevo sapere il perché delle candele e» un altro brivido le scivola lungo la colonna vertebrale. «Dei fiori come centrotavola» sfiata agghiacciata.
Lui la fissa sconvolto con la teglia fumante tra le mani, un istante dopo serra gli occhi gialli con ferocia e arriccia le labbra.
«Dio, Vic, uno cerca di fare una cosa carina e si becca un'inquisizione» protesta tracotante, sbattendo con rabbia lo sportello della cucina alla ricerca di un sottopentola. Lo tira fuori e lo appoggia sul piano della cucina, mettendovi sopra anche la teglia del roast-beff.
Spegne il forno, sbuffando incarognito, dandole le spalle e procedendo a tagliare la carne. Conoscendo il suo orgoglio, è la volta buona che smette di parlarle per sempre.
Sentendosi orribile – e provando pietà per quell'innocente arrosto che sta subendo la sua ira –, avvicina a lui e gli avvolge i fianchi con dolcezza.
«Hai ragione, scusa» borbotta colpevole, appoggiando la fronte contro la sua schiena. «Sei stato molto carino».
«Non dire così, mi fai solo più incazzare» replica Teddy, sprezzante.
«Sono solo rimasta sorpresa» continua Victoire, cauta. «Non è nemmeno il nostro anniversario».
Lui la ignora, continuando a fare il sostenuto e a riempire due piatti con carne e patate fumanti.
«Sai che Sutton mi ha detto che molte coppie che conosce si sono date al sesso a tre» se ne esce Victoire all'improvviso, sperando di coinvolgerlo in una discussione che gli faccia dimenticare l'offesa. «Per cui, mi sono detta-»
«No» stabilisce Teddy, serio e contrariato, voltandosi con i piatti in mano. «Le cose a tre non mi piacciono».
Victoire arcua un sopracciglio, fingendosi stupita.
«Non le hai mai provate» ribatte ragionevole.
Lui si acciglia, storcendo le labbra in una smorfia e appoggiando i piatti sul tavolo. Stappa la bottiglia di vino e rovescia il liquido scarlatto – anche se alla luce delle candele pare nero – nei due calici.
«Fa niente. Non mi interessa avere un altro corpo nudo da toccare quando ci sei tu. E poi» si ferma solo un istante, alzando il capo verso di lei. «Non è che questa Sutton mira a te?»
Victoire ride, avvicinandosi a lui e prendendo posto a tavola. Osserva il piatto ricolmo di cibo mentre un fiotto di calore le invade il petto e le fa nascere un sorriso sulle labbra.
«Teddy?»
«Cosa?» risponde lui, senza alzare gli occhi dal suo, di piatto, e afferrando la forchetta.
«Lo so che detesti quando lo dico» esordisce, incurante dell'occhiata di avvertimento che le viene rivolta. «Ma quando fai così, sei veramente carino. Quasi da sposare» precisa scherzosa.
Lui la fissa inorridito, gli occhi gialli baluginanti dal panico.



*



Chiaramente ha in mente qualcosa.
Victoire lo scruta di sottecchi, ben attenta a non farsi beccare. Passi che lui abbia avuto l'idea di farle una sorpresa, ma guarda caso ha cucinato proprio i suoi piatti preferiti – anche l'Eton mess, e Teddy detesta la panna. La mangia solo spalmata su di lei, ma questo è un altro discorso – come se volesse ben disporla per poi darle una notizia che sa che la farà arrabbiare.
Inoltre, altro indizio da non sottovalutare, non ha mosso nessuna obiezione quando lei gli ha proposto di guardare il film L'amore non va in vacanza.
Considerando che i film romantici lo fanno addormentare – quando non si irrita a morte per l'idiozia dei protagonisti –, è alquanto strano e inquietante che sia seduto da mezzora sul divano, il gomito appoggiato al bracciolo per sorreggersi il viso, con un'espressione indecifrabile e lo sguardo fisso sullo schermo del televisore.
Non ha fatto nemmeno un commento sarcastico. Nulla di nulla.
Victoire, troppo presa dalle sue elucubrazioni per seguire le vicende di Amanda e Iris, ha scandagliato il suo cervello alla ricerca di una spiegazione che possa giustificare il comportamento del ragazzo. Non hanno avuti grandi litigi ultimamente tra di loro, se si esclude i soliti alti e bassi, né con altre persone.
Sbuffa pesantemente, le gambe incrociate sul divano, e decide di darci un taglio con tutte queste manfrine.
«Okay, cosa sta succedendo?» pretende di sapere agguerrita, guardandolo dritto in faccia.
Teddy spalanca gli occhi, senza riuscire a celare lo stupore, poi si acciglia fosco.
«A cosa ti riferisci?» domanda monocorde.
«A questo» gesticola con foga Victoire, indicando il film. «Alla cena. Al fatto che sei stato stranamente carino e accomodante per tutta la sera».
Lui prende un lungo sospiro esasperato, come a voler scacciare via il nervoso.
«Ancora? Ti ho già detto-».
«Evita di prendermi in giro» lo interrompe lei, determinata. «Lo capisco quando mi menti, sai».
Teddy continua a fissarla. A differenza però di quanto credeva, i suoi lineamenti, illuminati solo dalla luce dello schermo, non mostrano né ferocia né insofferenza ma solo imbarazzo. Victoire inarca le sopracciglia, basita da quello che vede.
«Vic» esordisce lui, grave, le palpebre abbassate a nascondere le iridi gialle. «Credo sia il caso di prenderci una pausa» sussurra apatico e distante.
Lei rimane pietrificata, la bocca schiusa e gli occhi sbarrati. Si concentra sulle proprie dita tremanti, cercando di elaborare a fatica quanto ha appena sentito. Con il cuore che rischia di fermarsi da un momento all'altro e il panico – e qualcos'altro di più oscuro e doloroso che non riesce a definire – che l'assale, tenta di racimolare un minimo di freddezza e dignità, prima di tornare a guardarlo in faccia.
E quando lo fa, vorrebbe solo ammazzarlo.
Teddy ha le labbra contratte in un ghigno gongolante e l'espressione di chi si sta divertendo un mondo. Mandando al diavolo qualsiasi controllo e proposito pacifista, Victoire afferra fulminea un cuscino per sbatterglielo sul volto, sperando non solo di prenderlo con la cerniera ma anche di soffocarlo nel mentre.
«Crepa, Teddy» sbraita infiammandosi, portandosi in ginocchio sul divano per colpirlo meglio. Lui si difende a stento con un braccio, troppo impegnato a ridacchiare come l'essere ripugnante che è. «E porta quell'immondo senso dell'umorismo all'inferno con te!»
Quando finalmente lui decide di reagire, dopo essere stato investito da una valanga di cuscinate, le afferra i polsi e la spinge all'indietro. Victoire cade di schiena sul divano e Teddy la sovrasta, impedendole qualsiasi fuga.
«Mollami» ringhia lei truce, divincolarsi. Cerca almeno di tirargli un calcio per scrollarselo di torno, ma Teddy la inchioda sotto di lui con una spinta secca del bacino.
Vederlo continuare a ridere tranquillo, il viso a un palmo dal suo, la fa imbestialire ancora di più.
«Sei veramente un idiota, io davvero non so come-»
«Vieni a vivere con me» propone lui, sereno, la scia delle risate ancora sulle labbra e gli occhi gialli più luminosi.
Victoire sbatte più volte le palpebre, sbigottita. Smette anche di dimenarsi, rinunciando a toglierselo di dosso.
«Che cosa?» gracchia, aggrottando la fronte.
Lui sorride placido, azzardando persino a liberarle i polsi. Punta meglio i gomiti sul materasso del divano, così da non pesarle addosso.
«Ti ho detto di venire a vivere con me» ripete paziente e Victoire, per un istante, ha l'impressione di vederlo arrossire. «Alla fine, se ci pensi, ha senso: passi in questo appartamento la gran parte del tempo, abbiamo entrambi un lavoro e abbiamo bisogno di privacy. L'ultima volta che abbiamo dormito a Villa Conchiglia, Bill ci ha quasi beccati mentre tu mi-».
«Okay» lo blocca lei, animandosi, cercando di scacciare dalla mente quell'episodio imbarazzante e ignorando la luce di divertimento che scorge nello sguardo dell'altro. Si mordicchia le labbra, pensierosa. «Sei sicuro?» sussurra piano.
«Vic, stiamo insieme da quasi sei anni» le fa notare mite, baciandole la mandibola e scendendo più giù, verso il collo. Victoire si costringe ad ignorare il brivido ardente che le ha scosso il corpo. «Lo so che avermi intorno ti manda fuori di testa, ma penso che sia arrivato il momento di fare un passo avanti».
«Già» borbotta lei, sovrappensiero. Poi corruga le sopracciglia e lo guarda con stizza. «Anche se dopo lo scherzetto di prima-»
«Ti ho preparato una cena a lume di candele» la interrompe Teddy, con superiorità, alzando il capo di scatto e smettendo di tormentare la sua gola con baci e morsi. «Ho sopportato con abnegazione e coraggio tutti quei piagnistei melensi. E tu, come ringraziamento, non hai fatto altro che stressarmi per scoprire se avevo doppi fini-»
«Che avevi» lo blocca a sua volta Victoire, recriminatoria.
Lui scrolla le spalle, con noncuranza.
«Allora?»
«Allora cosa?»
Teddy sbuffa piano, vagamente spazientito. Sebbene la maschera indecifrabile che si ostina ad indossare, le sembra di scorgere una punta di trepidazione in quegli occhi gialli.
«Che ne pensi della mia idea?» domanda distaccato, sussurrandolo contro le sue labbra.
E Victoire rimane in silenzio. Perché se da una parte il suo cervello le fa notare che è un'evoluzione naturale del loro rapporto – che lei stessa ha preso in considerazione –, la sorpresa di sentirselo proporre così all'improvviso la spiazza e la impaurisce.
Sa che, a volte, quando si ottiene quello che si desidera, poi si deve fare i conti con il fatto che la realtà è ben più complessa di una fantasia.
«Non mi devi dare subito una risposta» sta dicendo lui, vagamente inquieto da quella assenza di entusiasmo. «Pensaci, okay?»
Lei annuisce, afferrandolo per la maglietta e tirandoselo contro. Lo bacia con impeto, affondando le dita tra i suoi capelli scuri, mentre sente le mani di Teddy intrufolarsi sotto la maglietta e poi salire più in alto, ad accarezzare il profilo dei suoi seni.
«Nel frattempo, se me lo permetti, vorrei mostrarti i vantaggi della convivenza» mormora lui al suo orecchio, prima di tornare a baciarla.



*



Appena gira la chiave nella toppa e apre la porta dell'appartamento, i suoi sensi da lupo – quella manciata di geni che Remus gli ha trasmesso – lo avvertono del pericolo.
Tende l'orecchio, vigile, mentre si avvicina silenzioso e circospetto alla cucina, da cui provengono rumori e odori sospetti, la mano che già stringe il manico della bacchetta.
Lì, Victoire, ignara, gli mostra la schiena, troppo concentrata a far rosolare il bacon in una padella. Da quello che indossa – una maglia che gli ha fregato una vita fa e che lui generosamente non pretende indietro solo per beneficiare dello spettacolo delle sue gambe nude – e da come è stropicciata, ipotizza che deve aver dormito da lui.
Rimane comunque in attesa, con quella sensazione di allarme ancora sottopelle. Forse, visti i recenti sviluppi, la tavola perfettamente imbandita per la colazione non è esattamente un segnale incoraggiante.
«Ehi, ciao!» trilla allegra Victoire quando, girandosi per recuperare un paio di piatti dalla credenza, scorge la sua fosca presenza immobile accanto allo stipite della porta.
Teddy, senza toglierle gli occhi di dosso, spedisce con un movimento della bacchetta il mantello verso l'appendiabiti.
«Cosa stai facendo?» domanda piatto, lievemente teso, avvicinandosi con circospezione.
Victoria sorride, sbattendo con innocenza le palpebre.
«Preparo la colazione» risponde candida, appoggiando con una forchetta il bacon sopra due fette tostate. Sorride soddisfatta del risultato, dopo aver aggiunto anche le uova in camicia.
Teddy solleva appena un sopracciglio, impassibile.
«Che diavolo sta succedendo?» scandisce sospettoso, quasi aggressivo.
Victoire lo guarda con due occhi azzurri limpidi.
«Volevo solo preparare la colazione» continua con quella farsa che sta seriamente rischiando di fargli saltare i nervi, troppo impegnata ad ultimare le uova alla Benedict. «Visto che hai passato tutta la notte in ufficio per rivedere quelle pratiche e terminare il rapporto sull'ultima missione».
Teddy la fissa truce e minaccioso, torturandola in un silenzio pesante e accusatorio, fino a quando lei sbuffa e decide di gettare la spugna.
Poggiati i piatti sul tavolo, Victoire abbassa lo sguardo e si morde le labbra, ansiosa. Lui prende un respiro profondo senza fare il minimo rumore, incrociando le braccia al petto e preparandosi mentalmente ad affrontare l'ennesima sciagura che minaccia di rovinargli l'esistenza.
«Ecco» inizia lei incerta, spiando di sottecchi il suo volto con un'occhiata veloce e nervosa. «Forse è meglio se ti siedi».
«Sto bene in piedi» ribatte subito Teddy, brusco. «Avanti, parla».
Victoire sbuffa pazientemente, avvicinandosi fino ad arrestarsi ad un palmo da lui. Deglutisce, sforzandosi di sorridere e gli stringe il gomito in una morsa che grida preoccupazione e tensione.
Con il sangue ghiacciato e il cuore che martella nelle orecchie, Teddy si chiede se è così che si è sentito Harry quando ha avuto lo scontro finale con Voldemort.
«Alla fine noi stiamo insieme da tanto, no? Per cui non sarà un grande problema... cioè, non è neanche un problema... è capitato, okay? Non lo avevamo messo in conta, ma è successo» mitraglia infine lei, agitata, facendogli spalancare gli occhi e sbiancare i capelli per la paura.
Teddy rimane fermo, fulminato per qualche secondo. Poi aggrotta la fronte con fastidio, gli occhi gialli che urlano punizioni peggiori della morte.
«Non sei incinta» stabilisce gelido.
«Teddy, davvero, non c'è bisogno di prenderla in questo mod-»
«Prendi poco per il culo» la blocca incollerito. I capelli passano dal bianco al nero, anche se per un attimo hanno esitato su un rosso violento. «Hai avuto l'ultimo ciclo mercoledì, senza ritardi. Non sei incinta» ripete sicuro.
Victoire lo guarda interdetta. Poi gli rivolge un sorriso furbo.
«Sai che è inquietante che tu tenga il conto delle mie mestruazioni?» gli fa notare sarcastica.
«Mi hai mandato a comprarti gli assorbenti» le ricorda sibilando, altero. «Difficile dimenticare il ridacchiare della commessa e delle altre oche che ti guardano come se fossi lo spettacolo più divertente a questo mondo. E poi, con il ciclo sei insopportabile. Il primo giorno ringhi come un Lupo Mannaro con luna piena, se ti sfioro per caso, gli altri li passi a piangere come un rubinetto rotto, commuovendoti pure se ti mescolo lo zucchero nel tè» illustra caustico e brutale.
Victoire spalanca la bocca, digrigna i denti e gli molla un pugno tra le costole. Lui inarca appena un sopracciglio, stoico, quasi a sottolineare di non essersi quasi accorto del colpo.
«Quindi?» sbotta impettito. «A cosa devo questo patetico teatrino?»
Victoire accenna un sorriso divertito, scrollando le spalle.
«Forse volevo restituirti il favore» ammette con quel tono mellifluo che ha appreso da quell'idiota di Delacour e che lo indispone a morte. «Paura, eh?»
Lui rimane in silenzio, limitandosi a fissarla con quella che pare genuina pena.
«Sei una stronza» commenta spassionato, facendola ridacchiare.
«Ho imparato dal migliore» dichiara allegra, dandogli le spalle per versare il tè dal bollitore nelle due tazze presenti sul tavolo.
Ed è così che, ingenuamente, credendo di cavarsela con così poco, non vede il sorrisetto che lentamente stende le labbra a Teddy, né tanto meno il lampo di perfidia che gli balugina negli occhi gialli.
Si accosta a lei quasi con casualità, le mani che si chiudono sopra i suoi fianchi e il naso che le accarezza la curva del collo.
Victoire si irrigidisce di scatto, presa alla sprovvista. Quasi le è scivolato di mano il bollitore, considera con somma soddisfazione Teddy.
«Che fai?» chiede stupefatta, con una punta di preoccupazione che traspare dalla sua voce, voltando la testa di lato per poterlo guardare di sbieco.
«Ti saluto» soffia direttamente contro la sua pelle, depositandovi piccoli baci e sentendola rabbrividire al suo tocco. Le mani scivolano languide sempre più in basso, oltre la maglietta, fino a sfiorare quasi con casualità il bordo degli slip. «Ma se non vuoi...» lascia in sospeso, suadente, allontanandosi.
Victoire si volta con un'espressione sdegnata – il bollitore ora è al sicuro sul tavolo –, gli occhi azzurri ridotti in due fessure. Se lui non fosse così deciso a proseguire il geniale piano che ha preso forma nella sua mente, forse si fermerebbe a constatare quanto è straordinariamente eccitante animata dalla rabbia.
«Tu sei il capo degli stronzi, Teddy» afferma con sguardo fiammeggiante.
Per così poco, pensa beffardo con un sorrisetto che proprio non riesce a nascondere. Si abbassa di nuovo verso di lei, avventandosi con foga sulla sua bocca.
Victoire gli circonda le braccia il collo, mordendogli dispettosa il labbro inferiore con forza fino a strappargli un lamento. Si scosta quanto basta per guardala adirato e lei gli risponde con un sorriso angelico.
Al che Teddy decide che la sua vendetta è più che legittima.
Però nel momento in cui Victoire torna a baciarlo con urgenza, circondandogli le spalle e attirandolo a sé, tutta la sua determinazione inizia a vacillare. Sentirla così vicino – calda, seminuda e disponibile – manda vergognosamente al diavolo il suo raziocinio.
In più, quel traditore del suo corpo sta cercando deliberatamente di sabotarlo. Quando Victorie si è abbandonata contro di lui – non indossa il reggiseno, registra distrattamente Teddy -, ha fatto davvero fatica a ricordarsi di avere un obiettivo da portare a termine: tra mani che slacciano precipitose i bottoni della camicia, lui che la stuzzica sotto gli slip e lei che geme contro la sua bocca, il sangue ha finito inevitabilmente per fluire in basso. Si costringe a pensare alle cose meno sessuali che gli vengono in mente – sua nonna in vestaglia e bigodini in testa, Delacour, Draco Malfoy e i suoi pavoni - per evitare di cedere e prenderla sul tavolo della cucina.
Si stacca a malincuore, mascherando la sua insoddisfazione dietro una maschera di finto rammarico mentre Victoire lo guarda confusa, gli occhi azzurri vacui.
«Scusami» sussurra amabile, con un sorriso che sa di trionfo. «Non vorrei far freddare la colazione che hai tanto amorevolmente ordinato da Carpe Diem Coffee» spiega spietato, riallacciandosi con movimenti lenti e controllati la camicia.
Victoire avvampa di colpo, sia per essere stata smascherata dal suo imbroglio culinario – difficile credere che quelle uova alla Benedic siano davvero opera sua, quando non ci è mai riuscita in tre anni – sia per la consapevolezza di essersi fatta prendere per il naso in quel modo.
Gli rivolge un'occhiata di pura indignazione, prima di fare dietro front e marciare verso la cassettiera della cucina. Teddy la segue di buon umore, attento però a non lasciarsi sfuggire nemmeno un suono della risata che gli anima il petto, consapevole che Victoire incazzata vicino ai coltelli non è da prendere sottogamba.
La sente imprecare sottovoce e mettere a soqquadro l'intero cassetto – borbotta anche un maledetto, meschino, vile bastardo al quale ormai ci ha fatto l'abitudine – mentre lui si ferma alle sue spalle.
«A proposito» riprende con noncuranza. «Ho incrociato Adelaide al Ministero, quando sono andato a consegnare il rapporto. Ti saluta e mi ha chiesto se ci vediamo per un caffè. Non ti dispiace, vero?» chiede vago, sussurrandoglielo all'orecchio, appoggiando entrambe le mani sul piano della cucina e intrappolandola tra il suo corpo e il mobile.
Victoire si gira lentamente, le posate strette in una mano – tra cui ci sono anche un paio di coltelli – e gli occhi azzurri illuminati dalla collera. Teddy sopprime a forza il divertimento, consapevole di star rischiando lo sgozzamento.
«Ma ti pare?» sputa tra i denti lei, squartandolo con lo sguardo. «Ho fame. Ti vuoi levare?» sbotta bellicosa, cercando di sgusciare via
Teddy rimane immobile, rendendo vano qualsiasi tentativo di fuga. La sua espressione di superiore sufficienza sembra far infuriare ancor di più Victoire, che poggia le mani contro il suo petto per spingerlo via.
«Ho visto, infatti, com'eri affamata» replica sardonico lui, con un ghigno, senza però muovere un muscolo.
Victoire serra la mascella con uno spasmo così violento che rischia quasi di romperle l'osso. Stringe ancora di più i pugni – probabilmente nella sua mente sta prendendo forma l'idea di eliminarlo fisicamente e porre fine al problema –, le labbra contratte e le orecchie arrossate, dalle quali, a Teddy, sembra quasi di vedere uscire del fumo nero.
«Ti avverto, Teddy, sto davvero per farti del male» minaccia velenosa, divincolandosi.
Lui sbuffa con scherno, alzando gli occhi al cielo, incurante di stare seriamente rischiando la vita.
«Tremo» dice indifferente. La sua attenzione viene catturata da una pila di riviste sul mobile, alla sua destra. «Che cosa sono?» domanda, aguzzando la vista per leggere i titoli delle copertine.
Spalanca appena gli occhi gialli quando capisce cosa sono, riportando l'attenzione su Victoire – che si è chiusa in un silenzio imbarazzato e furioso – e ridacchia trionfante.
«Evita di cantare vittoria» lo avvisa lei, secca. «Non ci scopo con gli stronzi, figurati se ci vado a vivere» afferma risentita.
«A voler essere precisi, tu scopi con il capo degli stronzi» la corregge Teddy, provocatorio, ancora con la traccia delle risate sulle labbra. «Dorset, eh?» considera interessato, guardando di nuovo le riviste di vendita e affitto case.
«Era un'idea» smozzica Victoire, nervosa. Si sforza di fare un sorriso di scherno. «Tu dici che ad Adelaide piacerà?» domanda dura, incrociando le braccia al petto.
«Posso chiederglielo».
Lei si morde le labbra con rabbia, appoggiando – anche se sarebbe meglio dire lanciando – le posate sul piano della cucina e, rapida, si abbassa per passare sotto il suo braccio e svignarsela senza commettere un omicidio.
Non fa nemmeno un passo, che Teddy la riacciuffa al volo, stringendole gli avambracci in una morsa decisa ma non dolorosa.
«Lasciami» ordina aggressiva.
«Dai, Vic, stavo scherzando» afferma lui, ilare, sfiorandole i capelli con un bacio.
«Sei un imbecille» ribatte Victoire, piccata. «A volte mi chiedo perché perdo ancora tempo con te».
«Perché ti diverto e mi ami da impazzire?»
«Non mi sto affatto divertendo!»
«Ora» sottolinea Teddy, scoccandole un morso sul collo e sogghignando del sospiro che segue. «Non dirmi che prima non gongolavi con la storia della gravidanza».
Victoire si volta quanto basta per guardarlo negli occhi, per nulla addolcita.
«A differenza tua, io so quando fermarmi» ribatte severa. «Tu hai montato una vendetta per uno scherzo innocuo. Hai pure tirato in ballo la Tuppet-».
«Mi ha davvero chiesto di uscire» la interrompe lui, schietto. «Tranquilla, le ho fatto sapere che non sono più sulla piazza» rivela davanti alla sua faccia allibita.
«Dopo questa, rischi seriamente di tornarci» minaccia lei, fomentandosi.
Teddy sbuffa annoiato, trattenendosi dall'alzare gli occhi al soffitto.
«Non volevo farti incazzare» la balla appena pronunciata e l'occhiata scettica di Victoire, lo costringono a raddrizzare il tiro. La lascia andare dalla sua morsa, tanto sa già che non scapperà. «Okay, era mia precisa intenzione farlo... scusa» espelle controvoglia, storcendo il naso, seccato.
Victoire lo scruta a lungo e si gira, meditabonda. Anche se la sua espressione è ancora tesa, il suo corpo pare iniziare a rilassarsi. Sta comunque attenta a tenerlo a distanza, decisa a non sfiorarlo nemmeno per sbaglio.
«Ti dovrai far perdonare» stabilisce implacabile, alzando il mento con sfida.
Teddy inarca un sopracciglio, scettico.
«Sulla cosa a tre non cedo» si ostina glaciale.
Victoire si morde le labbra, cercando di soffocare il sorriso che le è inevitabilmente spuntato.
«No, pensavo a qualcosa di più casto» inizia con falsa innocenza, facendo corrugare le sopracciglia all'altro. «Tanto per cominciare, seguirai il Campionato di Quidditch» pretende spietata, gongolando della smorfia di disappunto di Teddy. «E poi voglio con una cena con Etienne e Molly».
«Non qui» precisa lui, brusco. «Non ho voglia di lavare il sangue dalle pareti».
«Potrei anche decidere di lasciarti in bianco per un po'» considera Victoire a mezza voce, pensierosa.
Teddy inclina il capo di lato, malcontento.
«A sto punto, credo che la cintura di castità sia il male minore» borbotta truce. «Prevede altro il mio martirio?» domanda meno ostile di quanto vorrebbe, circondandole la vita con un braccio.
Victoire ridacchia e scuote via i riccioli e il malumore dal viso, cercando di spintonarlo via senza troppa convinzione.
Teddy rimane fermo, gli occhi che si beano estasiati dello spettacolo che ha di fronte. Poi, china appena il capo con un mezzo sorriso e si abbassa in ginocchio di fronte a lei.
«Cosa-» farfuglia Victoire, la risata che che le si blocca in gola mentre le mani di lui le fanno scivolare gli slip fino al pavimento.
«Inizio a farmi perdonare, sperando di compiacere il mio carnefice» svela solerte, arrotolando la maglia di Victoire all'ombelico. «Certo, potrei seguire la tua idea e lasciarti in bianco proprio sul più bello. Ma oggi mi sento magnanimo» puntualizza compito, alzando gli occhi verso di lei, le labbra contro la pelle del bacino. «Puoi spiegarmi perché vorresti andare a vivere nel Dorset, nel mentre. Ti ascolto».
Victoire stringe le dita intorno alle ciocche scure dei suoi capelli, inarcandosi leggermente e allargando le labbra, quando Teddy si impegna per supplicare clemenza.





«Non è un po' troppo grande?» domanda dubbiosa Victoire, terminato il giro di perlustrazione degli ambienti della casa che si affaccia sul Durdle Door.
Teddy arcua un sopracciglio, superiore.
«Perché?» ribatte atono.
Lei si stringe nelle spalle, indecisa.
«Due camere da letto mi sembrano troppe» riflette seria.
«Una in più può sempre servire» afferma risoluto. «Nel caso venga a trovarci qualche scocciatore o...».
«O?» lo sprona Victoire, girandosi verso di lui. Strabuzza gli occhi, incredula. «Teddy Lupin, sei davvero arrossito?» domanda divertita.
«Finiscila di fare l'oca» la riprende aspro. «Non era un'allusione a vagiti o a robe simile. Non ho alcuna intenzione di sentirli in futuro».
Victorie stringe le labbra per reprimere un sorriso, dicendosi che Teddy è adorabile quando mente.







Credo di pensare all'amore più di quanto in realtà si dovrebbe;
resto sempre sbalordita dal potere assoluto che ha di alterare e definire la nostra vita.
È stato sempre Shakespeare a scrivere 'L'amore è cieco'.
Ecco, questo so che è vero.”
L'amore non va in vacanza










Ehm.
Non so se questa cosa sia esattamente fluff. Zia Black, la mia beta di fiducia, dice che è un'ottima interpretazione della parola “tenero” (leggasi, delego qualsiasi responsabilità a lei. Criticatela pure, deve guadagnarsi la pagnotta!).
Per me lo è, ma io non sono proprio la persona più romantica di questo mondo. Nemmeno Teddy, riflettendoci. Considerato il personaggio, credo che questo sia il massimo del fluff che mi concede.
L'amore non va in vacanza è un film che mi piace tantissimo. Sarà che c'è Kate Winslet – che io amo alla follia!-, sarà che mi ricorda le sere d'inverno in cui io e mia sorella, firmata una tregua dalla nostre soliti liti, lo guardavamo sotto il piumone.
Trickster è una creatura mitologica dedita all'inganno. La mia – poca – conoscenza su questo essere si basa sulla serie tv Supernatural. Come titolo, mi è sembrato azzeccato.
Bene, direi che anche stavolta è tutto. Vi ringrazio per essere arrivati fin qui.
A presto,
Blue




Eton mess: dolce con meringa, panna montata e fragole.
Carpe Diem Coffee: esiste veramente, si trova a Londra.
Durdle Door: dalle foto, sembra bellissimo. È un arco di pietra sulla spiaggia, nel Dorset.




   
 
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