Iniziativa: Looktober 2020 di LandeDiFandom
Prompt: 27. Toga
Note: Persefone è la giovane stagista allo studio legale di Ade. Buona lettura :)
23. Una giovane e impulsiva stagista
Ade rientrò allo studio legale più nero di quanto
fosse uscito.
Se ne accorsero tutti, anche Persefone che notò subito la
toga svolazzare a causa del suo pesante e nervoso incedere. Era un
brutto segno: se non aveva voluto cambiarsi in tribunale, allora
l’udienza era stata un totale disastro.
«Persefone» la chiamò Ade autoritario,
passandole davanti senza neppure fermarsi.
E quello era un ancora peggio: il fatto che sottintendesse di farsi
seguire, come se lei fosse stata il suo cane. Non se la prese
poiché comprendeva quel sentimento di abbattimento, anche se
era una semplice tirocinante: provava lo stesso quando ai professori
girava male, nonostante lei si presentasse agli esami puntuale e
preparata.
Lo seguì nel suo ufficio privato, una stanzetta in cui
spiccavano volumoni di leggi e codici, plichi di pratiche, cartelle e
registri colorati. Come la prima volta, rimase sorpresa nel constatare
come ce ne fossero pochi fuori posto: la maggior parte era ordinata nei
ripiani della libreria.
Ade aveva abbandonato la borsa sulla scrivania e si stava sfilando la
toga in fretta, sotto lo sguardo di Persefone che arrossì.
Forse, aveva recepito male il messaggio e sarebbe stato meglio tornare
alla propria postazione.
Tuttavia, il suo capo sembrava non prestarle alcuna attenzione, mentre
sistemava la camicia lisciandone il tessuto sul petto e le braccia.
«Hai qualcosa da fare adesso?» le chiese, cercando
qualcosa nella borsa.
Persefone scosse la testa, ma, dato che sembrava non averla vista,
parlò: «No».
Ade asserì con un mugugno e un cenno, recuperando la
cravatta per annodarla di nuovo al collo. «Perfetto. Allora
puoi aspettare anche qui».
Lei stava osservando con troppo interesse i suoi movimenti, le sue dita
lunghe che si muovevano agili, i suoi capelli arruffati e i suoi occhi
attenti, profondi, e non lo ascoltò.
«Persefone?»
Persefone sbatté le palpebre, riprendendo
lucidità. «Cosa?»
«Puoi aspettare qui, o di là»
ripeté lui.
Rimase ancora più dubbiosa: cosa doveva aspettare?
«Hai un appuntamento» rispose Ade al suo sguardo
confuso.
«Cosa?!» Lei era solo la stagista, tra qualche mese
avrebbe concluso il percorso formativo e conseguito
l’abilitazione, non una dei suoi avvocati. Di cosa stava
parlando?
Ade alzò un angolo delle labbra, divertito. «Non
risale alla scorsa settimana la tua ultima ramanzina?»
Persefone ansimò dalla vergogna e si prese tra le mani il
volto in fiamme. Avrebbe voluto urlare dalla frustrazione e cancellare
quello che era successo. Quel brutto vizio che aveva di parlare a
sproposito… la metteva sempre nei guai.
«Se non ricordo male,» proseguì lui,
«avevi detto qualcosa su come questa» e
afferrò la toga «non debba rappresentare una
casta, ma il privilegio di porsi al servizio della
comunità».
Nonostante il tono fosse sinceramente ilare e non canzonatorio,
Persefone si diede mentalmente della sciocca. Certo che aveva detto
quelle parole: era stata fermata da una signora in lacrime e, presa
dall’impeto di volerla aiutare, si era precipitata subito da
Ade per sottoporgli il caso, ma lui l’aveva liquidata con un
secco: «No, non ricade nelle competenze del nostro studio
legale». A quel punto, Persefone si era inalberata e se
n’era uscita fuori con quella che, dopo, le era sembrata la
più grossa stupidaggine mai sfuggitale di bocca.
Mugugnò un assenso e sospirò, scoprendo il volto
ma, ancora, non aveva il coraggio di guardarlo.
«Così, ho pensato che non avessi del tutto
torto». Ade le si avvicinò, appoggiandosi alla
scrivania.
Persefone lo spiò appena, con la coda dell’occhio,
le guance ancora in fiamme, mordendosi le labbra, tesa.
«Ho pensato anche che sia arrivata l’ora di
ampliare lo studio e, quindi, considerare quella fascia di clientela
che rifiutavamo prima – e in cui ricade anche la
signora».
Lei voltò lentamente la testa e lo fissò
imbarazzata. «Non avrebbe dovuto darmi ascolto».
D’altro canto, chi era lei?
Ade la guardò, calmo e composto, com’era in tutto
ciò che faceva. «Perché no?
Perché sei una stagista?»
Esattamente. «Non ho nessuna esperienza e ho troppa
impulsività. L’ha detto anche lei».
Le sue spalle tremarono leggermente, scosse dalla risata che
camuffò in un colpo di tosse. «È
così, ma sei ancora giovane».
Persefone, allora, sospettò ci fosse altro sotto, ma lui era
stato sincero con lei sin dal principio, quando le aveva detto che non
avrebbe potuto assumerla dopo quei mesi di stage. Non avrebbe iniziato
a mentirle adesso, né a prenderla in giro.
«Per questo motivo, credo sia giusto farti fare un ulteriore
passo in avanti. La signora dovrebbe arrivare a momenti e potrai darci
una mano a risolvere la sua problematica».
Oh, se avesse potuto, l’avrebbe baciato!
No.
Abbracciato. Solo abbracciato, sì.
Ma erano a lavoro, lei non aveva tutta quella confidenza con lui ed era
certa che quel tipo di manifestazione di gratitudine
l’avrebbe soltanto infastidito. Così, gli sorrise
al colmo della felicità.
«Grazie, capo» accettò.
Quell’esperienza avrebbe costituito il punto di partenza per
la sua futura carriera di avvocato. Certo, le sarebbe piaciuto rimanere
lì, con lui e tutti gli altri, ma, magari, le loro strade si
sarebbe incrociate altre volte.
Magari, tra qualche anno, si sarebbe scontrati in tribunale, entrambi
in tenuta ufficiale e agguerriti.
L’immagine la elettrizzò: chissà se lui
si sarebbe infervorato per far valere le ragioni del suo cliente?
«Capo, è arrivato l’appuntamento delle
sedici» annunciò la voce di Thanatos, bussando
alla porta.
Persefone sobbalzò, distratta, e tentò di
ricomporsi, ma era troppo irrequieta.
Ade la colpì piano con una pacca sulla spalla destra per
infonderle impacciatamente un po’ di coraggio.