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Autore: Calime    27/10/2020    1 recensioni
[Modern!AU + Age gap]
1) Quel party che Ade voleva snobbare - Se avesse avuto parecchi anni di meno – magari fosse stato un suo coetaneo –, Ade sarebbe arrossito per la vergogna di essere stato smascherato.
7) Il segno - C’era di mezzo una donna. Ade aveva una donna, per forza.
11) Waiting for Superman - «Senti, facciamo così: ti accompagno io a casa» le propose.
12) Distrazioni - Certo, poteva anche esserselo sognato – e solo gli dèi sapevano quanto e cosa, come, chi, sognasse ogni notte –, eppure ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
20) Più prezioso dell'oro - «Non vi pagheranno il riscatto» mormorò, poi, mettendo in chiaro quello che, probabilmente, sapeva bene anche lui.
23) Una giovane e impulsiva stagista - Ade alzò un angolo delle labbra, divertito. «Non risale alla scorsa settimana la tua ultima ramanzina?»
24) Insonnia - «È ancora presto»
25) Popolarità - Fu un gemito strozzato e Persefone alzò gli occhi su Ade, allarmata.
26) Creare la giusta atmosfera - «Così è troppo semplice» sbuffò.
Raccolta di storie scritte per l'iniziativa del Looktober 2020 di LandeDiFandom.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Persefone
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Looktober 2020'
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Iniziativa: Looktober 2020 di LandeDiFandom
Prompt: 27. Toga
Note: Persefone è la giovane stagista allo studio legale di Ade. Buona lettura :)








23. Una giovane e impulsiva stagista




Ade rientrò allo studio legale più nero di quanto fosse uscito.
Se ne accorsero tutti, anche Persefone che notò subito la toga svolazzare a causa del suo pesante e nervoso incedere. Era un brutto segno: se non aveva voluto cambiarsi in tribunale, allora l’udienza era stata un totale disastro.
«Persefone» la chiamò Ade autoritario, passandole davanti senza neppure fermarsi.
E quello era un ancora peggio: il fatto che sottintendesse di farsi seguire, come se lei fosse stata il suo cane. Non se la prese poiché comprendeva quel sentimento di abbattimento, anche se era una semplice tirocinante: provava lo stesso quando ai professori girava male, nonostante lei si presentasse agli esami puntuale e preparata.
Lo seguì nel suo ufficio privato, una stanzetta in cui spiccavano volumoni di leggi e codici, plichi di pratiche, cartelle e registri colorati. Come la prima volta, rimase sorpresa nel constatare come ce ne fossero pochi fuori posto: la maggior parte era ordinata nei ripiani della libreria.
Ade aveva abbandonato la borsa sulla scrivania e si stava sfilando la toga in fretta, sotto lo sguardo di Persefone che arrossì. Forse, aveva recepito male il messaggio e sarebbe stato meglio tornare alla propria postazione.
Tuttavia, il suo capo sembrava non prestarle alcuna attenzione, mentre sistemava la camicia lisciandone il tessuto sul petto e le braccia.
«Hai qualcosa da fare adesso?» le chiese, cercando qualcosa nella borsa.
Persefone scosse la testa, ma, dato che sembrava non averla vista, parlò: «No».
Ade asserì con un mugugno e un cenno, recuperando la cravatta per annodarla di nuovo al collo. «Perfetto. Allora puoi aspettare anche qui».
Lei stava osservando con troppo interesse i suoi movimenti, le sue dita lunghe che si muovevano agili, i suoi capelli arruffati e i suoi occhi attenti, profondi, e non lo ascoltò.
«Persefone?»
Persefone sbatté le palpebre, riprendendo lucidità. «Cosa?»
«Puoi aspettare qui, o di là» ripeté lui.
Rimase ancora più dubbiosa: cosa doveva aspettare?
«Hai un appuntamento» rispose Ade al suo sguardo confuso.
«Cosa?!» Lei era solo la stagista, tra qualche mese avrebbe concluso il percorso formativo e conseguito l’abilitazione, non una dei suoi avvocati. Di cosa stava parlando?
Ade alzò un angolo delle labbra, divertito. «Non risale alla scorsa settimana la tua ultima ramanzina?»
Persefone ansimò dalla vergogna e si prese tra le mani il volto in fiamme. Avrebbe voluto urlare dalla frustrazione e cancellare quello che era successo. Quel brutto vizio che aveva di parlare a sproposito… la metteva sempre nei guai.
«Se non ricordo male,» proseguì lui, «avevi detto qualcosa su come questa» e afferrò la toga «non debba rappresentare una casta, ma il privilegio di porsi al servizio della comunità».
Nonostante il tono fosse sinceramente ilare e non canzonatorio, Persefone si diede mentalmente della sciocca. Certo che aveva detto quelle parole: era stata fermata da una signora in lacrime e, presa dall’impeto di volerla aiutare, si era precipitata subito da Ade per sottoporgli il caso, ma lui l’aveva liquidata con un secco: «No, non ricade nelle competenze del nostro studio legale». A quel punto, Persefone si era inalberata e se n’era uscita fuori con quella che, dopo, le era sembrata la più grossa stupidaggine mai sfuggitale di bocca.
Mugugnò un assenso e sospirò, scoprendo il volto ma, ancora, non aveva il coraggio di guardarlo.
«Così, ho pensato che non avessi del tutto torto». Ade le si avvicinò, appoggiandosi alla scrivania.
Persefone lo spiò appena, con la coda dell’occhio, le guance ancora in fiamme, mordendosi le labbra, tesa.
«Ho pensato anche che sia arrivata l’ora di ampliare lo studio e, quindi, considerare quella fascia di clientela che rifiutavamo prima – e in cui ricade anche la signora».
Lei voltò lentamente la testa e lo fissò imbarazzata. «Non avrebbe dovuto darmi ascolto». D’altro canto, chi era lei?
Ade la guardò, calmo e composto, com’era in tutto ciò che faceva. «Perché no? Perché sei una stagista?»
Esattamente. «Non ho nessuna esperienza e ho troppa impulsività. L’ha detto anche lei».
Le sue spalle tremarono leggermente, scosse dalla risata che camuffò in un colpo di tosse. «È così, ma sei ancora giovane».
Persefone, allora, sospettò ci fosse altro sotto, ma lui era stato sincero con lei sin dal principio, quando le aveva detto che non avrebbe potuto assumerla dopo quei mesi di stage. Non avrebbe iniziato a mentirle adesso, né a prenderla in giro.
«Per questo motivo, credo sia giusto farti fare un ulteriore passo in avanti. La signora dovrebbe arrivare a momenti e potrai darci una mano a risolvere la sua problematica».
Oh, se avesse potuto, l’avrebbe baciato!
No.
Abbracciato. Solo abbracciato, sì.
Ma erano a lavoro, lei non aveva tutta quella confidenza con lui ed era certa che quel tipo di manifestazione di gratitudine l’avrebbe soltanto infastidito. Così, gli sorrise al colmo della felicità.
«Grazie, capo» accettò.
Quell’esperienza avrebbe costituito il punto di partenza per la sua futura carriera di avvocato. Certo, le sarebbe piaciuto rimanere lì, con lui e tutti gli altri, ma, magari, le loro strade si sarebbe incrociate altre volte.
Magari, tra qualche anno, si sarebbe scontrati in tribunale, entrambi in tenuta ufficiale e agguerriti.
L’immagine la elettrizzò: chissà se lui si sarebbe infervorato per far valere le ragioni del suo cliente?
«Capo, è arrivato l’appuntamento delle sedici» annunciò la voce di Thanatos, bussando alla porta.
Persefone sobbalzò, distratta, e tentò di ricomporsi, ma era troppo irrequieta.
Ade la colpì piano con una pacca sulla spalla destra per infonderle impacciatamente un po’ di coraggio.







   
 
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