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Autore: CatherineC94    30/10/2020    4 recensioni
«Sei felice?» «Molto. Non ho più freddo. Quando mi abbracci, sento tutto il calore del mondo». Storia partecipante all'iniziativa Scrivimi del gruppo Facebook Caffé e Calderotti.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Storia partecipante all'iniziativa Scrivimi del gruppo Facebook Caffé e Calderotti.
 
«Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino».
Eugenio Montale, Satura.
 
 
Tutto il calore del mondo
 
 
Lo specchio riflette un’immagine diversa.
Si guarda interessata, allungando le braccia e di rimando stira le pieghe della lunga veste scura. Al collo, il leggero filo di perle che indossa sembra quasi tagliare il lungo collo, stretto nella morsa del velluto nero.
I capelli sono immobili, sapientemente acconciati in una crocchia e gli occhi continuano a guardare indietro, sul piccolo scaffale vicino al suo lato del letto. Rivede qualche foto, istantanee di tempi passati che sembrano mai accaduti, una camicia è ancora appesa allo sgabello e un sacchetto blu troneggia, ricolmo di Gobbiglie.
Attraversa la stanza, lo strascico della veste che accarezza dolcemente il pavimento e la mani ferme sul grembo.
Osserva fuori dalla finestra la gente gioire, esultare.
Si tocca il labbro con l’indice destro, ripensando alla complessa trama della sua esistenza; per anni  ne ha cucito, scucito e ricucito l’intreccio, paziente.
Ha aspettato, spasimato il calore e adesso il vuoto la soffoca.
Le manca il respiro, scende la scale  mentre il freddo e la solitudine la fagocitano, spietati.
 
 
«Vorresti giocare a Gobbiglie con me?»
«Lo farò solo perché hai avuto il coraggio di chiedermelo».
 
Sente bussare alla porta, sa già chi è e il perché di quella visita.
I suoi occhi saettano verso la culla teneri, permettendosi un attimo di essere avvolta dal calore; rivede i suoi occhi, ma non riesce nemmeno a distendere le labbra.
Non ha mai sorriso durante la sua infanzia, non le appartiene.
Le poche volte che ha deciso di farlo ha goduto, come un ladro che ruba qualcosa che non potrà mai essere sua e di conseguenza arriva il conto.
Il dolore quasi la schiaccia, ma rimane diritta e fissa chi ha richiesto la sua attenzione.
Lo vede fremere di fronte alla sua immagine, cosa pensa? Non può sapere che lo fa anche lei ogni mattina, quando nei suoi tratti la ritrova.
Marchiata a vita, in ricordo del suo sangue, della sua stessa carne che non può essere eliminata o messa da parte.
La furia acceca i suoi occhi, anche se la progenie ha stabilito questa eterna somiglianza e dannazione, lei l’ha sempre rifiutata con tutta se stessa.
 
« Sei sicura? Non potrai tornare indietro»
«Lo sono, batterti a Gobbiglie è una voglia quotidiana, ormai»
«Ma se ti lascio sempre vincere di proposito!»
 
Lo guarda attentamente e ne sente anche compassione; il suo volto è pieno di graffi, emaciato e con lo sguardo quasi spiritato.
La prima volta che l’ha visto, ha scorto nei suoi occhi lo stesso terrore che suo padre ha mostrato molti anni prima; forse lui la capisce più di chiunque altro, ma non gli avrebbe mai detto nulla.
Lei non ha mai detto nulla a nessuno, tranne suo marito.
Il lungo vestito scorre veloce sul parquet, come i ricordi davanti agli occhi.
La vede correre felice malferma nell’insicurezza dei suoi tre anni e lui dietro che la rincorre; lei sta preparando la cena, ma non gli fa vedere quanto è felice di sentire la casa ricolma di allegria e luce.
Si volta, nascondendo il tremolio alle mani quando con voce rauca intrisa dal pianto il giovane ragazzo mormora la fatidica frase.
«Questo è Teddy, ti prego di badare a lui necessito di un minuto» mormora atona.
 
 
 
«Tornerò, prendila come una vacanza. Vado in campeggio!»
«Non porti il tuo sacchetto di Gobbiglie con te?»
«Lo lascio qua, quando ritorno voglio la rivincita»
«Aspetta e spera»
 
Ogni gradino della scala sembra un macigno, ma posiziona un piede davanti all’altro. Sulla schiena, un leggero formicolio le ricorda che ormai è sola, la casa è vuota come quell’organo vitale che si ostina a pompare il sangue.
Riguarda con attenzione la stanza, afferra la camicia sulla sedia odorandola ed attirando a sé tutto il calore del mondo che risiede nelle trame di quell’ordito.
Ma il suo padrone è morto, scomparso quindi si tratta di un residuo.
Stringe il piccolo sacchetto blu nella mano, aprendolo e rovesciandone il contenuto.
Per la stanza sente quelle piccole bocce di cristallo sbattere contro il legno color mogano del pavimento impetuose, come la grandine in estate, come i singhiozzi che sente sorgere dal profondo.
Lei è Andromeda Black e lenta attraversa la stanza senza degnare più di uno sguardo lo specchio.
Si siede diritta e fiera sul letto, aggiusta il filo di perle al collo mentre distende un ciuffo ribelle sfuggito dall’austera crocchia.
Sia dentro che fuori  è una giornata fredda,  per un momento si concede un pianto.
Mentre le lacrime scorrono, raddrizza ancora una volta la veste e scende al piano inferiore mentre il lungo strascico disperde per sempre le gemme di vetro a terra.
 
 
«Sei felice?»
 «Molto. Non ho più freddo.
 Quando mi abbracci, sento tutto il calore del mondo».

 
Note finali.
Storia partecipante all'iniziativa Scrivimi del gruppo Facebook Caffé e calderotti; Rosmary mi ha assegnato questi parametri da sviluppare: Ted Tonks/ Andromeda Black, Missing Moment e «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino» di Eugenio Montale. Ho sempre pensato che Andromeda fosse così, austera con il mondo che la circonda ma calorosa con la sua famiglia e con Ted; lei è una donna forte all’esterno, ma che sente il suo mondo, così sofferto e difficile da conquistare, distrutto per sempre. Alla porta è Harry, che subito dopo la morte di Lord Voldemort va da lei per dirle che sua figlia e Remus sono periti nella battaglia; ma lei già sa che le cose sono andate così non vedendoli tornare. In tutta quella sofferenza lei è Andromeda Black e diritta e fiera piange il suo dolore, sopraffatta dalla solitudine. Spero di aver centrato il punto!
   
 
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